Dramma a Taizé:

ucciso frère Roger apostolo dell’unità

Grande commozione tra i monaci e i ragazzi presenti.

Fino notte fonda è andata avanti la preghiera nel luogo dove è stato colpito.

Il novantenne fondatore della Comunità ecumenica punto di riferimento da sessant'anni per migliaia di giovani è stato ucciso ieri sera nella chiesa dell'insediamento monastico che sorge in Borgogna. Durante la preghiera serale, alla presenza di tanti fedeli, è stato aggredito da una donna, probabilmente una squilibrata, morendo poco dopo nella sua casa.


«Frère Roger ha subito un attacco. È morto. Continuiamo a pregare». Nella grande chiesa al centro della Comunità ecumenica di Taizé la notizia viene data così, poco dopo le 21. Migliaia di giovani sono riuniti a pregare con i monaci come tutte le sere, specialmente d’estate. Silenzio, luci soffuse, canti semplici a canone, nello stile introdotto da questo monaco vestito di bianco, venuto qui nel cuore della Borgogna alla fine della Seconda guerra mondiale per dar vita a questo luogo consacrato alla pace e alla preghiera. La maggior parte capisce solo adesso quell’urlo improvviso di donna, udito pochi minuti prima, e l’immagine di frère Roger portato fuori in fretta dai monaci. È la tragedia che si è consumata ieri sera proprio nel cuore della preghiera. Ponendo fine così a una vita interamente donata per indicare ai giovani la via della pace vera, quella che nasce dal cuore. Appena da alcuni giovani italiani presenti a Taizé la notizia arriva in redazione, chiamiamo al telefono frère Emile, canadese, la voce della comunità in Borgogna. Ci eravamo visti poche settimana fa, per cominciare a programmare insieme il cammino di avvicinamento all’appuntamento di dicembre a Milano, quando farà tappa nella città ambrosiana il pellegrinaggio della fiducia sulla Terra che ogni anno tocca una città europea. C’è trambusto nella casa dei monaci, chi risponde al telefono non sa se passare la chiamata, ma poi frère Emile arriva. È trascorsa meno di un’ora, è ovviamente scosso. «Frère Roger era in chiesa per la preghiera con i giovani – ci racconta –. È stata una donna, una squilibrata. Adesso c’è qui la polizia. È morto nella nostra casa, poco fa».

Lo lasciamo andare e richiamiamo gli amici italiani a Taizé. Gli spieghiamo noi che l’«attacco» non è stato un malore. Ci raccontano dei pianti e dello sbigottimento. Ma anche della preghiera che va avanti: in tanti si fermano a pregare proprio davanti al posto dove era seduto lui. La grande tendopoli dei giovani – ci dicono ancora – è un brulicare di capannelli. C’è molta gente: qualcuno tra l’altro è appena passato di qui nella strada verso Colonia. Chi di Taizé è un veterano si ferma a raccontare a quanti sono venuti per la prima volta chi era quel monaco novantenne vestito di bianco. Ci sarebbe tanto da raccontare. Ma è probabilmente nella parola «fiducia» posta nel titolo dei raduni internazionali promossi dalla Comunità la chiave della vita e della morte di quest’uomo. La fiducia del figlio del pastore protestante che, negli anni difficili della guerra, mettendo a rischio la propria vita, aveva aperto la porta di casa per dare rifugio a chi scappava dagli orrori del conflitto. La fiducia dell’uomo, che all’indomani del conflitto, aveva voluto proprio lì scommettere sulla riconciliazione tra i cristiani come via alla pace.

La fiducia di un vecchio nei giovani, cristallina nelle lettere che a ogni fine anno scriveva loro. La fiducia di chi sa che, quando imparano a pregare, i giovani sono capaci di tutto. Ne siamo certi: ieri sera frère Roger ha accolto con fiducia anche chi l’ha colpito. Chi è stato a Taizé ha impressa proprio l’immagine dei monaci seduti con semplicità in mezzo a tutti gli altri. La preghiera ieri notte continuava. Ed è il segno vero che quella fiducia, comunque, non era mal riposta.

di Giorgio Bernardelli (Avvenire) -
17 Agosto 2005


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SITO INTERNET UFFICIALE:

www.taize.fr

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