"Lassù sui monti...",

di padre Pietro Lavini

- Capitolo I -

Un campo mai esplorato

Perché non ti metti a scrivere qualcosa sull'origine, la storia di questo luogo prima che il tempo tutto cancelli? Tu che hai vissuto in prima persona le sue ultime vicende, che hai avuto modo di potere ascoltare tanti racconti, raccogliere tante notizie utili di vecchi montanari che, per motivi di lavoro hanno trascorso qui la loro vita, faresti una cosa veramente utile, non tanto a te stesso ma soprattutto a tanta gente che giunge fin quassù, darle la possibilità di conoscere il suo glorioso passato. E' un vero peccato che un patrimonio così ricco di fede, di tradizioni, di ricordi, di testimonianze vada inesorabilmente perduto, cada nel "disperato oblio".

Parole bellissime!... Invito direi quasi allettante. Anch'io ne sono completamente convinto: tuffarsi nel passato e rivivere tanti bellissimi ricordi, potrebbe essere come una doccia refrigerante in una giornata afosa di estate.

Fermare un momento della nostra storia e renderlo eterno, vivo, strappandolo così ai morsi crudeli del tempo che, impietoso, implacabile scorre sui fatti, sui volti e sugli avvenimenti della vita, potrebbe dare l'impressione che, qualche volta, si fermi per riportarci ciò che, ad ogni attimo, ci toglie inesorabilmente. E proprio per questo la storia è stata chiamata: "Maestra di vita". "Nessuno - diceva Confucio - è saggio di natura. Si diventa saggi studiando e rivivendo il passato". Ma il mio grande problema è quello di dovermi avventurare in un campo del tutto sconosciuto, un campo mai esplorato.

Tutti sappiamo che quando un generale è sul punto di affrontare una battaglia, incomincia subito a studiare i suoi piani, ad esaminare attentamente gli uomini e i mezzi da opporre al nemico. La stessa cosa ho cercato di fare anch'io: ho misurato le mie forze, le mie possibilità, i miei limiti e sono giunto alla conclusione che la mia avventura poteva essere solo una rischiosa velleità, solo ardimento che si avvicinava alla presunzione. Potrei correre il rischio che qualcuno ripeta anche a me le famose parole:"Galeotto il libro e chi le scrisse".

Un giorno, chiesi ad un mio caro amico, Cesare Castelli, espertissimo in liuteria, di scolpire un crocifisso da porre nella Chiesa. Mi sentii rispondere: "Non è il mio campo... posso soltanto provare". La mia, quindi, non è una pretesa di affrontare uno studio storico, sconfinerei nell'impossibile; ma soltanto di sottrarre ai morsi del tempo tutto quell'immenso patrimonio di cultura, di leggende e di tradizioni che, ad iniziare dall'antica civiltà picena e romana fino a quella longobarda, hanno ruotato intorno ai monti Sibillini.

Vorrei, quindi, inquadrare questa mia avventura in un ottica completamente diversa da quella in cui ordinariamente viene inquadrata: non è la pretesa di erigere un monumento a me stesso, non vuole essere una dimostrazione di insegnare qualcosa agli altri, ma soltanto di portare a conoscenza quei pochi dati storici che fino ad oggi si sono potuti raccogliere sull'origine e lo sviluppo di un luogo che ha avuto un ruolo rilevante nel corso dei secoli. Queste righe (che molti troveranno sconnesse) siano, in qualche modo, di incoraggiamento a tutti coloro che, stanchi di lottare, nauseati da un mondo in cui sembra prevalere il male in tutte le sue forme, vorrebbero lasciarsi andare alla deriva. Non bisogna perdersi mai di coraggio anche quando, sull'orizzonte della nostra vita si addensano delle ombre.

Mai, dobbiamo arrenderci e gettare la spugna. Spesso con l'aiuto di Colui che "tutto puote" e con la sua forza di volontà, l'uomo può raggiungere mete, spesso, le più impensate, le più sconvolgenti.

"Tuffarsi nel passato e rivivere tanti bellissimi ricordi, potrebbe essere come una doccia refrigerante in una giornata afosa di estate".

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