"Lassù sui monti...",

di padre Pietro Lavini

 - Capitolo II -

Una storia che sembra una leggenda

Tra i lontani ricordi della fanciullezza un posto particolarissimo credo che sia occupato dai primi giorni di scuola. Erano i giorni in cui si incominciava a scoprire un nuovo mondo: il mondo della conoscenza, del sapere; erano i giorni in cui si compivano i primi sforzi per poter appagare il nostro insopprimibile desiderio di conoscere. Ricordo ancora l'incontro con la "signora maestra", i primi sforzi per imparare a mente l'abbecedario, i primi dettati, i pensierini, gli affascinanti e commoventi racconti del "Libro Cuore", fino ad arrivare alla prova più impegnativa: il tema. "La signora maestra" dettava un pensiero che poi doveva essere svolto con abilità e bravura.

Ed oggi, a distanza di tanti anni mi trovo ad affrontare la stessa prova.

Rimuginando tra le mie vecchie carte, ricordi e foto trovo anche una breve poesia, scritta dal dottor Ermanno Traini, primario del reparto malattie infettive dell'ospedale di Fermo che, con tanta bravura e con tocchi veramente da artista, in poche righe è riuscito a presentare il luogo dove da anni porto avanti la mia iniziativa, la sua storia ed , infine, il suo scopo. E proprio in questo sonetto credo di trovare il tema più giusto, più appropriato: il tema che - come diceva il famoso Azzeccagarbugli di manzoniana memoria - "fa proprio per il caso nostro".

 

Lassù sui monti...

 
 

  Lassù sui monti, all'ombra delle vette  

 
    il vento narra ai faggi, quando è sera    
    una storia, che sembra una leggenda    
    persa nel tempo, eppure è storia vera    
     
    Narra di un uomo, giunto su quei monti  
    che si chiamava e fu in realtà fratello;  
    aveva solo un saio ed una croce  
    ma al suo Signore, regalò un castello.  
     
    E là sul monte, giunse da quel giorno  
    chi cercava il fratello ed il Signore  
    e vi trovò il conforto della croce  
    e vi scoprì la gioia dell'amore.  
 

Ermanno Traini

 

Con la sua fantastica immaginazione, l'autore della poesia ha voluto paragonare la mia storia ad una "leggenda persa nel tempo" come una di quelle leggende che nella "stagion che ai dolci sogni invita", il nonno ci raccontava per ingannare il tempo, durante le lunghe serate d'inverno, stretti intorno al focolare. Leggende che ci trasportavano in un mondo lontano, ricco di personaggi affascinanti spesso irreali, ma che suscitavano in noi tanto entusiasmo e ci facevano trascorrere le ore più liete. Spesso era lo stesso papà che dopo un'intensa giornata di lavoro, di sacrifici, benché stanco, si sedeva accanto a noi e rievocava i passati ricordi di guerra, facendoci rivivere nella nostra immaginazione di bimbi i luoghi, le difficoltà, i pericoli, la prigionia, la fame ed infine il felice ritorno tra i propri cari. Lontani ricordi, persi nel tempo!...

Al contrario oggi vediamo i nostri bimbi inchiodati lì, dinanzi ad un televisore, quasi inibiti, seguire attentamente tutte le storie dei cartoni animati, impoverendoli non soltanto intellettualmente ma anche fisicamente.

Alla voce misteriosa del vento, infine, l'autore della poesia ha voluto affidare il racconto della leggenda. Questa grande e suggestiva forza della natura che "gli odori spande" e riesce a creare nel suo cammino un'infinita varietà di suoni che vanno dai muggiti orribili che spesso riempiono di spavento, al lieve "murmurar" come quello di una lontana melodia; dalle terribili raffiche che fanno "volar polve e fronde e rami e sassi" al lieve venticello che sfiora il nostro orecchio alle recondite armonie che lo ristora, riuscirà a creare nel nostro animo sensazioni indescrivibili.

E tutto avviene proprio sul far della sera quando "tutto l'altro tace", quando le prime ombre scendono sul nostro pianeta coprendolo di silenzio e di mistero. E' il momento in cui l'uomo, distratto dal lavoro durante la giornata, assillato da mille preoccupazioni, riesce più facilmente a percepire certe sensazioni, a creare un'atmosfera più adatta. certo, oggi non siamo più abituati ad ascoltare le voci delle creature; stentiamo ad ascoltare quelle voci che il poverello di Assisi sentiva sprigionarsi da tutte le creature, perfino dal vento; quelle voci che lo rapivano in estasi, facendolo poi esplodere in quell'inno di ringraziamento al Signore: "Laudato sii, mi Signore, per frate ventu".

Al vento, quindi, che sussurra le storie dei secoli nel silenzio delle montagne e dei boschi, lasciamo il compito di raccontare questa leggenda. sarà lui stesso, la creatura più semplice, più pulita, più disinteressata ad informarci circa la storia, le origini ed il luogo in cui si è svolta la piccola avventura.

Ascoltiamolo attentamente.

 "Lassù sui monti, all'ombra delle vette..."

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