Il racconto dei Magi
La
festa che si occupa di questo episodio viene
chiamata "Epifania", vocabolo che significa
"manifestazione del Signore". In oriente viene chiamata con il
vocabolo più appropriato "Teofania", manifestazione della
divinità del Signore.
E' in rapporto a questo significato che in quel giorno si ricordano le
tre grandi manifestazioni di Cristo-Dio: l'adorazione dei Magi, il
battesimo di Gesù (anche se questa festa oggi è spostata alla domenica
seguente) ed il miracolo di Cana.
Di queste tre manifestazioni l'episodio dell'adorazione dei magi ha
finito col prevalere diventando in occidente l'unico tema della festa,
come si deduce dalle omelie del papa S. Leone Magno.
Per divina ispirazione i magi hanno visto in quel bambino, presentato a
loro dalla madre Maria, l'atteso delle Genti ed il figlio di Dio.
Con il tempo tale festa ha assunto anche una connotazione missionaria:
manifestazione di Cristo-Dio al mondo pagano. I Magi sono visti dalla
tradizione cristiana come la 'primitia gentium', i primi fra i pagani ad
aver riconosciuto e adorato il Signore. Per questo il loro culto fu
tanto fortunato, diffuso e radicato tra i convertiti dal paganesimo.
Il tema dell' "Adorazione" è diventato uno dei classici
nell'arte. Solo due riferimenti tra i tanti. Il primo è il già
ricordato sarcofago di Adelfia, dove la scena dei magi si riscontra due
volte: sul coperchio e sotto il clipeo. Qui la Madonna appare seduta in
cattedra e tiene in braccio il Bambino, che si protende nell'atto di
ricevere la corona d'oro gemmata offerta dal primo dei tre Magi. L'altro
è il meraviglioso mosaico di S. Apollinare Nuovo in Ravenna.
Anche in questo caso la data è probabilmente presa da una festività
egiziana. Ci narra infatti Epifanio di Salamina (+ 403) che in Egitto
nella notte tra il 5/6 gennaio si celebrava la nascita del dio Sole Aion
dalla vergine Kore e contemporaneamente si celebrava la il culto del
Nilo.
Mito
o realtà
Diverse
volte in quel giorno la gente mi domanda: "Padre, i re magi sono
veramente esistiti o si tratta di una leggenda?".
Vediamo prima il racconto evangelico:
"Gesù
nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero
da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei
che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per
adorarlo". All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e
con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi
del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il
Messia. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è
scritto per mezzo del profeta:
E
tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele".
"Allora
Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro
il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme
esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e,
quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad
adorarlo".
"Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che
avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò
sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi
provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino
con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro
scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in
sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al
loro paese" (Mt., 2, 1-12).
Oltre
ai Vangeli 'canonici' (riconosciuti dalla Chiesa come ispirati), ne
parlano anche i vangeli apocrifi.
Il Protovangelo di Giacomo, probabilmente anteriore al IV secolo, (cap.
21-23); il Libro dell'infanzia del Salvatore, circa IX secolo, (cap.
89-91); il Vangelo dello Pseudo Matteo, verso il VI secolo, (cap.
16-17); il Vangelo Arabo dell'infanzia del Salvatore, circa la metà del
VI secolo, (cap. 7-9); il Vangelo Armeno dell'Infanzia, fine VI secolo,
(cap. V, 10) che ci riferisce anche i nomi, accettati poi normalmente
nella tradizione. Riporto solo la citazione di quest'ultimo: " Un
angelo del Signore si affrettò di andare al paese dei persiani per
prevenire i re magi ed ordinare loro di andare ad adorare il bambino
appena nato. Costoro, dopo aver camminato per nove mesi avendo per guida
la stella, giunsero alla meta proprio nel momento in cui Maria era
appena diventata madre. E' da sapere che in quel momento il regno
persiano dominava sopra tutti i re dell'Oriente per il suo potere e le
sue vittorie. I re magi erano tre fratelli: Melchiorre,
che regnava sui persiani, poi Baldassare che regnava sugli
indiani, ed il terzo Gaspare che dominava sul paese degli
arabi".
E' anche interessante che il "Libro della Caverna dei Tesori",
scritto nel V secolo d.C., ma riferentesi ad un testo siriaco più
antico, descrive i Magi come Caldei, re e figli di re, in numero di tre.
Cominciamo
dal termine
La
parola 'mago' che si usa per indicare questi personaggi non va
identificata con il significato che oggi noi diamo. Il vocabolo deriva
dal greco 'magoi' e sta ad indicare in primo luogo i membri di una casta
sacerdotale persiana (in seguito anche babilonese) che si interessava di
astronomia e astrologia. Potremo meglio nominarli: studiosi dei fenomeni
celesti.
Nell'antica tradizione persiana i Magi erano i più fedeli ed intimi
discepoli di Zoroastro e custodi della sua dottrina. Rivestivano anche
un ruolo di primo piano nella religione e vita politica.
L'idea del tempo che ciclicamente si rinnova conduceva il mazdeismo
(religione della Persia preislamica) alla costante attesa messianica di
un 'Soccorritore divino", il ruolo del quale sarebbe stato quello
di aprire ciascuna era di rinnovamento e di rigenerazione dopo la fase
di decadenza che l'aveva preceduta. In tal senso il mazdeismo si collega
all'attesa messianica. In questa religione si attendevano tre
successive, arcane figure di salvatori e rigeneratori del tempo futuro:
l'ultimo di essi, il 'Soccorritore', sarebbe nato da una vergine
discendente da Zarathustra e avrebbe condotto con sé la resurrezione
universale e l'immortalità degli esseri umani. Molte leggende
accompagnavano il mito del 'Soccorritore', tra le quali: una stella lo
avrebbe annunciato. Tenendo conto di questo contesto culturale, non fa
meraviglia il comportamento dei magi nella descrizione di Matteo.
Il nome generico di provenienza, Oriente, può indicare diverse regioni.
La Babilonia, Mesopotamia, dove si studiava specialmente l'astronomia.
Si deve tener conto infatti che in seguito alla terribile distruzione di
Gerusalemme da parte di Nabucodonosor nel 586, gli ebrei sopravissuti
furono deportati in Babilonia, dove rimasero fino alla liberazione da
parte di Ciro nel 539. L'influsso ebraico si fece sentire in quella
regione, dove tra l'altro anche dopo la liberazione rimasero a vivere
diverse famiglie ebraiche, e dove fu compilato il Talmud Babilonese.
Sicuramente a Babilonia le attese messianico giudaiche erano conosciute.
Sotto questo aspetto potrebbe trattarsi anche della Siria. Seleuco I tra
il 305-280 vi aveva fondato la città di Antiochia e vi aveva
concentrato numerosi giudei deportati dalla Palestina
Una terza possibilità è che i magi provenivano dalla Media. Questa si
basa sullo storico greco Erodoto secondo il quale i magi appartenevano
ad una delle sei tribù della Media ed esercitavano molta importanza a
corte. Erano sacerdoti e venivano chiamati astrologi, indovini,
filosofi.
Niente di strano quindi che un gruppo di questi studiosi fosse guidato
verso la Giudea da una singolare posizione delle stelle, da far
presagire qualcosa di 'strano'.
L'episodio dettagliato di Matteo, la domanda di Erode sul 'tempo' del
sorgere della stella permettono di interpretare in forma storica e non
allegorica l'esistenza dei magi e l'episodio della stella (19)
Ancora lo Stramare ci permette una meditazione, oltre la curiosità:
"Perché Matteo avrebbe usato il termine 'ab oriente',
evidentemente molto generico? Senza scartare come risposta la possibilità
che Matteo ignorasse effettivamente la località precisa di provenienza,
rimane sempre da considerare la sua chiara intenzione di privilegiare in
questo racconto l'universalità, contro il particolarismo nel quale era
rinchiusa l'attesa ebraica. L'esattezza geografica, infatti, non avrebbe
servito in questo caso allo scopo: la chiamata alla fede sarebbe stata
estesa semplicemente ad un altro popolo ben determinato, ma non a
tutti" (20).
La
stella
Molto
si è scritto su questa stella. Diverse sono state le ipotesi che
possono riassumersi a tre: una cometa, una 'stella nova', una
sovrapposizione di satelliti.
E' difficile accettare l'identificazione della stella con la cometa di
Halley in quanto comparsa 12 anni prima della nostra era.
Precedentemente era stata avvistata nel 240, 164, 88 a.C.; riapparsa
anche nel nostro secolo, nel 1910 e nel 1985/86. Del resto nei cieli
della Palestina non è apparsa nessuna cometa tra il 17 a.C. ed il 66
d.C.
Non si può neppure pensare ad una 'stella nova', bagliore prolungato
emesso da corpi celesti invisibili al momento della loro esplosione.
Infatti nell'area di Gerusalemme non ne comparve nessuna tra il 134 a.C.
ed il 73 d.C.
La Grande Enciclopedia Illustrata della Bibbia (21) sembra propendere
per la terza ipotesi, già condivisa a suo tempo da Keplero: "Di
tutte le spiegazioni possibili la più probabile rimane quella, in
qualche modo accettabile sulle fonti, secondo cui si è trattato di
un'insolita posizione di Giove, l'antica costellazione regale.
L'astronomia antica si è occupata dettagliatamente della sua comparsa
in un preciso punto dello zodiaco e l'ha identificata, sul grande sfondo
di una religiosità mitologico-astrale molto diffusa, con la divinità
più alta. Essa era importante soprattutto per gli avvenimenti della
storia e del mondo, in quanto i movimenti di Saturno erano facilmente
calcolabili. Saturno, il pianeta più lontano secondo gli antichi, era
il simbolo del dio del tempo Crono e permetteva immediate deduzioni sul
corso della storia. Una congiunzione di Giove e di Saturno in una
precisa posizione dello zodiaco aveva certamente un significato tutto
particolare. La ricerca più recente si lascia condurre dalla fondata
convinzione che la triplice congiunzione Giove-Saturno dell'anno 6/7
a.C. ai confini dello zodiaco, al passaggio tra il segno dei Pesci e
quello dell'Ariete, deve aver avuto un enorme valore. Essa risulta
importante come una 'grande' congiunzione e, in vista della imminente
era del messia (o anche età dell'oro), mise in allarme l'intero mondo
antico".
Il Prof. Baima Bollone propende per questa possibilità. Si appoggia su
conclusioni dell'astronomia che sostiene che la sovrapposizione di Giove
con Saturno si verifica ogni 179 anni; nel periodo in esame avvenne
proprio nel 7 a.C. e per ben tre volte: 29 marzo, 3 ottobre, 4 dicembre
nella costellazione dei Pesci, secondo i calcoli di Keplero.
"Betlemme si trova a pochi chilometri da Gerusalemme, proprio nella
direzione in cui la luce nella costellazione dei Pesci poteva essere
percepita da viaggiatori che giungessero da Oriente. Tradizione,
documenti archeologici e calcoli astrofisici confermano che fu soltanto,
ed esattamente nel 7 a.C. che nei cieli della sponda meridionale del
Mediterraneo e in Mesopotamia si verificò un fenomeno luminoso
nettamente percepibile con gli stessi caratteri di quello dell'episodio
dei Magi" (22).
Questa ipotesi sembra affascinante; tuttavia diversi biblisti
preferiscono seguire una diversa impostazione.
Il Ricciotti commenta: "In questi tentativi, fuor della buona
intenzione, non c'è altro da apprezzare, giacché scelgono una strada
totalmente falsa: basta fermarsi un istante sulle particolarità del
racconto evangelico per comprendere che quel racconto vuole presentare
un fenomeno assolutamente miracoloso, il quale non si può in nessun
modo far rientrare nelle leggi stabili di una meteora naturale sebbene
rara" (23).
Anche lo studioso Andrés Fernández propende per questa linea:
"Altri, infine, sostengono che si trattò di una meteora speciale
che non si muoveva secondo le leggi naturali... Dobbiamo preferire la
terza ipotesi (questa, dopo quella della congiunzione e di Halley -
N.d.A.), l'unica soddisfacente. La stella vista in Oriente si presentava
con caratteristiche eccezionali; la sua apparizione non si può spiegare
in nessun modo come fenomeno comune ed ordinario; resta pertanto esclusa
ogni interpretazione puramente naturalistica... I Magi compresero bene
che si trattava di qualcosa al di sopra dell'ordine naturale" (24).
Anche "La Sacra Bibbia", a cura del Pontificio Istituto
Biblico di Roma (25) nella Nota al brano di Matteo 2, 2, sostiene la
stessa opinione: "La stella, veduta dai Magi, secondo l'opinione più
probabile, dedotta dalle sue caratteristiche, era una meteora
straordinaria, formata da Dio espressamente per dare ai popoli il lieto
annunzio della nascita del Salvatore".
Le
reliquie dei Magi
Una
legittima curiosità provoca una domanda: ma poi, che fine hanno fatto i
Magi?
Il Vangelo ci informa soltanto che "i magi per un'altra strada sono
ritornati al loro paese" (Mt., 2, 12). Altro ufficialmente non
sappiamo. Per completare il racconto e rispondere alla domanda non
abbiamo fonti certe, ma si devono seguire le tradizioni formatesi nel
tempo. Del resto non si deve ritenere inutile la questione dato che nei
giorni 19 e 20 dicembre 1998 si è svolto all'Abbazia di Chiaravalle
(presso Milano) il convegno: "I tre Saggi e la Stella. Mito e Realtà
dei Re Magi", organizzato da Identità Europea.
Una tradizione ci dice che i Tre, dopo la loro conversione, sono stati
consacrati vescovi dall'apostolo Tommaso e morirono martiri all'età tra
i 106 e 118 anni. Sarebbero stati sepolti in India (dove l'apostolo
Tommaso avrebbe predicato) ma in luoghi separati.
Un'altra tradizione invece ci dice che sono morti in Persia e sepolti
insieme in una grande tomba. Secondo questa tradizione l'imperatrice
Elena (madre di Costantino), venutane a conoscenza, avrebbe fatto
trasportare le reliquie a Costantinopoli in una grande chiesa fatta
costruire apposta per ospitarle. Tuttavia in questa città a quel tempo
non si riscontra un culto in onore dei Magi.
Alcuni storici sostengono che queste reliquie nello stesso IV secolo
furono trasportate da Costantinopoli a Milano da Eustorgio, vescovo di
questa città.
Altri infine ritengono che le reliquie sono giunte in Italia con le
crociate, dato che prima di questo periodo a Milano non c'è traccia di
questo culto.
Una tradizione lega il vescovo Eustorgio ai Magi. A Milano fu dedicata
in suo onore una basilica; già nell'XI secolo vi si trovava una urna
preziosa chiamata 'Arca dei Magi' con una stella sopra un pilastro.
Una cosa sembra certa: nel 1162 si sa che le spoglie dei Magi si
trovavano in Lombardia. Infatti in questa data il Barbarossa, che aveva
raso al suolo Milano, teneva molto alla conservazione di quelle reliquie
per appropriarsene, come garanzia di una particolare compiacenza e
protezione da parte di Dio.
Si dice anche che nel XIII secolo i Tartari volessero invadere l'Europa
proprio per riprendersi i 'loro' Magi.
La presenza delle reliquie nel capoluogo lombardo è testimoniata anche
dal culto che si diffuse nella regione. Solo alcuni esempi: nel 1420
nella Certosa di Pavia su un trittico d'avorio sono inserite ben 26
scena della storia dei Magi; nel 1570 in S. Michele a Pavia si affresca
una cappella dei Magi; pochi anni prima a Voghera i cistercensi avevano
aperto una abbazia intitolata ai Re Magi.
Queste reliquie nel 1164 da Milano sono state trasportare a Colonia in
Germania. Attualmente si trovano in una arca-cattedrale nel Duomo di
questa città.
Di questo viaggio ci è giunta una particolareggia descrizione del
carmelitano Giovanni di Hildesheim nel 1364. Riporta le 42 tappe segnate
dall'arcivescovo Reinaldo di Dassel effettuate per il trasporto
dell'urna. Il percorso sarebbe: Pavia (dove si trovava il Barbarossa che
aveva ordinato il trasferimento), Vercelli, Torino, Alpi.
E Milano? Solo nel 1903 l'arcivescovo di Colonia inviò al suo collega
di Milano alcune reliquie consistenti in qualche ossicino.
Queste almeno sono le notizie tramandateci e confermate dal padre
Goffredo Viti, professore a Firenze di storia della Chiesa nella
relazione, tenuta al Convegno citato, dal titolo: "La reliquie dei
Re Magi. Storia di un cammino in terra lombarda".
Note
1) Nietzsche Friedrich, La
mia vita. Scritti autobiografici 1856-1869, Adelphi, Milano 1977, p.
33.
2) S. Bonaventura, Legenda Maior, cap. X, n. 7. Testo in Fonti
Francescane, Ed. Messaggero, Padova 1980, p. 924.
3) Tommaso da Celano, 1, n. 84-85; Testo in Fonti Francescane, o.c.,
p. 477 s.
4) Ippolito Romano, Commento a Daniele, scritto verso il 204.
5) Per analizzare il pensiero sulla festa del Natale da parte dei
Testimoni di Geova: cfr. Lorenzo Minuti, I Testimoni di Geova non
hanno la Bibbia, a c. di Grottola Fortunato, Coletti, Roma 1992, p.
86-88.
6) Cfr. Michele Basso, Guida alla Necropoli Vaticana, Rev.
Fabbrica di S. Pietro in Vaticano 1986, p. 54 s.; Margherita Guarducci, Pietro
fondamento della Chiesa - Itinerario nei sotterranei della Basilica
Vaticana, Rev. Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, 1977, p. 21 ss.
con foto.
7) Cfr. Antonio Ammassari, Alle origini del calendario natalizio,
Euntes Docete, 1 (1992), p. 11-16.
8) Cfr. Giorgio Fedalto, Quando festeggiare il 2000?, San Paolo,
Torino 1998, p. 46.
9) Tertulliano, Contro Marcione, IV, 19
10) Giuseppe Ricciotti, La vita di Gesù Cristo, Poliglotta
Vaticana, 1953, p. 200.
11) Cfr. Pierluigi Baima Bollone, Gli ultimi giorni di Gesù,
Mondadori, Milano 1999, p. 134-139.
12) Su tali conclusioni, Giorgio Fedaldo, nell'op. cit.: Quando
festeggiare il 2000?, p. 41-43 e 72, sembra essere di opinione
diversa.
13) Questa è la conclusione alla quale giunge la Grande Enciclopedia
illustrata della Bibbia, Piemme, Torino 1997, vol. 1, p. 380.
14) Karol Wojtyla, La bottega dell'orefice, Libreria Editrice
Vaticana, 1978, p. 84.
15) Raniero Cantalamessa, I misteri di Cristo nella vita della Chiesa,
Ancora, Milano 1992, p. 43.
16) San Bernardo, Discorso 12 in commento al Salmo 90.
17) Cfr. Louis Charbonneau-Lassay, Il Bestiario di Cristo, Ed.
Arkeios, Roma 1994, vol. 1, p. 333-337 e 205-207.
18) Joseph Ratzinger, Immagini di speranza, Cinisello Balsamo,
Milano 1999, p. 12.
19) Tarcisio Stramare, Vangelo dei Misteri della vita nascosta di Gesù,
Ed. Sardini, Brescia 1998, p. 229.
20) T. Stramare, o.c., p. 234.
21) Grande Enciclopedia Illustrata della Bibbia, o.c., vol. II,
p. 294.
22) P. Baima Bollone, o.c., p. 140 con note 20 e 21 a p. 277.
23) G. Ricciotti, o.c., p. 185.
24) A. Fernández, Vita di Gesù Cristo, Istituto Poligrafico
dello Stato, Roma 1961, p. 100. Per un approfondimento sulla natura
della stella: cfr. T. Stramare, o.c., p. 240-248.
25) "La Sacra Bibbia", a cura del Pontificio Istituto
Biblico di Roma, Salani, Firenze 1962, nota 2, p. 1778.
26) Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, XIV, 16, 2-4; XV, 1,2.
27) G. Flavio, A.G., XIV, 11, 3-6.
G. Flavio, Guerra Giudaica, 1, 13, 9-10.
G. Flavio, A.G. XV, 7, 4-5.
G. Flavio, A. G., XVI, 11, 7.
31) G. Flavio, A. G., XVII, 7. Sembra che Erode in tutto ne
avesse avute dodici. Per la famiglia di Erode cfr. il prospetto in A.
Fernández, o.c., p. 19.
32) G. Flavio, G.G., 1, 33, 6.
33) G. Flavio, A.G., XVII, 8, 3.
34) cfr. A. Fernández, o.c., p. 103.
35) G. Ricciotti, o. c., p. 292.
36) G. Ricciotti, o.c., p. 293.
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