Il miracolo del SS. Sacramento

TORINO

6 giugno 1453

E’ uno dei miracoli più noti e più spettacolari (ammesso che ci siano miracoli non spettacolari). Parliamo di quello avvenuto a Torino nel giugno del 1453, quindi 550 anni fa, durante la guerra tra la Francia e il Ducato di Piemonte-Savoia, ufficialmente scoppiata per il matrimonio tra Luigi, figlio del re Carlo VII, con Carlotta di Savoia (matrimonio che il re non voleva), ma in realtà perché Renato d’Angiò, volendo riconquistare il Regno di Napoli, voleva passare per la Savoia.
Mentre Renato attraversava le Alpi con duemila uomini e cinquecento cavalieri (i trasporti aerei erano di là da venire!), le truppe piemontesi intervennero in massa e si impadronirono di Exilles, un villaggio della Valle d’Oulx, saccheggiando tutto. Chiaro che l’esercito del D’Angiò passò ugualmente, ma ormai il saccheggio era avvenuto, e fu miracolo che le sue truppe non aggiunsero danno a danno, come generalmente avviene quando gli uomini perdono la testa e “fanno la guerra per stabilire la pace” (almeno così dicono!).

Il saccheggio non risparmiò la chiesa, da cui fu asportato tutto, compreso un ostensorio con l’ostia consacrata. I ladri buttarono tutto nei sacchi portati intenzionalmente e si diressero a Torino, dov’era più facile piazzare la “merce”. Oltrepassate Susa, Avigliana e Rivoli, arrivarono a Torino il 6 giugno, ottava della festa del Corpus Domini.

Nessuno si sarebbe accorto di nulla se un mulo non avesse incespicato e non fosse caduto, rifiutando di rimettersi in piedi, nonostante le grida e le bastonate dei ladri. Ma soprattutto se dal sacco legato sul basto del mulo basto non fosse caduto a terra l’ostensorio e l’ostia consacrata non ne fosse uscita, sollevandosi e rimanendo sospesa nel vuoto, luminosa come un sole in miniatura.

Poveri ladri! In un attimo si trovarono circondati da mezza Torino con a capo il vescovo, accorso non appena seppe quanto era accaduto. Mentre alcuni dicevano sottovoce “gli sta bene”, riferendosi ai ladri che non riuscirono neppure a fuggire, altri pregavano dicendo “Resta con noi, Signore”, in estasi davanti a quello spettacolo da paradiso. Finalmente un sacerdote alzò un calice verso l’ostia, quasi invitandola a posarvisi. Avvenne proprio così, perché pian piano essa si abbassò come il sole quando tramonta e si fermò sul calice che fu portato in processione nella cattedrale di S. Giovanni.

La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni, è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato nell’archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo.
Sul luogo del miracolo prima fu innalzata una colonna, poi fu costruita l’attuale basilica del Corpus Domini. L’ostia non si conserva più: venerata per una quarantina d’anni, fu consumata per ordine della Santa Sede “per non obbligare Dio – si legge nei documenti – a fare un continuo miracolo, conservandola intatta.”
Peccato! Ma il ricordo del miracolo è vivo, sia perché i Santi del sec. XIX, che fecero del Piemonte la regione più “santa” del mondo (si pensi a don Bosco, al Cottolengo, al Cafasso e via dicendo), attinsero dal miracolo ispirazione per le loro Opere, sia perché il Congresso Eucaristico nazionale del 1953 (a cui intervenne il futuro Papa Giovanni XXIII) si tenne proprio a Torino.
La città più indicata per onorare il “Pane disceso dal cielo”!

(2003 - Egidio Picucci)

fonte: www.fraticappuccini.it

La Basilica del Corpus Domini 

Monumento Nazionale
- Torino -
La Chiesa sostituì un Oratorio del Sammicheli costruito nel 1525 a ricordo del grande miracolo Eucaristico avvenuto il 6 Giugno 1453. Si posero le fondamenta dell'attuale tempio nel 1598, affidandone il disegno ad Ascanio Vittozzi; terminati i lavori solo nel 1671, venne progettata l'artistica facciata dal Castellamonte. Nel 1753 (terzo centenario del miracolo), l'interno venne abbellito di stucchi e dorature; la navata, unica, misura mt. 26 di lunghezza e mt. 10 di larghezza. Gli affreschi del Vacca, distrutti nei bombardamenti della IIa Guerra Mondiale (una grossa bomba scivolò sull'altare di San Carlo, ma non esplose!) furono rifatti nel 1949 dal Prof. Nicola Arduino. Il quadro dell'altar maggiore, rappresentante il Miracolo, è opera pregevole di Bartolomeo Caravoglia, allievo del Guercino; nella Cappella a destra (Madonna delle Grazie) l'icona rappresentante il "Sogno di San Giuseppe" è di Gerolamo Donini da Correggio. Sotto l'icona vi è il quadro della Madonna delle Grazie, esposto ai fedeli dal Beato Sebastiano Valfrè (che fu addetto alla Chiesa dal 1653 al 1655). Pregando dinnanzi a questa immagine, la sera del 2 Settembre 1827 San Giuseppe Benedetto Cottolengo - Canonico del Corpus Domini - ebbe l'ispirazione di fondare la "Piccola Casa della Divina Provvidenza".

Nella Chiesa restaurata dall'Alfieri si collocò la statua del Cottolengo in preghiera, opera - nel 1917 - di Davide Calandra. La Cappella a sinistra, dedicata a San Carlo e a San Francesco di Sales, è ornata da un bel quadro, opera di Agostino Cottolengo, fratello minore del Santo. Quasi a metà della navata, circondato da una cancellata in ferro, si trova il punto esatto in cui cadde il mulo che portava l'Ostia del Miracolo (rubata insieme alla pisside da un soldato proveniente da Exilles); in questo luogo, allora ancora appartenente alla piazza maggiore di Torino, l'Ostia si librò in alto e non discese che nelle mani dell'Arcivescovo di Torino, subito accorso, Mons. Lodovico di Romagnano. Tale miracolo meritò a Torino l'appellativo di "Città del Santissimo Sacramento"; nella Settimana Santa, il recinto interno (racchiudente la famosa pietra) viene adibito a "Santo Sepolcro" ed addobbato sontuosamente.

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Alli 6 di giugno 1453 a hore 20 un giobbia apparse la sancta hostia. Venendo certi huomeni di Cherio da certa guera o discordia che era tra francesi et savoja et piemontesi per certi mercadanti con la lhoro mercantia ritenuta a Assiglie la qual fu messa a sacho eccovi che fu un uomo che pigliò nella chiesa di Assiglie lo relliquiario d'argento dov'era il Santissimo Sacramento et lo invillupò in certe balle, le quali gittò sopra un mullo et venendo per Susa, Avigliana, Rivolli et gionse alla città di Turino et subito che il mullo fu entrato in porta Susina per voluntà di Iddio non si firmò sin che fu in questo luocho et subito giunto quivi si gettò in terra et subito furno disligatte le balle per voluntà del Signore Iddio et subito senza alchuno agiuto humano, usci fuori il vero et Santissimo Corpus Domini con lo relliquiario nel aria miracollosamente con un grande splendore et raggi et pareva il solle.

Vedendo questo un certo prete chiamato Messer Bertholomeo Chochono presto se ne andò da Monsignor Reverendissimo Lodovicho Romagnano episcopo della presente città di Turino il qualle intendendo questo, subito viene con tutto il clero del domo grande con la Croce accompagnato da canonici et relligiossi che si ritrovavano et quando lo Reverendissimo fu gionto in questo luocho subito cascho lo relliquiario in terra et rimasse lo Santissimo Sacramento in l'aria con grandi raggi et splendore.

Il che vedendo questo miracollo subito Monsignor Reverendissimo s'inginocchiò con tutti gli astanti et adorando il Santissimo Sacramento come vero Iddio, nostro vero redemptore, fece portare un callice et presente tutto il popollo descende nel callice la Santissima hostia con grande veneratione honore et reverenza come debitamente si conviene et la portano alla chiesa cathedralle di San Giovanni Baptista accompagnata dalli Reverendi Canonici et relligiossi con molti magnifici et nobili cittadini infra li qualli in testimonio primo Petrino de Gorzallo, Pettino Duerio, Gaspardino Bursi Miolario, Martino Bellardi et Georgio Gasialo' et expectabile Michel Muri, tt loanne Furchigiiono, Bonifatio de Cassano, Berthollomeo Carravino, et il nobille messer Antonio Marcerio di Milano, et molti altri magnifici cittadini, li quali non so il nome, tutti della presente inclita città di Turino et in essa chiesa di San Giovanni si fece un bellissimo tabernacolo, il quale èi statto sinché fu edificatto il domo novo si come al presente vulgarmente si chiama.

Questo antico testo cinquecentesco, oggi disperso, era un tempo conservato presso l'archivio dell'Arciconfraternita dello Spirito Santo.

(da: Gruppo Archeologico Torinese. Guida Archeologica di Torino 1996, pp. 87-88).

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