Il 12 maggio 1874 la Santa Vergine apparve alla pastorella dodicenne Angela Berruti ed al tredicenne Vincenzo Scossiera. Angela stava conducendo sul colle Prà il gregge che la padrona le aveva affidato, quando, d'un tratto, volta a levante, vide una Signora alquanto elevata da terra e sorretta da una nube che col capo le faceva cenno di avvicinarsi. Era ritta in piedi con un Bambino in braccio; indossava un vestito color caffè ed aveva il capo ricoperto da un velo. Impaurita la ragazza corse a raccontare il fatto alla sua padrona, la quale la derise dandole della stupida. Sopraggiunto il fratello della donna, Vincenzo, e saputo dell'evento, guardò verso il luogo e vide come un lenzuolo disteso e pendente da un albero. Nel mezzo c'era una Signora tra altre due persone. Aveva le mani lungo i fianchi, sul capo portava una corona d'oro e vestiva un abito di colore turchino e bianco. Era risplendente e fissava il ragazzo, il quale intimorito pronunciò una esclamazione volgare. Per tre volte sentì subito dopo un grido molto forte, che lo spaventò e lo fece fuggire piangente verso casa. Anche Olivieri Maddalena, mentre stava pregando nella piccola valle boschiva, vide la Vergine così come l'aveva vista Angela. Il 16 maggio, mentre stava pregando sul luogo dell'apparizione, fu Teresa Burnengo (di 36 anni) a vedere la Madonna a poca altezza da terra, quasi in una nicchia, col vestito color caffè, il Bambino Gesù sul braccio sinistro e il capo coperto da un velo. Il 25 ottobre la tredicenne Maria Valle e la sua amica Pegollo si recarono sul luogo dell'apparizione e videro la Santa Vergine vestita di nero. Abbassarono gli occhi e pregarono; dopo un po' osservarono la Madonna che indossava un manto celeste, attorniata da angeli, con una stella splendente che le fermava il manto sul petto e le mani congiunte sul seno a forma di croce. Aveva due persone al fianco. Era benigna ed affabile e le ragazze la interrogarono. Maria rispose alle loro domande dicendo che era l'Immacolata Concezione; che le due persone al suo fianco erano le sante Chiara ed Elisabetta e che gli angeli erano venuti ad osservare se le due fanciulle erano innocenti come loro. Spiegò poi che la stella sul suo petto gliela aveva messa Suo Figlio per farla riconoscere come "Regina del Cielo e della Terra". Terminato il colloquio le due giovinette furono invitate dai genitori di un fanciullo cieco e di una fanciulla paralitica al braccio sinistro a presentarli alla Madonna, affinché li guarisse. Le due veggenti presero ciascuna per mano uno di questi infelici e si avviarono sul luogo dell'apparizione. La Pegollo, fatti pochi passi, si fermò e lasciò che fosse la Valle da sola ad accompagnare i giovani verso Maria, che le riapparve sulla porta di una gran cappella tutta ornata di bianco. La giovane chiese la grazia per i due e la Madonna rispose che per il cieco, prima di pensare alla sua vista, occorreva che ricevesse la santa comunione e apprendesse bene le verità della fede; per la ragazza, invece, le disse che a furia di tornare in quel luogo la mano le sarebbe guarita. Altre persone chiesero poi alla veggente di domandare alla Madonna dove si doveva erigere la chiesa; Ella le rispose che la voleva in quel luogo. La cappella venne edificata, nonostante l'opposizione delle autorità di Feglino. DA PIÙ DI CENTO ANNI, SULLA COLLINA DI PRÀ, A POCA DISTANZA DAL PAESE, SI VENERA MARIA AUSILIATRICE. OGGI LA FACCIATA DELLA CHIESA, CON LE GUGLIE NEOGOTICHE, È SOTTOPOSTA A RESTAURO. “Correva l’anno 1874 ed era il giorno dodici del bel mese di maggio”. Così comincia il racconto dell’apparizione a Feglino, nell’opuscolo curato dall’arciprete Antonio Zunino nel 1928. Qui nell’entroterra di Finalborgo, si trova il Santuario di Maria Ausiliatrice. Sorge sulla collina di Prà, a poca distanza dal paese. Quel lontano giorno, una bambina di dodici anni, Angela Berruti, di Mallare, conduceva le pecore di Maria Scosceria, al pascolo. Ad un tratto, secondo quanto dichiarò la stessa Angela, vide a pochi passi, in un piano con alberi di castagno, una Signora. Stava sollevata da terra, sopra una nube ed aveva un bambino in braccio. Il vestito color caffè, il capo ricoperto da un velo, le fece cenno di avvicinarsi. La bambina la osservava e la contemplava. Impaurita e sorpresa, corse dalla Scosceria e la invitò ad andare con lei in quel luogo, per rivedere la Madonna. Giunsero nel bosco di castagni e furono raggiunti anche dal fratello di Maria Scosceria, Vincenzo. Costui, ragazzo di tredici anni, raccontò nella sua deposizione giurata di aver visto una Signora che: “Teneva ambedue le mani pendenti, aveva in capo una corona d’oro ed era vestita di colore turchino e bianco. Risplendeva più che il sole, ed aveva gli occhi a me rivolti tanto che io intimorito a tale vista, e per attestare più fortemente la verità della visione, pronunciai una parola sconveniente assai, e troppo volgare. E detta appena quella brutta parola, sentii, tre volte, un grido sì forte per cui spaventato e piangendo, in tutta fretta corsi a casa mia. E per tutti questi meravigliosi fatti, non ebbi più quiete, né nella notte, né il domani”. La notizia si diffuse in tutto il paese. Molti si incamminarono sulla collina di Prà. Accorsero da Carbuta, da Orco, da Calice, da Vezzi. Ben presto intervenne il vescovo di Savona e Noli, Gio Batta Cerruti e richiese all’arciprete di Feglino, don Garbarino, una dettagliata relazione. Arrivarono anche i carabinieri sul colle di Prà. Il 10 giugno 1874, distrussero l’improvvisata cappella, sequestrarono tutti gli oggetti che la pietà popolare vi aveva depositato intimando che nessuno si recasse più in quel luogo. Ma la devozione riprese, incurante delle minacce della forza pubblica. Il Magistrato ed il Procuratore del re istituirono un vero e proprio Tribunale, con sede a Feglino. La faccenda fu analizzata e molte persone interrogate. Si diffusero notizie di miracolose guarigioni. Con il crescere della devozione e dei pellegrini, nei feglinesi nacque il desiderio di costruire un santuario. Sorse un Comitato che chiese al vescovo l’autorizzazione. Tutti gli abitanti collaborarono, offrendo lavoro e denaro. Gli emigrati che erano partiti dal piccolo paese per l’America, inviarono le loro offerte. L’opera proseguì velocemente tanto che il 12 maggio 1877, tre anni dopo l’apparizione il santuario fu inaugurato. Nel maggio del 1924, si svolsero le solenni celebrazioni per il Cinquantenario. Ad esse aderirono spiritualmente il vescovo di Savona Giuseppe Salvatore Scatti ed il cardinale di Firenze, Alfonso Maria Mistrangelo, che inviò una lettera. Nel maggio 1974, dopo un triduo solenne fu commemorato il centenario, al quale partecipò il vescovo Parodi. Su “Il Letimbro” dell’epoca si scrisse: “I fedeli potranno lucrare, durante la giornata, l’indulgenza dell’Anno Santo”. La veggente, Angela Berruti, fu condotta dal parroco don Garbarino, a Savona e affidata alla santa Rossello. Divenne suora con il nome di Fiorentina. Nel 1890 era a Moconesi, nei pressi di Chiavari, con le mansioni di cuciniera. Fu poi superiora a Spigno. Morì a Ruta di Camogli il 27 dicembre del 1943. Oggi chi passa da quelle parti, può vedere la facciata del bel santuario, progettata dall’architetto Cassinis di Savona, in fase di restauro. Fonte: Rivista MATER MISERICORDIAE - N. 4/2003 Piazza Santuario, 6 - 17040 SANTUARIO DI SAVONA (Savona) ***
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