UN MARE DI VITTIME DI CUI TUTTI SIAMO
RESPONSABILI |
24.11.2005 |
Ieri l’Unità riportava in prima pagina
questo titolo: “La fame uccide sei milioni di bambini ma a noi non importa
nulla”. Credo anche io che sia una tragedia immane che si consuma ogni
anno e che non dovrebbe farci dormire tranquilli. Giustamente Walter
Veltroni scrive che “dovrebbe essere la notizia principale per tutti i
giornali del mondo”.
Ha ragione. Ma – senza voler opporre tragedia a tragedia, perché fanno
parte dello stesso computo – ritengo che ci sia un orrore ancora maggiore
su cui chiudiamo gli occhi (e chiedo, pacatamente, anche all’Unità se non
merita un titolo di prima pagina): un miliardo di vite umane soppresse con
l’aborto. Avete letto bene: un miliardo. Un numero sconvolgente. E non lo
troverete registrato da nessuna parte. Ancora più censurato delle vittime
per fame. Una gigantesca rimozione vige tuttora nelle nostre coscienze,
nel nostro sistema informativo e culturale, in tutta la nostra civiltà. Si
trovano una quantità di volumi che contabilizzano i morti per fame, per
guerre, per violenze, per stermini e genocidi nel corso del Novecento.
Marcello Flores, che arriva alla cifra complessiva di 200 milioni di
vittime nel libro “Tutta la violenza di un secolo”, conclude che per
questo “il XX secolo è stato considerato uno dei più violenti nella storia
dell’umanità”, indicando la Seconda guerra mondiale, “con i suoi cinquanta
milioni di morti” come “l’evento più distruttivo del XX secolo e forse
della storia umana”.
Eppure da questo spaventoso computo è rimasta fuori la più immensa delle
tragedie. E non perché nessuno ne sia a conoscenza: anzi, tutti la
conoscono, è una soppressione di vite umane addirittura pubblica,
autorizzata e finanziata dagli Stati. Ma questo fenomeno – nonostante le
sue dimensioni, il più colossale programma di morte della storia umana – è
sistematicamente rimosso: un miliardo di vite umane soppresse. Non voglio
puntare il dito su nessuno (ne siamo tutti responsabili). Chiedo solo di
soffermarsi su questa cifra.
Come si arriva a un computo così inaudito? Sono certo che il lettore
sospetterà trattarsi di un’esagerazione, di una cifra ad effetto.
Purtroppo non è così. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (dati
del 1997) ogni anno sarebbero praticati 53 milioni di aborti. Ovvero
abbiamo annualmente un numero di vittime innocenti pari a quelle provocate
dall’intera Seconda guerra mondiale (1939-1945) che è considerata
“l’evento più distruttivo della storia umana”. Da quanti anni si verifica
questa ecatombe? Se si considera che da più di trent’anni l’aborto è
statalizzato nei paesi democratici, e molto prima è stato legalizzato in
Unione Sovietica, nella Germania nazista e poi negli altri Paesi dell’Est
– cosa che dimostra come l’aborto sia uno dei frutti avvelenati delle
ideologie totalitarie del Novecento – si supera facilmente il miliardo di
vittime.
Si dirà che l’aborto era praticato anche nei secoli precedenti. Sì, ma non
in dimensioni così gigantesche. Inoltre erano perpetrate anche altre
crudeli pratiche, ma a nessuno è venuto in mente di renderle legali,
oltretutto così moltiplicando il numero delle vittime e moltiplicando le
“armi” tecnologiche di distruzione legale della vita innocente. Peraltro –
come si sa – la legge produce il costume, quella sorta di
“anestetizzazione” delle coscienze che Bobbio indicava come il grande
disastro della legge 194. Non solo l’aborto è, oggi, un “diritto” sancito
dalle leggi, ma in certi Paesi è addirittura obbligatorio. Per legge. In
Cina dai primi anni Ottanta è entrato in vigore il programma di controllo
delle nascite che impone il limite di un solo figlio per famiglia: “chi
viola queste regole” scrive Bernardo Cervellera “rischia multe
salatissime, aborto forzato, infanticidio, distruzione della casa o
requisizione dei beni”.
Gli effetti sono stati giganteschi: “lo Stato si vanta dei successi
raggiunti: 300 milioni di nascite in meno in 21 anni”. Trecento milioni. E
quando improvvidamente un bambino “non permesso” riesce a scampare
all’aborto e a nascere, le contromisure sono agghiaccianti. Sono
soprattutto le donne a far le spese di questa violenta politica. Infatti
nel 1997 l’OMS ha scoperto che in Cina dal 1980 “mancavano” all’appello
circa 50 milioni di bambine di troppo: si è riscontrata cioè una
sproporzione nel Paese fra maschi e femmine che – dicono le statistiche
ufficiali – sono oggi in rapporto di circa 120 contro 100 quando dovrebbe
essere l’inverso. Alla cifra già vertiginosa di un miliardo di vittime
dell’aborto nel corso del Novecento (soprattutto degli ultimi decenni del
Novecento) dovrebbero essere aggiunte molte altre vite umane soppresse
dalle varie “pillole del giorno dopo” e da sistemi di contraccezione
meccanica (in realtà abortivi perché impediscono l’annidamento e non la
fecondazione: solo in Francia sono circa 2 milioni e mezzo le donne che li
usano).
Una studiosa francese calcola che ai 50 milioni di aborti praticati ogni
anno nel mondo si debbano sommare circa 4 milioni di aborti “farmaceutici”
(pillole del giorno dopo) e addirittura 460 milioni di aborti dovuti
all’uso contraccettivi meccanici abortivi. Mi sembra una stima altissima,
ma anche se si dovesse ridurre addirittura di tre quarti, avremmo sempre
un numero enorme. E’ però stupefacente che sia così difficile trovare
delle stime su ciò che tali sistemi provocano in termini di embrioni
soppressi. E’ un vuoto di informazione che conferma come sia stato
semplicemente abolito il problema della vita umana.
Le statistiche dimostrano che la legalizzazione dell’aborto non solo non
ha fatto sparire l’aborto clandestino (come dimostrato pure da tristissimi
episodi di cronaca), ma di fatto ha trasformato l’aborto in una pratica
contraccettiva, cosicché anche il numero degli aborti “legali” non è
affatto diminuito, anzi talvolta è aumentato. E nei casi in cui è
diminuito in cifre assolute il ricorso all’intervento chirurgico è solo
perché, per l’invecchiamento della popolazione, è minore il numero di
donne in età fertile, e perché, negli ultimi anni, sono diventati
disponibili sul mercato vari prodotti farmaceutici “del giorno dopo”. Il
cui consumo massiccio dovrebbe essere tenuto presente nelle statistiche
sugli aborti. Cécile Prieur su Le Monde (9 dicembre 2004) ha tracciato un
bilancio rivelatore per la Francia, pur essendo nient’affatto contraria
alla legge abortista: “Trent’anni dopo l’adozione della legge Veil, il
numero di donne che abortiscono ogni anno oscilla sempre intorno a 200
mila… Negli anni Settanta i legislatori e le femministe speravano che lo
sviluppo della contraccezione e poi l’autorizzazione all’IGV, avrebbero
prodotto una progressiva diminuzione del ricorso all’aborto. Trent’anni
dopo nulla di tutto ciò”.
Va poi aggiunto l’immenso numero di embrioni “prodotti” per la
fecondazione artificiale e – in un modo o nell’altro – soppressi. Immenso
quanto? Si calcola che solo per far nascere – ad esempio - 20 bambini
occorra “produrre” circa 1800 embrioni di cui dunque 1780 sono destinati
alla morte. Se è vero che “oggi i nati con PMA nel mondo sono ormai circa
un milione”, per calcolare la moltitudine di “fratelli” che sono stati
“sacrificati” dovremmo orientarci all’incirca sui 90 milioni di “embrioni”
fratelli (e tutto questo è accaduto solo negli ultimi venti anni). Come si
vede si tratta di numeri sconvolgenti, che portano perfino sopra quella
cifra (un miliardo di vite umane soppresse) fornita all’inizio e che pur
sembrava assolutamente esagerata e abnorme.
E un fenomeno simile non merita una
riflessione?
Antonio Socci
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