Tutti i segreti dell’Archivio Segreto Vaticano

È l’archivio privato del papa: mille anni di documenti in ottanta chilometri di scaffali. Nel 2006 sarà tutto aperto fino al 1939. Anche di Pio XII si possono già leggere molte carte. Un’intervista del prefetto dell’archivio

ROMA, 18 gennaio 2005 – Ha fatto molto rumore, in Italia e in altri paesi, un documento del 1946 della nunziatura vaticana a Parigi, all’epoca retta da Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Giovanni XXIII.

Il documento – anticipato monco e mal interpretato dallo storico Alberto Melloni sul “Corriere della Sera” del 28 dicembre 2004, e poi scoperto e pubblicato nella sua integrità da Andrea Tornielli e Matteo Luigi Napolitano su “il Giornale” dell’11 gennaio – riprende un’istruzione del Vaticano approvata da Pio XII e trasmessa da Roncalli ai vescovi francesi. Esso mette in guardia la Chiesa dal riconsegnare i bambini ebrei da essa ospitati durante la guerra alle istituzioni ebraiche che in quel 1946 operavano a Parigi e in tutta Europa per trasferire quei piccoli in Palestina in vista della fondazione del nuovo stato d'Israele. Ma “altra cosa” – precisa – “sarebbe se i bambini fossero richiesti dai parenti”.

Il documento ha dato spunto a un’ennesima grandinata di accuse contro Pio XII. Daniel Jonah Goldhagen, professore a Harvard, l’ha accusato di “aver dato l’ordine di portar via i bambini [ebrei] ai loro genitori", e ha invocato una giuria internazionale che lo processi e condanni.

Altre voci si sono levate contro la beatificazione di Pio XII, di cui è in corso il processo. E altri ancora hanno reclamato dal Vaticano il “coraggio” di fare il “gran gesto” di aprire i suoi archivi. A quest’ultima contestazione ha replicato il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Sergio Pagano, in un’intervista esclusiva al quotidiano della conferenza episcopale italiana, “Avvenire”, il 14 gennaio.

Ecco qui di seguito l’intervista integrale. È stata raccolta da Gian Maria Vian, storico della Chiesa e professore ordinario di filologia patristica all’Università “La Sapienza” di Roma.

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”Tanti gridano per entrare in questa fortezza segreta, e poi, quando è aperta, spariscono”

Intervista con Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano

D. – Ha sentito delle ultime richieste di apertura degli archivi vaticani? Che ne pensa?

R. – “Ho letto sulla stampa le ultime invocazioni di una lunga litania che dura da decenni: il Vaticano deve aprire i suoi archivi, bisogna conoscere la verità su Pio XII (come se non siano esistiti altri papi) e sulla sua posizione nell’ultima guerra. Gli studiosi, anzi, l’intera Europa – si è scritto – hanno grande ‘sete’ di conoscere questo recente tragico passato, come se la pacificazione di una bruciante coscienza dei popoli d’Europa, almeno quanto al secondo conflitto mondiale, possa aver luogo in sede storiografica soltanto con l’apertura degli archivi vaticani, mentre tanta poca parte si riserva al cristianesimo – non dico al papato – nella costituzione europea. È un fenomeno ben strano. E mi chiedo se la richiesta continua di aprire gli archivi della Santa Sede sia mossa davvero da genuine e pacate valutazioni storiografiche oppure da altre cause”.

D. – Ma le aperture?

R. – “C’è il problema di preparare il materiale archivistico, come sanno bene gli studiosi più seri, aggravato nel nostro caso dal fatto che, per consuetudine e per necessità di coerenza scientifica, quando si procede a un’apertura non si agisce, come altrove, secondo periodi stabiliti per legge, ma per interi pontificati. E nel caso di Pio XI e Pio XII – ma c’è già chi chiede l’apertura di Giovanni XXIII e Paolo VI – siamo di fronte a pontificati quasi ventennali. Preparare, inventariare, numerare e timbrare un così grande numero di carte per disporle alla consultazione comporta, come capiscono tutti, un lavoro di anni e un numero di forze umane, serie e qualificate, ragguardevole. Negli archivi vaticani poi vige la regola del controllo della documentazione prima dell’apertura. Si verificano le posizioni e i protocolli, si accerta la completezza o meno di una busta o di una serie di scritture, si seguono le pratiche. Insomma, si predispone la documentazione, per quanto è possibile, nella sua genuina e originaria natura e coesione, anche per evitare la nascita di ‘gialli’, sparizioni o sottrazioni misteriose – misteriose, s’intende, solo per chi non sappia fare ricerca seria d’archivio – di cui ogni tanto si legge. È un lavoro minuzioso, non facile, lungo. Qui, e solo qui, sta il motivo dell’attesa nelle aperture della documentazione vaticana”.

D. – E tutte le pressioni per le aperture?

R. – “Non è vero che tutti gli storici premano per aperture sempre più ravvicinate degli archivi. Qualcuno dovrebbe pur ricordare quel che scrisse Jacques Freymond nel 1981: i governi vagliano i documenti da porre a disposizione degli storici, separando quelli che per varie ragioni non saranno consultabili, mentre la pressione per aperture rapide rischierebbe di minare queste equilibrate operazioni. E il perché lo ha spiegato un grande archivista italiano, Elio Lodolini: ‘Noi siamo contrari ad una consultabilità a data troppo ravvicinata, in quanto essa provoca la volontaria distruzione dei documenti od il loro inquinamento. Ove manchi la più assoluta e tassativa garanzia della segretezza per un ragionevole periodo di tempo, vengono meno le caratteristiche della veridicità e della imparzialità delle carte’”.

D. – Chi stabilisce l’apertura progressiva dei documenti dell’archivio?

R. – “L’Archivio Segreto Vaticano si chiama così perché è l’archivio privato del pontefice. A lui solo appartiene e risponde. Ne consegue che solo il papa ha il governo dell’archivio, ne stabilisce regolamento e norme, decidendo anche le sue progressive aperture”.

D. – Nel 1880 Leone XIII aprì gli archivi agli studiosi. Con quale portata?

R. – “Il gesto compiuto da Leone XIII nei primi mesi del 1881 (e nel 1880 annunciato) fu certamente un gesto di lungimiranza politica e scientifica; su questo argomento molto si è scritto e si scriverà. Tuttavia va tenuto presente che l’apertura riguardava soltanto i fondi allora presenti nel vecchio archivio di Paolo V (1605-1621), cioè un numero limitato di ‘armaria’ e di ‘miscellanee’, per quanto preziose e importanti. Non c’erano poi strumenti aggiornati di ricerca ma soltanto gli indici del Seicento – i grandi schedari e inventari verranno dopo – sicché molti restarono delusi. Da Leone XIII a oggi l’Archivio Segreto Vaticano è aumentato a dismisura, almeno di quindici volte. Per fare un esempio, c’erano allora gli archivi soltanto di quattro nunziature (tre in antichi stati italiani e a Varsavia), mentre oggi ne abbiamo più di 75. Dai circa 5 chilometri lineari di documentazione del 1881 siamo passati ai più di 80 attuali. Senza tener conto che l’archivio non è morto, ma vivo, perché periodicamente riceve documenti dagli organismi curiali e dalle rappresentanze pontificie nel mondo. Tralasciando schedari e indici, l’archivio si è ampliato negli ultimi sei anni di oltre 10.000 unità archivistiche. E ciascuna unità ha in media 500 fogli: un totale di 5 milioni di fogli, cioè 10 milioni di pagine da scorrere e ordinare”.

D. – E gli altri papi?

R. – “I successori di Leone XIII – che poi aprì l’archivio vaticano fino al 1815, anno del congresso di Vienna – ne seguirono la strada. Pio XI nel 1924 aprì i documenti fino al 1846 (morte di Gregorio XVI); Pio XII preparò l’apertura di Pio IX (1846-1878), effettuata nel 1966 sotto Paolo VI. E Giovanni Paolo II ha sorpassato tutti nell’apertura dell’archivio: nel 1978 aprì il pontificato di Leone XIII (1878-1903) e nel 1985 quelli di Pio X (1903-1914) e Benedetto XV (1914-1922). E nei primi mesi del 2006 sarà aperto il pontificato di Pio XI (1922-1939)”.

D. – Nell’apertura come si trova oggi l’Archivio Segreto Vaticano rispetto ad altri archivi?

R. – “Direi a un ottimo punto, perché nelle varie legislazioni si procede a diversi periodi di apertura, a seconda della tipologia dei documenti. Generalmente si va da un minimo di 50 anni, andando a ritroso, fino a un massimo di 100 anni per i documenti più delicati o riservati. L’Italia apre i suoi archivi relativi alla politica estera o interna 50 anni dopo la loro data, ma quelli riservati relativi a situazioni private di persone, o i documenti dei processi penali, dopo 70 anni. Fra un anno gli archivi vaticani saranno aperti fino al 1939. La successiva apertura, quella del pontificato di Pio XII, ci porterà al 1958. Il personale limitato e il lungo lavoro non consentono di pensare come vicina l’apertura dei documenti di Pio XII, per i quali, come per tutti gli altri già aperti, non si ha alcun timore di rovesciamenti storiografici, assoluzioni o condanne (che poi non spettano agli storici). Aggiungo che per rendere possibile tra un anno l’apertura del pontificato di Pio XI un gruppo di venti persone, fra addetti e archivisti, sta lavorando da circa quattro anni e la Santa Sede per questo ha aumentato l’organico dell’archivio di ben undici unità. Una volta aperto il pontificato di Pio XI, si passerà a preparare quello di Pio XII”.

D. – Ci sono state aperture parziali per il pontificato di Pio XII?

R. – “Da diversi mesi è aperto il fondo ‘Ufficio Informazioni Vaticano per i prigionieri di guerra’, che comprende documenti dal 1939 al 1947. Ben oltre, dunque, il limite del 1922. Si tratta infatti di un fondo omogeneo e in certo modo slegato da altri. Per ordinare le oltre 2.500 scatole che compongono il fondo e per trasferire su dvd il suo schedario (circa 3 milioni di schede) sette persone hanno lavorato per tre anni. Così, dal maggio 2004 questo fondo è aperto, ma fino a oggi soltanto dieci ricercatori in tutta Europa ne hanno approfittato. A volte si ha l’impressione che certi studiosi, le cui voci sono forse troppo amplificate dalla stampa, gridino all’apertura degli archivi vaticani quasi per entrare in una fortezza segreta vincendo immaginarie resistenze; ma quando la porta si apre e i documenti sono consultabili, quelli che sembravano andare all’arrembaggio non si presentano o fanno una visita quasi turistica. Da più di un anno poi sono aperti gli archivi delle nunziature di Monaco e di Berlino fino al 1939; dopo un primo afflusso da parte di un discreto numero di ricercatori, sono rimasti sul campo i più seri e metodici, ben pochi. La maggioranza dei curiosi si è dileguata. Strano. Come se, non potendo trovare conferma a tesi precostituite ma non documentabili, gli archivi potessero essere dimenticati. John Cornwell, per esempio, che tanto acremente ha giudicato Pio XII, non ha mai messo piede nell’Archivio Segreto Vaticano (se non altro per studiare il periodo del nunzio Pacelli); lo stesso potrei dire di storici anche italiani”.

D. – Perché occorre tanto tempo per procedere all’apertura dei documenti di un papa?

R. – “Per sistemare, verificare, inventariare e numerare le carte. L’archivio vaticano, infatti, riceve i versamenti dai vari dicasteri della curia romana nell’ordine e nella sistemazione materiale che i documenti hanno all’origine. Ma in archivio va poi fatto, in vista dell’apertura, il riscontro fra la documentazione – contenuta in buste, faldoni, fascicoli, volumi, raccoglitori vari – e i relativi schedari o indici contestualmente versati. Quindi il materiale va preparato, qualche volta spolverato, e diviso in fascicoli maneggevoli; in questa fase si verificano le sequenze delle pratiche e la corrispondenza dei titoli e dei protocolli. Si passa poi alla legatura, o alla sistemazione in buste, delle carte e quindi alla loro numerazione. Tutte queste operazioni, compiute su migliaia e migliaia di unità, spiegano il protrarsi del lavoro negli anni. A ciò si aggiunga che diversi archivi di rappresentanze pontificie, per vicissitudini storiche, giungono in completo disordine. È il caso, per esempio, delle rappresentanze nei paesi occupati in guerra (Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia) o di quelle sedi dell’Europa orientale e centrale che durante la guerra fredda non ebbero certo vita facile: i rappresentanti del papa vennero cacciati dai governi comunisti da un giorno all’altro e costretti a scappare, portando con sé, stipate alla meglio in valigie, le carte dei loro archivi (come in Bulgaria, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Romania, e in altri paesi). Tutto questo materiale va pazientemente rivisto, ordinato e inventariato. Nessuno studioso, infatti, senza questo lavoro preliminare, potrebbe poi compiervi ricerche”.

D. – Ma quanto è grande l’Archivio Segreto Vaticano?

R. – “Abbiamo più di 80 chilometri lineari di documentazione – proprio di recente si è provveduto a misurare i singoli palchetti e gli scaffali – che va dall’XI secolo (rari sono i documenti precedenti) fino al brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I nel 1978. Insomma, circa 40.000 pergamene, una cospicua documentazione dei secoli XII-XIV, una assai più consistente tra Quattrocento e Settecento, e poi la smisurata mole di documentazione dell’Ottocento e del Novecento. Un totale di oltre due milioni di unità”.

D. – Quali documenti sono più studiati oggi?

R. – “Con buona pace degli storici contemporanei, la maggioranza degli studiosi che frequentano l’archivio si occupa di storia medievale e moderna. E lo testimoniano importanti collane di pubblicazioni di vari paesi europei (Germania, Francia, Austria, Italia, Spagna, Polonia, Belgio, Svizzera, Portogallo, Olanda, Norvegia, Finlandia, Svezia, Irlanda, Danimarca, Croazia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e altri). Anche questi studiosi hanno tutto il diritto di godere di strumenti adatti alle loro ricerche, e ciò impone che un certo numero di officiali dell’archivio lavori per anni su documenti medievali e moderni. Si pensi che alcuni fondi diplomatici dei secoli XIV-XVI non hanno ancora un inventario”.

D. – Quanti studiosi frequentano l’archivio?

R. – “Dai 27 studiosi ammessi nel 1882, subito dopo l’apertura voluta da Leone XIII, si è passati ai 400-500 studiosi annui nel periodo 1958-1967; nei tre ultimi decenni del Novecento si è giunti a una media di 1300 studiosi all’anno, con 40-50 presenze al giorno e picchi di 60-80 in alcuni mesi. La punta massima si ebbe nel 1999, quando si raggiuse il numero di 1444 ricercatori”.

D. – Vi sono accessi privilegiati?

R. – “Bisogna di nuovo chiarire questo punto. Posso attestare in coscienza, da quando sono prefetto, cioè dal 1997 – ma questo valeva naturalmente anche prima – che nessun privilegio, riguardo o favoritismo viene riservato ad alcuno studioso, ecclesiastico o laico: tutti sono soggetti alle medesime regole. Nessuno potrà mai dire di avere avuto da me alcun permesso speciale (del resto questo spetterebbe alla Segreteria di Stato). Soltanto i postulatori per le cause dei santi, com’è ovvio, hanno il permesso di consultare documenti del periodo chiuso, previo consenso della Segreteria di Stato, e devono mantenere il segreto sui documenti loro concessi, sia durante i processi canonici sia dopo”.

D. – Cosa porterà di nuovo la prossima apertura del pontificato di Pio XI?

R. – “L’intero pontificato di Pio XI (1922-1939) si aprirà nei primi mesi del 2006 e con questo un vasto campo d’indagine storica. Fra le rovine del primo conflitto mondiale e le minacce del secondo, papa Ratti dovette assistere all’avvento al potere di quattro dittatori (Mussolini, Hitler, Stalin e Franco), alla grande crisi del 1929, alle guerre coloniali, a quelle del Messico e della Spagna, alla promulgazione delle terribili leggi razziali tedesche e italiane e ai prodromi della seconda guerra mondiale. Pio XI risolse la questione romana con i Patti Lateranensi (1929), protesse e incrementò l’Azione Cattolica, celebrò il giubileo del 1925 e quello straordinario nel 1933-1934, disegnò un vasto progetto missionario che giunse fino alla Cina, volse la sua azione verso l’Oriente (con speciale attenzione alla Russia), guardò con occhio nuovo alla scienza, stabilì relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e diversi paesi del mondo. Tutto questo e molto altro riflettono i documenti del suo pontificato che saranno posti al libero vaglio degli storici”.

D. – E Pio XII?

R. – “Già nel 2002 è stato ufficialmente comunicato che dopo l’apertura del pontificato di Pio XI si lavorerà per rendere accessibili, con precedenza, le fonti documentarie vaticano-tedesche relative al pontificato di Pio XII (1939-1958), in parte già pubblicate per volontà di Paolo VI nei 12 volumi (1965-1981) degli ‘Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la seconde guerre mondiale’. Ma è già aperto, come ho detto, tutto il fondo ‘Ufficio Informazioni Vaticano per i prigionieri di guerra’, che ha documenti dal 1939 al 1947”.

di Sandro Magister

Fonte: "L'Espresso", 18/01/2005

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