Da Madrid a Roma. L’offensiva laicista e le paure della Chiesa

In Spagna le riforme di Zapatero, in Italia il referendum per la libera selezione degli embrioni. I vescovi sono incerti su come reagire. Ma tra il cardinale Ruini e alcuni intellettuali non cattolici c’è accordo: è in pericolo un’idea di umanità.

ROMA – Le notizie che giungono dalla Spagna allarmano ogni giorno di più il Vaticano. Divorzio facile e veloce, matrimoni gay con adozioni, selezione degli embrioni, legalizzazione dell’eutanasia, declassamento dell’insegnamento della religione cattolica, taglio dei finanziamenti alla Chiesa. Pochi di questi provvedimenti sono già legge, tutti però sono in corso d’opera, annunciati a ritmo martellante. Quando lo scorso 21 giugno Giovanni Paolo II ricevette in udienza il premier socialista spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero – vincitore delle elezioni del 15 marzo svolte pochi giorni dopo la strage di Madrid – non si aspettava una così rapida messa in opera della sua “road map” laicista. Anzi, più che laicista, “nichilista”. Così il quotidiano dei vescovi italiani “Avvenire” ha bollato in prima pagina, il 28 settembre, il “sovvertimento” in corso in Spagna: “un’elaborazione del nulla”, “suicidio dell’identità culturale e cristiana di un intero paese”.

Ma in Vaticano c’è un motivo d’allarme in più. Si teme che quel che accade in Spagna si riproduca a Roma e in Italia. Con la Chiesa incerta su come fronteggiarlo.

LA LEGGE BERSAGLIO

In Italia, il principale bersaglio dell’offensiva laicista è la legge 40 sulla procreazione artificiale, approvata il 19 febbraio 2004 da una larga maggioranza del parlamento, comprendente anche esponenti dell’opposizione di sinistra, cattolici e non, tra i quali il candidato premier alle elezioni del 2001, Francesco Rutelli.

La legge 40 non coincide con quanto prescritto della Chiesa, contraria a qualsiasi forma di procreazione non naturale. Stabilisce però dei limiti importanti: non si può fare un figlio “in vitro” con seme preso al di fuori della coppia; non si possono produrre embrioni in numero maggiore di quelli da impiantare, al massimo tre; non si possono fare diagnosi preimpianto sugli embrioni; non si possono fare figli ad età avanzata o dopo la morte del donatore; non si possono clonare esseri umani; e così via.

Sulla difesa dei “diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito” (art. 1), la legge è tassativa. Ed è soprattutto questo caposaldo che gli avversari vogliono abbattere. Essi vogliono piena libertà di produrre embrioni in soprannumero, da selezionare, utilizzare per i fini più diversi (anche in sé nobilissimi come curare terribili malattie) ed eliminare.

OPERAZIONE REFERENDUM

Lo strumento che è stato adottato per cancellare la legge 40 è quello del referendum popolare. Il piccolo partito radicale – punta avanzata del laicismo in Italia – ha presentato la scorsa primavera una richiesta di referendum abrogativo dell’intera legge. Un altro comitato ha presentato quattro richieste di referendum che ne chiedono la cancellazione parziale. Le firme necessarie per render valida ciascuna richiesta erano 500.000, da depositare entro il 30 settembre.

Per riuscire a raccogliere le firme, il partito radicale e il comitato hanno chiesto aiuto a partiti e organizzazioni di massa, in particolare ai Democratici di Sinistra, il maggiore partito d’opposizione.

Inizialmente, la mobilitazione dei DS fu modesta. Corse notizia, all’inizio dell’estate, di un incontro tra il segretario dei DS, Piero Fassino, e il segretario generale della conferenza episcopale italiana, il vescovo Giuseppe Betori. La speranza della CEI era che che, senza l’apporto massiccio dei DS, i promotori dei referendum non riuscissero a raccogliere le firme sufficienti. Ma in settembre questa speranza svanì. “Avvenire”, il quotidiano dei vescovi, commentò con disappunto in più occasioni l’entrata in piena azione per la raccolta delle firme non solo dei DS ma anche del maggiore dei sindacati, la CGIL. A fine settembre, i radicali e il comitato hanno annunciato d’aver depositato un numero di firme largamente superiore alle 500.000 necessarie per ciascuna richiesta di referendum. In settembre è stato anche molto rumoroso il battage mediatico degli avversari della legge 40.

E i vescovi? E i movimenti cattolici organizzati? Si sono uditi poco. Taciturne anche le autorità vaticane.

PARLA RUINI

Tra le voci ufficiali e rappresentative della Chiesa italiana, la sola che si è levata è stata quella del cardinale Camillo Ruini, vicario del papa per la diocesi di Roma e presidente della CEI.

Il 20 settembre, in un impegnativo discorso al consiglio permanente della conferenza episcopale, Ruini ha richiamato con preoccupazione le decisioni della Spagna in materia di famiglia, della Gran Bretagna sulla clonazione umana e dell’Olanda sull’eutanasia dei bambini.

E a proposito dell’offensiva, in Italia, contro la legge 40 ha detto:

“Continua martellante, su molti organi di stampa, la polemica contro la legge sulla procreazione medicalmente assistita, anche al fine di promuovere la raccolta di firme per i referendum che dovrebbero abrogarla o modificarla su punti sostanziali. Colpisce soprattutto l’incapacità o la non volontà di prendere in considerazione lo spessore della posta in gioco, che ruota in ultima analisi intorno alla domanda sulla natura e sulla dignità dell’essere umano. La consueta enfatizzazione di casi certamente dolorosi, condotta in modo unilaterale e non di rado forzando i dati, prescinde tra l’altro dalla semplice ma assai pesante constatazione che, applicando i criteri presentati come gli unici rispettosi del desiderio di felicità delle persone, non sarebbero mai nati molti uomini e donne che oggi conducono la loro vita con gioia e con positivi risultati, come alcuni di loro hanno personalmente preso l’iniziativa di testimoniare. Sono questi i motivi per i quali non possiamo disinteressarci di simili problemi”.

Ma anche nelle settimane successive a questo richiamo del cardinale Ruini, nella Chiesa italiana la questione ha continuato a essere trattata sotto tono, con timidezza. Nella memoria dei vescovi italiani pesano due precedenti storici: il referendum del 1974 per l’abrogazione della legge sul divorzio e il referendum del 1981 per l’abrogazione della legge sull’aborto, una delle più permissive del mondo.

Entrambi quei referendum furono promossi da cattolici: il primo addirittura col sostegno del papa in carica, Paolo VI. Ed entrambi finirono con una sonora sconfitta.

Oggi la battaglia è a parti rovesciate. Il referendum è promosso dagli avversari di una legge che la Chiesa vorrebbe resti in vigore. Ma anche in questo caso la Chiesa teme di perdere. Le sue previsioni sull’esito dell’eventuale referendum sono concordi nel dare la vittoria a chi vuol cancellare la legge 40. La sua paura è che “madri sorridenti con bei bambini scelti ‘in vitro’ tra i migliori” decretino l’inesorabile successo di un’”eugenetica innocente”, con “Tonnellate di emotività a sopraffare le ragioni ragionanti” (così il titolo di un editoriale di “Avvenire” del 19 settembre).

LE DUE TENTAZIONI

Con tutta probabilità, il referendum si terrà nella primavera del 2005. A meno che il parlamento non modifichi prima la legge in oggetto, e su punti sostanziali.

Contro il referendum “che dilanierebbe il paese” e a favore di una imprecisata modifica della “cattiva” legge 40 si è pronunciato Romano Prodi, cattolico, presidente uscente della Commissione Europea e candidato premier del centrosinistra alle elezioni italiane del 2006.

Un’altra ipotesi accarezzata in campo ecclesiastico è che il referendum si tenga, ma che ad esso partecipino meno del 50 per cento degli aventi diritto al voto: nel qual caso il risultato non sarebbe valido. Sia la modifica della legge che la scommessa sull’astensione sono percorsi molto incerti e rischiosi. Ma come tentazione funzionano. E contribuiscono a mantenere la Chiesa italiana nell’attuale situazione di stallo.

“Diversi vescovi, di fronte al referendum sulla fecondazione artificiale, preferiscono il silenzio, il dribbling, il salto ad ostacolo e sfuggono alle proprie responsabilità”, ha denunciato Francesco Agnoli, studioso di filosofia della scienza, cattolico impegnatissimo sul tema. Sta di fatto che oggi in Italia, salvo poche eccezioni, coloro che con più forza – e con più attenzione alle visioni della Chiesa – dibattono le questioni capitali messe in gioco dal referendum contro la legge 40 non sono cattolici, ma laici.

LE RAGIONI RAGIONANTI

Non è cattolico lo storico Ernesto Galli della Loggia, che in un editoriale di prima pagina del “Corriere della Sera” del 17 settembre ha scritto:

“La selezione genetica degli embrioni inevitabilmente riecheggia, almeno nel principio, la prassi eugenetica che fu del nazionalsocialismo e, meno spietatamente ma fino a tempi non lontani, di alcune legislazioni europee e americane”.

E ancora:

“L’avvento come pratica di massa della selezione genetica degli embrioni rappresenta un’abissale frattura rispetto a tutto il nostro stesso passato storico. Interi universi di pensieri e di sentimenti, interi mondi morali e artistici sono destinati all’insignificanza e, in prospettiva, alla liquidazione. Primo fra essi, naturalmente, il mondo spirituale cristiano con la sua idea della preziosità irripetibile di ogni essere umano e del misterioso legame mimetico che lo lega al Dio creatore, fonte di quel retaggio di misericordia e di amore per tutti gli esseri che è alla base delle utopie universalistiche di cui da venti secoli si nutre l’Occidente”.

Non è cattolico, anzi, è dichiaratamente agnostico, Angelo Vescovi dell’Ospedale San Raffaele di Milano, uno dei maggiori specialisti al mondo in cellule staminali, che in un’intervista al settimanale “L’espresso” del 26 agosto ha detto:

"Clonare esseri umani per poi distruggerli è un delirio. La vita nasce all'atto della formazione dello zigote, ovvero con la fecondazione. Da quel momento in poi c'è un essere umano. E a me, scienziato illuminista, la ragione dice due cose: che gli embrioni sono esseri umani e che crearli per poi distruggerli è una sconfitta".

Non sono cattolici Gian Enrico Rusconi, Edmondo Berselli, Giulio Sapelli, intellettuali molto letti e ascoltati dall’Italia laica e progressista, che in diverso modo hanno detto e scritto cose alte e profonde, persino teologiche, e denunciato “la leggerezza cinica con cui si danza su questi temi pesantissimi”.

Non è cattolico Giuliano Ferrara, che ha fatto del quotidiano “neoconservative” da lui diretto, “Il Foglio”, l’agorà di un dibattito intensissimo e ha esortato i vescovi a non aver paura del referendum e del suo risultato, ma anzi, ad accettare la sfida, a trasformarla in momento di azione culturale e di predicazione alta, ad “attrezzarsi per una sincera, forte, corretta, irremovibile battaglia non tanto in difesa di una legge, quanto in difesa di un’idea di umanità che è in pericolo”.

La conferenza episcopale italiana è impegnata da un decennio in un’impresa di orientamento alla fede della società d’oggi, a cui ha dato il nome di “progetto culturale cristianamente ispirato”.

Il referendum sulla legge 40 ne sarà un decisivo terreno di prova.

Le due organizzazioni cattoliche che sono state determinanti nella formulazione e approvazione della legge 40 e oggi lo sono nella sua difesa:

> Forum delle associazioni familiari

> Movimento per la vita 

di Sandro Magister (fonte: "L'Espresso")

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