La data del 19 ottobre 1226 ci riporta un documento in cui “il Prevosto ed i Monaci investono di una parte del feudo di Vezzolano il Marchese Bonifacio di Monferrato che presta loro giuramento nel castello di Albugnano”. (1) È questa una fonte storica della devozione alla Madonna nella splendida Abbazia di Vezzolano, uno dei più insigni e bei monumenti di tutto il Monferrato. Prima della storia, però, ci parla di Vezzolano già la leggenda che ci proietta alla fine del secolo VIII. In quegli anni, Carlo Magno, dopo aver vinto alle Chiuse della Valle di Susa il Re Desiderio, stringe di assedio Pavia ed occupa diverse città del Piemonte tra le quali anche Torino. In una battuta di caccia nelle campagne di Albugnano, improvvisamente ha una visione terrificante: tre scheletri umani escono da una tomba e gli vengono incontro. Un eremita del luogo gli illustra il significato dell’apparizione, ricordandogli la vanità della grandezza terrena: anche lui diventerà come quei tre scheletri, e lo esorta a ricorrere alla Madonna che lo guarisce dall’epilessia a cui va soggetto. In riconoscenza per la sanità ottenuta, Carlo fa costruire la chiesa di Santa Maria di Vezzolano con accanto un monastero.
Ad un tratto i tre morti si sollevano dalle tombe, mostrando ai cavalieri la loro deformità di scheletri rivestiti di pelle ingiallita. Il terrore dei tre cavalieri è grande e si comunica anche agli animali. I cavalli s’impennano e recalcitrano, i cani abbaiano, mentre i falconi volano dal pugno dei cacciatori. Il terzo di questi, quello che volge il dorso, guarda in alto verso il falcone che gli è sfuggito di mano; quello che sta in mezzo si nasconde inorridito il volto tra le palme delle mani e l’altro fa l’atto di turarsi il naso con il pollice e con l’indice. San Macario, con la solita lunga barba, tiene in mano una scritta con la quale ammonisce i fastosi principi sulla caducità della grandezza terrena e li invita a far penitenza. Un’ulteriore conferma di tale leggenda la troviamo nel gruppo in terra cotta colorata posto sull’altare maggiore della chiesa. Carlo Magno vestito regalmente, con i gigli di Francia sul mantello e sullo scudo, prega in ginocchio davanti alla Vergine col Bambino; è presentato da un barbuto monaco, con alla destra Sant’Agostino, fondatore dei monaci che curano la chiesa. A parte la leggenda, l’Abbazia di Santa Maria di Vezzolano è stata fondata nel secolo XI e terminata nel 1189, al tempo di Federico Barbarossa e del prevosto Vibone, come risulta da un’iscrizione in versi leonini. Così se Carlo Magno è nella leggenda, Federico Barbarossa è nella storia di Vezzolano. Federico Barbarossa che, senza pietà, distrugge tra le tante città Asti e Chieri, prende sotto la sua protezione «la chiesa e il luogo» di Vezzolano con tutte le sue dipendenze e possessi situati in ben quattro diocesi: Torino, Ivrea, Asti e Vercelli. Nel 1210, l’Imperatore Ottone IV riconfermerà tali diritti all’Abbazia di Vezzolano. Artisticamente Vezzolano è di notevole bellezza ed importanza; costituisce l’esempio più pregevole in Piemonte di architettura romanico-lombarda. Davanti alla Chiesa si apre un piccolo sagrato anticamente adibito a cimitero, del quale è ancora visibile un enorme cipresso. La facciata, in puro stile lombardo di graziosissimo effetto, costruita in mattoni, intersecati da fasce di arenaria nella quale sono visibili conchiglie marine fossili, si innalza maestosa e gentile. Sopra i capitelli delle colonne, accanto agli stipiti della porta centrale, vi sono la testa del bue e del leone, simboli degli Evangelisti Luca e Marco. Entrando nella Chiesa, l’attenzione è attirata dal Nartéce, specie di portico, che divide in due parti la chiesa: la prima riservata ai catecumeni, la seconda riservata ai battezzati. Basato su cinque arcate a sesto acuto, sorrette da sei colonne, il Nartéce presenta uno splendido bassorilievo a due fasce di calcare azzurrognolo. Nella fascia inferiore sono rappresentati, seduti, 35 Patriarchi, gli antenati della Madonna; ciascuno porta il proprio nome scritto su di un cartello. Mancano i primi tre, dipinti sul pilastro di sinistra, e gli ultimi due dipinti sulla colonna di destra. Nella fascia superiore troviamo, a sinistra, i simboli degli Evangelisti Giovanni e Luca, gli Apostoli che depongono il corpo della Vergine nel sepolcro; a destra, i simboli degli Evangelisti Marco e Matteo, gli Angeli che portano il corpo della Vergine in cielo; al centro Gesù incorona sua Madre. Il bassorilievo, dedicato a Maria Assunta, è il più completo e forse il più antico in Italia.
Nel Chiostro, tra le tante meraviglie,
ammiriamo un capitello, che possiamo definire un libro di pietra dalle
pagine sempre aperte. Da sinistra verso destra, ci presenta
l’Annunciazione, poi la Visitazione, quindi, in basso, il sogno di
Giuseppe, che prelude all’episodio della Fuga in Egitto, scolpito
sull’altro lato. Don Mario Morra SDB - Rivista: "Maria Ausiliatrice" , Settembre 2004 (1) Antonio
Bosio, Dell’antica Abbazia e del Santuario di Nostra Signora di
Vezzolano presso Albugnano. Memorie Storiche, Asti, Tip. Bona Vincenzo,
1896.
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