Teologia e fede

La teologia, più che mezzo di interpretazione, è modo di conoscenza di Dio e forma di espressione dell'esperienza della Chiesa locale. Più che discorso su Dio, essa è testimonianza della vita con lui, come relazione tra la persona umana e la Persona divina. Non si parla di Dio ma piuttosto si parla con Dio.

Del Dio Verità non si parla come di una cosa o di un principio, ma lo si contempla. Secondo un teologo ortodosso la fede non si definisce in termini di adesione intellettuale, ma dipende dall'evidenza vissuta della "sensazione del trascendente", la sensazione dei puri di cuore, perché loro vedranno Dio. Così Evagrio e Gregorio di Nissa affermano:"Se sei teologo pregherai veramente e se preghi veramente tu sei teologo". E' la teologia mistica, la conoscenza esperienziale.

Tale sentire teologico era comune alla Chiesa indivisa del primo millennio, sebbene l'Oriente avesse un certo primato storico. Nel decreto Unitatis redintegratio del del concilio Vaticano II si afferma che "le Chiese d'Oriente hanno fin dall'origine un tesoro dal quale la Chiesa d'Occidente molte cose ha preso nel campo della liturgia, della tradizione spirituale e dell'ordine giuridico (...). I dogmi fondamentali della fede cristiana quali quelli della Trinità e del Verbo di Dio incarnato da Maria Vergine sono stati definiti in concili ecumenici celebrati in Oriente".(n.14). E ancora: "In Oriente si trovano pure le ricchezze di quelle tradizioni spirituali, che sono state espresse specialmente dal monachesimo. Ivi infatti fin dai gloriosi tempi dei santi Padri fiorì quella spiritualità monastica, che si estese poi in Occidente e dalla quale, come da sua fonte, trasse origine la regola monastica dei latini".(n.15).

l'insegnamento ortodosso sottolinea che Dio è mistero. Non possiamo conoscerlo in sé, ma nelle sue manifestazioni e nelle sue energie increate. Il Dio mistero supera ogni nozione, ogni principio e ogni idea: egli è Persona. La riflessione è preoccupata di mantenere un certo equilibrio tra Figlio e Spirito Santo. Nella loro opera che manifesta il Padre, le persone divine del Figlio e dello Spirito Santo sono inseparabili pur rimanendo ineffabilmente distinte. La riflessione sullo Spirito Santo (pneumatologia) è considerata dagli ortodossi componente essenziale della teologia per evitare una formulazione cristocentrica o addirittura cristomonica, con conseguenze negative sul piano ecclesiologico e su quello soteriologico. Parlare esclusivamente di Cristo non esprime il legame intimo con lui, se non si afferma che tale rapporto esiste nello Spirito Santo (1 Cor 12,3): essere cristificati coincide con essere spiritualizzati. L'unità in Dio è garantita dal Padre, dal quale il Figlio è nato e lo Spirito procede. Il termine "monarchia del Padre" dice che nella Trinità vi è una sola fonte: il Padre. In tale teologia non c'è posto per il concetto di Filioque, per cui lo Spirito procede solo dal Padre.

La teologia del Filioque costituisce una delle differenze teologiche invocate in occasione dello scisma del 1054. Nel documento dell'incontro tra i rappresentanti della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa avvenuto a Monaco di Baviera nel 1982 si porta un notevole contributo al superamento del problema:"Questo Spirito, che procede eternamente dal Padre e si manifesta nel Figlio, ha preparato la venuta di Cristo". E ancora: "Possiamo già dire insieme che questo Spirito, che procede dal Padre (Gv 15,26) come dall'unica sorgente interna alla Trinità (...) è divenuto lo Spirito della nostra adozione (Rm 8,15)".

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