Dio ha pensato a ciascuno di noi da tutta l’eternità, ci ha assegnato un compito e ci ha fatti nascere al momento giusto e nel luogo giusto, fornendoci di quelle doti che sono necessarie per lo svolgimento del nostro ruolo. Così ha fatto anche con Maria, che ha preparata a dovere, volendole affidare un compito straordinario: possiamo riassumere tale preparazione anzitutto nella parola Immacolata. Il primo dono, il grande regalo che Dio ha fatto a Maria nell’istante del suo concepimento, è stato quello di renderla immacolata, applicandole in anticipo i meriti della Redenzione di Cristo. Doveva diventare madre di Colui che veniva per distruggere le opere di Satana, ossia il peccato con tutte le sue conseguenze. Così Maria, concepita immacolata, dimostra la sua uguaglianza con noi, perché anch’essa ha avuto bisogno di essere redenta dal sacrificio della Croce; d’altra parte, la sua immacolatezza la predispone all’altissima missione che le è poi offerta. Uno dei titoli mariani più antichi, rimasto particolarmente caro agli Ortodossi, è Tuttasanta. Termine che esprime bene i due aspetti contenuti nell’invocazione a Maria Immacolata: il primo aspetto è il puro privilegio di esenzione dal peccato originale, in vista della divina maternità; il secondo aspetto è l’affermazione che Maria non è mai stata soggetta alla minima colpa attuale, pur essendo una creatura libera. Sottolineando questo secondo aspetto, tocchiamo con mano l’imitabilità di Maria, che tanto può incidere nella nostra formazione cristiana: vediamo in Maria la bellezza della natura umana pervasa dalla grazia. Per questo, l’Immacolata è un ideale che ci attira, anziché allontanarci dalla figura di Maria – quasi fosse qualcosa di assolutamente inaccessibile –, ce l’avvicina nella ricerca dell’imitazione, sorretti dalla grazia del Battesimo, dalle grazie attuali e dall’impegno di vita ascetica. L’Immacolata, modello da imitare Una delle più gravi colpe della mentalità moderna è quella di voler eliminare il senso del peccato e della tremenda presenza di Satana nel mondo. Così si misconosce la Redenzione, che è la vittoria di Cristo sul Demonio e sul peccato; così si lascia l’uomo decaduto nella sua miseria e non lo si aiuta a risollevarsi, a diventare migliore, a riacquistare la sua bellezza originale di creatura fatta ad immagine di Dio. L’Immacolata ci dice, invece: io sono così per la grazia di Cristo e per la mia corrispondenza; anche tu devi tendere, corrispondendo alla grazia, a vincere il male e a purificarti sempre più. Per questo, l’Immacolata non è un ideale astratto da contemplare, ma un modello da imitare. Riflettendo sul senso della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria [giusto 150 anni orsono, per opera del Beato Papa Pio IX] pensiamo come il popolo cristiano abbia da sempre intuito che la totale santità della Vergine [= Tuttasanta] sia stata incompatibile con la colpa originale, per cui questa doveva essere esclusa; anche se tale verità ha avuto bisogno di approfondimento biblico e teologico, appunto fino alla definizione dogmatica dell’8 Dicembre 1854. In passato si è discusso anche sulla ‘impossibilità morale di peccare’ della Madonna, anche se lei pure fosse stata tentata da Satana, come del resto lo è stato Gesù. Come creatura umana, la Vergine avrà certo avuto le sue tribolazioni e tentazioni; anche se la Scrittura non ne parla. Oggi, però, si insiste meno sui doni straordinari che la Vergine ebbe [compreso, eventualmente, quello dell’"impeccabilità"], e si preferisce porre in luce gli aspetti più umani di Maria: il suo duro cammino di fede, la sue prove e le sue continue sofferenze [= "Mater doloris"]. Su questa linea, ad esempio, insiste l’enciclica "Redemptoris Mater" di Papa Giovanni Paolo II. Sicché – in conclusione – noi ci specchiamo in Maria Immacolata, la "Tuttasanta", "umile e alta più che creatura" (Par XXXIII, 2), convinti come siamo di essere stati anche noi pensati da Dio fin dall'eternità, con doni di natura e di grazia che ci abilitano, corrispondendovi, a compiere "cose grandi" (cfr. Lc 1, 49) per la salvezza nostra e del mondo intero. don Gabriele Amorth Tratto dalla rivista paolina "Madre di Dio" - Dicembre 2004 |