Ormai si estende in tutto il mondo la
caccia ai cristiani
di Antonio Socci
Dall'America Latina ai Balcani,
dall'Africa all’Asia, sacerdoti e suore Vengono uccisi da chi non ammette
la tolleranza religiosa. La situazione più drammatica nel Sudan: dal 1965
gli islamici si accaniscono su chi crede nei Vangeli e non nel Corano.
A vedere i volti e le storie dei cristiani martirizzati nel corso del 2000
nel mondo, stupisce innanzitutto la normalità di questi uomini e donne. E
la semplicità con cui - vivendo inermi in zone così pericolose - hanno
messo in conto la possibilità di essere ammazzati, spesso selvaggiamente
per la loro fede. Senza per questo sentirsi degli eroi, né cercare i
riflettori. Danno se stessi all'insaputa del mondo intero. Una gratuità
che riempie di meraviglia, che sembra un miracolo e forse lo è. Sono
migliaia anche i missionari che vivono così, e spesso sono italiani: ne
conosciamo tutti qualcuno e sappiamo che sono persone normalissime. Anzi,
è gente concreta (talora medici, insegnanti, artigiani, ingegneri,
semplici catechisti, suore), con i piedi piantati per terra. Non hanno la
testa sulle nuvole ideologiche, infatti spesso tornano nelle nostre città
per cercare soldi per le opere che mettono in piedi ospedali, acquedotti,
orfanotrofi, scuole.
Non fanno tutto questo per vaga filantropia o per rappresentare «l'agenzia
etica» del mondo. Una volta il giornalista, seguendo Madre Teresa mentre
visitava uno dei suoi lazzaretti e abbracciava e baciava le poveri carni
putrefatte di quei moribondi raccattati nella spazzatura, sbottò
disgustato: «Io non bacerei uno così neanche per tutto loro del mondo».
«Neanche io», gli rispose dolcemente la suora..
Sempre a Madre Teresa un giornalista televisivo, durante un’intervista,
chiese: «Ma perché vi interessate di tutti questi poveracci, spesso sono
ripugnanti...». «Per Gesù. Noi amiamo Gesù» gli rispose lei. «Ma come»
riprese quello «non lo fate per compassione, per pietà?». «No, è per il
Signore» spiega la suora «allora questa compassione diviene grande come
l'ha avuta Lui, per noi, per tutti gli uomini…».
«Per Gesù» danno la vita e talora muoiono. Così ogni anno, a gennaio,
stiliamo l'elenco dei martiri. In questi anni sono in aumento. E non sono
inermi solo per l'incolumità personale, ma anche per l'impossibilità di
difendersi da accuse e calunnie. Come disse il Papa durante la
celebrazione al Colosseo, spesso i loro nomi restano sconosciuti perché
«infangati» dai loro persecutori e «occultati» dai carnefici.
Una condizione di debolezza che è anche della Chiesa la quale spesso viene
coperta di accuse e di insulti solo perché ricorda i suoi figli uccisi per
la fede (è accaduto qualche mese fa per i martiri cinesi, ingiuriati dal
regime di Pechino: la Santa Sede dovette quasi giustificarsi).
Se la Chiesa si azzarda ad accennare alla triste sorte dei cristiani nei
regimi islamici, immediatamente si alza un coro scandalizzato di giornali
e intellettuali che l’accusano di intolleranza e di razzismo. Così le
vittime sono trattate da carnefici e viceversa. Ed è la normalità. Il
massacro di cristiani non fa neanche notizia. Alle Molucche qualche mese
fa è affondata una nave carica di 500 cristiani in fuga dalle violenze
delle milizie musulmane. Quasi tutti morti. Ma non erano degni
dell’attenzione dei giornali, dei politici e degli intellettuali italiani
che nelle stesse settimane stavano tuonando contro il cardinal Biffi per
aver egli parlato delle persecuzioni musulmane contro i cristiani.
In queste settimane l'agenzia missionaria Misna denuncia l’islamizzazione
forzata delle Molucche. Oltre mille cristiani nelle isole di Keswi e Teor
sono stati costretti a rinnegare la loro fede e ad abbracciare l'Islam:
centinaia di uomini sono stati circoncisi a forza con rasoi e le donne
sono state infibulate. Ieri l'agenzia Misna ha riferito il caso di una
ragazza cristiana che è stata ammazzata per essersi opposta a un matrimonio
forzato con un musulmano (che implicava la «conversione»).
Ma nessuno ne farà un «caso Rushdie».
Perché i cristiani sono inermi e senza voce. E la Chiesa deve guardarsi
dal dirlo per non essere accusata di vittimismo, sospettata di
intolleranza o di voler fare crociate ideologiche. Una banale vulgata
giornalistica - specialmente in questo Anno Santo - rappresenta la Chiesa
come una potenza trionfante e addirittura opprimente.
É vero il contrario. Perfino le iniziative diplomatiche internazionali che
sono state intraprese dal Santo Padre per il grande Giubileo del duemila,
in difesa dei più sofferenti, dimenticati da tutti, come ha osservato ieri
Pierluigi Battista sulla Stampa, alla fine sono state clamorosamente
snobbate. Segno che all'omaggio formale da parte del governo e dei media
corrisponde poi una sostanziale indifferenza, quando non un'aperta
ostilità. Contrariamente alle apparenze, la Chiesa non è mai stata così
debole e insignificante.
Anche l'iniziativa vaticana per la pace in Medio Oriente è destinata
all'insuccesso. La Chiesa non riesce neanche ad aiutare i cristiani della
Terra Santa che sempre più si sentono costretti a emigrare. «Noi
cristiani, perché non abbiamo voce?», chiedeva ieri padre Giovanni
Battistellì, responsabile della Custodia di Terrasanta in un'intervista
alla Stampa (basta ricordare l'umiliante provocazione della moschea che si
vuole costruire per forza a ridosso dei luoghi santi di Nazareth). Eppure
la Chiesa e il Papa tendono la mano, suggeriscono dialogo, si prodigano
per la pace dovunque e per l'aiuto a chiunque.
Tutto il secolo che si chiude ha visto la Chiesa inascoltata e sempre più
minoritaria. É stato, come si sa, un secolo di orrendi genocidi: degli
ebrei si è tentata addirittura l'eliminazione totale. In questo inferno si
è consumato anche un grande martirio dei cristiani. Il Papa ha dichiarato
che mai nella storia era stato sparso tanto sangue di cristiani per la
loro fede. È una tragedia pressoché sconosciuta.
Comincia già nell'anno 1900 quando sulle missioni della Cina si abbatte
una violenta persecuzione, con l'insurrezione dei "Boxers". L'editto dello
luglio 1900, dell'imperatrice Tse-Hsi, contro i missionari provocò stragi
di cristiani e in seguito persecuzioni. Martiri anche nelle Filippine e in
Spagna nel 1904, a Valencia. Nel 1915 lo sterminio degli armeni, popolo
cristiano inviso al regime turco, apre l'elenco orrendo dei genocidi del
XX secolo: 2 milioni di persone macellate e 300mila esuli.
Nel 1924 una rivoluzione di anticlericali in Brasile determinò anch'essa
persecuzioni e martiri.
In Messico una terribile persecuzione, con centinaia di martiri, durerà
dalla Rivoluzione del 1911 fino agli anni '40. «In Spagna» ricorda
l'agenzia Fides «la persecuzione della seconda Repubblica (1931-1939)
provocò il maggior olocausto cristiano di sacerdoti e religiosi dai tempi
dell'impero Romano, superiore per crudeltà e per vittime alla Rivoluzione
francese: 13 vescovi, 4.184 sacerdoti del clero secolare, 2.365 religiosi,
283 religiose, per un totale di 6.832 persone consacrate, senza contare le
migliaia di laici e laiche».
Poi naturalmente arriva la furia del nazismo e del comunismo e qui il lago
di sangue diventa un oceano immenso. Come si legge nel terzo segreto di
Fatima che è stato reso noto l'anno scorso. In Africa l'elenco dei martiri
del XX secolo è lunghissimo. Ma forse il caso più terribile è quello del
Sudan, dove la persecuzione islamica va avanti dal 1956 ed è tuttora in
corso: 2 milioni di vittime, uomini, donne e bambini e «la stragrande
maggioranza non sono ribelli, ma civili colpevoli solo di non pensarla
come gli islamici del regime». Così scriveva il New York Times,
chiedendosi «chissà perché nessuno si ricorda del Sudan», mentre «tutti i
leader mondiali celebrano con grande solennità la dichiarazione dei
diritti dell'uomo».
Nonostante tutto questo la Chiesa non fa del vittimismo, né rivendica
ragioni polemiche. Anzi, il gesto più clamoroso di questo Giubileo diceva
il contrario: il Papa si è messo in ginocchio chiedendo perdono
(unilaterale) per le colpe di tutti i cristiani che hanno commesso crimini
o sono stati complici. Perché era giusto. Ma anche per dire che «a nulla
fuorché a Gesù il cristiano è attaccato». La Chiesa è sembrata inerme,
ancora una volta, e ha commosso.
Ma forse proprio nella sua debolezza
emerge la sua forza.
© Il Giornale, 03 gennaio 2001
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