Vandea, il genocidio dimenticato

tratto da Avvenire, 1.7.1992

Parla lo storico Secher, perseguitato per aver rivelato i massacri della Rivoluzione francese. Le prove di brutalità raccapriccianti, le stesse dei lager nazisti. Lo sterminio di chi preferiva i preti agli insorti: 117 mila morti (su 800 mila), 10 mila casolari distrutti (su 50 mila). «Diffamato dopo gli studi, mi hanno vietato, l'università, ho perso il lavoro e non riuscivo più a trovarne uno».
Un giovane storico scopre un genocidio sconosciuto. Per questo, viene perseguitato dal potere. Diffamato, ridotto alla disoccupazione, impedito di diventare docente universitario. Non è accaduto nella Germania di Hitler, né nella Russia di Stalin: è accaduto nella Francia di Mitterrand nell'anno 1985.
L'incredibile storia la racconta lui stesso, il giovane storico: Reynald Sécher, oggi 37 anni, due lauree (una in storia e una in amministrazione d'impresa) e un 'dottorato di ricerca' post-laurea superato col massimo dei voti.


I documenti dispersi

Secher è in Italia per un giro di conferenze, per presentare il suo libro -Il genocidio vandeano (1793-94), pubblicato in italiano dalla Effedieffe di Milano- che è anche la sua tesi di dottorato, e la rivelazione del genocidio.

E' un genocidio vecchio: quello che Robespierre perpetrò contro i contadini della Vandea che erano insorti in difesa della fede e dei sacerdoti. "Si sapeva che qualche atrocità era stata ammessa, ma la si metteva sul conto della «guerra civile»", spiega Secher. "Io ho cercato i documenti del massacro in Vandea. Non è stato facile. I documenti erano dispersi, come da un uragano. Ciò che ho trovato è spaventoso. In 18 mesi, fino alla caduta di Robespierre il 27 luglio 1794, i soldati della Rivoluzione uccisero 117 mila persone, su una popolazione totale di 800 mila. 10 mila i casolari distrutti su 50 mila."

La stampa di sinistra ha contestato a Secher l'uso della parola ‘genocidio', che per essa va applicato solo ai crimini del ventesimo secolo, non a quelli del 18", ha scritto Jean-Francois Revel su Le Point. "Ma di genocidio si trattò, in Vandea. Lo scopo proclamato era di sterminare la popolazione; non solo i combattenti, ma anche le donne e i bambini. Si distrussero sistematicamente i mezzi di vita della popolazione, case, campi, bestiame, boschi. E non per anarchia, ma per un disegno. Anche quando i ribelli erano ormai ridotti all'impotenza".

I documenti e le testimonianze recuperate da Secher richiamano paurosamente, fin nei particolari, l'olocausto degli ebrei sotto il Nazismo. Da Parigi, la Convenzione moltiplica ai suoi comandanti in Vandea l'esortazione allo "sterminio" allo "spopolamento", come Himmler ordinava la «soluzione finale». Ad Angers, il tribunale raccoglie le prove, il 6 novembre 1794, che decine di vandeani uccisi sono stati "scorticati dalla cintola in giù", e la loro pelle, conciata, usata per farne pantaloni per i soldati: allo stesso modo, ad Auschwitz, si fecero paralumi con la pelle degli ebrei. A Clisson, nell'aprile, 150 cadaveri di donne furono bolliti per estrarne "10 barili di a grasso, inviati a Nantes". A Chaux, un testimone depone di aver visto "fucilare da 400 a 500 bambini, di cui i maggiori avevano forse 14 anni".

Teste di morto

Non c'erano i lager, ma le 'anticamere della morte', dove i detenuti, in un affollamento inverosimile, eran lasciati morire di fame, stenti e soffocati con suffumigi di catrame. I volontari addetti allo sterminio chiamavano se stessi «Teste di Morto»: lo stesso nome assunto dalle SS della sinistra Divisione «Toten kopf» («Testa di Morto» in tedesco).

"Ci fu perfino la volontà di creare camere a gas, ma i mezzi tecnici mancarono", spiega Secher. "Un farmacista rivoluzionario di nome Proust fece un esperimento con gas velenosi, ma non funzionò. Come metodo di sterminio, perciò, si ricorse ai barconi, fatti affondare nella Loira col loro carico di donne e uomini denudati. Un secolo e mezzo dopo, i nazisti avrebbero trovato mezzi più efficaci". Delle spaventose scoperte di Secher ha già parlato su Avvenire, il 6 febbraio scorso, Vittorio Messori.

Ciò che non si sa in Italia, sono i guai che il libro ha provocato al giovane storico.

"L'inizio della mia ricerca nasce da una curiosità familiare", racconta lui: "Volevo sapere perché la casa di mia nonna, a Chapelle Basse-Mer che è un paesino della Vandea, era stata ricostruita dopo la Rivoluzione. Pubblicai le prime indagini sul paese. Pierre Chaunu [il famoso storico della Sorbona, ndr] mi incoraggiò ad estendere la ricerca alla repressione dell'intera Vandea: decidemmo che quello sarebbe stato il tema della mia Thèse d'Etat". E' la tesi post-laurea. Secher si mise al lavoro nell'83, contando sulle sovvenzioni che il Ministero dell'Educazione mette a disposizione per simili ricerche storiche. "Stranamente, non sono riuscito ad ottenere un soldo. Ho speso di tasca mia 500 mila franchi, indebitandomi". Anni di ricerche in archivio a Roma, in Usa, persino in Russia: i documenti della tragedia vandeana erano sparsi dovunque, tranne che in Vandea. "Una settimana prima di discutere la tesi, ignoti ladri penetrarono in casa mia e mi rubarono tutte le copie del mio lavoro", racconta Secher. "Per fortuna avevo già depositato gli originali. Due giorni prima dell'esame di Stato, mi si presenta un signore che si spaccia come funzionario del Ministero dell'educazione, e mi dice che non potevo discutere una simile tesi: avrei infangato l'onore della Francia. In cambio del silenzio, mi offrì denaro e un posto sicuro all'Università. Io rifiutai. 'Avrà molte noie', mi disse lasciandomi".

Nel luglio dell'85, Reynald Secher, che ha allora 29 anni, discute alla Sorbona la sua tesi 'di Stato' davanti a una commissione eccezionalmente portata a sette membri, invece dei cinque usuali. Domande minuziose, un interrogatorio ostile. Ma presiede la commissione il professor Channu, di cui Secher è allievo; e un altro suo docente, Francois Meyer dell'Università di Rennes, difende il lavoro dello studente dicendo: "Sono corresponsabile di questa ricerca". La Commissione deve accordargli il massimo dei voti e la menzione d'onore. Il libro verrà pubblicato dalla Presse Universitaire venderà 30 mila copie quasi un best-seller.
"Ma appena uscito il libro, sono stato vittima di una campagna diffamatoria da parte della stampa di sinistra", racconta Sécher.

Un linciaggio morale

"Sono stato dipinto come un reazionario, un fascista che gettava fango sulla gloriosa Rivoluzione. Max Gallo ha scritto contro di me un libello definendomi un muscardin [dal nome dei picchiatori reazionari che scatenarono la violenza «nera» alla fine della Rivoluzione Francese]". Invano Pierre Channu ha scritto articoli in difesa del suo allievo, s'è perfino mostrato in tv, nella trasmissione Apostrophes, per denunciare il linciaggio morale. "Ho ricevuto minacce di morte al telefono, mi hanno licenziato dal liceo dove insegnavo, mi hanno cacciato dall'Università. Sono rimasto disoccupato per un anno e mezzo: i potenziali datori di lavoro venivano 'dissuasi' dall'assumermi". La sua carriera universitaria è stata troncata. "Proprio quest'anno mi han detto chiaro e tondo che non potrò mai aspirare a una cattedra", dice: "In Francia non si diventa docenti per concorso. Si deve essere cooptati dal corpo dei professori". E per lui non c'è posto in una corporazione dominata dalla sinistra e dai 'laicisti'.
Un lavoro, Secher ha dovuto inventarselo. Fa l'editore, e stampa libri che raccontano l'altra verità sulla Rivoluzione. "Da poco ho ristampato un 'libro bianco' che Gracchus Babeuf scrisse proprio per denunciare il genocidio in Vandea", dice.

Gracchus Babeuf, nato nel 1760, fu ghigliottinato nel 1797, come capo o della Congiura degli Eguali: è uno dei grandi della Rivoluzione, considerato il "padre del comunismo".

Otto copie di Babeuf

"Nel 1794 scrisse il suo libro, La guerra di Vandea e il sistema di spopolamento, per denunciare la politica di sterminio voluta da Robespierre". In Francia, le tirature del libro erano state totalmente e deliberatamente distrutte. "Per quanto ne so, ne restano al mondo 8 copie", conclude lo storico. "Quella che ho trovato io era conservata in Urss, dove il «comunista» Babeuf godeva di un culto storico".

Maurizio BLONDET - Avvenire -

Intervista di Antonio Socci a Pierre CHAUNU

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