Dal capitolo XIV dell'opera "Lassù sui monti...", di padre Pietro Lavini (Preghiera e lavoro) Nei campi tra preghiera e lavoro. (...) Ogni mattina, i primi rintocchi della campana invitavano i monaci a lasciare i propri giacigli e correre in chiesa per la recita delle laudi e delle ore. Aprivano la giornata, raccolti nel coro, offrendo a Dio l'omaggio spontaneo della preghiera di lode e di riconoscenza: omaggio che non si limitava a quei pochi momenti trascorsi in chiesa ma che doveva ripercuotersi su ogni momento della giornata. Ogni azione, anche la più insignificante, ogni goccia di sudore, ogni sospiro sotto il peso del duro lavoro veniva il tal modo trasformato: assumeva un nuovo valore, una nuova dimensione; il lavoro non era più una condanna, un semplice mezzo per sovvenire alle necessità del monastero, ma una sorgente inesauribile di redenzione e di salvezza per sé e per i fratelli; una medicina per la salute del corpo e dello spirito. Dopo una frugale colazione in comune, tutti i monaci addetti al lavoro dei campi o alla cura del bestiame, lasciavano il monastero; e chi a dorso di un somarello e chi a piedi con gli arnesi da lavoro sulle spalle, attraverso angusti sentieri raggiungevano il proprio posto di lavoro. Alle prime luci dell'alba, il suono della campana raggiungeva anche il vicino castello, invitando tutti gli abitanti a destarsi per iniziare un nuovo giorno. Ogni membro della famiglia, rivolto a Dio un primo pensiero e chiesto a Lui aiuto ed assistenza, abbandonava il proprio giaciglio e ritornava a svolgere le proprie mansioni. Gli uomini, dopo aver salutato la propria consorte, abbracciato e benedetto i propri figli, si affrettavano a varcare la soglia della porta per raggiungere quei luoghi che avrebbero dato ad essi e a tutta la famiglia il necessario per vivere. Sui pendii che risalgono dal fiume Tenna, ancora oggi è possibile osservare molti frustoli di terra che la natura aveva destinato a boschi e a pascoli e trasformati nel passato, in terre seminative: essi sono ancora lì a testimoniare l'enorme sforzo di coloro che ogni giorno dovettero affrontare la fatica del vivere. Essi ci parlano eloquentemente di un lavoro duro che spesso oltrepassava i limiti imposti dalla nostra condizione umana; ci parlano di un lavoro paziente e costante che non si limitava ad lacune ore della giornata, ma si protraeva dalle prime ore del mattino fino a sera tardi, tolto quel breve spazio di tempo che ognuno si concedeva al suono della campana che invitava tutti a rifocillare il corpo e lo spirito. Ci parlano, inoltre, di un lavoro che scarsamente retribuiva ogni sforzo dell'uomo per strappare a quelle terre aride e sassose, il necessario alla vita. Oggi facciamo veramente fatica a comprendere quel sistema di vita contrassegnato da tanto lavoro, da immensi sacrifici e rinunce. |