Dal capitolo XXVI dell'opera "Lassù sui monti...", di padre Pietro Lavini (Un cammino verso la meta) La gocciolina d'acqua (...) Comprendevo fin troppo bene che mi stavo avventurando in un cunicolo chiuso, in una lotta sproporzionata alle mie forze, alle mie possibilità; era come pretendere di dare la scalata al cielo; una vera follia. "Potrai anche tentare - mi avevano profetizzato poco prima di partire - ma... alla fine dovrai mollare." Le ombre di un'avventura senza esito scendevano sul mio animo gettandolo nello smarrimento e nello scoraggiamento. Man mano che avanzavo, poi, "L'ermo colle" di S. Leonardo mi sembrava tanto lontano, mentre i pochi ruderi dell'antica chiesa che ancora apparivano all'orizzonte tra le folte cime del bosco, sembravano come una meta irraggiungibile. Ormai stanco, mi concessi un attimo di sosta per dissetarmi ad un rigagnolo che scivolava giù da una parete di roccia ed anche per gustarmi uno spettacolo di eccezionale bellezza. Una gocciolina d'acqua, appena uscita dal cuore della montagna, sembrava che volesse ritardare la sua corsa verso la valle. Come un uccellino inesperto che appena uscito dal suo nido, va saltellando da un ramoscello all'altro, così la piccola goccia andava posandosi qua e là sui fili d'erba creando un gioco di colori e di effetti simili a quei fuochi pirotecnici che spesso rallegrano le feste paesane. Quand'ecco una nuova gocciolina unirsi a lei e precipitare insieme nel rigagnolo. Addio, gocciolina!... Durante la tua corsa verso il mare vedrai cose desolanti: oggetti di plastica sparsi lungo il letto ed i margini del fiume, rottami, carcasse, e rifiuti di ogni genere. Più in basso troverai le numerose cave di rena e di breccia che serviranno per creare grattacieli e mostri di cemento, e scaricheranno nel fiume tanta di quell'acqua unita a melma da trasformarne il colore. Come se ciò non bastasse vedrai scaricare nel letto del fiume rifiuti industriali, prodotti chimici, veleni e riservanti. Un tempo si diceva che i fiumi erano la ricchezza, la vita della valle; oggi, al contrario, si potrebbe dire che siano la miseria, la morte. Anche la sopravvivenza di tanti esseri che popolano i fiumi, è diventata impossibile. Perfino l'aria è irrespirabile. E' vero che l'uomo, abusando della propria libertà, riesca a sfruttare la natura per motivi più o meno nobili; riesca addirittura a romperne l'equilibrio; ma è anche vero che sarà poi la natura stessa a ribellarsi. Le due famose montagne di plastica e di rifiuti di cui si è tanto parlato, ad un certo punto si chiuderanno sempre più, schiacciandoci nella loro morsa inesorabile. Addio, gocciolina!... ti vedo correre veloce verso la valle, attraversarla ed infine, ricoperta di fango, giungere fin laggiù nel grande mare dove potrai trovare il tuo riposo. Riposo però che un giorno verrà interrotto, perché una forza misteriosa ti prenderà e ti trasporterà di nuovo nel cuore della montagna. Ma la gocciolina d'acqua nasconde una verità ben più profonda: la sua piccola storia, è anche la mia storia, la storia di ogni uomo. Anch'egli, infatti, è uscito dalla mente e dal cuore di Dio, pieno di bellezza e di candore; creato addirittura a sua immagine e somiglianza. Anch'egli dovrà attraversare una valle piena di fango e di micidiali veleni che spesso lo rendono irriconoscibile. Anch'egli, infine, chiuderà il suo cammino nell'immensità del mare della morte, dove riposerà fin quando una forza misteriosa, la Risurrezione di Cristo che è pegno anche della nostra Risurrezione, lo trasporterà di nuovo accanto al cuore di Dio.
Pensiero veramente consolante, che mi permette di comprendere ancora meglio le famose parole di Sant'Agostino: "Oh Signore, tu ci hai creato per te ed il nostro cuore sarà sempre tormentato fino a quando non riposerà in te". In seguito, il poverello d'Assisi, le riassumerà nel grido: "Mio Dio, mio tutto!". Al contrario, quanto più assurde, quanto più oscure mi appaiono le ultime parole scritte da Cesare Pavese nel suo diario, poco prima di troncare violentemente la sua vita con i barbiturici: "E poi?...". Di fronte all'ultima domanda, Cesare Pavese non riuscirà a rispondere. Evidentemente era tormentato dalla paura del nulla. Ossessionato dalla tragica fine dell'uomo, non riusciva ad immaginare una nuova vita al di là della morte. Ben diverse saranno le ultime parole scritte nel suo "Diario" da un giovane che ebbi la fortuna di conoscere, stroncato da un male inesorabile, a soli diciotto anni: "Che cos'è la vita? - si domandava - un libro che un lontano e misterioso giorno finirà... e da quel giorno inizierà la vera vita!". |