LA
PASSIONE di GESU' in ALEXANDRINA Il
fenomeno della Passione di Gesù in Alexandrina si verificò durante
l'arco di 17 anni: dal 1938 al 1955. In questo lungo intervallo di tempo
bisogna distinguere due periodi, nei quali il fenomeno si è
manifestato con caratteristiche diverse; indicheremo rispettivamente con
«partecipazione fisica» e «partecipazione interiore»
queste due forme o modi di manifestarsi del fenomeno, per comodità di
denominazione; facciamo però ben presente che la Passione è unica
sostanzialmente, essendoci contemporaneamente sofferenze del corpo e
dell'anima, fisiche, morali e spirituali, inscindibili. 1.
Partecipazione fisica
Nel
1° periodo, dal 3
ottobre 1938 al 20 marzo 1942, il fenomeno avveniva in giorni ed ore
determinate: dalle 12 alle 15 del venerdì. Alexandrina riviveva
ordinatamente le varie fasi della Passione dall'agonia nell'Orto alla
morte, in stato di estasi. I suoi sentimenti e le sue reazioni ai
dolori erano rese manifeste da atteggiamenti, gesti, espressioni del
viso e di tutto il corpo, facilmente interpretabili da chi vi poteva
assistere. Padre Pinho ha scritto al riguardo: « Noi abbiamo
veduto svolgersi al vivo il dramma della Passione, anche se non
apparirono le stigmate, perché Alexandrina aveva chiesto che nulla apparisse
all'esterno. La Passione fu violentissima ed i presenti piangevano
singhiozzando a quello spettacolo di dolore visibilissimo » (cf Cristo
Gesù in Alexandrina, p.730). Il professore di mistica, Mendes do
Carmo, ha affermato: «E’ un angelo crocifisso!». La maestra del
paese, Saòzinha, ed altri hanno testimoniato: «Eravamo
trasportati in spirito nei vari luoghi della Passione di Gesù. Nessuno
poteva seguire quelle scene senza piangere». La sorella Diolinda,
in una lettera a p. Pinho parla del fenomeno Passione rivissuto il
7.4.1939: «Padre mio, cosa fu mai il Venerdì Santo: fu davvero giorno
di Passione! Prima di iniziare, che volto di afflizione aveva! Temeva il
trascorrere di quel giorno e diceva: "Vorrei che fosse già passato".
La
confortavo come potevo e l'accarezzavo, nonostante che anch'io fossi
satura di paura e di afflizione. Durante la Passione non potei non
piangere e vidi che quasi tutti gli altri presenti piangevano. Che
spettacolo commovente! L'agonia nell'Orto fu lunga ed afflittiva. Si
udivano gemiti molto profondi e talora singhiozzava. Non Le parlo della
flagellazione e della coronazione di spine! I colpi di flagello li prese
in ginocchio e come se avesse le mani legate. Le avvicinai un cuscino
alle ginocchia, ma lei cambiò posto, non lo volle. Ha le ginocchia in
misero stato. Le battiture non si contarono: durarono molto a lungo...
La si vedeva svenire. Anche i colpi di canna sulla testa coronata di
spine furono innumerevoli. Durante la Passione vomitò due volte:
soltanto acqua perché non aveva nulla nello stomaco. Il sudore era
tanto che i capelli erano impastati; le passai la mano sui vestiti e la
ritrassi bagnata. Alla fine della coronazione di spine pareva un
cadavere. Vennero ad assistere il canonico Borlido (di Viana do Castelo)
e due persone; così pure il dott.Almiro de Vasconcelos (di Penafiel) e
la sua sposa con la sorella Giuditta». A proposito del peso della croce
che gravava sulle spalle di Alexandriina durante la fase della salita
sul Calvario, ricordiamo questo episodio. Durante la Passione rivissuta
il giorno 29.8.1941, il dott. Azevedo invita uno dei sacerdoti presenti
ad alzare dal pavimento la veggente caduta sotto il peso della croce (mistica).
Viene scelto il più robusto; la prende sotto le ascelle, ma tutti i
suoi sforzi sono inutili. Spiega: «Con tutta la mia forza, non riesco!».
Alexandrina pesava allora circa 40 kg! Dopo che il Cireneo ha preso su
di sé la croce, il dott. Azevedo invita lo stesso sacerdote ad alzare
Alexandrina; questi vi riesce senza sforzo. La spiegazione è evidente:
la prima volta vi erano due pesi; la seconda volta vi era il solo peso
della veggente. In altra occasione, durante il fenomeno in stato di
estasi, P.Pinho le aveva imposto di dirgli quale il peso della croce. E
Alexandrina in atteggiamento molto grave: «La mia croce ha un peso
mondiale!». 2.
Partecipazione interiore Nel 2° periodo, dal 27 marzo 1942 sino alla morte, Alexandrina riviveva la Passione fuori dell'estasi e non più in giorni determinati, soffrendo intimamente in modo che nulla trapelasse all'esterno, anzi talvolta coprendo il dramma profondo con un dolce sorriso. Il 19 giugno 1946 diceva al suo secondo direttore: «In altri tempi questi sentimenti e sofferenze li provavo specialmente durante le tre ore del venerdì tra le 12 e le 15; i dolori della Passione si susseguivano con ordine; oggi no. Lo sgomento per questi dolori perdura quasi sempre, al martedì, mercoledì, giovedì oppure al venerdì; in ore non fisse provo ora questo, ora quell'altro tormento della Passione». Gesù, durante la Passione, ha sofferto i tormenti inflittigli dagli uomini e contemporaneamente quelli che si è inflitto Lui stesso, in quanto volontariamente ha fatto propri i peccati del mondo (1 Pt 2,24; Is 53,4). Abbandonato alla giustizia di Dio, si è trovato totalmente solo, non soltanto a patire la sua agonia, ma anche a conoscerla. E così pure Alexandrina. P. Corne non chiama forse Gesù « il peccatore universale, il peccatore di tutti i tempi e di tutti i luoghi, sul quale Dio fa pesare tutto il rigore della sua giustizia »? E p. Monsabré « l'incontro di tutti gli oltraggi e di tutte le piaghe »? Mons. Gay da parte sua scrive: «E’ la verità che Gesù, la benedizione vivente ed infinita, essendosi fatto peccatore per tutti, deve essere maledetto per tutti». La morte fisica è così la conseguenza di quella morte spirituale che è la separazione dell'uomo da Dio. Secondo Cullmann, sarebbe questa morte totale nemica di Dio, la causa della angoscia di Gesù nell'Orto del Getsemani, più che la crocifissione e le sue circostanze... No, Egli non può vincere la morte che morendo realmente, arrendendosi allo stesso dominio della morte, la grande distruggitrice della vita, della unione con Dio. Granfield commenta il grido di Cristo crocifisso: «Mio Dio! mio Dio, perché mi hai abbandonato?», affermando: «Il peso del peccato del mondo, l'identificazione completa di Gesù con i peccatori implicano un abbandono non solamente sentito, ma reale da parte del Padre. In questo grido di abbandono è rivelato il pieno orrore del peccato dell'uomo». Solo
l'amore può ispirare a svolgere un ruolo simile. Il Cristo sofferente
non è soltanto una manifestazione folgorante della misericordia divina;
ma è anche una rivelazione non meno folgorante della malizia del
peccato e della spaventosa catastrofe in cui si precipitano i peccatori,
per il fatto stesso che si allontanano da Colui senza il quale sono un
nulla e che è la sorgente unica di ogni vita e felicità. Tutte
queste verità non vengono esplicitate nel Vangelo, ma da maestri in
scienze teologiche ed in sede sperimentale nelle pagine del diario di
Alexandrina, la mistica, quasi analfabeta secondo la cultura umana, e da
altre anime mistiche cristiane. Ben a ragione Gesù le diceva: «La
crocifissione che tu hai è delle più dolorose che la storia può
registrare». Meditandola si riesce veramente ad approfondire
la nostra conoscenza dell'amore del Cristo sofferente e redentore. Ci si
renderà conto anche dell'opera che svolse nella redenzione la Madre di
Gesù e nostra, come anche del valore salvifico della sofferenza di qualsiasi
anima che sappia accettarla con amore in unione con Gesù. 3.
Gli effetti dell'esperienza dei mistici Una sicura garanzia dell'autentico carisma mistico è un vigoroso dinamismo ecclesiale ed apostolico, in perfetta sintonia con il magistero della Chiesa. L'obbedienza perfetta ed eroica all'autorità ecclesiastica, praticata da Alexandrina, fu riconosciuta ufficialmente dal Tribunale diocesano che ne svolse il processo sulle virtù eccezionali e ne approvò gli scritti. Tutti gli scritti di Alexandrina sono ormai convalidati anche dal voto positivo degli specializzati in dogma, morale, mistica delle Congregazioni romane. Questo ci invita a considerare i principali effetti che nascono dall'esperienza mistica della serva di Dio: a. Una conoscenza non comune né facile dei fatti, sentimenti e circostanze della Passione di Cristo, che non si trovano esplicitati nei Vangeli, o vi sono appena accennati. b. Una conoscenza particolarmente profonda e intensa dei dolori intimi e spirituali del Salvatore, al di là dei suoi dolori fisici. Un vero contributo alla penetrazione della psicologia di Gesù. c. La rivelazione dell'amore indicibile, misterioso e quasi « assurdo » di Cristo per l'uomo. Amore che, nella Passione e morte di Gesù, trova la sua espressione più alta. «Nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici» (Gv 15,13). Ovviamente è questo l'aspetto più toccante, perché l'anima viene condotta verso l'abisso di quella carità di Cristo che qui Alexandrina, con S. Paolo, sente sperimentalmente «come superiore ad ogni conoscimento umano» (Ef 3,19). In questa esperienza dell'unica oblazione redentiva di Cristo, fatta una volta per sempre (Eb 10,10) l'anima mistica sente più che mai che la Passione «è la più grande e stupenda opera del divino amore ed insieme che è un mare di amore e di dolore». S.Giovanni
della Croce, parlando delle grandi comunicazioni che il Signore fa
all'anima negli alti gradi della esperienza mistica, afferma che «le comunica
specialmente i dolci misteri della sua incarnazione e i modi e le vie
della umana redenzione»; altrove dice che «l'anima si riveste e si
trasforma negli stessi splendori del Verbo incarnato e gode delle gioie
più pure dello spirito anche se questo itinerario spirituale è
accompagnato dal puro patire ». |