Nel
Duomo vecchio di Molfetta c'è un grande crocifisso di terracotta.
L’ha donato, qualche anno fa, uno scultore del luogo. Il
parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato
alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la
scritta: collocazione provvisoria. La scritta, che in un primo
momento avevo scambiato come intitolazione dell'opera, mi è parsa
provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di
non rimuovere per nessuna ragione il crocifisso di lì, da quella
parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino
ingiallito. Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula
migliore per definire la croce. La mia, la tua croce, non solo
quella di Cristo. Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su
una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine.
Abbi fiducia, tu che bevi al calice amaro dell'abbandono. Non ti
disperare, madre dolcissima, che hai partorito un figlio
focomelico. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno
dopo giorno da un male che non perdona. Asciugati le lacrime,
fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che
ritenevi tuoi amici. Non angosciarti, tu che per un tracollo
improvviso vedi i tuoi beni pignorati, i tuoi progetti in
frantumi, le tue fatiche distrutte. Non tirare i remi in barca, tu
che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire.
Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno,
che non sei creduto dalla gente e che, invece del pane, sei
costretto a ingoiare bocconi di amarezza. Non avvilirti, amico
sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e
tu sei rimasto sempre a terra.
Coraggio. La tua
croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione
provvisoria”.
Il Calvario, dove
essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa
collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai
come suolo edificatorio. Anche il Vangelo ci invita a considerare
la provvisorietà della croce.
C'è
una frase immensa, che riassume la tragedia del creato al momento
della morte di Cristo. «Da mezzogiorno fino alle tre del
pomeriggio, si fece buio su tutta la terra». Forse è la frase più
scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose.
Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due
paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di
infierire sulla terra. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio.
Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco
le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i
rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte
le agonie dei figli dell'uomo.
Da
mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la
sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario, c'è divieto
assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione
forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà
considerata abusiva anche da Dio.
Coraggio,
fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla
croce. C'è anche per te una pietà sovrumana. Ecco già una mano
forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso
di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua
fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti
avvolge di tenerezza. Tra quelle braccia materne si svelerà,
finalmente, tutto il mistero di un dolore che ora ti sembra un
assurdo. Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre del tuo
pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra
riacquisterà i suoi colori verginali e il sole della Pasqua
irromperà tra le nuvole in fuga.