Santa
Rita da Cascia
(1370 - 1447)
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"Sarebbe
potuta essere una mediocre o anche una pessima cristiana, inasprita
dalla sofferenza e provocata alla ribellione. Fu, invece, una Santa"
Così
è stata descritta da Agostino Trapè, il più recente e prestigioso
biografo agostiniano di santa Rita, figura tra le più popolari della
storia cristiana.
Rita nacque a Roccaporena, uno dei verdi castelli soggetti a Cascia, nel
1370-1371 da Antonio Lotti e Amata (il cognome non è noto), che la
battezzarono nella chiesa di santa Maria della Plebe a Cascia col nome
di Margherita. Crebbe sotto le attente cure dei genitori, ma soprattutto
del Signore, come attesta il
miracolo delle api:
mentre i
genitori lavoravano nell'orto, la culla incustodita di Rita fu presa di
mira da uno sciame di api, che, stranamente, entrarono ed uscirono dalla
bocca della piccola senza pungerla.
Crescendo
aiutò la sua famiglia sia nei lavori dei campi, sia in casa, senza
tralasciare la propria formazione religiosa e scolastica, un'eccezione
per quei tempi. Il Signore suscita vocazioni là dove gli uomini
concorrono a fomentarle e a formarle. Il sereno ambiente familiare e
religioso concorse a crescere in Rita, fin da giovanissima, la vocazione
monacale. Ma i genitori, ormai anziani, preferirono sposarla, nel
1387-1388, con un giovane del posto, Paolo, figlio di Ferdinando
Mancini, per averla vicino e poter avere in famiglia l'appoggio di un
uomo.
Rita era buona, umile, religiosa, caritatevole, abituata a compiere
serenamente il proprio dovere: Paolo, invece, secondo padre Agostino
Cavallucci, autore della prima biografia della Santa nel 1610, era un
uomo feroce, che atterriva nel parlare e spaventava nel conversare. Rita
con lui seppe talmente conversare che lo ridusse tutto umile e tutto al
servizio di Dio, tanto da formare un'armoniosa convivenza familiare da
tutti ammirata. La vita familiare fu semplice e laboriosa: educare i
figli (i gemelli Giangiacomo e Paolo Maria) cristianamente, occuparsi
con amore dei vecchi genitori, attendere alla casa e all'orto,
rasserenare e ristorare il coniuge al rientro da una giornata non sempre
tranquilla.
La vita matrimoniale così scorreva quando una sera del 1401 qualcuno
bussò alla porta di casa e annunciò che Paolo, tornando da Cascia, era
stato assalito dai suoi nemici, che da tempo meditavano di vendicarsi
dei torti subiti. Il fatto che fosse disarmato, in linea con la sua
nuova vita cristiana, lo rese facile preda dei suoi omicidi.
Accorsa con i figli sul luogo del delitto, con il cuore colmo di dolore,
Rita, superato il primo smarrimento, espresse subito il suo perdono per
gli assassini e agì sui figli per convincere anche loro a perdonare. Il
suo eroico perdono e la sua azione di pace divennero un binomio
inscindibile da attuare con ogni mezzo. Perdonare come Cristo perdonò,
sulla croce, i suoi crocifissori. Perdonare per interrompere la vendetta
a catena. Ad un anno dalla morte di Paolo, morirono anche i figli, quasi
uno dopo l'altro. Nel giro di un anno aveva perso tutta la sua famiglia
rimanendo sola. A 30 anni, ancora giovane, forte e capace di amare,
scelse di donarsi ai bisognosi. Ormai sola, sentì riemergere fortemente
la vocazione monacale. Si recò allora a Cascia, presso il monastero di
Santa Maria Maddalena, dove con grande umiltà chiese di entrare come
monaca agostiniana per vivere secondo la Regola di S. Agostino. Fu
rifiutata, non tanto perché vedova, ma in quanto il marito era stato
assassinato: troppo recente era l'omicidio e quindi ancor vivo l'odio e
il desiderio di vendetta. Rita si sforzò in ogni modo per tentare una
completa rappacificazione tra i parenti di Paolo e i suoi assassini, che
infine riuscì a far incontrare davanti ai pacieri e, poi, in chiesa,
dove la fine delle ostilità fu suggellata con un abbraccio. L'opera
pacificatrice di Rita offrì un esempio che rimase profondamente
impresso nella mente dei suoi contemporanei e vive ancora oggi in tanti
devoti, presso cui è nota come la santa dell'impossibile.
Nel
1407 fu accolta nel monastero. Per 40 anni si dedicò totalmente a Dio,
proseguendo la sua opera di pace e carità. Come S. Agostino, scelse la
carità, la saggezza, l'amore, il servizio a Dio e all'uomo. La
sua devozione per la Croce fu così grande che il venerdì santo del
1432, dopo aver seguito una predica sulla passione, presa dall'amore per
Cristo Crocifisso, fu trafitta alla fronte, fino all'osso, da una spina
della corona, che le procurò un dolore durato fino alla morte.
Nel
1443 si ammalò gravemente e dovette rimanere a letto per lunghi anni.
Durante la sua dolorosa malattia, che sopportò con animo forte e
sereno, tra le numerose visite ricevute è da ricordare
quella di una parente di Roccaporena, nel gennaio del 1447, rigido e nervoso.
Questa parente, prima di congedarsi, le chiese se avesse bisogno di
qualcosa. Rita,
sorridente come sempre, le fece una richiesta veramente singolare per la
stagione: due fichi maturi e una rosa.
La parente la salutò un po' perplessa. Ma quando andò nell'orto di
Roccaporena, con stupore vide che nel roseto spoglio e innevato era
fiorita una rosa e che l'albero del fico portava due frutti maturi.
L'ultimo desiderio terreno di Rita era stato miracolosamente
soddisfatto. In ricordo di quest'episodio, Rita è rappresentata con una
rosa tra le mani. E il 22 maggio, anniversario della morte avvenuta nel
1447, vengono distribuite rose rosse davanti ad ogni chiesa intitolata
alla Santa.
In
occasione della sua beatificazione nel 1628, si tenne un solenne
festeggiamento il 16 luglio nella chiesa di sant'Agostino in Roma, alla
presenza di 22 cardinali e di una folla immensa. Fu dichiarata santa
solo il 24 maggio 1900 a San Pietro in Roma da papa Leone XIII. Nella
storia del popolo umbro Rita è la sorella minore di due grandi santi:
il patriarca S. Benedetto da Norcia e S. Francesco d'Assisi. Ma
Rita è, forse, la più amata dal popolo ed è lei che Papa Leone XIII
definì la più preziosa perla dell'Umbria.
Rita è la "donna FORTE"
e la "vergine SAGGIA"
della quale ci parla la Scrittura
che in tutti gli stati della vita indica,
non già a parole,
quale sia la via autentica della santità come
sequela fedele di Cristo fino alla Croce.
(Papa Giovanni Paolo II)
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