Brani tratti dal libro:

"Suor Consolata Betrone" 

di P.Giuseppe Maria da Torino O.M.Cappuccini

Editrice S.Maria degli Angeli - Busca

(1958)

  Gesù a suor Consolata: "Quando il tuo ultimo GESU', MARIA, VI AMO, sarà pronunziato, io lo raccoglierò e lo tramanderò a milioni di anime". Così aveva assicurato la "Voce". Questa profezia si è inspiegabilmente, miracolosamente avverata: milioni di persone, mormorando la giaculatoria insegnata da Gesù, ricordano suor Consolata Betrone, nonostante il succedersi veloce degli anni. L'ospite di un povero convento di Cappuccine oggi è conosciuta in tutto il mondo. Ospite di un giorno! Cos'è infatti agli occhi di Dio tutta una vita umana, se non una rapida giornata? La Madonna stessa ricorda a suor Consolata che è di passaggio a Moriondo: "Considerati pellegrina e forestiera". (N.d.R. Moriondo è una frazione di Moncalieri)

 Anno 1929, 8 maggio: a mezzogiorno le suore scendono in chiesa per la solenne supplica alla madonna di Pompei. In questo giorno sacro a Maria, Mediatrice di tutte le grazie, ha inizio la vita meravigliosa di suor Consolata: "Alle otto di sera sono in cella. Ho l'impressione di un essere invisibile che mi passi accanto. Mi inginocchio sulla lettiera e mi sforzo di fare un atto di vero dolore dei miei peccati. E la luce divina incomincia ad illuminarmi e a mano a mano che mi rischiara, le tenebre fuggono. Dalla parte di dove viene la luce, vedo Gesù in atto di attesa. Lo vidi con gli occhi del corpo o dell'anima? Non potrei definirlo...".

 E' malata grave, ma il suo amore verso l'Eucaristia non la trattiene dal recarsi in Chiesa. La Superiora, con molta saggezza, l'invita a ritornare in stanza ed ella obbedisce. S'è attardata nel locale dove le Cappuccine stanno sbucciando le castagne per la loro "lauta" cena. C'è pericolo di contagio. Un segno della Madre e la religiosa si allontana accompagnata da una consorella. Appena entrata in stanza, suor Consolata va verso la finestra e piange: "E' il Signore che mi prepara, quando sarò all'ospedale, a non avere la malinconia di venire a casa". Mormora queste parole con le braccia incrociate sul petto e gli occhi velati di lacrime, volti in alto.

 Era la vigilia del primo venerdì del mese: alle undici di sera la Cappuccina è accanto al tabernacolo: "Ad un tratto tutto disparve dalla mia presenza. Gesù, il Cuore divinamente bello, immensamente bello, vidi, e una bimba di circa sei anni (l'anima mia). Gesù mi strinse al suo Cuore, mi fece magnifiche promesse. Passerai dalla cella al Paradiso... ti lascerò scendere sulla terra per farvi un bene immenso...". Erano le ventitre. Un'ora trascorse rapidissima. Alle ventiquattro una suora passa veloce a picchiare alle celle. Il colpo, dato ad ogni porta, rimbomba per i corridoi. Si accende la luce del "coro": sta per incominciare il Mattutino. termina l'estasi di suor Consolata: "Rinvenni col viso inondato di felicità e il primo pensiero fu: che sarà mai il Paradiso?".

 Gesù le disse un giorno: "Mira la Vergine ai piedi della Croce, soffre, ma non un lamento, non si abbatte, nulla, nulla, nulla! Così ti voglio!".

 Il tormento dell'appetito, soprattutto durante la guerra, si rivela però, a volte, come un gemito doloroso nelle pagine del diario: "La tentazione quasi continua di questo mese è stata sull'attacco a me stessa. E' la lotta di ogni passo. E trovo pace solo nel fare parti uguali per tutte e solo gioia quando, vincendo me stessa, dono il più alle altre e il meno a me. Il nemico chiede: la minestra che avanzi è per te... e allora mi affretto a fare il giro del refettorio e così la distribuisco. Le patate che avanzi sono per te e non hai nulla per colazione!... E allora mi affretto a nasconderle nel cassetto delle sorelle che lavorano nell'orto. Tu hai più bisogno di cibo delle tue sorelle che lavorano nell'orto! Tu hai più bisogno di cibo delle tue sorelle di impiego... ed allora faccio le parti uguali e le lascio scegliere. E così godo pace e amore. Ma guai se cedo". L'ascetica dell'appetito le aveva da tempo spiritualizzato il corpo.

 Il Vangelo è pieno di peccatori che ritornano "violentemente" a Dio, confessando le proprie colpe. Il pubblicano si percuote il petto alla porta del tempio. Pietro esce fuori e piange amaramente. Zaccheo riceve inaspettatamente da Gesù la richiesta di ospitarlo in casa. Il capo dei pubblicani è sorpreso, un po' preoccupato e... "Vieni Maestro", gli risponde. Pensa però che è meglio aggiustare certe faccenduole di coscienza... "Senti Gesù" - gli dice - chiamandolo forse in disparte, perché non sentano orecchie indiscrete -  "se ho rubato, renderò il quadruplo e metà dei miei beni li do ai poveri...". Bravo Zaccheo! Gesù gli annuncia che la pace è scesa nella sua casa. E' dolce, dopo una colpa, ritornare con violenza a Dio. Questa è umiltà: la gioia di sentirsi simpatici a Gesù come Pietro, come Zaccheo, il pubblicano e il Centurione che scende dal calvario picchiandosi il petto...

Chi però rapiva il cuore di suor Consolata era il buon ladrone. Così Gesù aveva parlato di lui: "Senti Consolata, se il buon ladrone, con le sue, avesse commesso anche le tue colpe, avrei forse cambiato sentenza?". "Oh no, caro Gesù. Tu avresti detto ugualmente: Oggi sarai con me in Paradiso". "Ebbene, una sera dirò lo stesso a te... Sai quando sono più contento? Quando tu imperterrita, sollevandoti su tutto, continui il tuo atto di amore... sollevandoti".

E quante volte? Settanta volte sette. E' facile al contrario per i... "quasi santi", cadere in una sottile vanità. C'è una certa malinconia di non essere santi, che è finissima superbia. Si soffre di non essere perfetti, non perché Dio sia privato di un intenso amore per l'eternità, ma perché "io... io" non sono santo! Poco importa che siano santi gli altri. Gli interessi stessi di Dio sono superati dalla vanità, portata sino alle vette.

 Suor Giuseppina, che fa la spola tra ospedale e convento, porta notizie sempre più allarmanti. Suor Consolata ha ormai i giorni contatissimi. La Madre è sopra pensiero, perché il futuro la preoccupa. E se suor Consolata fosse santa? Lasciarla morire fuori monastero? No! E decise il ritorno della religiosa. 3 luglio 1946: quando l'autoambulanza si fermò a Moriondo, due infermieri collocarono la lettiga a terra. L'Abbadessa vide così la sua figliola, consumata sino all'impossibile: le labbra non coprivano più i denti. Si china a baciarla e scoppia a piangere. Tutte pensarono a Gesù, all'Uomo dei dolori, così come lo vide Isaia e ne descrisse la passione, ottocento anni prima degli Evangelisti. "Come un verme... non c'era più bellezza!".

 Luglio arde: la cella è spalancata e una suora, tra la fessura della porta e dello stipite, osserva l'inferma che per ore e ore gira il rosario fra le dita esangui... Parve a tutti trasformata. Si moltiplicano e si affollano alla memoria i ricordi delle suore, che furono con lei in quegli ultimi giorni. Siamo ormai al Viatico. Rinnova la Professione religiosa nelle mani di Madre Immacolata e chiede in prestito l'abito per la sepoltura. Di fronte a questa vita straordinaria che si spegne, la Madre trepida e non teme di incidere più fortemente il bisturi nel cuore della morente. Ha paura di un'illusione nella sua figliola spirituale? "Suor Consolata, lei ha sempre agito in buona fede?". "Sì, ho sempre agito in buona fede! Ma abbandono ogni cosa nel Cuore di Gesù!".

L'Abbadessa è afflitta: sa di perdere un soggetto prezioso per la comunità, mentre altre suore sono pure gravemente ammalate. "Non pianga, - la rassicura la morente - io muoio, ma suor X e suor Y guariranno!". Suor X infatti guarirà, in seguito pare ad un'apparizione di suor Consolata, e suor Y ricupererà miracolosamente la salute a Lourdes.

 Conclusione: 

Suor Consolata avrebbe ricevuto più volte da Gesù la promessa che sarebbe andata direttamente in Paradiso. "No, Consolata, noi in Purgatorio non ci andremo, passeremo dalla cella al Cielo!". Era ciò che voleva suor Consolata: non un minuto prima, non un minuto dopo. 

Fratello tipografo, finito di stampare il presente profilo, dovresti lasciare alcuni fogli in bianco per l'ultimo capitolo su suor Consolata. Dio solo, per ora, è in grado di leggere queste pagine senza inchiostro che narrano la storia futura della Cappuccina di Moriondo: le prime righe tuttavia, sono già state scritte.

Si parla di grazie, di ritorni di suor Consolata a Moriondo, a Torino Borgo Po. Pare che sia venuta dal cielo a pungere suor X e a guarirla dal morbo di Pot. "Fu in sogno o era sveglia? - le domando - Non lo so - risponde la religiosa - mi parve di vedere suor Consolata. Ebbi l'impressione che mi pungesse una, due, tre volte. Mi lamentai". "Ti faccio proprio male?", interrogò suor Consolata. L'inferma pianse di commozione, ma da quell'istante poté tenere eretta la testa, posizione che la malattia le impediva da molto tempo. Circa questo episodio esiste una dichiarazione di miglioramento insperato, rilasciato dal medico curante.

Altre volte la Cappuccina sarebbe scesa nel suo monastero. Così il 10 ottobre 1957, all'Ave Maria, sarebbe entrata silenziosa nella cella di suor Giacinta: passò lenta, solenne, con un abito nuovo sul braccio. La suora interpretò il fatto come un annuncio per il cielo. Poco dopo infatti moriva.

"Ma... sono donne!", direbbero gli increduli discepoli di Emmaus. I resti mortali di suor Consolata, il giorno 17 aprile 1958, ritornarono a Moriondo. Il Rev.mo Padre Generale dei Cappuccini celebrò la Messa da requiem. Così vuole la prudenza della Chiesa, che esige il "nero" anche per i morti in concetto di santità. Solo dopo l'esito positivo dei processi romani, la Chiesa depone il lutto per vestire paramenti di festa, ricordando i suoi figli migliori passati all'eternità: a noi tocca attendere. (...) 

Il corpo della Cappuccina riposa nel suo monastero. Dove? Una suora, annunciandomi il trasporto della salma nel convento, si affanna a precisarmi il luogo della tumulazione: "Là di fronte all'entrata, di fianco alla porta d'ingresso della chiesa". "Non ho presente", rispondo. "Non ricorda? Sotto il quadro del Sacro Cuore!".

Ecco il posto di suor Consolata in terra e in Paradiso: accanto al Sacro Cuore di Gesù, vicino, vicino, vicino!

Fine

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