L'angelo custode di 

Santa Margherita Maria Alacoque

Fui mandata a lavorare in infermeria, dove solo Dio sa ciò che ho dovuto soffrire, sia a causa del mio carattere sensibile, sia a causa degli uomini e del demonio, che spesso mi faceva cadere e rompere tutto quanto avevo in mano. Dopodiché mi prendeva in giro, ridendomi talvolta in faccia: « Sciattona! Non combinerai mai niente di buono». 

Questo faceva sprofondare il mio spirito in una tristezza e in una prostrazione così profonde, che non sapevo cosa fare, perché spesso mi toglieva la possibilità di parlarne con la nostra superiora, sapendo che l'obbedienza distruggeva tutte le sue forze. Una volta, mi spinse dall'alto di una scala mentre reggevo un braciere pieno di fuoco, e mi ritrovai a terra, senza che il fuoco si fosse spento e senza che mi fossi fatta alcun male, anche se chi mi vide cadere pensò che mi fossi rotta le gambe. Ma io sentivo il mio fedele angelo custode che mi sosteneva e avevo spesso la felicità di godere della sua presenza e di essere rimproverata e corretta da lui. 

Una volta, essendomi voluta immischiare a parlar del matrimonio d'una parente, mi mostrò che questo era indegno di un'anima religiosa e mi rimproverò severamente. Disse che, se mi fossi di nuovo immischiata in quel genere di faccende, mi avrebbe nascosto il suo volto. Non poteva sopportare la benché minima immodestia o mancanza di rispetto alla presenza del mio sovrano Maestro, davanti al quale lo vedevo prosternato a terra, e voleva che facessi lo stesso. E io lo facevo il più spesso possibile e non trovavo posizione più dolce a causa delle mie continue sofferenze nel corpo e nello spirito, perché era la più conforme al mio nulla, che mai perdevo di vista. Anzi, me ne sentivo sempre immersa, che fossi nella sofferenza o nella gioia, li dove non riuscivo più a provare alcun piacere.

Tratto dall'autobiografia di Santa Margherita Maria Alacoque