La centrale nucleare di Chernobyl
La notte
del 26 aprile 1986, scoppia il reattore numero 4 della centrale nucleare
di Chernobyl. |
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Oggi si è svolta la
cerimonia solenne per l'arresto del reattore numero tre, l'ultimo in
funzione. Dopo 14 anni dal disastro chiusa Chernobyl KIEV (Ucraina) - L'impianto nucleare di Chernobyl ha smesso di funzionare alle 13 e 17 (le 12 e 17 in Italia). Lo stop definitivo è arrivato con l'ordine del presidente ucraino Leonid Kuchma di premere il pulsante d'arresto della centrale durante una cerimonia ufficiale a Kiev. L'ordine è stato trasmesso alla stanza di controllo dell'ultimo reattore nucleare ancora in funzione attraverso una diretta televisiva. Ieri il reattore era stato riacceso un'ultima volta, simbolicamente, prima della sua chiusura definitiva. Oggi, con la cerimonia solenne trasmessa in Eurovisione, è stata scritta la parola fine all'impianto nucleare di Chernobyl. Il presidente ucraimo Kuchma ha dato l'ordine alla presenza di capi di governo, ministri e altre autorità provenienti da paesi occidentali e dalle repubbliche ex sovietiche. Con l'arresto del terzo reattore si conclude la tragica vicenda iniziata il 26 aprile del 1986, quando l'esplosione del quarto reattore della centrale provocò la più grande catastrofe nucleare della storia. Trentuno persone rimasero uccise, quel 26 aprile, per molte altre cominciò un calvario fatto di tumori e deformazioni. Centinaia di migliaia furono costrette ad abbandonare le loro case, e furono in migliaia, negli anni seguenti, a morire per le conseguenze dell'incidente nucleare: le stime parlano di quindicimila vittime. La nube radioattiva provocata dall'esplosione contaminò 150 mila chilometri quadrati attorno alla centrale, mentre il vento la spingevano fino all'Europa. L'emissione di particelle radioattive continuò per molti giorni, e solo a novembre il reattore esploso fu sigillato in un sarcofago di cemento armato, all'interno del quale si trovano ancora 180 tonnellate di uranio. Il secondo reattore fu spento nell'ottobre del 1991 dopo un incendio. Nel novembre del 1996 fu fermato per sempre il primo. Rimaneva funzionante l'ultimo, il numero tre, che l'Ucraina voleva mantenere attivo contro i pareri preoccupati della comunità internazionale. La chiusura totale dell'impianto, infatti, è stata resa possibile grazie agli aiuti occidentali. Il presidente ucraino Leonid Kuchma aveva infatti chiesto che la comunità internazionale partecipasse finanziariamente al "funerale" di Chernobyl e all'allestimento di strutture per seppellire le scorie: settantotto milioni di dollari il contributo degli Usa, più di quattro mila miliardi di lire la somma stanziata dai paesi del G7. Il Parlamento ucraino avrebbe voluto rinviare la chiusura, in attesa di altri aiuti occidentali per costruire due reattori nelle centrali di Rovno e Khmelnitski, così da poter "compensare il deficit di energia che si determinerà", come ha detto Vladimir Yatsenko, membro della commissione parlamentare su Chernobyl. Dello stesso parere la folla che si è radunata ieri a Slavutic, una cittadina nei pressi della centrale, dove circa mille persone hanno contestato il presidente Kuchma mentre deponeva una corona sul monumento dedicato alle vittime della catastrofe: pochi, in questa zona, sono contenti della chiusura del reattore numero tre, che provocherà il licenziamento di buona parte dei cinquemila dipendenti che ancora vi lavoravano. -15 dicembre 2000- Tratto dal sito www.repubblica.it |
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Una tragedia da non dimenticare 26/04/1986 - 26/04/2003 La notte del 26 aprile 1986, scoppia il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl. E' l'inizio del più grave disastro ambientale della storia dell'umanità che ha causato e continuerà a causare la morte di migliaia di persone. Erano l'1,23 di notte quando il reattore esplose a seguito di un errato intervento di manutenzione. La nube radioattiva provocata dall'esplosione contaminò 150 mila chilometri quadrati attorno alla centrale, nell'atmosfera furono immessi circa 45 milioni di curie di xeno 133; 7 milioni di curie di iodio 131; un milione di curie di cesio 134 e 137. L'immissione dei radionuclidi nell'atmosfera continuò in maniera crescente fino al 10 maggio per poi decrescere. Sono trascorsi 17 anni da quel lontano 1986, per tutti noi questo è solo un lontano ricordo, dai cassetti della memoria tornano a galla i divieti al consumo delle verdure a foglia larga, del latte fresco, dei funghi etc, dovuto a quelle nubi radioattive che girarono per l'Europa e per il mondo. Tale emergenza durò qualche decina di giorni e poi consciamente o inconsciamente tornammo alla nostra normalità. Una piccola repubblica la cui esistenza era sconosciuta ai più, la Bielorussia (per noi tutto l'eterogeneo mondo che si estendeva dall'Europa all'Asia era semplicemente Unione Sovietica e per i più semplicisti Russia), questa repubblica che dopo l'indipendenza si chiama Belarus (per estensione 2/3 dell'Italia e circa 10 milioni di abitanti), ha pagato il prezzo più pesante di quella tragedia: nonostante la Centrale si trovi in territorio ucraino a pochi chilometri dalla frontiera bielorussa, a causa delle condizioni climatiche di quel lontano 26/04/1986, oltre il 70% del materiale radioattivo fuoriuscito dalla Centrale è ricaduto sul territorio della Repubblica di Belarus. Intere zone sono state chiuse, interi paesi trasferiti, sono state evacuate 132.800 persone, decine di migliaia hanno lasciato da soli le regioni più contaminate, per loro sono stati costruite 60 mila case ed appartamenti, sono stati creati 29 mila nuovi posti nelle scuole d'obbligo, 10 mila posti nelle scuole materne ed asili. I livelli di radioattività di intere aeree, sono ancora oggi di gran lunga sopra i livelli di sicurezza. Le conseguenze sulla salute della popolazione sono enormi, in particolare sui bambini: aumento vertiginoso dei casi di cancro, leucemie, malattie della tiroide, piombo e cesio che si accumulano nell'organismo indebolendo le difese immunitarie. Oggi a 17 anni dal disastro, l'emergenza rimane intatta, perché gli isotopi radioattivi hanno una vita lunghissima, per alcuni il periodo di dimezzamento è di 30 anni per altri centinaia o migliaia di anni. Chernobyl è per la Belarus un dramma di ieri, di oggi, e purtroppo di domani e dopodomani, è una ipoteca su tante e tante generazioni future. La crisi economica comune a tutta l'aria ex sovietica, si è saldata in Belarus al Disastro di Chernobyl, infatti oltre il 20% del budget statale è assorbito dal tentativo di superamento o almeno arginamento delle conseguenze del disastro sull'ambiente e la popolazione. Chernobyl per la Belarus è una sorta di serpente che si morde la coda: se la crisi economica non permette di affrontare al meglio le conseguenze di Chernobyl, allo stesso modo il Disastro di Chernobyl costituisce un freno per una uscita rapida dalla crisi economica. La Belarus è stata sostanzialmente lasciata sola dalle grandi organizzazioni internazionali e dagli Stati ad affrontare le conseguenze di un disastro che ha invece dimensioni planetarie e come tale dovrebbe essere affrontato. Va riconosciuto, invece, il grande ruolo svolto dal mondo del volontariato non governativo, in primo luogo quello italiano, che ha cercato le vie delle cooperazione con la Belarus, anche se, purtroppo, la buona volontà e l'impegno senza il coinvolgimento delle grandi organizzazioni sovranazionali è purtroppo insufficiente rispetto alle necessità. Va dato atto alla Belarus di aver affrontato e affrontare questa difficile situazione con grande dignità e impegno, senza abbandonare, per quanto le risorse lo permettano, un livello certo di sicurezza sociale, un buon livello di istruzione, un servizio sanitario diffuso e accessibile a tutti. Tutti elementi per noi scontati, ma che invece non lo sono in paesi con situazioni analoghe. Così dalle ombre alle luci, questo è anche un paese che ha il 20% della popolazione in possesso di una laurea (una degli indici di scolarizzazione più alta al mondo), un paese nel quale la produzione artistica e culturale non solo rispetta ma addirittura sopravanza di standard di tanti paesi europei più fortunati, un paese che, nella classifica ONU della qualità della vita, è comunque davanti a tutte le Repubbliche ex sovietiche, comprese Russia e Ucraina, in possesso di grandi risorse naturali, non presenti invece in Belarus. Tratto dal sito http://www.sardegnabelarus.it Associazione Internazionale di Amicizia, Cultura e Cooperazione con la Bielorussia
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