Testimonianze storiche: (Dalla
testimonianza del Professor Alberto Del Sordo riportata nel primo
opuscolo stampato nel 1968) La signora D’Amici non riesce a dormire e si volta e rivolta nel letto, quando ad un tratto trattiene il respiro; suo marito parla nel sonno e lei capta distintamente queste parole: "Madonna mia, vuoi che ti porti ancora dei fiori?... Va bene... Te li porterò... "Cade in quel momento il sipario del dubbio ed essa può ben intendere a chi erano destinati i fiori, la sera del 14. Si rasserena quindi e tace in attesa che il marito le riveli il suo segreto. Ma invano, perché anche questa volta Teodoro D’Amici si chiude nel silenzio. La sera del 20 agosto egli prega il signor Martinelli che lo accompagni nell’ormai nota contrada, ma ne riceve un rifiuto, determinato da ragioni di famiglia e soprattutto dall’ora inoltrata.
La signora D’Amici che ha assistito, fingendo di non intendere nulla, al colloquio fra i due, si fa innanzi ed offre al marito la sua compagnia. "Andiamo!" - risponde i nostro uomo - dopo qualche incertezza, e i coniugi partono insieme per il luogo dell’appuntamento. Durante il viaggio, silenzio assoluto tra i due. Una volta sul posto il D’Amici blocca l’auto che lascia in custodia della moglie e percorre i cinquanta o sessanta metri che lo separano dal sacro muro. Depone i fiori nello stesso recipiente di fortuna e si accinge ad accendere i lumini, quando il rudere, come per incanto, s’illumina di luce intensa, che rende brillante l’affresco della Vergine. Tale illuminazione dura alcuni minuti primi, poi con la stessa rapidità con cui si è manifestata, la luce scompare ed il buio pesto torna ad avvolgere ogni cosa. La signora D’Amici, seduta nella macchina, assiste al fenomeno senza rendersi conto lì per lì dell’origine di quella luce e incuriosita e meravigliata esce dalla macchina e tenta di raggiungere il marito che distingue chiaramente sotto sì forte bagliore, ma si ferma come bloccata dalle parole da lui pronunciate: "... dimmi ciò che vuoi, Madonna mia, e mi farò servo per accontentarti!... " Soltanto allora intuisce che la luce che ha visto non è di origine terrena. Ritornato il buio, il D’Amici barcollando e quasi nello stato di trance, raggiunge la macchina, siede al suo posto e dà sfogo alla commozione con un pianto dirotto, senza profferire parola. La moglie conscia di quel che sta accadendo non osa disturbarlo. Dopo un buon quarto d’ora egli riesce a superare lo stordimento e a rimettere in moto l’auto, che procede lentamente sulla via del ritorno. Fu dunque il 20 agosto la prima illuminazione del rudere, a cui ne seguirono altre. La notte del 26 agosto, intorno alle ore 2, in sogno la solita voce lo invita, per la mezzanotte del 27, al rudere. Anche questa volta la moglie è sveglia e riesce a raccogliere le seguenti parole: "... hai gradito i fiori?... Debbo portarne ancora?... " E poi: ". . Lunedì... non mancherò all’appuntamento... a mezzanotte". E a mezzanotte del 27 si ripete lo stesso fenomeno del 20. Questa volta, però, non è soltanto la moglie del D’amici ad assistervi, ma anche il figlio Antonio, il signor Elio Martinelli con la moglie, Maria Moretti, e i genitori di quest’ultima. Il 31 dello stesso mese, sempre a mezzanotte, altra illuminazione del rudere, alla presenza di otto persone che vedremo aumentare nei mesi seguenti. Dopo un sogno del 6 settembre, in cui la Madonna invita il D’Amici a costruirle una chiesa in contrada Jaddico (... "Ho tanto freddo, coprimi!" - così gli dice -), eccoci al grande appuntamento, che è ormai il nucleo centrale di tutta la vicenda. E’ mezzanotte del 7 settembre, 1° Venerdì del mese. Il D’Amici in ginocchio davanti all’affresco della Madonna prega. A soli venti metri da lui, attendono undici persone. Il buio è tale che esse riescono appena a discernere un puntino luminoso rosso, prodotto da un dischetto di vetro di analogo colore, incastonato in una lampada di metallo, grande quanto un pugno, in cui arde un lumino di cera, sospesa sotto la sacra Immagine. Ad un tratto rumori strani e frequenti, come di breccia scaricata da un automezzo, provenienti dalle spalle del muro, distolgono Teodoro D’Amici dalla preghiera. Un brivido lo invade e l’emozione e la paura s’impossessano di lui. Raccoglie quel poco di coraggio che gli resta, si leva in piedi e si muove in direzione dei rumori. Ma non fa che tre o quattro passi verso sinistra, giungendo sul fianco del rudere, quando una luce meravigliosa lo investe tutto. . Di fronte, a non più di due metri, ritta su di un tufo (pietra calcarea locale), gli appare la Madonna, in tutta la sua regale maestà, splendentissima, con le mani aperte, volte in giù, da cui si sprigionano fasci di raggi che hanno il potere di abbacinarlo. Egli cade in ginocchio; poi vinto da tanto splendore e sopraffatto da una profonda emozione, sviene. Tutti i presenti osservano lo spettacolo di luce che illumina non soltanto il rudere, ma anche la campagna circostante, e facilmente deducono che la sorgente di quella luce non può che provenire dal retro del sacro muro e notano che i raggi si estendono in ogni direzione, per centinaia di metri. Emozionati fino all’inverosimile e preoccupati, nel contempo, della sorte del D’Amici, che giace a terra privo di sensi, corrono in suo soccorso. Ma prima di raggiungerlo torna il buio, sicché debbono agire nel trasportarlo sulla strada in tali condizioni. Il 2 ottobre successivo, alla presenza di venti persone il rudere si illumina per la quinta volta ed oscilla e la lampada sospesa sotto l’affresco della Madonna ne segue il movimento. Il 5 novembre il muro torna ad illuminarsi per la sesta volta. E’ questa la illuminazione più importante per la durata (5 minuti primi). Il fenomeno è visibile a tutti; alcuni notano che i raggi si proiettano verso il cielo, raggiungendo un’altezza incalcolabile. Il D’Amici, che è rimasto in ginocchio presso l’affresco,, ode distintamente queste parole: "Ciò che tu vedi, gli altri non potranno vedere. L’acqua c’è... ". Fenomeno come quello di cui innanzi si ripetono, ma per una durata minore, l’8 dicembre, alla presenza di 25 persone, il 31 dello stesso mese, alla presenza di 30 persone e il 20 gennaio 1963, di 50. A questo punto, venuto a conoscenza di quanto accadeva in contrada "Jaddico", m’inserisco con spirito d’indagine nella compagnia di quanti tutte le sere si recano presso il sacro rudere per la recita del Rosario, in attesa che il fenomeno si ripeta. Ed è così che la sera del 12 febbraio 1963, alle ore 23 circa, anche a me, come alle altre 50 persone presenti, il rudere appare illuminato. L’attività del D’Amici frattanto è divenuta febbrile. Le fondamenta della chiesa sono state già gettate ed una squadra di muratori lavora alacremente alla elevazione dei muri. Fra quanti hanno avuto la singolare fortuna di assistere una o più volte ai fenomeni di cui innanzi, non mancano quelli che offrono spontaneamente il loro contributo per la erigenda chiesa, ma il D’Amici energicamente rifiuta, dichiarando che spetta a lui solo l’onere e l’onore di costruirla. E così sacrificando qualcosa di suo e contraendo debiti, i lavori proseguono senza soste. Posa della prima pietra Alla data del 27 maggio 1963, manca alla chiesa la sola copertura. Si torna da più parti ad insistere perché sia accettato il concorso di tutti, ma il D’Amici continua a rifiutare e non ammette repliche. "Potrete intervenire e offrire tutto ciò che vorrete - così dichiara - dopo che la chiesa sarà stata ultimata almeno nel rustico". Mi sono riferito alla data del 27 maggio, perché essa segna l’ultimo appuntamento visibile con la Madonna, l’ultima illuminazione, ma forse la più bella. Proprio la sera del 27 maggio, infatti, all’ora convenuta, mi recai sul posto in compagnia di una mia figliola, maggiorenne, accodandomi alle 70 e più persone che mi avevano preceduto di qualche attimo.Ultimato il Rosario, nell’interno della chiesa, ci spostammo tutti, come di consueto, sulla strada, per le ultime preghiere, prima di prendere la via del ritorno. Avevamo recitato le 15 Ave, il Padre nostro, il Gloria, il Credo e la Salve Regina e stavamo per concludere con l’invocazione: "O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi!", quando in un fiat, il rudere s’illuminò di luce intensissima, argentea, sicché lo sbiadito affresco della Vergine apparve come rinnovato e vivo nei colori della veste e del manto; molti riflettori messi insieme non avrebbero potuto offrire un trionfo di luce come quello. Dopo pochi secondi tornarono fittissime le tenebre, mentre tutti in ginocchio piangevano e pregavano. Dopo tale illuminazione che trascende, come tutte le precedenti, le umane possibilità, nessun altro fenomeno si è verificato, ma altri segni ci sono stati, dei quali parleremo a suo tempo. Da quell’ultima illuminazione ad oggi sono passati soltanto cinque anni, ma quanta strada è stata percorsa! E’ sorta una bella e moderna chiesa, che custodisce, come in un forziere, il rudere recante l’affresco della Madonna, che richiama, in tutte le ore del giorno e della notte, innumerevoli pellegrini. Il dirupo antistante alla chiesa, una volta vivaio di serpi, di canne e di piante silvestri, è stato trasformato, mediante migliaia di tonnellate di materiale di riporto, in un ampio comodo piazzale, capace di ospitare centinaia di auto e di torpedoni, mentre altre opere in programma vanno profilandosi. Si potrà dire che tutto ciò è un miracolo della fede. E’ vero. Ma chi alimenta tanta fede? Chi spinge non pochi pellegrini a compiere, a piedi, il non breve tragitto di 8 chilometri, per inginocchiarsi innanzi alla Madonna di Jaddico? Perché mai tutte le sere, d’estate e d’inverno, da quando hanno cominciato a verificarsi i fatti sopra esposti, un gruppo di fedeli (quaranta, cinquanta e a volte più) si portano in quella chiesa, per recitare insieme il rosario, quando sarebbe tanto più comodo, specialmente nelle serate piovose e gelide, restarsene a casa o raggiungere una qualsiasi chiesa della città, se non fosse per aderire all’invito della Madonna, che in uno dei tanti incontri col D’Amici, aveva manifestato il desiderio della preghiera comunitaria? Chi ha fatto in modo che un tempio, che occupa una superficie di oltre 400 metri quadrati, completo di tutto, sorgesse in meno di due anni?
Fase di costruzione del Santuario Perché mai dal 1963 ad oggi si sono avvicendati in quel sacro luogo centinai e centinaia di pellegrinaggi organizzati, provenienti dalla città, dai comuni della provincia e da quelli delle province limitrofe? Come spiegarsi l’affluenza alla chiesa di Jaddico di migliaia di fedeli di ogni condizione ed età, specialmente nelle festività mariane, allorché accostarsi all’altare per la Comunione diventa problema arduo? Quale fascino esercita, dunque, la chiesa di S. Maria di Jaddico, se di giorno e di notte, sotto qualsiasi cielo, essa è meta di pellegrini isolati o in gruppo? Che potere ha la sacra Immagine di Santa Maria di Jaddico e il luogo in cui trovasi? Non è sempre la stessa Madre del Signore, venerata in tutte le chiese del mondo?A tutte le domande avremmo la risposta da dare; ma l’unica valida è quella che pronunzierà l’autorità indefettibile della Chiesa, di cui ci professiamo figli obbedienti. a. d. s.
|