Nel 1041 la Vergine sarebbe apparsa ad una povera contadina che si stava riposando sotto una quercia. Maria avrebbe detto alla donna di invitare la popolazione a scavare sotto la quercia, dove avrebbe trovato una sua immagine. Ma la donna ebbe paura di affrontare la pubblica opinione e non parlò. Qualche tempo dopo la donna ebbe una visione: la quercia dove le era apparsa la Madonna era avviluppata da tre lingue di fuoco e sull'albero si levava una nube odorosa. Al contempo un soldato incontrò nei pressi di tale quercia un mostruoso serpente che terrorizzava la zona; invocata Maria egli affrontò il rettile uccidendolo. La contadina si decise allora a parlare e convinse gli abitanti della zona a scavare sotto la quercia, dove trovarono però solo i resti di un'antica cisterna. I compaesani della donna, delusi, la burlarono, soprannominandola ironicamente Caramari (cara a Maria). Alcuni anni dopo, Caramari rivide la Vergine che ordinò di insistere con gli abitanti della zona affinché scavassero sotto la cisterna, lasciandovi cadere come prova della sua presenza una pietra preziosa che aveva staccato dal suo anello. Quando Maria scomparve la donna si ritrovò cieca. Gli abitanti del paese impietositi si convinsero a riprendere lo scavo: trovarono la pietra preziosa e, riparata da due lastre di marmo, un'antica icona di stile bizantino raffigurante la Vergine col Bambino, mentre Caramari riebbe la vista. L'icona, datata tra il IV° ed il VI° secolo, fu custodita in una cappella appositamente costruita e consacrata nel 1061 da Papa Niccolò II. Al momento del ritrovamento l'icona non aveva nome, solo più tardi le fu dato il titolo di Mater Domini (Madre del Signore). La devozione per la sacra immagine, alimentata da numerosi miracoli (risurrezione di morti, guarigione di ciechi, ossessi, paralitici ecc.), crebbe rapidamente. Attualmente l'icona è conservata in un armonioso tempietto di marmi policromi e di porfido, opera di un artista napoletano (1641). Il tempietto rimane racchiuso in una splendida basilica di stile neoclassico, ricca di dipinti, di stucchi dorati, di marmi, lavori di artisti del '700 e dei secoli successivi: A. Solimena, G. Diano, F. Guarino, L. Grimaldi e anonimi. Due luminose vetrate sono opera di Tarcisio Manta. Custodi del Santuario e dell'immagine furono inizialmente i Frati Umiliati, detti Preti Bianchi; dal 1631 al 1829 i monaci Basiliani, venuti da Grottaferrata; successivamente hanno retto il Santuario i Frati Minori di san Francesco d'Assisi. Pio XI conferì al Santuario il titolo di Basilica Minore nel 1923. ***
Nel 1931 fu dichiarato Monumento nazionale. Gli avvenimenti della storia, guerre, rivoluzioni, soppressione napoleonica e napoletana, i cataclismi naturali come le eruzioni del Vesuvio, i terremoti, ultimo quello del 1980, hanno profondamente segnato il cammino del Santuario, che rimane faro di luce religiosa e civile per tutto il territorio nocerino e della Campania. Mai la devozione dei fedeli è venuta meno, il popolo accorre a Materdomini per lodare Maria e da lei ottenere grazie e aiuto nel cammino di fede. Presso il Santuario sorge il convento che ospita una decina di frati e il Centro Regionale dell'Ordine Francescano Secolare. La Fraternità locale dell'O.F.S., molto attiva, anche ha la sua sede nei locali del convento.
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