Apparizione della Madonna del Pozzo

S. Salvatore Monferrato (AL)

15 maggio 1616

"VERGINE SANTA, VIENI IN MIO AIUTO"

 

La città di San Salvatore Monferrato si adagia su due dolci colline in un ampio anfiteatro che degrada lentamente verso la pianura padana. Centro agricolo ed industriale di notevole rilievo, a dieci chilometri da Alessandria ed a venti da Casale, dall’anno Mille fino al 1700 subisce le alterne vicende di tre nobili dinastie.

La prima dinastia, quella dei Marchesi discendenti dal leggendario Aleramo, dura dall’anno 961 fino a Giovanni I, morto senza eredi, nell’anno 1305. Durante questo periodo il “Castello di San Salvatore” è soggetto a diverse incursioni, e passa sotto il governo di vari vescovi, e di vari “signori”. Il Marchese che maggiormente si distingue è Guglielmo VII, “il Grande”, soprannominato “Lunga Spada”, perché rende celebre San Salvatore con la battaglia combattuta e diretta da lui personalmente, il 10 settembre 1290, contro i Guelfi di Alessandria, sulle pendici sud di San Salvatore. Oggi la località è ricordata dalla via Prelio (via del combattimento). Cinque anni dopo però, nel 1295, gli Alessandrini si prendono la rivincita, dando alle fiamme il “Castello di San Salvatore”. 

Nel 1305 subentra la dinastia dei Marchesi Paleologo con Teodoro I, che dura fino alla morte di Gian Giorgio avvenuta nel 1533. In questo periodo San Salvatore acquista sempre maggior prestigio ed importanza, soprattutto come “Castello di confine”. Deve fornire sei uomini all’esercito del Monferrato, mentre i paesi vicini ne forniscono solo due; ma gode di una sempre maggiore libertà civica, sancita dagli Statuti ottenuti nell’anno 1374. Può fregiarsi anche della Torre, alta circa 25 metri, che ancora oggi svetta verso il cielo, ma a solo scopo di osservatorio sulle vallate e pianure circostanti.

Nel 1533, inizia il terzo periodo storico che fa da cornice ed in un certo qual senso da occasione, al fatto miracoloso della Madonna del Pozzo avvenuto in San Salvatore. In quell’anno si accende feroce la disputa per la successione al Marchesato del Monferrato tra il Duca di Savoia, sostenuto da Francesco I re di Francia, ed il Duca di Mantova, sostenuto da Carlo V re di Spagna ed Imperatore. La guerra, secondo il costume del tempo, dura parecchi anni, portando ovunque morti, saccheggi e devastazioni. La popolazione inerme è quella che subisce le peggiori conseguenze delle lotte tra i potenti e nutre perciò un cordiale odio verso gli eserciti occupanti, causa ultima dei propri disagi.

In questo clima di guerra e di ribellione, matura il tentativo dell’uccisione del soldato spagnolo Martino De Nava, occasione della conseguente apparizione della Madonna che lo salva.

Il 15 maggio del 1616, verso mezzogiorno una Compagnia di soldati spagnoli muove da Valenza per portarsi a Casale Monferrato, attraverso le colline di San Salvatore. A questa compagnia appartiene il soldato Martino De Nava, particolarmente devoto della Madonna, il quale ha con sé un Rosario datogli dalla madre, alla sua partenza dalla Spagna. Forse avrà detto tutti i giorni il Rosario nei momenti di riposo dagli esercizi militari. Comunque è certamente un buon cristiano ed un devoto di Maria. Il fatto che la Madonna gli sia venuta in soccorso visibilmente, dimostra che Martino è in comunione di preghiera con la Madonna e che ne è innamorato.

Il nemico in agguato

La giornata è eccezionalmente torrida, e avendo la Compagnia necessità di acqua, i soldati sono sparpagliati nella zona alla ricerca di pozzi. Martino si inoltra per una viuzza ombrosa che dolcemente sale dalla valle di Saliceto, in una zona detta Pelagallo, verso l’altura della collina. Raggiunge un pilone sul quale è dipinta un’immagine della Madonna; vicino si apre, quasi nascosto tra il fogliame, un pozzo senza parapetto, profondo circa dieci metri. Il ritrovamento dell’acqua è per Martino come una grazia del cielo; si getta in ginocchio per terminare la recita del Rosario che ha iniziato appena si è trovato solo lungo il viottolo campestre. Rivolge ancora uno sguardo all’immagine della Madonna sul pilone, poi cerca di industriarsi con la funicella ed il secchiello che porta con sé ad attingere acqua.

È felice d’aver trovato l’acqua, ma sente un lieve fruscio e vede nascondersi, tra il verde fogliame, un contadino che lo sta ad osservare. Ha un attimo di sospetto che qualcosa gli stia accadendo, essendo senza le armi, ma poi si fa animo. Continua quindi ad industriarsi per attingere acqua; si sdraia per terra per guadagnare spazio con il braccio dentro il pozzo, quando si sente aggredito, insultato e ferito più volte al braccio disteso fuori del pozzo. Balza di scatto in piedi ed ingaggia una violenta colluttazione con la forza della disperazione, ma l’assalitore vibra colpi all’impazzata, rabbiosamente, tanto che Martino, sopraffatto, perde molto sangue e cade quasi svenuto. L’aggressore, per nascondere il delitto e per evitare la vendetta dei commilitoni poco distanti, getta Martino nel pozzo.

Al contatto con l’acqua fresca, Martino rinviene e si aggrappa ad una radice d’olmo che vi si trova. Chiede aiuto, ma l’eco della sua voce si perde nel silenzio. Alzando lo sguardo vede, nello spazio di cielo che si apre sul pozzo, l’immagine della Madonna dipinta sul pilone. Si rivolge allora a Lei chiedendo con fede soccorso. Sull’orlo del pozzo Martino scorge una bellissima Signora che regge in braccio un dolce Bambino, mentre l’acqua, tinta di rosso dal suo sangue, cresce lentamente, portandolo fino all’orlo del pozzo. Martino è sorpreso: la Signora dal volto celestiale, gli tende la mano e così pure il Bambino. È felice e si sente sicuro anche sull’acqua che non cede più al peso del suo corpo. Martino guarda estasiato, ora il volto della Donna, ora quello del Bambino ed esce, sorretto, dal pozzo. Non ha parole per ringraziare la sua Benefattrice che lo aiuta, sorreggendolo, ad andare verso il bivacco dei soldati, a circa trecento metri.

Sorretto dalla Signora, Martino giunge tra i commilitoni. Alcuni camerati gli vanno incontro per soccorrerlo, mentre la Signora si arresta. Martino ed i soldati ringraziano la gentile Salvatrice. Sopraggiunge nel frattempo il Capitano Don Giovanni Bravo De Laguna con alcuni ufficiali, il quale, udito il fatto straordinario dallo stesso Martino, ordina di dare «due doppie spagnole» alla Signora; ma quando il soldato si avvicina, la Signora che è stata così buona e caritatevole, dispare agli sguardi esterrefatti degli Spagnoli.

I soldati rimangono stupiti e sono i primi a credere al miracolo ed a parlarne tra loro. Il Capitano, da buon soldato, vuole vederci chiaro. Ordina che siano prestate le prime cure a Martino. Poi fa perlustrare immediatamente i dintorni; fa interrogare tutte le persone che incontrano per avere notizie di quella donna che è scomparsa tanto misteriosamente dalla loro vista. Per quanto minuziose siano le ricerche, della Donna non si sa più nulla. Intanto Martino va migliorando. Il Capitano e gli Ufficiali, riuniti, si fanno nuovamente raccontare l’episodio, sottoponendo Martino a strettissimo interrogatorio. Si cerca il colpevole, ma il colpevole non viene mai raggiunto, anche perché Martino è sempre stato restio a cercarlo, avendolo in cuor suo sinceramente perdonato.

Appena Martino è in condizioni di camminare bene, si reca con il suo Capitano dall’Arciprete di San Salvatore, perché ormai la fama del miracolo si è divulgata in tutto il paese e tutti vogliono sapere e sentire da Martino come si è svolto il fatto prodigioso. La Madonna del Pozzo, che così subito viene chiamata, è il tema di tutte le conversazioni. Ogni giorno gran folla di fedeli si reca al luogo del miracolo: molti bevono l’acqua del pozzo per devozione, molti pregano in ginocchio. Già si parla di grazie ricevute, di voti esauditi, di guarigioni operate.

Mons. Giovanni Battista Biglia, vescovo di Pavia, da cui dipende San Salvatore, al quale è pervenuta, da più parti, notizia del fatto prodigioso, incarica l’Arciprete di San Martino, don Giovanni Pietro Buzio, a ricevere alla presenza di testimoni la deposizione del miracolo. Martino conferma, con giuramento, quanto gli è capitato ed espone tutto con parola franca ed appassionata. Anche in altre deposizioni Martino conferma sempre con giuramento quanto gli è capitato.
Il Vescovo, dopo maturo esame di ogni minimo particolare, con suo decreto del 2 aprile 1617, riconosce il fatto prodigioso, autorizzando l’erezione sul posto di una cappella “ad onore della gloriosissima Madre di Dio”. Questo conferma l’attendibilità di quei particolari che vennero per circa un anno indagati con ogni accuratezza e passati al vaglio del più rigoroso esame.
(1)

Don Mario Morra SDB

Fonte: RIVISTA MARIA AUSILIATRICE Agosto 2004

(1) Diego Armando Donatelli, Il Viale del Santuario di N. S. del pozzo (Tip. Barberis 1972).

 

IMMAGINI:
1 La Vergine Maria salva Martino de Nava dalla morte
2 Il santuario della Madonna del Pozzo
3 La Madonna si allontana quando si vuole pagare il 'servizio'
4 Facciata dell'attuale Santuario in sostituzione della cappella eretta nel 1617

ALTRE APPARIZIONI MARIANE

***