Il dossier: «Non c'è spiegazione umana»
Civitavecchia,
ecco le prove del miracolo
La diocesi: «Dieci anni fa la
Madonnina pianse lacrime di sangue».
Il mariologo De Fiores: «Qui c’è il
dito di Dio»
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«Sono trascorsi dieci anni da quando a
Civitavecchia, in un giardino della famiglia Gregori (2-6 febbraio 1995) e
poi nelle mani del vescovo diocesano Girolamo Grillo (15 marzo 1995), si
sono susseguite 14 lacrimazioni di sangue in una statuetta della Madonna.
Dopo l’interessamento della stampa che ha fatto rimbalzare la notizia in
Italia e in tutto il mondo, i giornali ormai non ne fanno parola.
Similmente, anche gli storici tacciono, teologi e pastori si sono chiusi
in un riserbo e silenzio assoluto». Eppure, «i pellegrini di ogni parte
d’Italia, d’Europa, anzi del mondo accorrono e manifestano la loro
devozione con la preghiera e la frequentazione dei sacramenti. I
pellegrinaggi alla parrocchia di S. Agostino, in contrada Pantano, dove è
collocata la Madonnina, non conoscono flessioni, sono una realtà che si
rinnova continuamente e produce consolanti frutti di conversione e di
spiritualità».
Con queste parole inizia l’introduzione
al corposo dossier che sta per essere pubblicato sul giornale della
diocesi di Civitavecchia e che il Corriere ha potuto esaminare in
anteprima. Una serie di relazioni e di documenti, quasi tutti inediti, che
fanno il punto del «caso» da ogni prospettiva, da quella teologica a
quella giudiziaria, pastorale, medica. L’insieme è impressionante: gente
di responsabilità, persone autorevolissime nei rispettivi campi e, dunque,
abituate a misurare le parole, non esitano a esporsi e ad arrendersi alla
realtà. Tutto, dicono unanimi, fa pensare che in quell’angolo di terra
alle porte di Roma si sia verificato un evento che non ha spiegazione
umana e che rinvia al mistero del Soprannaturale.
IL DIARIO DEL MONSIGNORE - Colpisce, innanzitutto, la testimonianza
di monsignor Grillo, il vescovo costretto a passare dal radicale
scetticismo all’accettazione dell’enigma, sotto l’impatto violento di un
evento tanto imprevisto quanto sconvolgente. Nel dossier che viene ora
pubblicato, il presule riproduce un suo diario inedito, che ha un
andamento in qualche modo drammatico. Come molti, di certo, ricordano, il
mattino del 15 marzo di quel 1995 in cui tutto è iniziato, il presule
prese tra le mani la statuetta della Madonna che era stata relegata in un
armadio della sua casa. Monsignor Grillo si era opposto all’intervento
della magistratura, che aveva addirittura ordinato il sequestro e apposto
i sigilli. Aveva anch’egli protestato, ma in nome della libertà religiosa,
non certo per convinzione della realtà dei fatti. Con alle spalle solidi
studi e lauree nelle migliori università ecclesiastiche, aveva a lungo
lavorato negli uffici della Segreteria di Stato, dove l’atmosfera non è di
certo pervasa di misticismo ma di pragmatismo se non, talvolta, di
scetticismo. Nominato vescovo, il monsignore non aveva incoraggiato
devozioni popolari e tradizioni arcaiche, bensì cercato di fondare tra la
sua gente una spiritualità tutta biblica e liturgica. Il suo diario
testimonia l’incredulità un po’ infastidita con cui accolse le prime
notizie della lacrimazione di sangue, il cestinare i rapporti del parroco,
il divieto ai sacerdoti di recarsi sul posto, il rivolgersi segretamente
alla polizia perché indagasse sulla famiglia Gregori, di cui diffidava. È
lui stesso che ricorda l’esclamazione di un cardinale amico: «Povera
Madonnina, in che mani sei capitata! Proprio in quelle di monsignor
Grillo, che si darà da fare per soffocare tutto!».
QUEL GIORNO DI MARZO - Non fu dunque con particolare devozione che,
quel giorno di marzo, tolse dall’armadio la statua ormai dissequestrata.
Tutte e tre le persone presenti con lui nella stanza videro prima di lui,
che teneva in mano l’oggetto sacro, il verificarsi dell’incredibile: le
lacrime di sangue che cominciarono a defluire dagli occhi, raggiungendo
lentamente il collo.
Il vescovo non usa eufemismi per
descrivere la sua reazione, quando si accorse di quel che succedeva.
Non a caso la sorella si mise a gridare, vedendolo barcollare e
impallidire in modo impressionante, e corse fuori, con un dito
bagnato di sangue, invocando l’aiuto di un medico, un cardiologo,
che difatti poco dopo accorse. Ce n’era bisogno. |
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Annota il presule, tra l’altro: «Quasi
svenuto mi accascio su una sedia», «ho rischiato di morire dallo schianto,
ho subito uno choc tremendo, che mi ha lasciato tramortito anche nei
giorni seguenti», «subito d’istinto ho chiesto a Maria la mia conversione
e il perdono dei miei peccati».
ARRESO AL MISTERO - Fu così che la Madonnina poté prendersi la sua
materna, benigna rivincita. Fu lo stesso Grillo, lo scettico, colui che
sperava che da Roma gli giungesse l’incarico di chiudere la faccenda e di
tornare a una religiosità «seria» (mentre dai vertici del Vaticano gli
raccomandavano apertura di spirito, anche all’imprevisto), fu dunque lo
stesso monsignore che, con solenne processione, dall’armadio di casa sua
portò in chiesa la statuetta per esporla alla venerazione dei fedeli.
Fedeli per i quali egli stesso e i suoi collaboratori hanno fatto e fanno
molto, perché il pellegrinaggio, incessante, cosmopolita, sia una vera,
completa, esperienza spirituale. Almeno cinque confessori sono al lavoro
per molte ore, ogni giorno; liturgie, adorazioni eucaristiche, rosari,
processioni, litanie si susseguono senza sosta.
Scrive, nel decennale, monsignor Girolamo Grillo: «Sono stato costretto ad
arrendermi a questo mistero. Ma la mia convinzione è aumentata sempre di
più vedendo le benefiche conseguenze. Il Vangelo ci dà un criterio:
giudicare dai frutti la bontà di un albero. Qui, i frutti spirituali sono
straordinari».
PASSATE AL SETACCIO - Accanto alla testimonianza, anche umana, del
vescovo, è di grande importanza quella di padre Stefano De Fiores,
religioso monfortano, uno dei maggiori specialisti viventi in studi
dedicati alla Vergine. Autore di testi fondamentali come Maria nella
teologia contemporanea, curatore del Nuovo dizionario mariologico, docente
nella più illustre delle università pontificie, la Gregoriana, padre De
Fiores è ben noto agli studiosi e ai lettori come uomo di grande prudenza,
di distinzioni sottili, così come si addice a uno specialista di quel
livello. Colpisce, dunque (e rende davvero pensosi) la conclusione del
cauto professore: a Civitavecchia, non c’è altra spiegazione logica e
sostenibile se non l’accettazione di un intervento divino. Padre De Fiores
motiva la sua conclusione passo dopo passo, in un intervento denso di
teologia, ma al contempo informatissimo sullo svolgimento degli eventi.
Sono dunque valutate criticamente tutte le testimonianze, a partire da
quella di Jessica Gregori, allora bambina di meno di sei anni, della sua
famiglia, del parroco, del vescovo stesso. Sono poi passate al setaccio
tutte le ipotesi che potrebbero spiegare «naturalmente» la lacrimazione.
In base agli elementi disponibili e al ragionamento, è escluso che si
tratti di «frode o trucco», di «allucinazione o autosuggestione», di
«fenomeno parapsicologico». Giunti infine, per via di logica, alla
dimensione inquietante del mistero, è escluso anche che si tratti di
«opera del demonio». Intervento divino, dunque? E perché, con quale
significato? Il teologo inizia qui un’analisi che mostra quale ricchezza
spirituale possa celarsi dietro un evento in apparenza così semplice,
dietro a quelle lacrime versate per 14 volte. Persino la sconcertante
scoperta che si tratta di sangue maschile finisce per rivelarsi come un
ulteriore segno di credibilità, nella dimensione cristiana. È anche in
base a questa profondità di senso che padre De Fiores si arrende egli
pure, alla pari del vescovo, e cita il Vangelo di Luca: «Qui c’è il dito
di Dio». Non è davvero poco, per chi conosca le prudenze dei professori,
soprattutto se universitari, di discipline ecclesiastiche.
DNA NEGATO - Importante pure quanto nota, in un altro studio di
questo dossier, un esperto dei fatti: «Il problema del Dna ricorre
continuamente quando si parla della vicenda della Madonnina di
Civitavecchia. La domanda che tanti si pongono è la seguente: perché i
Gregori hanno rifiutato l’esame del Dna? Si vede un tale rifiuto come
indice di qualcosa da nascondere. Si insinuano, così, ombre e dubbi circa
la loro onestà. Ebbene al riguardo occorre sapere come stanno realmente le
cose. Innanzitutto, è necessario dissipare ogni dubbio, affermando che la
famiglia Gregori si è sempre dichiarata disponibile a sottomettersi
all’esame per la comparazione del sangue».
In effetti, come viene ampiamente spiegato, furono gli specialisti — a
cominciare da quel luminare della medicina legale che è il professor
Giancarlo Umani Ronchi, docente nella non sospetta, laicissima Università
La Sapienza di Roma — a sconsigliare decisamente un esame del Dna. Un
simile test, in effetti, viste le condizioni createsi e la situazione dei
reperti, avrebbe portato confusione più che chiarezza, rischiando di dare
indicazioni fuorvianti e scientificamente non attendibili. Ai Gregori che
si misero subito a disposizione fu spiegato, dal pool dei tecnici, che
proprio la ricerca della verità suggeriva di non procedere.
Insomma, dieci anni dopo, pare assodato che le colonne di pellegrini che
confluiscono su Civitavecchia (e il numero si accresce di anno in anno)
sono richiamate da un evento del quale non è facile sbarazzarsi, rinviando
a superstizioni e credenze popolari da rifiutare. Ne era convinto, lo
sappiamo, persino il vescovo, che i fatti hanno però trasformato
nell’apostolo fervente non solo della Madonna (di cui sempre fu devoto) ma
proprio di quella «Madonnina».
Arrivata per giunta, ad infittire il
mistero, proprio da un altro luogo enigmatico per eccellenza: Medjugorje.
Vittorio Messori
23 gennaio 2005 - "Il Corriere della Sera".
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