LE ICONE DI CRISTO
La prima icona di Cristo è il Santo Volto Acheropita ("non fatto da mano d'uomo")
L'origine di questa icona è legata alla storia di Abgar V Ukhama, principe di Osroene, piccolo stato fra il Tigri e l'Eufrate, la cui capitale era Edessa. Il re Abgar, lebbroso, inviò presso Cristo il suo archivista Hannan con una lettera, nella quale supplicava Cristo di venire a Edessa e di guarirlo. Hannan era pittore e, nel caso che Cristo avesse rifiutato di venire, Abgar gli raccomandò di fare il ritratto del Signore e di portarglielo.
Hannan trovò Cristo attorniato da una grande folla; allora salì su un masso, da dove poteva vederlo meglio. Tentò di farne il ritratto, ma non vi riuscì "a causa della gloria indicibile del suo Volto". Vedendo che Hannan tentava inutilmente di fare il suo ritratto, Cristo chiese dell'acqua, si lavò, si asciugò il viso con un panno. E su quel panno rimasero impressi i suoi lineamenti. Consegnò il panno ad Hannan affinché lo portasse al re Abgar, e gli promise che, una volta terminata la sua missione, gli avrebbe inviato uno dei suoi discepoli. Quand'ebbe ricevuto il ritratto, Abgar guarì quasi completamente dalla sua malattia, ma gliene rimasero alcuni focolai sul viso.
Dopo la Pentecoste, l'Apostolo San Taddeo, uno dei 70, venne a Edessa, completò la guarigione del re e lo convertì. Abgar fece subito rimuovere un idolo che si trovava sopra una delle porte della città, e vi pose la Santa Immagine. Ma il suo pronipote ritornò al paganesimo e volle distruggerla. Il vescovo della città la fece allora murare, dopo avervi posto dinanzi, all'interno della nicchia, una lampada accesa. Col tempo, il nascondiglio fu dimenticato. Fu riscoperto nel periodo in cui il re dei Persiani, Chosroes, assediava la città (544 o 545): la lampada era sempre accesa, e non soltanto l'immagine era intatta, ma si era pure impressa sul lato interno della tela che la schermava.
In ricordo di tale evento noi abbiamo ora due tipi di icona del Santo Volto: uno in cui il Volto del Signore è rappresentato su un panno (Mandylion), l'altro con il Volto del Signore impresso sulla tela di protezione (Keramion). Tutto ciò che si sa di quest'icona sulla tela è che si trovava a Ierapoli (Mabbough) in Siria. L'imperatore Niceforo Foca (963- 969) l'avrebbe trasportata a Costantinopoli. Quanto agli autori antichi, fino al V secolo essi non fanno alcuna allusione all'immagine del Santo Volto, probabilmente perché era ancora murata e se ne era dimenticata l'esistenza.
(È interessante notare che il regno di Edessa fu il primo stato del mondo a divenire cristiano, tra il 170 e il 214.)
Gli imperatori bizantini Costantino Porfirogenito e Romano I acquistarono l'icona nel 944, e la fecero trasportare solennemente a Costantinopoli. Con il sacco di Costantinopoli (1204) le tracce dell'icona si perdono.
Nel XV sec. nasce la leggenda di Santa Veronica, per opera dei francescani.
La Festa del Santo Volto ricorre il 16 agosto. Le Letture Liturgiche, tutte chiaramente riferite al miracolo, vogliono mostrarci come Gesù sia stato un Personaggio storico concreto, non un ideale astratto.
La tipologia del Santo Volto presenta fondamentali somiglianze con i tratti del volto dell'Uomo della Sindone di Torino. Su queste basi, si definisce il "Volto canonico" di Cristo, volto comune dell'umanità su cui si è fondata tutta l'iconografia del Volto di Cristo.
I modelli canonici delle icone di Cristo sono fondamentalmente tre.
Salvatore Acheropita (Mandylion del Re Abgar).
È la più antica rappresentazione di Cristo e riproduce, secondo la tradizione, le sembianze reali di Gesù impresse sul "mandylion", fazzoletto di lino che sarebbe stato inviato da Cristo stesso al re Abgar.
In questa icona è raffigurato il solo Volto di Cristo, sullo sfondo di un nimbo cruciforme simbolo del Suo Sacrificio. I capelli sono divisi simmetricamente e scendono sui due lati del capo ripartendosi in due ciuffi quasi all'altezza della lunga barba biforcata. La fronte è ampia, il naso lungo, gli occhi spalancati con le pupille asimmetriche, "aperti" in ogni direzione; la bocca piccola. Il tutto esprime una regale bellezza, quella del Dio-uomo venuto sulla terra per salvare l'umanità.
È da rilevare la profonda somiglianza tra le diverse Immagini di questa icona con il Volto impresso sulla Sindone di Torino.
Cristo Pantocrator.
Dopo la crisi iconoclasta, nel VII sec. il Cristo "in maestà" prende il nome di Pantocrator, "Colui che è Signore di tutte le cose, che tutto regge e sostiene". Il Salvatore dallo sguardo corrucciato, dopo l'iconoclasmo mostra uno sguardo più dolce, e diventa "l'amico degli uomini" dei Testi Liturgici, pur conservando tutta la sua fermezza.
È rappresentato a mezzobusto, con un corpo possente, simbolo dell'immensa energia contenuta in Sé.
Tiene il Libro, aperto o chiuso. Il Libro ha un valore simbolico molto profondo, in quanto in opposizione al rotolo sigillato, significa la Rivelazione di Dio avvenuta in Cristo: solo l'Agnello di Dio, il Verbo incarnato, fa passare il Libro dalla forma arrotolata alla forma quadrata, dispiegata e in estensione, perché solo Lui fa conoscere il senso della storia, manifestando la volontà salvifica del Padre. Il Libro diventa allora il Libro della Vita.
I caratteri iconografici del Volto (lineamenti severi, espressione impassibile) suggeriscono che il Verbo Incarnato è l'immagine del Padre
La mano benedicente con le tre dita unite è il simbolo della Trinità, mentre le altre due dita indicano le due nature del Cristo. Le due dita inoltre formano il monogramma greco di Cristo (IC XC). Il gesto delicatissimo di benedizione compensa l'espressione severa del Giudice, che ricorda il Dio dell'Antico Testamento.
Veste una tunica (Kiton) rossa, come per gli imperatori, simbolo della Sua Signoria spirituale. Il mantello (Himation) verde-blu simboleggia invece l'umanità di Cristo che nasconde la gloria della Sua Divinità.
Nelle braccia della croce del nimbo le lettere greche "Omicron" "Omega" "Ni" corrispondono alla rivelazione di Dio a Mosè "Io sono Colui che sono".
Nelle icone destinate al culto domestico le sembianze di Cristo subirono nel tempo notevoli trasformazioni: i tratti si ammorbidirono, l'affermazione della Potenza fu addolcita dalla rivelazione della Misericordia. Alla Presenza di questa Potenza e di questa Misericordia l'antica preghiera, ripetuta in Oriente da mistici, monaci e pellegrini finché diventava un tutt'uno con il respiro e il flusso stesso della vita: la "preghiera del cuore" ("Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore"), è la teologia suprema.
Cristo in Gloria.
Questa icona è chiamata anche "Salvatore tra le Potenze".
La figura maestosa del Cristo, seduto su un trono sorretto dai Cherubini e circondato dai Serafini, rappresenta la Sua Signoria sull'universo. Vestito di abiti color porpora quasi completamente coperti da una fittissima rete di "assist" (tratteggi d'oro), che aggiunge maestosità alla solennità già imponente della figura, il Cristo appare come il Giudice dell'Ottavo Giorno, il Signore della Storia.
È rappresentato avvolto da una triplice Gloria: la prima, a forma di losanga, è color rosso fuoco; la seconda è ovale, di colore verde, e contiene le figure alate di Cherubini e Serafini; la terza è un rettangolo rosso fuoco che nei quattro angoli racchiude i quattro esseri viventi della visione di Ezechiele.
Quest'icona sembra sia stata destinata fin dall'inizio a occupare sull'iconostasi il posto centrale nell'ordine della "Deesis": verso il Cristo convergono, in attitudine d'oranti, tutte le altre figure in piedi e Lo supplicano (questo è, infatti, il senso del termine greco "deesis") di avere misericordia dell'umanità peccatrice.
Notizie
tratte dal sito della famiglia religiosa "Comunità dei Figli di
Dio" fondata da don Divo Barsotti.
sito
internet: www.figlididio.it
INDIETRO |