IMPRIMATUR
E
Vicariatu Urbis, die 9 aprilis 1952
Aloysius
Traglia
Archiep.
Caesarien. Vicesgerens
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Un'anima
dannata racconta...
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Clara
e Annetta, giovanissime, lavoravano in una Ditta commerciale a ***
(Germania).
Non
erano legate da profonda amicizia, ma da semplice cortesia.
Lavoravano ogni giorno l'una accanto all'altra e non poteva
mancare uno scambio di idee. Clara si dichiarava apertamente
religiosa e sentiva il dovere d'istruire e richiamare Annetta,
quando questa si dimostrava leggera e superficiale in fatto di
religione.
Trascorsero
qualche tempo assieme; poi Annetta contrasse matrimonio e si
allontanò dalla Ditta. Nell'autunno di quell'anno. Clara
trascorreva le vacanze in riva al lago di Garda. Verso la metà di
settembre la mamma le mandò dal paese natìo una lettera: «E’
morta Annetta E’ rimasta vittima di un incidente
automobilistico. L' hanno sepolta ieri nel "Waldfriedhof'».
La
notizia spaventò la buona signorina, sapendo che l'amica non era
stata tanto religiosa. - Era preparata a presentarsi davanti a
Dio? ... Morendo all'improvviso, come si sarà trovata ?... -
L'indomani
ascoltò la S. Messa e fece anche la Comunione in suo suffragio,
pregando fervorosamente. La notte, dieci minuti dopo la
mezzanotte, ebbe luogo la visione...
"Clara.
non pregare per me! Sono dannata! Se te lo comunico e te ne
riferisco piuttosto lungamente. non credere che ciò avvenga a
titolo d'amicizia. Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio come
costretta. Lo faccio come "parte di quella potenza che sempre
vuole il male e opera il bene".
In
verità vorrei vedere anche te approdare a questo stato, dove io
ormai ho gettato l'ancora per sempre.
Non
stizzirti di questa intenzione. Qui,noi pensiamo tutti cosi. La
nostra volontà è impietrita nel male in ciò che voi appunto
chiamate "male" -. Anche quando noi facciamo qualche
cosa di "bene", come io ora spalancandoti gli occhi
sull'Inferno, questo non avviene con buona intenzione.
Ti
ricordi ancora che quattro anni fa ci siamo conosciute a ****
Contavi allora 23 anni e ti trovavi colà già da mezz'anno quando
ci arrivai io.
Tu
mi hai levata da qualche impiccio; come a principiante, mi hai
dato dei buoni indirizzi. Ma che vuol dire "buono"?
Io
lodavo il tuo "amore del prossimo". Ridicolo! Il tuo
soccorso derivava da pura civetteria, come, del resto, io
sospettavo già fin d'allora. Noi non conosciamo qui nulla di
buono. In nessuno.
Il
tempo della mia giovinezza lo conosci. Certe lacune le riempio
qui.
Secondo
il piano dei miei genitori, a dire il vero, non sarei neanche
dovuta esistere."Capitò loro appunto una disgrazia". Le
mie due sorelle contavano già 14 e 15 anni, quando io tendevo
alla luce.
Non
fossi mai esistita! Potessi ora annientarmi, sfuggire a questi
tormenti! Nessuna voluttà uguaglierebbe quella con cui lascerei
la mia esistenza; come un vestito di cenere, che si perde nel
nulla.
Ma
io devo esistere. Devo esistere così, come mi sono fatta io: con
una esistenza fallita.
Quando
papà e mamma, ancora giovani, si trasferirono dalla campagna in
città, ambedue avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu
meglio così.
Simpatizzarono
con la gente non legata alla Chiesa. Si erano conosciuti in un
ritrovo danzante e mezz'anno dopo "dovettero"sposarsi.
Nella
cerimonia nuziale rimase attaccata a loro tant'acqua santa, che la
mamma si recava in chiesa alla Messa domenicale un paio di volte
l'anno. Non mi ha mai insegnato a pregare davvero. Si esauriva
nella cura quotidiana della vita, benché la nostra situazione non
fosse disagiata.
Parole,
come Messa, istruzione religiosa, Chiesa, le dico con una
ripugnanza interna senza pari. Aborrisco tutto questo, come odio
chi frequenta la Chiesa e in genere tutti gli uomini e tutte le
cose.
Odio
verso Dio
Da
tutto, infatti, ci deriva tormento. Ogni cognizione ricevuta in
punto di morte, ogni ricordo di cose vissute o sapute, è per noi
una fiamma pungente.
E
tutti i ricordi ci mostrano quel lato che in essi era grazia e che
noi sprezzammo.Quale tormento è questo! Noi non mangiamo, non
dormiamo, non camminiamo coi piedi. Spiritualmente incatenati,
guardiamo inebetiti "con urla e stridor di denti" la
nostra vita andata in fumo: odiando e tormentati!
Senti?
Noi qui beviamo l'odio come acqua. Anche l'uno verso l'altro.
Soprattutto
noi odiamo Dio.Te lo voglio rendere comprensibile.
I
Beati in Cielo devono amarlo, perché essi lo vedono senza velo,
nella sua bellezza abbagliante. Ciò li beatifica talmente, da non
poterlo descrivere. Noi lo sappiamo e questa cognizione ci rende
furibondi.
Gli
uomini in terra, che conoscono Dio dalla creazione e dalla
rivelazione, possono amarlo; ma non ne sono costretti.
Il
credente - lo dico digrignando i denti - il quale, meditabondo,
contempla Cristo in croce, con le braccia stese, finirà con
l'amarlo.
Ma
colui, al quale Dio si avvicina solo nell'uragano, come punitore,
come giusto vendicatore, perché un giorno fu da lui ripudiato,
come avvenne di noi. Costui non può che odiarlo, con tutto
l'impeto della sua malvagia volontà, eternamente, in forza della
libera accettazione con la quale, morendo, abbiamo esalato l'anima
nostra e che neppure ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di
ritirarla.
Comprendi
ora perché l'Inferno dura eternamente? Perché la nostra
ostinazione giammai si scioglierà da noi.
Costretta,
aggiungo che Dio è misericordioso persino verso di noi. Dico
"costretta", poiché anche se dico queste cose
volutamente, pure non mi è permesso di mentire, come volentieri
vorrei. Molte cose le affermo contro la mia volontà. Anche la
foga d'improperi, che vorrei vomitare, la devo strozzare.
Dio
fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla
terra la nostra malvagia volontà, come noi saremmo stati pronti a
fare. Ciò avrebbe aumentato le nostre colpe e le nostre pene.
Egli ci fece morire anzi tempo, come me, o fece intervenire altre
circostanze mitiganti.
Ora
egli si dimostra misericordioso verso di noi col non costringerci
ad avvicinarci a lui più di quanto lo siamo in questo remoto
luogo infernale; ciò diminuisce il tormento.
Ogni
passo che mi portasse più vicino a Dio, mi cagionerebbe una pena
maggiore di quella che a te recherebbe un passo più vicino ad un
rogo ardente.
Ti
sei spaventata, quando io una volta, durante il passeggio, ti
raccontai che mio padre, pochi giorni avanti la tua prima
Comunione, mi aveva detto: "Annettina, cerca di meritarti un
bel vestitino: il resto è una montatura".
Per
il tuo spavento quasi mi sarei perfino vergognata. Ora ci rido
sopra.
L'unica
cosa ragionevole in quella montatura era che ci si ammetteva alla
Comunione solo a dodici anni. Io allora ero abbastanza presa dalla
mania dei divertimenti mondani, così senza scrupoli mettevo in un
canto le cose religiose e non diedi grande importanza alla prima
Comunione.
Che
parecchi bambini vadano ora alla Comunione già a sette anni, ci
mette in furore. Noi facciamo di tutto per dare ad intendere alla
gente che ai bambini manca una cognizione adeguata. Essi devono
prima commettere alcuni peccati mortali.
Allora
la bianca Particola non fa più in essi gran danno, come quando
nei loro cuori vivono ancora la fede, la speranza e la carità -
puh! questa roba - ricevute nel Battesimo. Ti ricordi come abbia
già sostenuto sulla terra questa opinione?
Ho
accennato a mio padre. Egli era sovente in lite con la mamma. Te
ne feci allusione solo raramente; me ne vergognavo. Cosa ridicola
la vergogna del male! Per noi qui tutto è lo stesso.
I
miei genitori neanche dormivano più nella medesima camera; ma io
con la mamma e il papà nella camera attigua, dove poteva
rincasare liberamente a qualsiasi ora. Beveva molto; in tal modo
scialacquava il nostro patrimonio. Le mie sorelle erano ambedue
impiegate e abbisognavano esse stesse, dicevano, del denaro che
guadagnavano. La mamma cominciò a lavorare per guadagnare qualche
cosa.
Nell'ultimo
anno di vita papà batteva spesso la mamma, quando lei non gli
voleva dar nulla. Verso di me, invece, fu sempre amorevole. Un
giorno - te l'ho raccontato e tu, allora, ti sei urtata del mio
capriccio (di che cosa non ti sei urtata nei miei riguardi?) - un
giorno dovette portare indietro, per ben due volte, le scarpe
comprate, perché la forma e i tacchi non erano per me abbastanza
moderni.
La
notte in cui mio padre fu colpito da apoplessia mortale, avvenne
qualche cosa che io per timore di una interpretazione disgustosa
non riuscii a confidarti. Ma ora devi saperlo. E’ importante per
questo: allora per la prima volta fui assalita dal mio spirito
tormentatore attuale.
Dormivo
in una camera con mia madre: i suoi respiri regolari dicevano il
suo profondo sonno.
Quand'ecco
mi sento chiamare per nome.
Una
voce ignota mi dice:. "Che sarà se muore papà?
L’amore
nelle anime in stato di grazia
Non
amavo più mio padre, dacché trattava così villanamente la
mamma; come del resto non amavo fin d'allora assolutamente
nessuno, ma ero solamente, affezionata ad alcune persone. che
erano buone verso di me. L'amore senza speranza di contraccambio
terreno vive solo nelle anime in stato di Grazia. E io non lo ero.
Così
risposi alla misteriosa domanda.senza darmi conto donde venisse:
"Ma non muore mica!".
Dopo
una breve pausa, di nuovo la stessa domanda chiaramente percepita.
"Ma non muore mica!" mi scappò ancora di bocca,
bruscamente.
Per
la terza volta fui richiesta: "Che cosa sarà se muore tuo
padre?". Mi si presentò alla mente come papà spesso veniva
a casa piuttosto ubriaco, strepitava, maltrattava la mamma e come
egli ci aveva messo in una condizione umiliante dinanzi alla
gente. Perciò gridai indispettita: "E gli sta bene!".
Allora tutto tacque.La mattina seguente, quando la mamma volle
mettere in ordine la stanza del babbo, trovò la porta chiusa a
chiave. Verso mezzogiorno si forzò la porta. Mio padre,mezzo
vestito, giaceva cadavere sul letto. Nell'andare a prendere la
birra in cantina.doveva essersi buscato qualche accidente. Era già
da lungo tempo malaticcio.
Marta
K... e tu mi avete indotta a entrare nell' Associazione delle
Giovani. Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza
intonate con la moda parrocchiale le istruzioni delle due
direttrici, le signore X...
I
giuochi erano divertenti. Come sai, vi ebbi subito una parte
direttiva. Ciò mi andava a genio.
Anche
le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad
andare alla Confessione e alla Comunione.
A
dire il vero, non avevo nulla da confessare. Pensieri e discorsi
per me non avevano importanza. Per azioni più grossolane, non ero
abbastanza corrotta.
Tu
mi ammonisti una volta: "Anna, se non preghi, vai alla
perdizione!".
Io
pregavo davvero poco e anche questo, solo svogliatamente.
Allora
tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano
nell'Inferno non hanno pregato o non hanno pregato abbastanza.
IL
PRIMO PASSO VERSO DIO
La
preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo.
Specialmente la preghiera a Colei che fu Madre di Cristo.il nome
della quale noi non nominiamo mai.
La
devozione a Lei strappa al demonio innumerevoli anime, che il
peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.
Proseguo
il racconto consumandomi d’ira. E' solo perché devo. Pregare è
la cosa più facile che l'uomo possa fare sulla terra. E proprio a
questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno.
A
chi prega con perseveranza Egli a poco a poco dà tanta luce, lo
fortifica in maniera tale, che alla fine anche il peccatore più
impantanato si può definitivamente rialzare. Fosse pure ingolfato
nella melma fino al collo.
Negli
ultimi tempi della mia vita non ho più pregato come di dovere e
così mi sono privata delle grazie, senza le quali nessuno può
salvarsi.
Qui
non riceviamo più nessuna grazia. Anzi, quand'anche le
ricevessimo, le rifiuteremmo cinicamente. Tutte le fluttuazioni
dell'esistenza terrena sono cessate in quest'altra vita.
Da
voi sulla terra l'uomo può salire dallo stato di peccato allo
stato di Grazia e dalla Grazia cadere nel peccato, spesso per
debolezza, talvolta per malizia.
Con
la morte questo salire e scendere finisce, perché ha la sua
radice nella imperfezione dell'uomo terreno. Ormai abbiamo
raggiunto lo stato finale.
Già
col crescere degli anni i cambiamenti divengono più rari. E’
vero, fino alla morte si può sempre rivolgersi a Dio o
rivolgergli le spalle. Eppure, quasi trascinato dalla corrente,
l'uomo, prima del trapasso, con gli ultimi deboli resti della
volontà, si comporta come era abituato in vita.
La
consuetudine, buona o cattiva, diviene una seconda natura. Questa
lo trascina con sé.
Cosi
avvenne anche a me. Da anni vivevo lontana da Dio. Per questo
nell'ultima chiamata della Grazia mi risolvetti contro Dio.
Non
fu il fatto che peccassi spesso a esser fatale per me, ma che io
non volli più risorgere.
Tu
mi hai più volte ammonita di ascoltare le prediche, di leggere
libri di pietà.
"Non
ho tempo", era la mia risposta ordinaria. Non ci mancava
altro per aumentare la mia incertezza interna!
Del
resto devo constatare questo: dal momento che la cosa era ormai
cosi avanzata, poco prima della mia uscita dall' Associazione
delle Giovani, mi sarebbe riuscito enormemente gravoso
mettermi su un'altra via. Io mi sentivo malsicura ed infelice. Ma
davanti alla conversione si ergeva una muraglia.
Tu
non lo devi aver sospettato. Tu te l'eri rappresentata così
semplice, quando un giorno mi dicesti: "Ma fa una buona
confessione, Anna, e tutto è a posto".
Io
sentivo che sarebbe stato così. Ma il mondo, il demonio, la carne
mi tenevano già troppo saldamente nei loro artigli.
IL
DEMONIO INFLUISCE SULLE PERSONE
All'influsso
del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce
gagliardamente sulle persone che si trovano nella condizione in
cui mi trovavo io allora.
Soltanto
molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici
e sofferenze, mi avrebbero potuta strappare da lui. E anche ciò,
a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di ossessi
internamente ce n'è un formicaio. Il demonio non può rapire la
libera volontà a coloro che si danno al suo influsso. Ma in pena
della loro, per dir così, metodica apostasia da Dio, questi
permette che il "maligno" si annidi in essi.
lo
odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perché cerca di
rovinare voialtri; odio lui e i suoi satelliti, gli spiriti caduti
con lui al principio del tempo.
Essi
si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno
sciame di moscerini, e voi neanche ve ne accorgete.
Non
tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è ufficio degli spiriti
decaduti.
Veramente
ciò accresce ancor più il tormento ogni volta che essi
trascinano quaggiù all'Infemo un'anima umana. Ma che cosa non fa
l'odio?
Benché
io camminassi per sentieri lontani da Dio, Dio mi seguiva.
Preparavo
la via alla Grazia con atti di carità naturale, che compivo non
di rado per inclinazione del mio temperamento.
Talvolta
Dio mi attirava in una chiesa. Allora sentivo come una nostalgia.
Quando curavo la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d'ufficio
durante il giorno, e in certo modo mi sacrificavo davvero, questi
allettamenti di Dio agivano potentemente.
Una
volta, nella chiesa dell'ospedale, in cui tu mi avevi condotta
durante la pausa del mezzogiorno, mi venne qualcosa addosso che
sarebbe bastato un solo passo per la mia conversione: io piansi!
Ma
poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la
Grazia.
Il
grano soffocava tra le spine.
L’ULTIMO
RIFIUTO
Con
la dichiarazione che la religione è affare di sentimento, come si
diceva sempre in ufficio, cestinai anche questo invito della
Grazia come tutti gli altri.
Una
volta tu mi rimproverasti perché invece di una genuflessione fino
a terra, feci appena un informe inchino, piegando il ginocchio. Tu
Io ritenesti un atto di pigrizia. Non sembrasti neppur sospettare
che
io fin d'allora non credevo più nella presenza di Cristo nel
Sacramento.
Ora
ci credo, ma solo naturalmente,come si crede in un temporale di
cui si scorgono gli effetti.
Intanto
mi ero accomodata io
stessa una religione a mio modo.
Sostenevo
l'opinione, che da noi in ufficio era comune, che l'anima dopo la
morte risorga in un altro essere. In tal modo continuerebbe a
pellegrinare senza fine.
Con
ciò l'angosciosa questione dell'al di là era insieme messa a
posto e resa a me innocua.
Perché
tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero
Lazzaro, in cui il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo
la morte, l'uno all'Inferno e l'altro in Paradiso?... Del resto,
che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che con gli altri tuoi
discorsi di bigottismo!
A
poco a poco mi creai io stessa un Dio; sufficientemente dotato da
essere chiamato Dio; lontano abbastanza da me, da non dover
mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da lasciarsi,
secondo il bisogno, senza mutar la mia religione, paragonare a un
dio panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un
dio solitario. Questo Dio non aveva nessun Inferno da infliggermi.
Lo lasciavo in pace. In ciò consisteva la mia adorazione per Lui.
Ciò
che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni
abbastanza convinta della mia religione. In questo modo si poteva
vivere.
Una
cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo
dolore. E questo dolore non venne!
Comprendi
ora cosa vuol dire: "Dio castiga quelli che ama!"
Era
una domenica di luglio, quando l'Associazione
delle Giovani organizzò una gita a * * *. La gita mi sarebbe
piaciuta. Ma questi insulsi discorsi, quel fare da bigotti!
Un
altro simulacro ben diverso da quello della Madonna di * * * stava
da poco tempo sull'altare del mio cuore. L'aitante
Max N... del
negozio attiguo. Poco tempo prima avevamo scherzato assieme più
volte.
Appunto
per quella domenica egli mi aveva invitata ad una gita. Quella con
cui andava di solito, giaceva malata all'ospedale.
Egli
aveva ben capito che gli avevo messo gli occhi addosso. Sposarlo
non ci pensavo allora. Era bensì agiato, ma si comportava troppo
gentilmente con tutte le ragazze. E io, fino a quel tempo, volevo
un uomo che appartenesse unicamente a me. Non solo essere moglie,
ma moglie unica. Un certo galateo naturale, infatti, l'ebbi
sempre.
Nella
su accennata gita Max si profuse in gentilezze. Eh! già, non si
tennero mica delle conversazioni pretesche come tra voialtre!
DIO
"PESA" CON PRECISIONE
Il
giorno
seguente, in ufficio, tu mi facesti dei rimproveri, perché non
ero venuta con voi a ***. lo ti descrissi il mio divertimento di
quella domenica.
La
tua prima domanda fu: "Sei stata alla Messa?".
Sciocchina! Come potevo, dato che la partenza era già fissata per
le sei?!
Sai
ancora come io, eccitata, aggiunsi: "Il buon Dio non ha una
mentalità così piccina come i vostri pretacci!".
Ora
devo confessare: Dio, nonostante la sua infinita bontà, pesa le
cose con maggior precisione che tutti i preti.
Dopo
quella giornata con Max, venni ancora una volta nell'Associazione:
a Natale, per la celebrazione della festa. C'era qualche cosa che
mi allettava a tornare. Ma internamente mi ero già allontanata da
voialtre.
Cinema,
ballo, gite si avvicendavano senza tregua. Max e io bisticciammo
alcune volte, ma seppi incatenarlo di nuovo a me.
Molestissirna
mi riuscì l'altra amante, che tornata dall'ospedale si comportò
come un'ossessa. Veramente per mia fortuna: poiché la mia nobile
calma fece potente impressione su Max, che fini col decidere che
io fossi la preferita.
Avevo
saputo rendergliela odiosa, parlando freddamente: all'esterno
positiva, nell'interno vomitando veleno. Tali sentimenti e tale
contegno preparano eccellentemente per l'Inferno. Sono diabolici
nel più stretto senso della parola.
Perché
ti racconto ciò? Per riferire come io mi staccai definitivamente
da Dio.
Non
già del resto, che tra me e Max si fosse arrivati molto spesso
fino agli estremi della familiarità. Comprendevo che mi sarei
abbassata ai suoi occhi, se mi fossi lasciata andare del tutto,
prima del tempo; perciò mi seppi trattenere.
Ma
in sé, ogni volta che lo ritenevo utile, ero sempre pronta a
tutto. Dovevo conquistare Max. A tale scopo nulla era troppo caro.
Inoltre, a poco a poco, ci amavamo possedendo ambedue non poche
preziose qualità, che ci facevano stimare vicendevolmente. lo ero
abile, capace, di piacevole compagnia. Così mi tenni saldamente
in mano Max e riuscii, almeno negli ultimi mesi prima del
matrimonio, a essere l'unica a possederlo.
"MI
RITENEVO CATTOLICA..."
In
ciò consistette la mia apostasìa a Dio: elevare una creatura a
mio idolo. In nessuna cosa può avvenire questo, in modo che
abbracci tutto, come nell'amore di una persona dell'altro sesso,
quando quest'amore rimane arenato nelle soddisfazioni terrene.
E’
questo che forma la sua attrattiva. il suo stimolo e il suo
veleno.
L"'adorazione",
che io tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per me
religione vissuta.
Era
il tempo in cui in ufficio mi scagliavo velenosa contro i
chiesaioli, i preti, le indulgenze, il biascichio dei rosari e
simili sciocchezze.
Tu
hai cercato, più o meno argutamente, di prendere le difese di
tali cose. Apparentemente, senza sospettare che nel più intimo di
me non si trattava, in verità, di queste cose, io cercavo
piuttosto un sostegno contro la mia coscienza
allora avevo bisogno di un tale sostegno per giustificare
anche con la ragione la mia apostasìa.
In
fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti;
mi ritenevo ancora cattolica. Volevo anzi essere chiamata così;
pagavo perfino le tasse ecclesiastiche. Una certa
"contro-assicurazione", pensavo, non poteva nuocere.
Le
tue risposte può darsi alle volte abbiano colpito nel segno. Su
di me non facevano presa, perché tu non dovevi avere ragione.
A
causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il
dolore del nostro distacco, allorché ci separammo in occasione
del mio matrimonio.
Prima
dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta. Era
prescritto. lo e mio marito su questo punto la pensavamo
ugualmente. Perché non avremmo dovuto compiere questa formalità?
Anche noi la compimmo come le altre formalità.
Voi
chiamate indegna una tale Comunione. Ebbene, dopo quella Comunione
"indegna ", io
ebbi più calma nella coscienza. Del resto fu anche l'ultima.
La
nostra vita coniugale trascorreva, in genere, quanto mai in grande
armonia. Su tutti i punti di vista noi eravamo dello stesso
parere. Anche in questo: che non volevamo addossarci il peso dei
figli. Veramente mio marito ne avrebbe volentieri voluto uno; non
di più, si capisce. Alla fine io seppi distoglierlo anche da
questo desiderio.
Vestiti,
mobili di lusso, ritrovi da tè, gite e viaggi in auto e simili
distrazioni mi importavano di più.
Fu
un anno di piacere sulla terra quello trascorso tra il mio
sposalizio e la mia repentina morte.
Ogni
domenica andavamo fuori in auto, oppure facevamo visite ai parenti
di mio marito. Essi galleggiavano alla superficie dell'esistenza,
né più né meno di noi.
Internamente,
si capisce, non mi sentii mai felice, per quanto esternamente
ridessi. C'era sempre dentro di me qualche cosa d'indeterminato,
che mi rodeva. Avrei voluto che dopo la morte, la quale
naturalmente doveva essere ancora molto lontana, tutto fosse
finito.
Ma
è proprio cosi, come un giorno, da bambina, sentii dire in una
predica: che Dio premia ogni opera buona che uno compie e, quando
non la potrà ricompensare nell'altra vita, lo farà sulla terra.
Inaspettatamente
ebbi un'eredità dalla zia Lotte. A mio marito riuscì felicemente
di portare il suo stipendio a una cifra notevole. Così potei
sistemare la nuova abitazione in modo attraente.
La
religione non mandava più che da lontano la sua voce, scialba,
debole ed incerta.
I
caffè della città, gli alberghi, in cui andavamo durante i
viaggi, non ci portavano certamente a Dio.
Tutti
coloro che frequentavano quei luoghi, vivevano, come noi,
dall'esterno all'interno, non dall'interno all'esterno.
Se
nei viaggi delle ferie visitavamo qualche chiesa, cercavamo di
ricrearci nel contenuto artistico delle opere. L'alito religioso
che spiravano, specialmente quelle medioevali, sapevo
neutralizzarlo col criticare qualche circostanza accessoria: un
frate converso impacciato o vestito in modo non pulito, che ci
faceva da cicerone; lo scandalo che dei monaci, i quali volevano
passare per pii, vendessero liquori; l'eterno scampanio per le
sacre funzioni, mentre non si tratta che di far soldi...
IL
FUOCO DELL'INFERNO
Così
seppi continuamente scacciare da me la Grazia ogni volta che
bussava.
Lasciavo
libero sfogo al mio malumore in modo particolare su certe
rappresentazioni medioevali dell'Inferno nei cimiteri o altrove.
nelle quali il demonio arrostisce le anime in braghe rosse e
incandescenti, mentre i suoi compagni, dalle lunghe code, gli
trascinano nuove vittime. Clara! L'Inferno si può sbagliare a
disegnarlo, ma non si esagera mai!
Il
fuoco
dell'Inferno l'ho sempre preso di mira in modo speciale. Tu lo
sai come durante un alterco, in proposito. ti tenni una volta un
fiammifero sotto il naso e ti dissi con sarcasmo: "Ha questo
odore?".
Tu
spegnesti in fretta la fiamma. Qui non la spegne nessuno. lo ti
dico: il fuoco di cui si parla nella Bibbia, non significa
tormento della coscienza. Fuoco è fuoco! è da intendersi
letteralmente ciò che ha detto Lui: "Via da me, maledetti,
nel fuoco eterno!". Letteralmente.
"Come
può lo spirito essere toccato da fuoco materiale",
domanderai. Come può l'anima tua soffrire sulla terra quando ti
metti il dito sulla fiamma? Difatti non brucia l'anima; eppure che
tormento ne prova tutto l'individuo!
In
modo analogo noi qui siamo spiritualmente legati al fuoco, secondo
la nostra natura e secondo le nostre facoltà. L'anima nostra è
priva del suo naturale battito d'ala, noi non possiamo pensare ciò
che vogliamo né come vogliamo.
Non
meravigliarti di queste mie parole. Questo stato, che a voialtri
non dice nulla mi riarde senza consumarmi.
Il
nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi
non vedremo mai Dio.
Come
può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra
rimane così indifferente?
Fintanto
che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede
quanto è affilato, ma non lo si prova. Immergi il coltello nella
carne e ti metterai a gridare dal dolore.
Adesso
noi sentiamo la perdita di Dio, prima la pensavamo soltanto.
Non
tutte le anime soffrono in misura uguale.
Con
quanta maggior cattiveria e quanto più sistematicamente uno ha
peccato, tanto più grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto
più lo soffoca la creatura di cui ha abusato.
I
cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni,
perché essi per lo più ricevettero e calpestarono più grazie e
più luce.
Chi
più seppe, soffre più duramente di chi conobbe meno. Chi peccò
per malizia, patisce più acutamente di chi cadde per debolezza.
L’ABITUDINE:
UNA SECONDA NATURA
Mai
nessuno patisce più di quello che ha meritato. Oh, se non fosse
vero ciò, io avrei un motivo d'odiare!
Tu
mi dicesti un giorno che nessuno va all'Inferno senza saperlo: ciò
sarebbe stato rivelato a una santa. lo me ne risi. Ma poi mi
trincerai dietro questa dichiarazione:
"Così
in caso di necessità rimarrà abbastanza tempo di fare una
voltata", mi dicevo segretamente.
Quel
detto è giusto. Veramente prima della mia subitanea fine, non
conobbi l'Inferno com'è. Nessun mortale lo conosce. Ma io ne
avevo la piena coscienza: "Se muori, te ne vai nel mondo di là
dritta come una freccia contro Dio. Ne porterai le
conseguenze".
lo
non feci dietro-front, come ho già detto, perché trascinata
dalla corrente dell'abitudine, spinta da quella conformità per
cui gli uomini, quanto più invecchiano, tanto più agiscono in
una stessa direzione.
La
mia morte avvenne così. Una settimana fa parlo secondo il vostro
computo, perché, rispetto al dolore, potrei dire benissimo che
son già dieci anni che brucio nell'Inferno.
Una settimana fa, dunque, mio marito e io facemmo di
domenica una gita, l'ultima per me.
Il
giorno era spuntato radioso. Mi sentivo bene quanto mai. M'invase
un sinistro sentimento di felicità, che serpeggiò in me per
tutta la giornata.
Quand'ecco
all'improvviso, nel ritorno, mio marito fu abbacinato da un'auto
che veniva di volata. Perdette il controllo.
"Jesses"
mi scappò dalle labbra con un brivido. Non come preghiera, solo
come grido. Un dolore straziante mi compresse tutta. In confronto
con quello presente una bagatella. Poi perdetti i sensi.
Strano!
Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile, questo
pensiero: "Tu potresti ancora una volta andare a Messa".
Suonava come un'implorazione.
Chiaro
e risoluto, il mio "no" trovò il filo dei pensieri.
"Con queste cose bisogna farla finita una volta. Mi addosso
tutte le conseguenze!" - Ora le porto.
Ciò
che avvenne dopo la mia morte, già lo saprai. La sorte di mio
marito, quella di mia madre, ciò che accadde del mio cadavere e
lo svolgimento del mio funerale mi son noti nei loro particolari
mediante cognizioni naturali che noi qui abbiamo.
Quello,
del resto, che succede sulla terra, noi lo sappiamo solo
nebulosamente. Ma ciò che in qualche modo ci tocca da vicino, lo
conosciamo. Così vedo anche dove tu soggiorni.
Io
stessa mi svegliai improvvisamente dal buio, nell'istante del mio
trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante.
Fu
nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. Avvenne come in
un teatro, quando nella sala d'un tratto si spengono le luci, il
sipario si divide rumorosamente e si apre una scena inaspettata
orribilmente illuminata. La scena della mia vita.
Come
in uno specchio l'anima mia si mostrò a se stessa. Le grazie
calpestate dalla giovinezza fino all'ultimo "no" di
fronte a Dio.
lo
mi sentii come un assassino. al quale. durante il processo
giudiziario, viene portata dinanzi la sua vittima esanime.
Pentirmi? Mai!... Vergognarmi? Mai!
Però
non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio da me
rigettato. Non mi rimaneva che una cosa: la fuga.
Come
Caino fuggi dal cadavere di Abele, così l'anima mia fu spinta da
quella vista di orrore.
Questo
fu il giudizio particolare: l'invisibile Giudice disse: "Via
da me!".
Allora
la mia anima, come un'ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo
dell'eterno tormento...
Conclude
Clara:
La
mattina, al suono dell'Angelus, ancora tutta tremante per la notte
spaventosa, mi alzai e corsi per le scale nella cappella.
Il
cuore mi pulsava fin sulla gola. Le poche ospiti, inginocchiate
vicino a me, mi guardarono, ma forse pensarono che fossi così
eccitata per la corsa.fatta giù per le scale.
Una
signora bonaria di Budapest, che mi aveva osservato, mi disse dopo
sorridendo: - Signorina, il Signore vuol essere servito con calma,
non di corsa!
Ma
poi si accorse che qualcosa d'altro mi aveva eccitato e mi teneva
ancora in agitazione. E mentre la signora mi rivolgeva altre buone
parole, io pensavo: Dio solo mi basta!
Sì,
Egli solo mi deve bastare in questa e nell'altra vita. Voglio un
giorno poterlo godere in Paradiso, per quanti sacrifici mi possa
costare in terra. Non voglio andare all'Inferno!
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