A piedi per rendere omaggio al proprio compaesano...

Il ricordo di un avvenimento passato,ma sempre presente nei pensieri,nella mente di molti,diventa un racconto,una fiaba da tramandare ai posteri affinchè possano far tesoro di quei piccoli e semplici gesti che esprimono gioia,amore.

A raccontarci questa "avventura" è il sig. Coaimo Cavalluzzo che con commozione ci fa partecipe della sua indimenticabile e gioiosa esperienza.

"La signora Iuliano Caterina,si rese promotrice di un pellegrinaggio da farsi a piedi da Pietrelcina alla volta si S.Giovanni Rotondo per rendere omaggio al concittadino più illustre: Padre Pio. Dopo aver raccolto le adesioni di quanti volevano partecipare al viaggio,il giorno 1° maggio del 1939 iniziammo il cammino verso il frate che,vivendo la Passione di Cristo in San Giovanni Rotondo,accendeva nelle genti la luce della speranza.Ascoltammo prima la S.Messa nella parrocchia e,dopo la benedizione,iniziammo il nostro viaggio cantando e pregando.Erano della compagnia 27 persone tra uomini,donne e bambini.

Iniziò così la lunga marcia che ci doveva portare sul Gargano.Attraversato il cimitero di Pago veiano,ponte Calisi,S.Giogio la Molara,Montefalcone arrivammo la sera a Roseto Valfortore.Andammo prima in chiesa e quì,dopo aver ringraziato il Signore,chiedemmo ospitalità anche se di fortuna.Molte persone si offrirono per ospitarci nelle loro case donandoci anche un pasto caldo.La gentilezza delle persone del luogo fu encomiabile,mai dimenticheremo l'accortezza e la sensibilità degli abitanti di Roseto che,tra l'altro,ci fecero da sveglia.Di buon mattino la compagnia si riunì e si rimise di nuovo in marcia.Ognuno durante il tragitto raccontava della notte trascorsa nelle varie famiglie del piccolo paese di Fortore.Da lontano si intravedeva il Gargano;alla vista di quei monti accellerammo il passo spinti dal desiderio di arrivare al più presto.Passammo per il bivio di Biccari,ma venne subito la notte,la seconda.Trovammo rifugio in una casa cantoniera in una contrada chiamata "Taverna".Dormimmo in un grande salone con 20 brande.Quelli più fortunati dormirono sui letti gli altri erano costretti a trovare posto per terra.Il terzo giorno attraversammo Lucera,S.Severo,S.Marco in Lamis e finalmente...il convento di San Giovanni Rotondo.

Arrivammo verso sera.Padre Pio era davanti al portone insieme ad un capitano di nome Tonelli,gioioso per l'arrivo dei suoi compaesani.Non potrò mai dimenticare quell'incontro:il Padre ci abbracciò tutti e con grande emozione ci disse: "I miei Pucinari sono venuti a visitarmi...a piedi.oggi avete fatto una corsa come dei cavalli,siete pazzi!".Il Padre poi si soffermò a scambiare qualche battuta con i più anziani.Dopo un breve colloquio invitò tutta la compagnia a rispettare il sacramento della Riconciliazione.Le donne andarono in chiesa,nel confessionale,mentre noi maschi ci confessammo in sacrestia sotto il crocifisso.La mattina dopo partecipammo alla S.Messa celebrata da Padre Pio e prendemmo l'Eucarestia.Fummo tutti presi da attento e meritato silenzio,emozioni e sensazioni indescrivibili.Il giorno,poi,fummo ospiti di Mary Pyle,chiamata affettuosamente l'americana.Alla sera del 4 Padre Pio volle confessarci di nuovo e ci raccomandò di fare la comunione al santuario di Monte S. Angelo.

Il mattino seguente,ben presto, Padre Pio ci salutò e ci raccomandò al Signore benedicendoci.Ricordo che allora proferì queste parole:"Ah!quel fiume,quel fiume!ma andate col Signore,che io tra le nuvole e il vento vi salverò".

Al momento non riuscimmo a comprendere il senso di quella frase.ci avviammo salutando il frate,fu un commiato dolce e triste allo stesso tempo.Arrivammo a Monte S.Angelo e facemmo quanto ci aveva raccomandato il frate.Partimmo alla volta di Manfredonia,all'Incoronata di Foggia dove pernottammo.Il secondo giorno attraversammo Bovino e Savignano Greci,dove trovammo ricovero per la notte in una taverna e dormimmo tutti sulla paglia.Il terzo giorno arrivammo nei pressi del fiume Tammaro a pochi chilometri da Pietrelcina.Il tempo si era fatto minaccioso:un cielo scuro e cupo con grandi nuvoloni neri non facevano presagire nulla di buono.In lontananza si vedevano fulmini che squarciavano il cielo accompagnati da roboanti tuoni.C'era il problema di attraversare il fiume e traghettare all'altra sponda donne e bambini.Nei pressi vi erano i carri di "Bernardella" che ci trasportarono.Furono necessari tre viaggi tra una sponda e l'altra;dopo l'ultimo viaggio,all'improvviso,arrivò la piena del fiume,che travolse ogni cosa e noi facemmo appena in tempo ad attraversarlo.Fu allora che ci ricordammo le parole di Padre Pio e ne capimmo il senso.

finalmente arrivammo nei pressi del paese e ci venne incontro un messaggero del vice-parroco don Ciccio,che ci avvertì di recarci alla "Croce",un luogo di Pietrelcina,dove ci attendeva insieme a tanti compaesani con la banda in testa per rendere la dovuta accoglienza alla fortunata compagnia.Così in processione insieme alla folla in festa ci recammo alla chiesa Madre attraversando il corso Umberto I, oggi corso Padre Pio.

Le campane a festa e il suono della banda ci accompagnarono ai piedi della "Madunnella nostra".Era l'8 maggio."

Brano curato da Claudio Crovella e tratto dalla rivista mensile :"Pietrelcina, la terra di Padre Pio"(maggio 1999,n°5,anno IV)

 

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