L'incontro di Padre Pio con Renzo Allegri

Incontrai Padre Pio la prima volta nel settembre 1967.Ero andato da lui,mandato dal giornale,per scrivere degli articoli.Lo conoscevo soltanto attraverso l'anedottica che circolava.Quando giunsi nella cittadina del Gargano mi dissero che,per vedere il Padre,dovevo andare alla Messa che egli celebrava alle cinque del mattino.Mi alzai all'alba.Armato di macchina fotografica,raggiunsi la chiesa del convento dei Cappuccini che era già gremita di fedeli.

Vagai tra la gente alla ricerca delle posizioni migliori per scattare delle fotografie durante la celebrazione religiosa.Volevo riprendere il Padre da varie angolazioni,in modo da poter avere immagini in primo piano non solo della sua persona ma soprattutto del suo volto,delle sue mani.Alle cinque precise iniziò la Messa.Padre Pio uscì dalla sacrestia,vestito con i paramenti sacri e si avviò,camminando stentatamente,verso l'altare.Era la prima volta che lo vedevo.Lo osservai con attenzione.Il Padre aveva le mani coperte dai mezzi guanti che nascondevano le piaghe.Sapevo però,che al momento della consacrazione se li sarebbe tolti,e io avrei allora potuto fotografare le misteriose ferite.Per eseguire quelle foto,avevo scelto,come posizione,il lato destro dell'altare,in modo da essere vicino il più possibile.Avevo trovato un posto a cinque,sei metri dal Padre.Ero provvisto di una buona macchina giapponese.Avevo già misurato la luce,constatando che le condizioni di luminosità erano sufficienti.

La celebrazione della Messa procedeva,la gente pregava,io continuavo a muovermi discretamente per la chiesa,spostandomi da una parte all'altra e continuando a scattare fotografie.La persona che serviva la Messa suonò un colpo di campanello.La Messa era giunta al momento della consacrazione.Il momento più alto e significativo della cerimonia.Molti si inginocchiarono.Nella chiesa regnava un silenzio profondo.Improvvisamente le  mie narici furono investite da un effluvio di profumo intensissimo.Credo fosse un miscuglio di odore di viole e di rose.Era forte ed insieme delicato,penetrante ma in maniera dolce.Una vera delizia.Non pensai assolutamente al "famoso" profumo di Padre Pio.Ne avevo sentito parlare,ma ritenevo che fosse solo frutto di suggestione.Continuai nel mio lavoro e il profumo continuò a farsi sentire.Cominciai a guardarmi intorno per capire da dove venisse.Annusai prudentemente,alle spalle,delle signore vicine,ma nessuna emanava quel profumo.Mi spostai annusando altre persone:niente.Andai in fondo alla chiesa:niente.Il profumo si sentiva con la medesima intensità da ogni parte,ma non proveniva da nessuna delle persone che avvicinavo.

"Lo avranno irrorato i frati dall'alto con qualche spruzzatore",pensai guardando il soffitto della chiesa.Ma era una cosa assurda.Un giochetto che sarebbe stato smascherato con grande clamore.E allora mi chiesi:"Che sia questo il "fenomeno" di cui tutti parlano?".Restai lì,immobile,in mezzo alla gente,a riflettere,frastornato.Ma la mia mente non poteva ammettere una cosa del genere e non mi arresi.

Continuai a girare per la chiesa annusando come un cane da tartufi.Andai perfino dietro l'altare per vedere se il frate con le stigmate avesse qualche complice,qualche compare.Poi decisi di fare delle domande alle persone."Scusi,sente anche lei un certo profumo?",chiedevo sottovoce per non disturbare la Messa.Gli interrogati lanciavano sguardi di rimprovero e scuotevano la testa in senso negativo.Ma trovai anche delle persone che sentivano ed avevano il viso rigato dalla commozione.Avvicinai una signora che,dal vestire,mi pareva particolarmente distinta e disinvolta.Non aveva l'aria di essere disposta a credere ciecamente."Scusi,le pare che all'improvviso nella chiesa si sia diffuso un certo profumo?".Mi guardò indagatrice,poi disse:"Sì,lo sento benissimo.E' il profumo di Padre Pio.Lo si sente spesso al momento della consacrazione.Il Padre si toglie i guanti e le sue sante stigmate emanano il profumo del paradiso".

Mi ricordai delle stigmate.Avevo programmato di fotografarle da vicino e il profumo mi aveva distratto.Raggiunsi l'altare,nel posto che mi permetteva di vedere le mani alzate del Padre.Afferrai la macchina fotografica,la puntai contro le braccia del vecchio sacerdote.Il dorso della mano destra e il palmo della sinistra,che da quell'angolazione potevo vedere bene,erano una macchia di sangue raggrumato e crostoso.Una piaga che non aveva niente di bello e di pulito.Una piaga qualunque,e come tutte le piaghe avrebbe dovuto emettere cattivi odori.Invece,come in seguito mi fu spiegato anche da illustri medici,le piaghe di Padre Pio emanavano un profumo soavissimo.

Tornai a San Giovanni Rotondo nell'aprile,del 1968,ancora mandato dal giornale.Questa volta,però,volevo parlare con Padre Pio,volevo fargli delle domande,avere quasi un'intervista.Il padre Guardiano,al quale mi ero rivolto per aiuto,si mise a ridere:"Padre Pio non dà interviste",disse.Ma,forse colpito dalla mia ingenuità,aggiunse:"Se vuole tentare di fargli qualche domanda,provi a salire al primo piano del convento,dove ci sono le celle dei religiosi.Padre Pio è in coro.Quando esce per andare in cella provi ad avvicinarlo.La sua cella è quella contrassegnata dal numero 5".

Salii ed attesi.L'ambiente era suggestivo.Dai finestroni,al termine del lungo corridoio ad arco,entrava la luce fresca del mattino.Una luce soffusa,che si perdeva in quel luogo silenzioso e raccolto.Finalmente,in fondo al corridoio,vidi la figura di un frate.Era Padre Pio.Era solo.Procedeva tenendo la mano destra appoggiata al muro.Faceva sei,sette passi,poi si fermava per riprendere fiato.Quel suo procedere non era il camminare normale,sia pure di un vecchio con le gambe stanche e anchilosate dall'artrosi.Era una specie di saltellio,un avanzare a piccoli balzi,come di uno storpio che non può far forza sui piedi.Pensai alle stimmate,le ferite che da mezzo secolo il Padre aveva sul proprio corpo.Da cinquant'anni i suoi piedi erano perforati da parte a parte.Piaghe vere,fori autentici,controllati dai medici.E camminare,facendo pressione con il peso del corpo su quelle piaghe vive e aperte,doveva veramente essere un tormento inaudito.Realizzai la cosa solo in quel momento,vedendo quel povero vecchio muoversi in quel modo faticoso.La macchina fotografica,che avevo preso per scattare qualche immagine,mi cadde dalle mani.Rimase appesa al collo come un oggetto inutile.Non mi interessava più fotografare.Ero frastornato da quello che vedevo.Di fronte a me avevo l'immagine emblematica di una sofferenza infinita.

Il Padre intanto aveva ripreso a muoversi e,con un altro sforzo grandissimo,aveva fatto altri cinque,sei metri,avvicinandosi.Ora potevo osservarlo meglio.Sembrava non si fosse accorto della mia presenza.Era concentrato in ciò che faceva e stremato dalla sofferenza a tal punto da non provare alcuna curiosità per ciò che lo circondava.Il suo respiro era affannoso.Il corpo curvo.La tosse,di tanto in tanto,gli sconquassava il petto.Quando decise di fare un altro pezzetto di corridoio,vidi il suo viso,piegato sul petto,contrarsi in una smorfia orribile.La mascella dura,i denti stretti,la mano che faceva pressione sul muro per non cadere.Adesso era lì,vicino a me.Guardai i suoi piedi.Erano grossi,pesanti,gonfi,come quelli di un malato di cuore.Erano coperti da calze rozze e infilati in sandali di cuoio deformati.Non aderivano al suolo.Pareva che il Padre li tenesse sospesi,puntando le dita perché il poggiarli normalmente provocava spasmi insopportabili.

Dopo aver calmato il respiro affannoso,il Padre si raddrizzò sul busto.Mi guardò.Ora il suo viso era davanti al mio.A meno di un metro.Era un viso disfatto,sformato,con le pieghe intorno alla bocca assai marcate.Non era il viso illuminato di un taumaturgo,di un asceta carismatico,come me lo ero immaginato;era il viso di un vecchio distrutto dalla sofferenza,allo stremo delle forze,che mi guardava smarrito,quasi a chiedere aiuto,pietà.Sentii un profondo senso di colpa.Mi vergognavo ad essere lì,a curiosare.Mi avvicinai,baciai la mano al Padre,e gli offrii il mio appoggio per aiutarlo a raggiungere la porta della sua camera che distava ancora pochi metri da noi ma che,per lui,in quelle condizioni,sembrava irraggiungibile.

Procedendo lentamente,lo accompagnai fino in cella.Scambiai,così con lui,qualche parola.Poche parole,che non ricordo affatto.Comunque,quelle poche battute furono l'inizio di un misterioso dialogo che non si è più interrotto.

Renzo Allegri è,oggi, il più prolifico autore di testi riguardanti la vita di Padre Pio.

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