La Cattedrale di Colonia è uno dei massimi esempi di purezza, armonia e perfezione dell’arte gotica, ma anche il cuore vivo e pulsante di una metropoli, che tramite essa innalza al cielo la sua invocazione.
Questo grandioso tempio in stile francese, che si ispira alle grandi chiese di Amiens e di Beauvais, fu iniziato nel 1248: fu allora che l’arcivescovo Konrad von Hochstaden posò la prima pietra. L’idea di innalzare una cattedrale a Colonia aveva preso corpo più di ottant’anni prima, quando l’arcivescovo Reinald di Dassel aveva sottratto a Milano le presunte reliquie dei Re Magi, lì portate dall’imperatore Costantino e da sua madre sant’Elena dopo averle recuperate in Oriente. Giunti a Colonia, i resti mortali di Melchiorre, Gaspare e Baldassarre erano stati collocati nel Duomo carolingio di San Pietro; ma i sapienti Re che per primi avevano onorato Gesù Bambino meritavano una dimora più consona: una maestosa cattedrale. Dal 1248 i lavori proseguirono fino al 1560 - il Petrarca, in visita a Colonia, scrisse: «Ho visto in mezzo alla città un tempio bellissimo, sebbene incompleto, che non immeritatamente chiamano sommo» - dopodiché subirono una lunghissima interruzione fino all’Ottocento, sia a causa della mancanza di mezzi finanziari, sia per la posizione «infelice» di Colonia, avamposto del Cattolicesimo nella protestante Germania. Per più di tre secoli l’imponente struttura con la sua torre meridionale monca dominò la città; e bisognò aspettare il Romanticismo tedesco e il suo interesse per tutto ciò che parlasse di Medio Evo perché qualcuno si prendesse di nuovo a cuore il destino della cattedrale incompiuta. Inaugurati i lavori da Federico Guglielmo IV, nel 1880 la chiesa fu terminata. Intitolata ai santi Pietro e Maria, la cattedrale si innalza nel medesimo luogo un tempo occupato dal Duomo di San Pietro, a sua volta costruito nei pressi di un luogo di culto pagano dedicato a Mercurio. Nel corso della Seconda guerra mondiale subì ingenti danni a causa dei ripetuti bombardamenti: basta pensare che nel solo 29 giugno del 1943 furono sganciate sulla città 1.614 tonnellate di bombe, e il 2 marzo 1945 tremila tonnellate. Fra l’altro un ordigno penetrato nel transetto distrusse l’organo; ma nonostante tutto e a differenza di altre importanti chiese della Germania, rimase in piedi. La sua facciata aerea evoca alla mente le parole che Johann Wolfgang Goethe scrisse dopo aver visitato una cattedrale gotica: «Quando mi (ci) diressi per la prima volta, avevo la testa piena di nozioni sul buon gusto... Sotto la voce gotico, come in un articolo del vocabolario, accumulavo tutte le nozioni sinonime e erronee che mi erano state inculcate: imprecisione, disordine, affettazione, eterogeneità, rattoppo, sovraccarico... Camminando tremavo in anticipo all’idea di vedere un mostro informe, confuso, arruffato. Quanto fu inattesa la sensazione che mi assalì quando scoprii l’edificio! Il mio animo era penetrato da una fortissima impressione, che potevo certamente gustare e assaporare, ma non definire o spiegare, poiché essa proveniva da mille dettagli che si armonizzavano».
È proprio questo l’effetto a cui aspiravano i costruttori di cattedrali, depositari di un sapere che affondava le sue radici nella storia, di segreti tramandati di generazione in generazione: il messaggio scritto su pietre e marmi è un invito a percorrere un cammino di iniziazione, che porta ai misteri della natura e di Dio, e a quel mistero ancor più fitto che è l’uomo. Lo scopo della Cattedrale di Colonia non era di appagare il senso estetico, bensì di risvegliare l’uomo totale, universale. Ecco allora che la Cattedrale si trasforma in un simbolo, in un ritratto interiore, in una rivelazione dove ogni forma è vivificata dallo spirito. Essa è la città di Dio, la Gerusalemme celeste dove tutti i Giusti troveranno posto. Sono concetti difficili da comprendere appieno, ma che è facile percepire non appena si mette piede nella Cattedrale di Colonia. La più bella chiesa tedesca parla direttamente al cuore, ma lo fa sotto forma di simboli, con parole che non designano, ma alludono. Mentre quasi tutte le costruzioni di oggi sono di facile decifrazione, in una cattedrale gotica ogni particolare è carico di significati pregnanti. Tutto risponde a un progetto preciso, ideato dal maestro d’opera affinché la pietra si tramutasse in poesia, e la Scrittura diventasse Architettura. Questo è appunto il Duomo di Colonia. Se osservare dal basso le sue torri, che toccano i 157 metri di altezza, procura un senso di vertigine, l’interno lascia a bocca aperta: cinque splendide navate, con quella centrale che supera i 40 metri di altezza e nella quale ogni colonna, ogni venatura del marmo, si protende verso il cielo. Proprio come i 1.350 metri quadrati di vetrate colorate che incombono sul coro, con le loro storie dell’Antico Testamento che sembrano scritte nel cielo e i cui colori rispondono a precisi significati: il bianco è simbolo di purezza e di verità, il blu di castità, il rosso di amore e il nero di errore e dannazione. O come gli splendidi, trecenteschi stalli del coro - i più grandi della Germania - e le pregevoli statue che rappresentano Gesù, Maria e i dodici Apostoli.
Persino l’Ara dei Re Magi, dietro l’altare principale, sembra rivendicare con le sue dimensioni l’ambizione della cattedrale di colpire il visitatore ispirandogli sentimenti di grandezza: in legno e argento, pesante trecento chili, alta più di un metro e mezzo e lunga più di due metri, è il più grande sarcofago d’Europa. Impossibile stabilire se le ossa in essa ritrovate appartengano veramente ai tre Santi Re; quello che è certo, invece, è che contiene le reliquie dei patroni della città: san Felice, san Nabor e san Gregorio da Spoleto. 509 gradini conducono alla piattaforma panoramica della torre meridionale: un «volo» su Colonia, che non finisce di stupire per l’audacia di chi eresse simili meraviglie. Più in alto ancora, dalla cella campanaria vegliano su Colonia 8 campane, fra le quali spicca «Peter der Grosse» (il Grande Pietro), che con i suoi 24.000 kg è la più grande campana a battaglio del mondo.
Testo di Mario Bussoni Notizie tratte dal sito: www.giornaledibrescia.it
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