Le ritrovate reliquie della Passione di Gesù I pellegrinaggi di Sant'Elena e di altri Quando Costantino unificò l’Impero e restituì alla vista e alla venerazione di tutti il luogo della risurrezione del Salvatore, l’augusta sua madre Elena, convertitasi al Cristianesimo, intraprese, malgrado la sua tarda età, un viaggio in Oriente per visitare tali santi luoghi (326 d.C.). Partita da Roma sul finire di quell’anno, raggiunse Cesarea e di lì Gerusalemme dove erano state ritrovate la tomba di Cristo e in una cavità poco distante le croci18 sulle quali crocifissero il Salvatore e i ladroni Disma e Gesta. Dalla croce del Nazareno, che aveva rivelato le sue virtù taumaturgiche19, Sant’Elena prese tre frammenti che furono portati: - a Roma, nella basilica di S. Croce di Gerusalemme che fu fatta realizzare da Sant’Elena20; a - Costantinopoli, nella basilica della Sapienza detta anche di S. Sofia21; - al vescovo Macario, nella stessa Gerusalemme. Questo frammento era quello più considerevole e fu consegnato da Sant’Elena in un astuccio d’argento22. - La santa dalla Palestina portò, inoltre: - alcune spine della Corona che cingeva il capo di Gesù; esse furono collocate in un reliquiario e custodite nella cripta della basilica Sessoriana (o S. Croce di Gerusalemme) in Roma23; - i tre chiodi che trafissero le mani ed i piedi di Gesù, di cui uno fu conservato nella stessa cripta Sessoriana con la Corona di spine, un altro fu inviato all’arcivescovo Agrizio (o Aquizio)24 perché fosse custodito nella basilica di Treviri25, l’ultimo fu donato alla chiesa di S. Giovanni in Monza26; - - i ventotto gradini del Praetorium (detta Scala Santa) percorsi da Gesù flagellato e coronato di spine27 quando si presentò a Pilato. Durante la permanenza in Palestina, Sant’Elena effettuò delle ricerche che condussero al ritrovamento della grotta della Natività a Betlemme e del luogo (sul monte degli Olivi) dove Gesù incontrò i suoi discepoli dopo la risurrezione (prima di salire al cielo). In queste due località Ella fece costruire due basiliche che suo figlio Costantino arricchì d’oro e di argenti. La notizia del ritrovamento della Croce del Redentore comportò che i pellegrini, in numero sempre crescente, si recassero a Gerusalemme. Per la loro profonda venerazione verso il Salvatore, alcuni di loro asportarono dalla Croce dei frammenti di legno. Sul finire della prima metà del IV secolo, il vescovo Cirillo scriveva che “ il mondo è pieno di frammenti della Croce”28 e S. Giovanni Crisostomo29 dice che molte persone a Costantinopoli portano, in reliquiari d’oro attaccati al collo, una particella della Vera Croce30. Tra i più illustri pellegrini che si recarono a Gerusalemme per pregare sul sepolcro di Cristo e cogliere l’occasione di prendere qualche frammento del santo Legno si ricordano: Paolo di Tebe, monaco egiziano vissuto tra il 228 e 340, il quale si prosternò davanti alla Croce “quasi pendentem Dominus cerneret “31. Il pellegrino di Bordeaux recatosi a Gerusalemme nel 333 riferì di aver visto “ la collinetta del Golgota su cui il Signore fu crocifisso e, a un tiro di pietra (m.40), la cripta in cui il Suo corpo fu deposto e donde il terzo giorno risuscitò”32. Desiderio, che fu invitato nel 393 da s.Girolamo33 e dalla venerabile Paola34 a recarsi in Terrasanta solo per potersi mettere in adorazione dove sono posati i piedi del Signore è per lo meno un atto della nostra fede, senza contare, poi, la possibilità di contemplare le tracce – che sembrano del tutto recenti- della Natività, della Croce e della Passione35. Silvia Eteria (o Egeria)36, che, recatasi in Terrasanta nel 395 per visitare l’Anastasis, il Martyrium e ad Crucem (= Calvario), riportò nel suo “Peregrinatio Aeteriae” l’episodio di un fedele che, chinandosi sulla Croce per baciarla, ne distaccò un pezzo con un colpo di denti37. Paolino di Nola o di Bordeaux (353-431 d.C.)38 riferisce di aver ricevuto un frammento della Croce da Melania Seniora39, a sua volta ricevuto, durante il soggiorno in Terrasanta, da Giovanni, patriarca di Gerusalemme. Di tale frammento, Paolino ne inviò una scheggia “ non più grande di un atomo” al suo amico Sulpicio Severo, che glielo aveva chiesto per la chiesa che stava costruendo sulla tomba di S.Chiaro, a Primulachium, in Aquitania40. Il monaco Cosma, già custode della Croce della chiesa del S.Sepolcro sino al 466, e suo fratello Crisippo41 ne inviarono diversi al monastero di sant’Eutimio. L’imperatore d’Oriente Giustino II (565-578 d.C.) e sua moglie Sofia ne donarono a papa Giovanni II (561-574 d.C.). Esso è contenuto in un medaglione incastonato in una croce latina di rame alta 41 cm. e rivestita di lamine d’argento dorato. Le braccia della croce ,all’incrocio delle quali c’è il predetto medaglione, recano la seguente iscrizione:
LIGNO QUO CHRISTUS HUMANUM SUNDIDIT HOSTEM DAT ROMAE IUSTINUS OPEM ET SOCIA DECOREM
Questo reliquiario, denominato Crux Vaticana, fa parte del Tesoro di s. Pietro in Roma42. L’igumeno Stefano43, del monastero di S.Eutimio, fece incastonare alcuni dei frammenti in suo possesso in una croce d’oro ornata di pietre preziose; uno dei frammenti fu donato a un benefattore del monastero, tale Cesare, originario di Antiochia44. Quando la Palestina era stata mèta di pellegrinaggi per via dei ritrovamenti dei Luoghi Santi45 ed erano stati elevati monasteri e chiese, le città marinare di Amalfi, Genova, Pisa e Venezia avevano rapporti commerciali con l’Oriente bizantino.
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