LA PREGHIERA SEMPLICE NON E' DI SAN FRANCESCO

Fonte: Avvenire

IL CASO La «Preghiera semplice»: tutti sanno che è un falso, nessuno lo dice.

Gli apocrifi del Poverello

Un francese ricostruisce la vera origine dell'orazione: scritta nel 1912, fu collegata a san Francesco per via di un santino

Ora anche il teologo Leonardo Boff se ne serve per spiegare la spiritualità del frate di Assisi Ma non è meglio usare testi autentici? 

Roberto Beretta 

Uno è un librino, l'altro un librone. Il primo è in francese, scritto dallo storico Christian Renoux per «Les éditions franciscaines» di Parigi; il secondo è stato appena tradotto in italiano da Cittadella ed è firmato dal teologo della liberazione Leonardo Boff. Il piccolo s'intitola La preghiera per la pace attribuita a san Francesco; il grande è intestato invece La Preghiera semplice di Francesco. E la differenza sta proprio nelle preposizioni: «attribuita a» ovvero «di» san Francesco. Che sono poi due modi d'intendere il rapporto col Poverello.

Tutti conoscono la cosiddetta «Preghiera semplice» - quella che suona: «Signore, fa' di me uno strumento della tua pace. Dove è odio, fa' che io porti l'amore...», con ciò che segue - e quasi tutti ne allegano la paternità all'autore del «Cantico delle creature». Gli storici, peraltro, e gli addetti ai lavori hanno sempre saputo invece che tale suggestiva orazione è tutt'altro che francescana: infatti ha un secolo d'anzianità al massimo e non è stata neppure composta da un frate minore; l'attribuzione al Poverello si deve al fatto accidentale che essa fu stampata una volta sul retro di un santino di Francesco d'Assisi...

Ma l'equivoco continua indisturbato. Anzi, chiunque s'azzardi a rimettere la «Preghiera semplice» nel catalogo degli apocrifi rischia d'incrociare gli strali di una tenace devozione popolare. Quella litania non è di Francesco? Comunque il suo spirito è «francescano»... Lo stesso ragionamento segue del resto Boff - già frate minore - quando nel bel volume - strenna dichiara come il testo «non viene direttamente dalla penna del Francesco storico, ma dalla spiritualità del San Francesco della fede. Francesco ne è il padre spirituale e per questo il suo autore nel senso più profondo e comprensivo della parola».

Affermazioni stupefacenti, a ben guardare. Se si applicasse il medesimo criterio al Nuovo Testamento, per esempio, rischieremmo di veder spiegata la «spiritualità» di Gesù Cristo con qualche brano dei Vangeli apocrifi... Ed è curioso: mentre l'esegesi, nell'ultimo secolo, s'è affannata a smontare versetto per versetto i Sinottici così da ricavarne gli ipsissima verba del Nazareno (ci sono storici che contano le parole «originali» di Cristo sulle dita di una mano!), per il suo più radicale imitatore si segue il criterio opposto: annettendo al canone dei suoi scritti anche falsi molto tardivi. Perché?

Perché continuare a dedurre il «vero» Francesco da un apocrifo? Oltretutto, del Poverello esistono opere certamente autentiche, e persino un paio d'autografi: dunque un attrezzato teologo come Boff avrebbe potuto estrarre lo «spirito» del francescanesimo da una delle orazioni latine del Fondatore, o dalle due Regole, dal testamento piuttosto che dagli scritti in volgare. Invece preferisce commentare per un centinaio di pagine una preghiera di cui lui stesso riferisce la vera storia ma che poi - in grande nel titolo - contribuisce a gabellare come «di Francesco».

Certo: la «Preghiera semplice» è un inno alla pace, all'amore, insomma alle virtù cristiane che ben corrispondono all'immagine di san Francesco divulgata popolarmente. Ma si tratta comunque di uno stereotipo: è corretto alimentarlo senza ricorrere alle fonti originali? Padre Willibrord-Christian van Dijk, un cappuccino che ha studiato la vicenda della «Preghiera semplice» per 40 anni, ha notato per esempio la stranezza di attribuire a un «santo che passa per essere un grande mistico cristiano un testo che non s'indirizza a Gesù Cristo e nemmeno lo nomina, né vi si trova alcuna citazione evangelica o biblica». Osservazione pertinente, visto che tutte le preghiere autentiche di Francesco sono nient'altro che centoni di frasi desunte dalle Scritture e/o dalla liturgia.

Per la verità, Boff ha una teoria «filologica» per difendere la sua lettura dell'apocrifo: esso, dice, in origine era rivolto al Sacro Cuore e «la grande affinità» fra questa devozione e «la devozione a san Francesco d'Assisi ha permesso che le caratteristiche dell'una fossero attribuite all'altra». Il teologo brasiliano cita un passaggio delle «Ammonizioni» del santo d'Assisi che s'avvicina alla «Preghiera semplice»: «Dove è amore e sapienza, ivi non è timore né ignoranza. Dove è pazienza e umiltà, ivi non è ira né turbamento...».

Ma appunto: ammesso (e non dimostrato) che i due testi siano tanto «simili», perché non commentare quello autentico, tanto più se si desidera «risvegliare il Francesco e la Chiara - scrive Boff - che dormono dentro ciascuno di noi»? La risposta è abbastanza ovvia: anzitutto la «Preghiera semplice» è incomparabilmente più diffusa dell'orazione appena citata; poi essa è abbastanza «generica» da poter essere recitata da chiunque: anche da non cristiani e persino da «laici». E infine la prece risulta assai più consona all'idea che i nostri contemporanei si sono già fatti del Poverello: come di un alfiere - sintetizza Boff - «della nonviolenza, della fraternità universale, della giovialità, dell'amore per gli animali e dell'ecologia».

Diverso l'approccio di Renoux: san Francesco non è un «archetipo» astratto, bensì un personaggio storico; e come tale merita di essere trattato anche nell'esame dei suoi scritti. Con metodo rigoroso, infatti, lo studioso francese arriva a risultati pressoché definitivi sull'origine della «Preghiera semplice»: la sua più antica stampa conosciuta risale al dicembre 1912, quando l'orazione comparve sulla pia rivista parigina La Clochette («La campanella»), bollettino mensile della Lega della Santa Messa; era anonima, ma forse attribuibile al direttore del periodico stesso, il prete poligrafo normanno Esther Auguste Bouquerel. Di lì a poco la strofetta fu ripresa da un'altra rivista francese e quindi - nel 1916 - sulla prima pagina dell'Osservatore romano, che la lanciò internazionalmente come invocazione per la pace. L'abbinamento col saio del grande Assisate avviene dopo il 1918, quando il cappuccino padre Etienne Benoit stampa il testo dell'orazione sul retro di un'immaginetta destinata al suo terz'ordine e recante in facciata la figura del Fondatore: «Questa preghiera riassume meravigliosamente la fisionomia esterna del vero figlio di san Francesco», scrive il religioso. È un santino dunque l'origine della falsa attribuzione francescana, che però diventa esplicita per la prima volta nel 1927 in una pubblicazione protestante: i cattolici infatti rifiuteranno tale abusiva paternità almeno fino agli anni Cinquanta. Segue un incredibile successo internazionale. La «Preghiera semplice» piace - alla rinfusa - a Giuseppe Lanza del Vasto e a Madre Teresa, al cardinale di New York Francis Spellman ed a Margaret Thatcher, a dom Helder Camara, a Desmond Tutu, alla principessa Diana, a Bill Clinton; pare sia stata letta durante la fondazione dell'Onu nel 1945 e fu recitata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986... Una tale massa di referenze «ecumeniche» dovrebbe essere sufficiente per decretare la validità di qualunque testo. E invece, nonostante gli studi moderni abbiano raggiunto una ragionevole certezza sugli scritti attribuibili al Poverello (l'ultima edizione critica ha espunto ben 24 apocrifi), si continua ad accreditare la leggenda di una preghiera composta ben 7 secoli dopo la morte del suo «autore».


Francesco non pregava così

Un inesatta attribuzione al Santo di Assisi

E’così bella che sembra vera; così- pacifista – così pregna d’amore universale e di “perfetta letizia”, insomma così compiutamente "francescana" che tutti la attribuiscono al Poverello D’assisi. Ma così non è, invece. Agli studiosi ed agli esperti sembrerà un po’ come la scoperta dell’acqua calda, o la smentita di cio`che nessuno aveva mai affermato, ma ai tanti devoti e alla gente qualunque il promemoria il promemoria non sarà inutile davvero. La cosiddetta e diffusissima "Preghiera Semplice" – quella che viene messa in bocca a San Francesco persino nel Fratello Sole di Zeffirelli – non è affatto opera del santo di Assisi, bensì di un anonimo autore della fine del secolo scorso. Lo ricorda meritoriamente un breve articolo apparso nell’ultimo numero di " Una città per il Dialogo ", piccolo periodico perugino, che ripercorre per sommi capi la storia autentica della ‘Preghiera’. Sorpresa? A mente fredda non dovrebbe: infatti nelle – Fonti Francescane – per esempio, la raccolta che fa testo per il repertorio scritto da e sul santo scalzo, la preghiera non c’è proprio.
E non c’è nemmeno nelle altre edizioni critiche delle opere di Francesco. Di contro, però, sono migliaia le immaginette, gli opuscoli, le canzoni in cui la suddetta orazione è assegnata più o meno esplicitamente al fondatore dei Minori.

In breve ; i dotti sanno da sempre che si tratta di un apocrifo ( ma forse non lo dicono abbastanza ), i devoti sono invece convinti che quelle parole siano autentiche quanto il " Cantico delle creature" .
Come è potuto accadere un simile equivoco ? Beninteso, non è certo la prima volta che a un beato (e di somma grandezza come il Poverello) vengono attribuiti scritti verosimili ma spurii; fra le preghiere tramandate di mano da san Francesco, per esempio, se ne contano diverse (tra cui quella stessa davanti al Crocifisso di san Damiano) la cui paternità è dubbia o almeno discussa.
Ma qui il caso è molto diverso, perché non si tratta di attribuzioni coeve all’autore o comunque antiche, bensì di una preghiera che si è intrufolata nel corpus francescano solo un secolo fa e la cui fortuna è tale da rappresentare nell’immaginario popolare contemporaneo una parte non piccola del francescanesimo stesso.

Non si sa chi abbia composto la "Preghiera Semplice", della quale esistono per altro versioni leggermente discordanti. Fu forse un certo padre Edouard Brière , francescano francese morto nel 1909, che si firmava con lo pseudonimo da "fra Pacifico" ? Il frate scriveva sulla rivista – Souvenir Normand – grazie alla quale nel 1916 venne offerto a Benedetto XV un esemplare della suddetta preghiera. Altre fonti, risalgono ai francesi " Annali di Nostra Signora della Pace" , che nel 1913 riproducono la preghiera ‘dicono’ estratta dalla rivista di un gruppo di spiritualità del Sacro Cuore ; e appunto come " Preghiera al Sacro Cuore" sia l’Osservatore Romano che il quotidiano cattolico di Parigi "La Croix" pubblicano la prece nel gennaio 1916.

Il legame tra la preghiera e San Francesco si stringe pubblicamente grazie a un cappuccino che a Reims, negli anni precedenti la I Guerra mondiale, fece stampare l’orazione sul verso di una immaginetta del Poverello, sotto il titolo di –Preghiera per la Pace – e con la sottolineatura che si trattava di : "un perfetto riassunto dell’ideale francescano da promuovere nel mondo moderno" .
La circostanza permise che nel 1936 a Londra la ‘Preghiera Semplice ’ diventasse tout court -Preghiera di San Francesco -. Come tale addirittura un senatore USA, Tom Connally, la lesse in una sessione dell’ONU nel 1945 e pare che anche la Thatcher l’abbia citata nel suo discorso di investitura premierale.

La fortuna della Preghiera Semplice, comunque, fu subito esplosiva, anche nelle altre confessioni cristiane : soprattutto presso gli anglicani e i protestanti. Già nel 1922 (l’unione protestante cristiana), associazione per la pacificazione tra Tedeschi e Francesi, la inserisce tra i suoi testi; nel 1925 poi il pastore Etienne Bach la adotta per il - Movimento cristiano per la pace -. Nel 1945 l’orazione viene inscritta nella liturgia della Chiesa riformata di Francia con la firma di San Francesco; Lanza del Vasto la colloca tra le preghiere della sua "Arca" con l’aggiunta di tre versetti finali. Dopo la Giornata per le religioni per la pace di Assisi 1986, infine la preghiera ha assunto risonanza notevole anche nelle fedi non cristiane.

Ma non è pericoloso che la spiritualità francescana venga mondialmente divulgata attraverso un testo meritevole e buono ma pur sempre un testo apocrifo? Le scuole si dividono: Padre Ernesto Càroli, già promotore delle – Fonti Francescane – difende la Preghiera Semplice: Forse, dice , è eccessivo divulgarla come ‘attribuita’ a San Francesco. Però mi sembra una orazione bella e attuale, nella quale sono numerosi i riferimenti agli scritti e alla mentalità del fondatore.
L’attribuzione del resto, è uno scherzetto che ogni tanto accadeva in letteratura, quando si spacciava sotto un nome illustre, una composizione che si aveva interesse a diffondere.
Pericoloso? Ma il Poverello è conosciuto per ben altro…

Da francescano mi offenderei se il testo fosse contro gli ideali del padre serafico. E così non mi sembra .

Diverso è il parere di padre Aristide Cabassi, direttore della Biblioteca francescana di Milano: "Noi frati minori non l’abbiamo mai accettata come farina della bisaccia di Francesco;lui non avrebbe mai pregato così, non avrebbe mai usato quelle espressioni. Basta leggere le sue preghiere autentiche per accorgersi che il fondatore lodava Dio senza chiedere nulla per sé e che per lui solo Dio portava la pace, mai l’uomo". Forse a mettere d’accordo tutti riuscirà il fiorentino Marino Tiribilli, che da anni va cercando le "orme" della suddetta preghiera nella biografia francescana, versetto dopo versetto. E vorrebbe farne un libro che ne rimetta in auge la verità (non bisogna avere paura di dire che quel testo è apocrifo) senza scandalizzare milioni di devoti: I quali nella ‘Preghiera Semplice ’ riconoscono il loro patrono anche se sotto non c’è la sua firma. Del resto, il Magnificat mica lo ha scritto la Madonna: ma chi oserebbe dire che non è una preghiera mariana ?


PREGHIERA SEMPLICE

Signore fa di me uno strumento della tua pace

Dove è odio che io porti l’amore
Dove è offesa che io porti il perdono
Dove è discordia che io porti l’unione
Dove è dubbio che io porti la fede
Dove è errore che io porti la verità
Dove è disperazione che io porti la speranza
Dove è tristezza che io porti la gioia
Dove sono le tenebre che io porti la luce
Signore, fa che io non cerchi tanto
Di essere consolato quanto di consolare
Di essere compreso quanto di comprendere
Di essere amato quanto di amare
Poiché dando che si riceve
Perdonando che si è perdonati
Morendo che si risuscita a vita eterna
Dona a noi Signore pace forza gioia
e concedici di farne dono agli altri.

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