Il
dolore nascosto nel cuore di Giuseppe
(Mt
1,18-25) Nel
Vangelo di Luca è indicato chiaramente (Lc 1,56) il
periodo di permanenza di Maria nella casa di sua cugina Elisabetta: ” Maria
rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua”. Meditando
rapidamente sui tempi intercorsi possiamo, con buona approssimazione,
affermare che Maria, al suo ritorno a Nazareth, aveva superato i tre
mesi di gestazione. Questo perché dal momento in cui l’angelo le
apparve, per annunciarle la nascita di Gesù per mezzo dello Spirito
Santo, la prima cosa che lei fece fu di prepararsi per raggiungere sua
cugina Elisabetta. Che abbiamo visto viveva a circa 150 Km da Nazareth.
Se rimase circa tre mesi da sua cugina (che era al sesto mese
avanzato quando la incontrò) dobbiamo aggiungere i tempi del viaggio di
andata e ritorno da e per Nazareth. Questo
solo e soltanto per far ben presente la situazione di Maria al suo
ritorno a casa: non era più possibile per lei nascondere il suo, ormai
evidente, stato di gravidanza. Maria
durante il suo ritorno a Nazareth pensava a come avrebbe potuto spiegare
tutto ciò a Giuseppe. Non le importava tanto cosa avrebbero detto le
persone, i parenti, gli amici ed i conoscenti…per Gesù avrebbe
sopportato tutte le maldicenze di questo mondo. Ma Giuseppe? Il suo
Giuseppe…come avrebbe potuto mai fargli capire che non aveva fatto
nulla di male nonostante l’evidenza dei fatti? Sappiamo che lei era
promessa sposa di Giuseppe, in pratica erano fidanzati. Dopo il periodo
del fidanzamento, come legittima conclusione, vi era il naturale
matrimonio con conseguente coabitazione degli sposi. Ma Giuseppe
l’avrebbe ancora sposata in quelle condizioni? Il
cuore di Maria era gonfio di amarezza per questi pensieri, i quali
divenivano sempre più cupi all’avvicinarsi del momento in cui avrebbe
incontrato nuovamente il suo futuro sposo. Non avrebbe mai voluto dare
un dolore simile a Giuseppe, ma non avrebbe potuto fare o comportarsi
diversamente che tornare a Nazareth e fare la volontà del Signore.
Maria aveva piena fiducia in Dio, e se da una parte sapeva che Giuseppe
avrebbe sofferto molto nel vederla, dall’altra sapeva anche che il
Signore in qualche modo avrebbe rimediato quella situazione. Se questo
pensiero sollevava in parte il tremendo peso che aveva sul cuore, la
grande gioia che le proveniva da quel bimbo, che le stava nascendo in
seno, faceva sì che potesse vedere il futuro sotto un diverso aspetto. Un
bimbo che la stava lentamente trasformando. Tra lei e Gesù si era già
instaurato, ormai da oltre tre mesi, un legame così solido che mai
niente e nessuno avrebbe più potuto dividere. Oggi sappiamo che quel
legame era destinato a durare per l’eternità. Le meraviglie che Maria
poté ricevere da questo suo bimbo sono segreti che rimarranno
esclusivamente nascosti nel suo Cuore Immacolato. Lo Spirito Santo,
entrando in lei con tutta la sua pienezza, non ha potuto non ricolmare
di infiniti doni quell’anima senza macchia, voluta così dal Padre per
contenere la Purezza del Figlio. Con
il cuore in subbuglio, che si alternava tra Giuseppe e Gesù, Maria
torna finalmente a Nazareth. L’evangelista
Matteo non descrive l’incontro tra i due futuri sposi e quello che
Giuseppe disse a Maria vedendola in stato interessante. Molto
probabilmente Giuseppe, nella sua grande umiltà, non disse niente a
Maria. Questo si può dedurre dalle parole che utilizza Matteo nel
proseguire il suo racconto: ”Giuseppe suo sposo, che era giusto e
non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto”. Mi
sembra molto bello, in questo resoconto, che sia stata messa in luce la
caratteristica preminente di Giuseppe: la sua giustizia. Giuseppe era un
uomo giusto, non voleva fare torti a nessuno ed era sempre perfetto al
cospetto di Dio. Giuseppe aveva rispetto di Maria e non aveva intenzione
di creare uno scandalo mettendo in pericolo la sua promessa sposa. Cosa
debba aver sofferto Giuseppe in quei giorni è facilmente comprensibile.
Vede andare via la sua futura sposa, la quale decide all’improvviso di
recarsi da una sua anziana cugina in attesa di un figlio, e quando
ritorna, dopo circa tre mesi, la ritrova che aspetta un bambino.
Sicuramente Giuseppe avrà fatto finta di non accorgersene di fronte a
Maria, ma poi rimasto solo avrà sofferto, nella solitudine, le più
crudeli amarezze dell’anima. Il suo senso della giustizia non avrebbe
mai potuto costringerlo ad offendere ed umiliare Maria, soprattutto in
pubblico. Una cosa sicuramente la fece: chiedere a Dio il perché di
tutto quello. E Dio rispose. ”Mentre
però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un
angelo del Signore e gli disse: ” Giuseppe, figlio di Davide, non
temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato
in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi
peccati”. Matteo, successivamente, aggiunge anche che quegli avvenimenti avvennero perché doveva compiersi quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”. (Is 7,14). Quale sollievo avrà avuto Giuseppe al suo risveglio! La notte oscura della sua anima era divenuta, inaspettatamente, chiara e cristallina. Giuseppe non ebbe difficoltà alcuna a credere in quello che gli aveva detto l’angelo in sogno. Sapeva perfettamente che il Signore non poteva mentire e che se aveva deciso in quel modo era per un disegno che lui, in quel momento, non avrebbe potuto comprendere. Maria
intanto aspettava e pregava. La sua giornata era una preghiera continua
nell’attesa di rivedere Giuseppe e nell’attesa di conoscere quel
bimbo che presto avrebbe visto la luce. Quanti pensieri nel cuore di
Maria! Tutto era incredibilmente bello ma nello stesso tempo
difficilmente comprensibile. Cosa
avrebbe fatto Giuseppe? Cosa avrebbe fatto Dio? Cosa avrebbe fatto lei? Maria
aveva compreso che il suo Giuseppe covava nel cuore la disperazione per
l’evidenza dei fatti: se due persone legate solo fisicamente si
comprendono al volo a maggior ragione Maria e Giuseppe, legati
spiritualmente da qualcosa di ancora più forte, avevano intuito
entrambi i pensieri dell’altro. Maria
fu interrotta dall’arrivo improvviso di Giuseppe e solo guardandolo
capì. Non gli servivano parole o spiegazioni, perché la serenità e la
felicità che il suo futuro sposo aveva sul volto erano più esaurienti
di decine di discorsi. Giuseppe,
destatosi dal sonno, fece esattamente come gli aveva ordinato
l’angelo e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la
conoscesse, partorì un figlio (circa sei mesi dopo questi fatti), che
egli chiamò Gesù. Non
dobbiamo lasciare passare inosservata, in questo particolare episodio,
la profonda fede di Giuseppe. Egli si affida ciecamente a Dio ed osserva
tutto quello che l’angelo gli aveva ordinato in sogno, lasciando
immediatamente svanire dal suo cuore tutti i suoi dubbi e le sue
incertezze. Giuseppe vive una fede semplice ma fondata sulla certezza
che Dio è un Padre che segue i propri figli, e non elargisce consigli
per il loro male ma solo ed unicamente per il loro bene. Bisogna pensare
che egli non aveva ricevuto lo Spirito Santo come e nella maniera in cui
lo aveva ricevuto Maria. Bisogna pensare anche che Maria era stata
concepita immacolata, preservata quindi dal peccato originario. Giuseppe
invece era un semplice uomo, perfetto nei suoi difetti umani e nel suo
peccato originario, con il quale avrebbe dovuto convivere sino alla
morte. Come
tutti gli altri uomini della terra. La
santità di Giuseppe consiste in questo: la sua profonda e semplice
umanità intrisa di fede. Giuseppe non è un profeta, non ha carismi
particolari, non vive esperienze mistiche eccezionali; eppure proprio
Giuseppe, uomo come tanti, è scelto dai piani divini per divenire il
custode di Maria e Gesù. Facendo parte, a pieno diritto, della Sacra
Famiglia. Maria
perviene alla santità per le vie straordinarie dello Spirito, unite
alle indicibili sofferenze della materia. Gesù è la Santità
incarnata. Giuseppe li segue, invece, per le vie ordinarie della
giustizia e della fede. La via di Giuseppe è una via semplice e nello
stesso tempo ardua, tutto il suo viaggio terreno è condotto per mezzo
della sua ferrea volontà di amare Dio. Il papà di Gesù è un papà qualsiasi, nel senso che ogni padre può apprendere da lui la strada della santità ordinaria e nascosta, priva di ogni spettacolarità. La strada percorsa da Giuseppe si identifica con il lavoro condotto in maniera umile, il principale mezzo di santificazione personale. Giuseppe
è il lavoro. Un lavoro che si scinde in una componente
prettamente manuale, il falegname, ed in un’altra spirituale. Egli
lavora il legno e nello stesso tempo lavora nel suo animo. Il suo lavoro
manuale, quello che gli permette di sostenere la sua famiglia, consiste
nel piallare e levigare del semplice legno sino a trasformarlo e così
far nascere qualcosa di completamente diverso dal materiale originale.
Pur mantenendo la stessa sua natura. Una porta, un tavolo, un infisso
rimangono sempre di legno ma il lavoro ne trasforma e nobilita la natura
iniziale. Parallelamente
Giuseppe pialla e leviga, giorno dopo giorno, la sua anima. Egli si
adatta al volere di Dio e trasforma la sua anima in qualcosa che, pur
mantenendo la stessa natura iniziale, la nobilita perché purificata
rispetto al materiale grezzo. Al
termine della vita di Giuseppe non furono tanto i mobili da lui
costruiti ad essere graditi al Cuore di Dio quanto quel piccolo
utensile, nato dalla sua anima, su cui quotidianamente lavorava. Un
utensile che gli è servito per aprire la porta del Paradiso. |