La
nascita di Gesù: il Re dei Poveri (2,1-7) Il
potere romano, il potere dei dominatori, emise un decreto per bocca di
Cesare Augusto riguardante un censimento su tutte le terre conquistate. Questo
primo censimento fu fatto, ricorda l’evangelista, quando era
governatore della Siria Quirinio. Per
registrarsi bisognava recarsi nella propria città d’origine. Giuseppe
e sua moglie Maria dovettero intraprendere un viaggio da Nazareth a
Betlemme perché proprio Betlemme era la città da cui la loro stirpe,
quella di Davide, proveniva. Ora,
mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del
parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e
lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro
nell’albergo. Raccontato
in questo modo, e letto superficialmente, questo passo del Vangelo di
Luca non sembrerebbe dirci molto di più dei puri fatti descritti: il
censimento che costringe anche Giuseppe e Maria a compiere un viaggio,
Maria che si ritrova, suo malgrado, in procinto di partorire e poi la
nascita del suo figlio, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia perché
non c’era posto per loro nell’albergo. Sappiamo
che Giuseppe e Maria non erano ricchi, lui era un fabbro, un umile
falegname, quindi riusciva a malapena a sostenere le spese della sua
famiglia. Un viaggio, oggi come allora, è sempre un peso economico. Tra
l'altro non avrebbero potuto sottrarsi a quell’obbligo perché
l’Impero Romano dettava legge; Giuseppe si dovette preoccupare di
trovare un mezzo di locomozione per giungere a Betlemme, distante più
di cento chilometri dalla loro Nazareth. Almeno per Maria che era
nell’attesa di un bimbo, perché lui sarebbe potuto andare a piedi.
Poi bisognava pensare al vitto ed all’alloggio. Erano altri soldi,
altre preoccupazioni, altri sacrifici. Luca non ci fornisce particolari
riguardo all’alloggio, a parte per quanto riguarda l’arrivo a
Betlemme. Probabilmente Maria e Giuseppe riuscirono, lungo il loro
percorso, a sistemarsi in qualche modo ma in ogni caso si trattava di
trovare, di volta in volta, un luogo idoneo e del cibo. Non
è difficile immaginarsi Maria che in silenzio procede accanto a
Giuseppe anch’egli in silenzio. Due persone in una moltitudine
d’altre persone ognuna con una destinazione diversa, ognuna con una
finalità diversa. Le strade erano affollate di viandanti perché il
decreto di Cesare Augusto riguardava tutti, e per tutti era nata
l’esigenza improvvisa di spostarsi dalla propria casa per raggiungere
il luogo dove farsi registrare. Una
moltitudine di genti e di colori, di uomini vocianti, allegri, tristi,
seri; di uomini e donne che formavano un lungo serpente umano diretto in
tutte le direzioni. Giuseppe, che era uomo e capiva la situazione,
conosceva anche il pericolo di tale viaggio con una donna in quelle
condizioni. In mezzo a tante persone, anche tanti briganti, dediti a
raggirare i viandanti. Così,
in questa marea di volti, passavano nel loro silenzio gravido di attese
maria e Giuseppe. Tutti avevano qualcosa da dire tranne loro. I loro
discorsi avvenivano su un altro piano che non era il solito, essi
dialogavano con gli sguardi, con gli accenni, con la preghiera. Maria
sembrava assorta dai suoi pensieri, ma in realtà era ben vigile, perché
anche lei si rendeva conto che la situazione richiedeva un’attenta
vigilanza. Maria pregava. Pregava con il suo bimbo che le stava già
insegnando ad essere Mamma, pregava con il Signore che le stava
insegnando ad essere umile e pregava con Giuseppe che le stava
insegnando il senso del sacrificio. Contemporaneamente Maria stava
insegnando al mondo, a tutti noi, ad essere più attenti alle persone
che ci passano accanto per strada, quasi invisibili, e che portano nel
cuore le più belle preghiere per Dio. Il
viaggio di Maria si concluse, finalmente, nella città di Betlemme. Qui
si rivolgono all’unico albergo che ci fosse ma per loro non c’era
posto. Erano troppo poveri per permettersi di impietosire
l’albergatore. Cosa accadde quella sera? Un uomo, stanco, bussa alla
porta di un albergo, uno di quegli edifici adibiti sia a trattoria sia a
pensione. Arriva qualcuno che lo guarda, lo scruta, poi si sofferma a
squadrare quella ragazzina con il pancione accanto a lui e riguarda
l’uomo. Si rende subito conto che essi sono due poveri disgraziati, se
ne rende conto da tante cose: da come vestono, da come parlano, dal loro
dialetto che fa capire il luogo dal quale provengono ma soprattutto
dalla loro stanchezza. E immediatamente pensò: ” Le persone stanche
sono sempre persone povere…!Se non fosse così avrebbero avuto
possibilità di viaggiare comodamente, e le persone povere non mi fanno
fare affari!”. Dopo aver pensato questo scrutò nuovamente con aria
indagatore Maria ed il suo pancione. Per un instante ebbe quasi un moto
di compassione ma poi quella luce di pietà che gli attraversò lo
sguardo si nascose, per ridare nuovamente il sopravvento alla sete di
guadagno. In fondo un’occasione come quella del censimento non sarebbe
capitata più per chissà quanto tempo, in fondo quegli sporchi invasori
romani che non poteva sopportare gli avevano fatto, con quella trovata,
un bel regalo. Tutte le camere erano piene e lui avrebbe trascorso la
serata a contare i soldi che aveva onestamente guadagnato. Se quei due
che erano lì di fronte a lui avessero potuto permetterselo, avrebbe
anche fatto uscire qualcun altro, con una scusa o con un calcio ben
assestato, pur di guadagnare il doppio su una camera. Ma sfortunatamente
quei due morti di fame non potevano fare al caso suo. Poi pensò anche
che se li avesse fatti entrare quella ragazzina avrebbe magari sfornato
il suo marmocchi proprio quella notte…e addio riposo. Poi magari,
dulcis in fondo, avrebbe potuto avere anche da ridire, con qualche
avventore, sul prezzo della camera per via del pianto notturno del
bambino. Sospirò deluso e richiuse l’uscio in modo sgarbato per
fargli intendere bene a Giuseppe di non provare neanche ad impietosirlo
per via della donna. Giuseppe
guardò negli occhi Maria, e Maria abbassò lo sguardo. Povero Giuseppe.
Un’altra umiliazione, una delle tante. Non poteva neanche permettersi
un alloggio per lui e per sua moglie. Il sole era ormai calato ed
iniziava a salire l’umidità della notte, Maria ebbe un leggero
brivido lungo la schiena e si rese conto che il bambino sarebbe nato a
momenti. Forse qualcuno, ascoltando la loro richiesta, gli indicò un
luogo lì vicino dove avrebbero potuto trovare rifugio per la notte; o
forse loro stessi, continuando a cercare, si accorsero di quella povera
stalla appoggiata ad una grotta…ed entrarono. Quella
notte, nel luogo più povero della terra, nacque il Re dei Re. In quella
stanza sporca di sterco, polverosa, fredda ed umida nacque Gesù.Maria
tolse dalla sua bisaccia alcuni panni che previdentemente aveva portato
con sé e vi avvolse il Figlio. Giuseppe, con le lacrime agli occhi,
pregava. Sarebbe
potuto nascere nella culla più preziosa della terra, nel regno più
ricco e nella famiglia più nobile…invece niente di tutto questo. Il
Re dei Re scelse una stalla, la più povera ed umile delle stalle e per
genitori scelse una donna, la più povera ed umile delle donne ed un
uomo, il più mite e buono degli uomini. Questo scelse. E li scelse in
una notte fredda ed umida mentre poco lontano la gente bevevo e si
divertiva nell’albergo dove per lui non c’era posto. Gesù
è nato in questo modo per insegnarci ad amare la povertà, ad amare
l’umiltà e la mitezza. Gesù è venuto sulla terra per indicarci la
via santissima della perfezione che parte proprio da quella povera
stalla di Betlemme. Maria
si beava della visione di Gesù. Lo guardava mentre sonnecchiava in
quella mangiatoia che si era trasformata d’incanto nella più preziosa
delle culle. E fuori le stelle ridevano. Gesù
scelse di venire alla luce senza riflettori puntati su di lui perché
egli era la Luce: una Luce che avrebbe illuminato il mondo intero. Tutti
i grandi uomini, prima e dopo di Lui, per essere ricordati dall’umanità
dovettero compiere qualcosa di concreto e reale. “Socrate insegnò per
40 anni, Platone per 50, Aristotele per 40 e Gesù soltanto per tre
anni; tuttavia l’influenza del ministero di Cristo trascende di gran
lunga l’impatto lasciato dai 130 anni d0insegnamento messi insieme di
questi uomini che furono fra i più grandi filosofi di tutta
l’antichità. Gesù non ha dipinto quadri; tuttavia, alcuni dei
dipinti più belli di Raffaello, Michelangelo e Leonardo da Vinci hanno
ricevuto la loro ispirazione da Lui. Gesù non ha mai scritto una
poesia; ma Dante, Milton e centinaia dei maggiori poeti sono stati
ispirati da Lui. Gesù non ha composto musica; però Haydn, Handel,
Beethoven, Bach e Mendelsohn raggiunsero la loro massima perfezione
melodica negli inni, nelle sinfonie e nelle oratorie che hanno composto
in Sua lode. Ogni sfera della grandezza umana è stata arricchita da
quest’umile falegname di Nazareth” (1) Infatti,
Gesù non lasciò neanche un rigo di scritto, eppure modificò il mondo
mutandolo profondamente. Gesù, per raggiungere quest’obiettivo, si è
fatto piccolo per innalzarsi sui grandi, si è reso debole ed indifeso
per fare Giustizia sui forti e sui prepotenti, si è abbassato a
divenire un niente per ergersi sull’umanità. Il
“Sì” di Maria è il veicolo, la “spinta inerziale” che ha
consentito a Gesù di assumere la misera condizione umana e permettere a
Dio di scendere sulla terra nel Mistero dell’Incarnazione. Maria è
così resa partecipe di questo meraviglioso evento; in quest’umile
ragazza di Nazareth si vive, nel suo seno, l’Incarnazione così come
si vivrà trentatré anni dopo, nel suo Spirito, la Redenzione del
Figlio. L’Immenso Cuore di Maria esulta per quella creatura che, lì
in quella mangiatoia, la guarda con i suoi occhietti appena aperti al
mondo, e già la benedice. Ecco la creatura venuta sulla terra per i
peccati del mondo, giunta a noi dalle immensità dell’Amore di Dio per
rivelarci Dio stesso. Maria
contempla affascinata quel Bimbo indifeso che con i suoi primi vagiti
chiama la mamma, mentre Giuseppe al suo fianco s’interroga su quegli
avvenimenti straordinari. Egli si guarda intorno e si rende conto che
tutto avrebbe voluto, tranne che dare al Figlio di Dio una tale culla:
una stalla. Ma poi comprende che quella era la volontà del Signore e
quel Bimbo avrebbe dovuto compiere grandi gesta e dare grandi esempi al
mondo. Quei
vagiti erano i vagiti dell’Eterno che veniva al mondo, e quelle manine
aperte erano già lì ad abbracciare tutta l’umanità. Gesù apriva
gli occhi al mondo mentre il mondo, distante ed egoista, non gli aveva
concesso neanche una casa in cui nascere. Lentamente quella stalla da
fredda ed umida che era, cominciò a scaldarsi con l’Amore della
Misericordia divina; fuori il vento dell’indifferenza cavalcava la
notte buia dell’anima.
|