Riflettiamo sulla Sacra Famiglia

Io credo che molte persone, pensando alla Sacra Famiglia, vedano degli "eletti" i quali avevano dalla loro parte tutto il cielo con schiere di angeli pronti ad aiutarli e lo sguardo di Dio sempre chino su di loro. Certamente era così. Ma gli angeli potevano intervenire nella loro vita solo per informare (l'annunciazione, la fuga in Egitto,il ritorno in Israele...) e l'amorevole sguardo di Dio era pronto per accettare il sacrificio che si stava compiendo sulla terra per redimere il genere umano. Tutto il resto era fatica, paura, sudore ed angoscia sulla pelle di Giuseppe, Maria e Gesù.

Penso a Giuseppe. Un uomo semplice,buono,che accetta di sposare una giovane ragazza quando lo Spirito Santo aveva già compiuto il suo prodigio su di Lei nello spirito...e si accennava nel corpo. Penso ai dubbi ed alle sofferenze patite da Giuseppe in quel momento, quando rivede Maria che ritorna dal viaggio compiuto per fare visita alla cugina Elisabetta e si rende conto che qualcosa è cambiato in Lei. Giuseppe che decide ugualmente di sposarla per evitare che venisse svergognata di fronte all'intero popolo, e che solo dopo il sogno dell'angelo,il quale gli racconta che cosa è accaduto, trova una spiegazione a quei fatti. Penso a Giuseppe che, da un momento all'altro, deve fuggire e recarsi con la sua famiglia in un paese straniero per salvare la vita del Figlio. Penso a quei provvidenziali regali dei Re Magi che gli permisero,almeno nei primi tempi,di sopravvivere. Penso a Giuseppe che tenta di guadagnare qualcosa facendo il falegname, penso a tutte le umiliazioni,le sofferenze,le fatiche di quest'uomo che la sera torna a casa stanco morto ma tenta di non far capire niente alla moglie perché la cosa più importante in quel momento è Gesù. Penso a Lui come padre. Penso alle tante case e grotte che hanno ospitato i suoi pensieri e le sue preghiere. Penso alle tante strade polverose che hanno percorso, penso ai deserti, alla sete ed alla fame che hanno patito; penso a quei piedi che non si fermavano mai ed a quelle mani,mani sante,sempre pronte ad offrirsi. Alla fine non posso non pensare a Giuseppe che muore, una volta tornati in Israele, quando Gesù è già un giovanotto ma non ancora il Gesù che abbiamo conosciuto noi...e che neanche Giuseppe ha conosciuto. Muore prima ancora che suo Figlio inizi la sua vita pubblica con tutte le sue conseguenze. Forse Dio non ha voluto che assistesse a quella fine orrenda, gli ha risparmiato questa ulteriore sofferenza. Povero Giuseppe: lui è stato la Fede in persona per tutta la vita. Ha creduto sempre a tutto, in silenzio e senza neanche vedere la potenza di questo suo Figlio putativo che ha difeso a costo di tutta una vita di sacrifici. Giuseppe ci insegna che cosa significa essere un padre di famiglia. Ci insegna che cosa significa sacrificarsi per essa, sacrificarsi per amore.

Penso a Maria. Una umile ragazza del Tempio promessa sposa a Giuseppe. Penso a come Lei abbia trovato la forza di affrontare tutto il suo cammino. Dalla decisione di dire "sì" all'angelo annunciatore a quando ai piedi della croce vedeva morire suo Figlio tra tormenti indicibili. Penso ai suoi piedi che,infilati in semplici sandali,hanno percorso migliaia di chilometri tenendo Gesù fra le braccia. Penso ai suoi pensieri in quegli anni, alle sue domande ed ai suoi dubbi sul futuro. Penso a quando allattava Gesù, lo cambiava e lo educava. Penso a Lei come mamma. A Lei che cantava,nelle sere piene di luna in una terra straniera,qualche ninna nanna del suo paese; a Gesù che piano piano si addormentava tra le sue braccia ed a Giuseppe che li guardava in silenzio e lo sguardo si perdeva verso il deserto ed oltre...fino alla loro casa dove un Re voleva uccidere a tutti i costi quel Bambino e che aveva già fatto massacrare centinaia di infanti a Betlemme. Maria ci insegna cosa sia il silenzio, cosa sia la preghiera ed il sacrificio umile ma dignitoso dei poveri e dei semplici.

Penso a Gesù. Piccolo Bambino sulle cui spalle pesano tutti i peccati del mondo. Penso ai suoi pianti per la fame e per la sete. Penso a tutta la polvere mangiata ed alla sabbia che gli si infilava dappertutto durante i lunghi cammini nel deserto. Penso al caldo del giorno che rischiava di ucciderlo per disidratazione ad ogni momento ed al freddo che lo attanagliava nelle notti. Penso ai suoi primi pensieri nei primi anni. Ai suoi giochi ed ai suoi occhietti vispi che si soffermavano su ogni cosa. Penso a Lui come bimbo. Come qualsiasi bimbo che cerca la mamma ed il papà e li vede lì, attorno a Lui che lo guardano senza sapere niente di quello che pensano. Penso alle sue manine che si attaccano alla veste della mamma nelle lunghe giornate torride mentre Maria è affaccendata a sistemare le poche ed umili cose che si portano dietro. Penso a quel Bambino che vede i genitori mettersi a pregare e che da loro ha imparato tutte le cose di cui aveva bisogno per crescere e diventare un uomo adulto. Gesù ci insegna che anche Lui, il Figlio di Dio, è stato piccolo, indifeso e debole. Ci insegna che la sua grandezza è stato venire alla luce in una stalla maleodorante, viaggiare dopo pochi giorni dalla nascita per deserti e montagne e vivere dell'amore della mamma e del padre.

Penso a tutti e tre insieme e credo che dovremmo trascorrere qualche istante delle nostre giornate a pensare a loro, ogni giorno. Loro che hanno trascorso tutta la vita terrena a pensare a noi.

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