Crisi
di identità.
L'universitario
Bartolo Longo, proveniente da Latiano (Br), dove era nato nel 1841, si
trovava a Napoli per riprendere gli studi di giurisprudenza interrotti a
Lecce a causa del nuovo clima politico creatosi dopo la raggiunta unità
d'Italia. L'Università di Napoli fu per il giovane Bartolo Longo un
banco di prova, non per gli studi, nei quali sempre primeggiò fino ad
una brillante laurea e ai successi del foro, ma per la sua fede e la
pratica della vita cristiana. Il contatto con Professori assai rinomati, anche perché patrioti finalmente liberi da persecuzioni politiche ma avversi ad ogni idea di cristianesimo, gli fu fatale. La goliardia fu anche sinonimo di scristianizzazione. Non che abbandonasse completamente la preghiera e un sia pure esile respiro di fede, ma il Bartolino degli anni di prima giovinezza era irriconoscibile. In questa crisi, ciò che maggiormente lo disorientò fu la lettura di un libro: la vita di Cristo di Rénan, razionalista e perciò in aperta opposizione a tutto ciò che sapesse di soprannaturale. Nel dubbio sulla divinità di Gesù Cristo, un altro abisso si aprì davanti ai suoi passi: un amico lo avvio alla pratica dello spiritismo. Qui egli pensò di trovare le risposte ai suoi dubbi, e vi si tuffò con tanto fascino da diventare sacerdote dello spiritismo. Ma gli costò caro: non solo si annebbiò la mentalità cristiana, ma anche la salute restò danneggiata, in quanto i prolungati digiuni cui veniva assoggettato per acquistare sempre nuova sensibilità nelle oscure trame dello spiritismo, gli fiaccarono irrimediabilmente l'apparato digerente, in particolare l'intestino. VIE
UMANE TRACCIATE DA DIO Vegliava
però la Provvidenza Divina su di lui, e, come fu un amico ad aprirgli
la strada dello spiritismo, così un amico, il suo conterraneo Prof.
Vincenzo Pepe, uomo di santa vita, con la preghiera sua e di altre sante
persone, lo trasse dall'errore. Il 29 maggio 1865, nella chiesa di S.
Domenico Maggiore in Napoli, Bartolo Longo gettava ai piedi del
confessore, il P. Alberto Radente domenicano, il carico delle sue colpe.
E, dopo un mese di colloqui giornalieri, - narra egli stesso - rifece la
sua Prima Comunione. Era il 23 giugno 1865. La forza del mistero
pasquale appare immediatamente nell'esperienza di questo giovane che
torna alla vita cristiana come un naufrago alla riva. Tutto è nuovo per
lui e tutto deve essere rinnovato intorno a lui. Gli stessi ambienti che
lo hanno visto ribelle egli intende evangelizzare radicalmente. E
piovono i frizzi degli ex amici su questo "sprovveduto e
improvvisato profeta.. .". Egli accetta con umiltà e con spirito
penitenziale: deve riparare. La conoscenza di persone eminenti
nell'impegno cristiano, tra cui la Ven. Caterina Volpicelli, apostola
del S. Cuore, lo collocò in un ambiente di intenso fervore. Qui conobbe
la Contessa Marianna Farnararo, pugliese anche lei, vedova del Conte
Albenzio De Fusco, proprietaria di terreni in Valle di Pompei. La
distanza dei suoi fondi, l'inesperienza in materia di affari e il numero
notevole dei figli, impedivano alla signora di amministrare oculatamente
e con profitto i suoi beni. L'Avvocato si offre gratuitamente a fare da
amministratore. Questa circostanza lo conduce a Valle di Pompei ai
principi di ottobre 1872. A
VALLE DI POMPEI Valle di Pompei, meno che un villaggio, si estendeva nella plaga vesuviana, a pochi passi dall'antica città romana, divisa in vari comuni e con una piccola chiesa che faceva da parrocchia: stinta, con ragnatele e un altare di legno dissestato. Non un vigile urbano, non una scuola: nulla che potesse indicare presenza dell'autorità civile. Di fronte alla parrocchia sita al lato Nord della strada nazionale delle Calabrie, esisteva una taverna che, divenuta proprietà del Conte De Fusco, era stata ampliata e resa abitabile. Qui dimorava nelle sue visite a Pompei, l'Avv. Bartolo Longo. Da pochi giorni egli è a Valle, quando una tempesta gli scoppia nell'animo: il ricordo del tempo passato nella colpa e l'incertezza del perdono del Signore. Egli stesso narra che, in preda alla disperazione, si pose in cammino per una strada polverosa in un giorno quanto mai grigio. Camminava frettolosamente senza sapere dove andasse, fin quando, entrato in un vicoletto chiamato Arpaia, udì una voce, che nell'animo gli sussurrava: "Se vuoi la salvezza, propaga il Rosario. E' promessa di Maria: chi propaga il Rosario si salva". Sorpreso,
si sente rianimato, e, nella solitudine e nel silenzio della campagna,
grida: "Se è vero che tu hai promesso a S. Domenico che chi
propaga il Rosario si salva, io mi salverò, perché non uscirò da
questa terra di Pompei senza aver propagato il tuo Rosario". L'eco
lontana di una campana che suonava l'Angelus di mezzogiorno lo piegò in
ginocchio sulla nuda terra a pregare. Alzatosi, si accorse che una
lacrima gli grondava dagli occhi, ma soprattutto provava una insolita,
mai gustata pace. Egli stesso ritenne che gli assalti del male contro di
lui erano vinti definitivamente. Bisognava darsi all'opera; ed eccolo
catechista, collaboratore parrocchiale, animatore di un popolo,
organizzatore di feste popolari a sfondo religioso. Una fiamma gli
brucia nell'animo. Un'idea geniale è l'organizzazione di una Missione
Popolare affidata a tre Sacerdoti secolari della Diocesi di
Castellammare di Stabia, nella prima metà del novembre 1875. Egli narra: "... Udivi la sera, dopo la predica, per queste campagne, innanzi mute e solitarie, risuonare il dolce saluto a Maria, mentre che gli abitatori, tornandosi a casa in vari capannelli, cantando il Rosario, si disperdevano per le vicine terre...". Questo fervore sembrò il clima adatto per lanciare finalmente la campagna del Rosario quale impegno personale e comunitario dei Valpompeiani. LA LOGORA TELA Occorreva
un'immagine della Madonna del Rosario. Non la si poteva trovare che a
Napoli; e qui si reca il 13 novembre 1875 pensando di acquistare un
quadro già visto altre volte in un negozio di Via Toledo (ora Via
Roma). Un incontro provvidenziale col suo confessore, Alberto Radente,
gli evita inutili patteggiamenti di prezzo. Il P. Radente aveva
acquistato, molti anni prima un quadro della Madonna del Rosario da un
rigattiere per sole L. 3,40, allo scopo di sottrarlo a quella
profanazione fra tanto ciarpame. Dopo averlo tenuto per alcuni anni
nella sua cella, aveva dovuto liberarsene perché scacciato dal Convento
a seguito delle leggi eversive che incameravano i beni della Chiesa in
Italia dopo la raggiunta unità. Aveva prudentemente consegnato il
quadro ad una Suora del Rosariello di Porta Medina, Sr. M. Concetta De
Litala, che, nella sua pietà delicata, lo custodiva gelosamente. Il P.
Radente propone a B. Longo di accettare quel quadro: pur non presentando
alcun valore, poteva servire per una chiesa di campagna. La Suora poi
l'avrebbe ceduto volentieri. L'impressione di Bartolo Longo di fronte a
quel quadro è tutt'altro che favorevole: "...Provai una stretta al
cuore al primo vederlo... Chi mai dipinse questo quadro?
Misericordia!... Deformità e spiacevolezza del viso... manto screpolato
e roso dal tempo e bucherellato dalla tignola... screpolature...
distaccati e caduti qua e là brani di colore... bruttezza degli altri
personaggi: S. Domenico e S. Rosa... una S. Rosa con una faccia grossa,
ruvida e volgare...". Ma non c'era da discutere: o prendere o
lasciare. La suora lo incoraggiò con parole assai suadenti . C'era poi
una difficoltà: il quadro doveva essere a Pompei la sera di quel sabato
13 novembre, e l'Avvocato, date le dimensioni piuttosto notevoli, non si
sentiva di portarlo con sé in ferrovia viaggiando in quarta classe. Gli
balena nella mente un'idea: è a Napoli Angelo Tortora, un contadino di
Valle di Pompei che fa trasporti di materiali vari. Non c'è che da
chiamarlo, perché non si rifiuterà. E infatti non si rifiutò: accolse
il quadro avvolto in un lenzuolo e, assicurando che in serata sarebbe
stato a Pompei, si accomiatò. Il brav'uomo aveva caricato il suo
carretto del letame delle stalle dei signori di Napoli da distribuire ai
contadini di Valle per la concimazione dei campi. Su quel carico adagiò,
con molta semplicità, il quadro della Madonna, che arrivò così a
Valle di Pompei sull'imbrunire del 13 novembre 1875, trasportato da un
carro di letame. Pare di trovarci di fronte ad una favola. No, è storia
vera, che, per di più, in un certo senso, richiama la nascita del
Redentore nella stalla di Betlemme. Non fu possibile esporre quel
quadro; lo si dovette ritoccare. Vi pose mano un pittore, Guglielmo
Galella, che era solito riprodurre le immagini dipinte negli Scavi
dell'antica Pompei. Intanto è a Pompei il Vescovo di Nola (Valle di
Pompei faceva parte di quella Diocesi). Egli non può non rallegrarsi
del nuovo fermento di fede e dell'opera di quell'avvocato. Ma, da saggio
pastore, guardando lontano, invita alla costruzione di una chiesa nuova;
e indica quale dev'essere il terreno da acquistare, aggiungendo, per
prevenire ogni possibile illusione: "... Ma siete disposti ad
essere chiamati ladri, briganti e trascinati per le vie di Napoli quasi
facinorosi e malfattori? Se siete a ciò disposti, voi compirete l'opera
di Dio, ...altrimenti non concluderete nulla". IRROMPE
IL SOPRANNATURALE Cominciano
così le peregrinazioni di questo sant'uomo per i casolari di Valle e
dovunque potesse sperare di trovare offerenti per un soldo al mese.
Anche la Contessa De Fusco, sulle prime restia a stendere la mano, si
incoraggiò a chiedere. E a lei toccò essere testimone del primo
prodigio operato dalla Madonna sotto il titolo del Rosario di Pompei. Il
3 febbraio 1876 lei, recatasi in casa Lucarelli a Via Tribunali n. 62
(Napoli), chiedeva la sottoscrizione di un soldo al mese per la
costruzione di una chiesa a favore dei poveri contadini di Valle. La
signorina Anna, sensibilissima alla carità, fu pronta a dare il suo
contributo, non certo limitato a un soldo, ma parlò alla Contessa De
Fusco di una sua nipotina dodicenne, Clorinda, affetta da epilessia
assai grave con crisi più che giornaliere, giudicata inguaribile dal
celebre Prof. Cardarelli. Il 13 febbraio, giorno in cui l'immagine della
Madonna, restaurata alla meglio, veniva esposta in Pompei alla pubblica
venerazione e il popolo si impegnava nella recita del Rosario, Clorinda
guariva perfettamente: non più neanche un accenno ad una benché minima
convulsione. Era il primo di una lunga serie di miracoli, che
costelleranno la storia del Santuario di Pompei. Il fervore derivante
dall'incalzare dei prodigi spinge il Vescovo a porre immediatamente la
Prima Pietra del futuro tempio nel terreno da lui indicato, e, per la
verità storica, comprato a caro prezzo. La data che Bartolo Longo
propone è l'8 maggio, festa, allora, di S. Michele Arcangelo, venerato
al Monte Gargano. Egli voleva, per profonda devozione verso l'Arcangelo,
porre la nuova chiesa sotto la sua protezione particolarissima. I
sistemi piuttosto semplicistici nel progettare la nuova chiesa senza
ricorrere ad architetti per timore di spendere troppo, ritardarono i
ritmi di costruzione, ma la Provvidenza Divina apriva ben presto una
strada: l'Architetto Antonio Cua, uomo di santa vita, si offriva a
rifare di sana pianta il progetto e dirigere gratuitamente i lavori. IL
RESTAURO DEL QUADRO La
tela della Madonna, restaurata dal pittore Galella, appariva ancora
assai dozzinale. Occorreva una mano di vero artista. E venne l'artista,
offertosi anch'egli gratuitamente: il Prof. Federico Maldarelli
dell'Accademia di Napoli. Con l'aiuto del Signor Francesco Chiariello,
che mise in atto la sua vasta esperienza in materia di restauro, egli
rese alla tela un aspetto tutto nuovo; per di più l'immagine di S. Rosa
fu mutata, per volere di Bartolo Longo, in quella di S. Caterina da
Siena, che egli era solito chiamare sua sorella e figlia primogenita di
S. Domenico. Ma, nonostante la perfezione artistica, il volto della
Madonna mancava di qualcosa. Narra Bartolo Longo che il giorno 8
dicembre 1881, quando il Quadro "venne tolto dalla vecchia e
crollante parrocchia del SS. Salvatore e fu posto in una cappella
nuova... da quel giorno cominciò nella fisionomia della celeste Regina
a ravvisarsi una bellezza, una maestà ed una confidenziale dolcezza,
che non vi si ravvisavano innanzi... E' raggio di bellezza, di dolcezza
e di maestà insieme che piove da quel ciglio e che fa piegare il
ginocchio e battere il cuore a quanti con fede si accostano in questo
Santuario a quella vecchia tela. Io sono convinto che con un visibile
portento la Vergine abbia abbellito la sua figura...". IL
TEMPIO E LE OPERE SOCIALI Una
tappa importante è segnata all'8 maggio 1887. E' consacrato il nuovo
altare ed è inaugurato il trono della Madonna. In quel giorno nasce
anche la prima Opera sociale di Pompei, l'Orfanotrofio Femminile ad
esclusivo carico del Fondatore unitamente alla Contessa Marianna De
Fusco, divenuta, dal 1 aprile 1885, sua consorte. La prima bambina,
orfana di ambo i genitori, è di Venezia e si chiama Maria. Ben presto
saranno cinque, poi quindici, poi cominciano a non contarsi più. 1891,
6 maggio: Consacrazione della nuova chiesa. 1891, 24 maggio: Appello di
Bartolo Longo ai devoti della Madonna e agli uomini di buona volontà di
tutto il mondo per la fondazione di un'Opera per i Figli dei Carcerati.
Era un grido che il Fondatore aveva compresso nell'animo per molti anni,
mentre difficoltà su difficoltà e pareri contrastanti vi si
opponevano. La fiamma della carità prevalse su tutto; e nel 1892 veniva
accolto il primo figlio di carcerato, un calabrese, che poi fu
Sacerdote. Un'opera gloriosa, ma combattuta dalla cultura, dalla scienza
positivista del tempo, che non riconosceva la educabilità del figlio
del delinquente. Con i fatti e con gli scritti, egli dimostrò il
contrario, anzi, attraverso la carità offerta ai figli, riuscì a
riscattare i genitori colpevoli. IL
CALVARIO Ma
sul fulgido meriggio cala d'improvviso la notte: una penna assai forbita
ed astuta tesse ingiuriose calunnie sull'apostolo di Pompei e, abilmente
rivestite di verosimiglianza, riesce a farle giungere sul tavolo del
Papa Pio X. Sono anni di buio dolorosissimo che però provvidenzialmente
servono a consolidare l'Opera di Pompei. Infatti, Bartolo Longo e la
Contessa De Fusco, attuando un saggio consiglio del sempre rimpianto P.
Ludovico da Casoria, con atto notarile del 12 settembre 1906, donano
tutto al Papa. Da quel giorno l'Opera di Pompei, divenuta Pontificia,
acquista ufficialmente il carisma dell'universalità. La strategia
divina non si smentiva. Già il Papa Leone XIII aveva chiamato il
Santuario di Pompei "parrocchia del mondo" e vi aveva avviato
personalmente i pellegrini venuti a Roma. Il Papa Pio X, venuto
finalmente a conoscenza della verità, mostrò grande stima per il
Fondatore della nuova Pompei. In una delle udienze concessegli, alla
domanda di Bartolo Longo "Santo Padre, ora posso morire in
pace?", il Papa rispose: "No, voi non dovete morire, dovete
lavorare, Bartolo nostro!". Tra l'altre approvò la Pia Unione
Universale per la recita del Rosario in comune e nelle famiglie,
proposta da Bartolo Longo; anzi, volle essere il primo iscritto, e
spontaneamente offrì per l'iscrizione la somma di L. 500. BILANCIO
DI UNA VITA Bartolo
Longo, all'età di 80 anni, nel 1921, riuscì a completare la sua opera
di redenzione, aprendo l'Istituto per le Figlie dei Carcerati . Era
"l'ultimo voto del cuore". Ma di voti ne aveva formulati e
realizzati non pochi. Vogliamo elencarne qualcuno: Il Santuario iniziato
con la raccolta di un soldo al mese, diventato Basilica Pontificia di
fama mondiale. Il culto del Rosario diffuso nel mondo. La preghiera
universale simultanea: la Supplica alla B.V. del Rosario l'8 Maggio e la
Prima Domenica di Ottobre. La promozione del Movimento Assunzionista per
ottenere la definizione del dogma dell'Assunzione di Maria. Furono
raccolte milioni di firme. Tre Opere sociali: l'Orfanotrofio Femminile,
l'Istituto per i Figli dei Carcerati, l'Istituto per le Figlie dei
Carcerati. Una Congregazione femminile: le Suore Domenicane Figlie del
S. Rosario di Pompei, con lo scopo primario di assistenza e di
educazione dei bambini e delle ragazze delle Opere. Il monumento alla
Pace Universale, costituito dalla facciata del Santuario, frutto di un
plebiscito mondiale. Doveva essere la consegna del secolo che
tramontava, il 1800, al secolo che nasceva, il 1900. E' datata infatti
1901. Nella sua grandiosa linea architettonica reca una folla acclamante
alla pace. La previsione si avverò il 21 ottobre 1979 con la venuta di
Giovanni Paolo II. Le
Case Operaie per i dipendenti. Una tipografia con annessa legatoria
anche artistica. Officine varie. Scuola di arti e mestieri. Oggi queste
attività sono cessate, per dare spazio alle scuole: Elementare, divisa
in 3 grandi plessi; Media (n. 2 Scuole); Magistrale (femminile);
Professionale (maschile). Funziona anche una banda musicale formata da
ragazzi e giovani. Bartolo Longo fu anche ottimo scrittore. Facciamo
solo un cenno alla sua produzione letteraria: Il bollettino "Il
Rosario e la Nuova Pompei" fondato nel 1884. Il volume "I
Quindici Sabati". Vite di santi. La storia del Santuario. Vie
meravigliose della Provvidenza (le origini intime dell'Opera dei figli
dei carcerati). San Domenico e l'Inquisizione. Come si deve pregare.
"Piccole letture" in numero di 72. Altri numerosi testi ed
opuscoli, tra cui la Novena di impetrazione e quella di ringraziamento. IL
SEGRETO DEL SUCCESSO Bartolo
Longo tutto realizzò con la fede e la preghiera. La carità gli fiorì
nelle mani mediante i miracoli della Madonna invocata sotto il titolo
del Rosario di Pompei. La sua vita fu una immolazione totale di sé
nelle mani della Divina Provvidenza. Le sue parole - testamento sono
queste: "... Per le mie mani sono passati fiumi di denaro... ma io
nulla più posseggo; sono povero. Mi restano solo le insegne
cavalleresche, a testimonianza di benevolenza dei Sommi Pontefici; e
queste pure voglio donare. .. Sulla lapide che coprirà la mia modesta
tomba, siano scritte queste parole: "Qui giace l'Avvocato Bartolo
Longo, Fondatore di questo Santuario. Implorate pace". Moriva il 5
ottobre 1926. Il 26 ottobre 1980, il Papa Giovanni Paolo II, già
pellegrino a Pompei, lo proclamava Beato. E' conclusa così l'avventura
di Pompei e del suo protagonista umano, Bartolo Longo? Nel 1939 il
Santuario fu ampliato di cinque volte, ma ora non riesce a contenere le
folle. E la carità ancor oggi - la sola carità - sostiene la vita di
queste grandi Istituzioni. E' il miracolo di ogni giorno. Giacciono
inerti le spoglie mortali del Fondatore nella cripta del Santuario,
all'altare appositamente preparato, ma il suo spirito, più che mai
libero, veglia solerte e ispiratore.
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