Apparizione di Picciano

in località Picciano di La Martella (MT)

poco prima dell'anno 1000

Santa Maria di Picciano

Santuario "Santa Maria di Picciano" in località "Picciano di La Martella", a Matera.

Introduzione

Poco prima dell'anno 1000 la Santa Vergine apparve sui rami di una quercia ad un pastore abruzzese, che cercando la sua mucca smarrita la trovò genuflessa ai piedi dell'albero. La chiesa edificata a ricordo dell'evento è del 1200, anche se vi sono tracce risalenti all'epoca longobarda.

Il Santuario di Santa Maria di Picciano

A 16 km dalla Città di Matera, in località "Picciano di La Martella", sorge il Santuario della "Madonna Annunziata". La sua origine è legata alle transumanze abruzzesi in Puglia e dintorni: la tradizione popolare narra, infatti, l’Apparizione della Vergine ai mandriani provenienti dal Gran Sasso d’Italia, accompagnata da intercessioni miracolose.

Il più antico Oratorio, sorto prima dell’Anno Mille, sarebbe stato voluto dagli stessi pastori e commissionato a maestranze locali: di tale edificio è rimasto il portale originario, finemente scolpito in pietra. Nel 1200 venne poi ampliato in Chiesa romanica, completata addirittura solo nel XVIIII secolo. I Monaci Benedettini Olivetani tornarono qui nel 1966, dopo sei secoli, a custodire ed officiare il Santuario, frequentato da pellegrinaggi soprattutto nelle domeniche del mese di Maggio.

Il santuario della Madonna di Picciano sorge su una delle numerose colline che fanno da passaggio tra l'ambiente semi-montuoso della Lucania nord-orientale e l'altopiano delle Murge. La contrada si trova in posizione privilegiata, per quanto riguarda la viabilità, attraversata da un importante tratturo preistorico, divenuto successivamente un prolungamento dell'asse viario che, lungo la valle del Bradano, collegava la costa ionica e le città dell'entroterra dell'area Appulo-Lucana. Le più antiche tracce di presenza umana sul posto sono state rinvenute ai piedi del colle, nelle grotte lungo la gravina, rifugio naturale e particolarmente adatto ad attività di scavo e di modellamento. I reperti archeologici - i più antichi risalenti al Paleolitico Medio-Inferiore (circa 300.000 anni fa) - attestano una immemorabile attività litica e, successivamente, pastorale.

STORIA

Gli antichi cronisti locali affermano che la chiesa e il primitivo insediamento monastico di Picciano era sito lungo la gravina, nel luogo di basso detto il "grottolino" e che, successivamente, si trasferì sul colle. In effetti, fin dall'Alto Medioevo, i "grottolini" di Picciano furono riutilizzati da qualche eremita o piccola comunità religiosa di tipo lauriotico, anche se difficilmente è ipotizzabile che si trattasse di una comunità benedettina. Segno superstite di questa antica presenza religiosa, alle falde del colle, è la cosiddetta "cappella dei Grottini", sulla sponda destra del torrente.
La notizia documentaria più antica sulla presenza di una comunità monastica a Picciano si trova in un documento del 1219 in cui, tra i sottoscrittori, figura un tale "Gulielmus Abbas Monasterii S.Mariae de Picciano, sex milliaribus ab eadem urbe dissiti". Altri documenti, anche se frammentari, mostrano la crescita e l'importanza del monastero: in una bolla di Gregorio IX, nel 1238, l'abate di Picciano è tra i visitatori designati dal papa per verificare la burrascosa situazione del monastero di Ognissanti di Cuti; nel 1252, papa Innocenzo IV incarica l'arcivescovo di Trani di verificare le modalità canoniche dell'elezione e l'idoneità della persona di fra Andrea, eletto abate del monastero di S. Maria di Picciano.
La metà del sec. XIII è un momento di floridezza economica del monastero, così come ci è attestato da una serie di donazioni, compravendite ed acquisizioni di diritti ed immunità. Nel 1273, il monaco Giovanni, già cellerario del monastero, viene eletto abate di Picciano e papa Gregorio X dà incarico ai vescovi di Conversano, Bitetto e Ruvo di verificare la canonicità dell'elezione ed eventualmente confermarla con il conferimento della benedizione abbaziale.
La presenza benedettina sul monte di Picciano segna l'inizio dell'importanza del luogo e dà l'avvio ufficiale alla devozione della Madonna, sotto il cui titolo era stato edificato il monastero. Furono i benedettini, probabilmente, ad avviare la costruzione di un dignitoso oratorio, con il bel portale d'ingresso, scolpito a motivi geometrici, treccia e reticolato, sormontato da un piccolo rosone. L'interno, a navata unica longitudinale, era in stile romanico, come si può ancor oggi vedere, con filari di tufo bicromo, giallo e bianco. Il fondale, rivolto ad oriente, terminava con un piccolo abside, di sobria ma graziosa bellezza.

L'arrivo dei cavalieri templari

Nel sec.XIV ai monaci successero i cavalieri. Ancora oggi non sono del tutto chiare le modalità del passaggio del luogo dalla comunità monastica all'ordine Templare prima e ai Cavalieri di Malta poi. Gli autori locali hanno formulato varie ipotesi, tutte però prive di un'attendibile documentazione storica. Di certo è che alla fine del '300 i Cavalieri di Malta possedevano il colle e un tal "frater Ludovicus" è detto "Praeceptor Picciani". Nei circa quattro secoli di esistenza, la Commenda di S.Maria di Picciano estese notevolmente i suoi beni in numerosi centri della Puglia e della Basilicata.

La presenza dei cavalieri determinò una profonda trasformazione del colle. La costituzione di un feudo comportò la presenza di ambienti adatti ad un tipo di economia curtense, con palazzo commendatale, magazzini per attrezzi agricoli, depositi per derrate, fosse frumentarie, stalle, officine etc.; inoltre, il colle venne fortificato con una cinta muraria ed una torre campanile con postazione di balestriere. Lavori di ampliamento e ristrutturazioni furono effettuati anche nell'oratorio, con la probabile modifica del soffitto e la realizzazione di un grande affresco absidale raffigurante la scena evangelica dell'Annunciazione. Verso la fine del sec. XVI, forse per il prevalere di esigenze pratiche su teorie simboliche, si invertì l'orientamento della chiesa, con lo sfondamento dell'abside e la collocazione del presbiterio a ridosso dell'antico portale d'ingresso. Dell'affresco absidale fu salvata, con una rudimentale tecnica di scucitura dei tufi, l'effigie della Vergine, la quale fu collocata in un altare laterale. La rischiosa operazione indusse il commendatore Giangirolamo Carafa, sotto il quale furono realizzati questi lavori, a far dipingere una copia del quadro che tenne poi per sè a Matera, a Barletta e infine a Malta.

Il completamento dei lavori, in modo più dignitoso, si deve al commendatore fra Silvio Zurla di Crema (1642-1685) che fece costruire sul nuovo altare maggiore un ancòna di pietra, intagliata con figure a rilievo, e vi fece trasportare la sacra immagine della Vergine, proteggendola con un gran cristallo fatto venire da Venezia. Inoltre, lo Zurla completò la navata laterale a sinistra dell'altare maggiore, con la costruzione di due altari devozionali, intonacò e imbiancò tutta la chiesa, aggiunse le vetrate alle finestre e rifece il pavimento in mattoni. La chiesa ebbe il suo aspetto definitivo nel 1794 allorché il commendatore fra Pierantonio Gaetani vi aggiunse una terza navata a destra di quella centrale. Nel territorio del feudo di Picciano, il commendatore godeva i diritti di esenzione e di giurisdizione civile e criminale, che amministrava specie nei giorni delle festività della Madonna, quando il colle veniva visitato da numerosi pellegrini. Inoltre, il commendatore nominava anche i cappellani, in numero di quattro, che godevano, a loro volta, di tutte quelle esenzioni e privilegi spettanti ai frati cappellani della religione del Sovrano Ordine; essi dipendevano dal commendatore come loro ordinario.
La Commenda di S.Maria di Picciano ebbe vita fino al 18 giugno 1807, data di abolizione di tutte le prelature, commende, legati, cappellanie e benefici ecclesiastici, e di incameramento dei loro beni da parte dello Stato. Un'appendice si ebbe allorché, con decreto regio n.331 del 16 aprile 1816, il re di Napoli restituì la Commenda di Picciano al balì Giuseppe Caracciolo di Santeramo in cambio di quella di Casal Trinità, che restò indemaniata.

L'ORATORIO

L'attuale oratorio-santuario si presenta esternamente come un edificio rettangolare, lungo circa mt. 30,80 e largo mt. 20,85, coperto da un tetto a spioventi. Detto in precedenza dell'inversione dell'orientamento della chiesa, a fine '500, va tenuto presente che l'antica copertura del sacello era a cupole, in numero di due o tre, sul tipo iconografico di altre chiese benedettine in terra di Bari. Crollate le cupole, a causa di terremoti, nel '600 si pensò bene di non ricostruirle preferendo la più semplice e sicura volta a botte, ampiamente diffusa sul territorio.

LA DEVOZIONE ALLA MADONNA DI PICCIANO

Una delle più antiche descrizioni delle manifestazioni devozionali alla Madonna sul colle di Picciano ci è fornita dal cronista materano Eustachio Verricelli. Nella sua cronaca del 1595 scrive che "il di" della Nonciata a 25 di marzo se fa la festività con molto concurso dei forastieri per Ili grandissimi miracoli che fa ...".
La data della festività, il 25 marzo, il gran concorso di fedeli e i moltissimi miracoli continui e noti trovano conferma nel Cabreo del 1596. Più tardi, il Cabreo del 1674 registra l'aumentata devozione e quantifica a dodicimila anime il numero dei pellegrini che salgono al santuario il giorno della festa. E specificato che i fedeli non sono solo materani, ma provengono da tutte le provincie circonvicine. In modo particolare grande è la devozione che spinge molti abruzzesi a recarsi al santuario per la festività dell'Annunziata continuando una plurisecolare tradizione, sedimentata nel tempo da generazioni di pastori in transumanza sul territorio materano. Furono proprio costoro i più fervidi promotori della devozione e gli organizzatori dei festeggiamenti.

A loro risale, tra il sec. XVII e il XVIII, la storia popolare, fissatasi nella cantilena, che narra del vaccaro abruzzese il quale, alla ricerca dei buoi smarriti, riceve l'apparizione della Vergine che gli confida di voler un tempio in suo onore sul colle. Impegnatosi alla ricerca di fondi e non riuscendo a concretizzare nulla presso i materani, a causa di una cattiva annata, il buon uomo si recò a questuare nelle contrade abruzzesi ove racimolò il necessario per la costruzione del santuario che sorse, come d'incanto, nel 1722.
Tralasciando quanto è frutto della fantasia popolare, alcuni elementi di questa canzoncina popolare meritano di essere presi in considerazione come l'accenno al solenne pellegrinaggio di popolo e di clero guidato dal vescovo di Matera per la consacrazione ufficiale del luogo di culto. L'evento sancisce il passaggio da ciò che è semplicemente devozione popolare a culto ufficiale della chiesa locale. Il Cabreo del 1699 ci informa che in occasione della festività i fedeli sono assistiti da dieci sacerdoti confessori e da altrettanti preti che cantano le litanie. Sempre il giorno della festività del 25 marzo, nel cortile di Picciano, esenti da tasse governative, mercanti ed altre persone vendono roba e danno luogo ad una piccola fiera.

Il tutto avviene sotto la giurisdizione del commendatore che riceve l'affitto dei luoghi utilizzati e controlla pesi e misure; in più, per comodità della gente che concorre alla festa, si fa preparare un'osteria nella quale si vende pane, vino ed altre robe commestibili. Nella sua cronaca del 1751, il Nelli ci informa di "un'infinità di popolo, non solo materano, ma forestieri anche da paesi lontani". Il loro numero raggiunge le quindicimila e più persone. Succede allora che "le gentaglie stanno dentro il bosco che vi è all'intorno di detto monte, ed altri che non possino avere stanze vanno ad alloggiare in qualche massaria ivi vicina".

L'afflusso dei pellegrini, oltre che per la solennità del 25 marzo, continua anche per tutto il mese di maggio e in altre feste mariane dell'anno. I fedeli che salgono al santuario lasciano offerte votive, donativi vari e denaro per messe e litanie, nonché per l'acquisto di cera, olio, vasi sacri etc... La devozione alla Madonna di Picciano non è viva solo nel cuore delle classi popolari, ma è sentita anche dai ceti più elevati, che concorrono con munifici donativi e opere varie. Si è già accennato alla devozione del commendatore Gian Girolamo Carafa che nel 1601 fece fare una riproduzione della sacra effigie a grandezza naturale e la tenne sempre con sé. Nel 1609 Angelo Peres, "seu Donato de' Peres", lasciò per legato testamentario alla cappella della Bruna duecento ducati per la realizzazione di una piastra d'argento con l'immagine della Madonna di Picciano. Di probabile origine ecclesiastica è la committenza dell'affresco che riproduce, in un periodo di tempo piuttosto tardivo, la Madonna di Picciano sulla parete sinistra della chiesa rupestre materana di S.Maria de Idris al Sasso Barisano. Sapore più popolare ha l'affresco che si ritrova nel Convicinio di S.Antonio Abate, al Sasso Caveoso, e che s'ispira alla tarda tradizione dell'apparizione della Madonna al vaccaro abruzzese. Come già accennato in precedenza, ad un periodo piuttosto tardivo, forse inizio del sec.XVIII, si deve la costruzione e l'uso della statua processionale della Madonna. Di essa non si ha menzione alcuna nelle fonti antiche ed è presumibile che sia stata introdotta da pastori abruzzesi, divenuti gestori ufficiali della festa, almeno fino alla fine del '700.
II Copeti, cronista materano, ci dà notizia di un dispaccio del 1785 che interdice agli abruzzesi la colletta per l'organizzazione della festa; l'incarico allora passò ai materani, anch'essi, per lo più gualani e pastori. A questa notizia si può collegare l'episodio che si racconta a Castel del Monte (prov. dell'Aquila, allorché, in conseguenza di un presunto torto subito, un signorotto del luogo indusse i pastori a prendersi la statua lignea della Madonna di Picciano, fatta costruire a loro spese, e a trasportarla a tappe nel loro paese, ove fu riposta nella chiesa di S.Caterina.

La grande devozione della gente del luogo portò anche alla costituzione, nel 1791, della Congregazione della SS.Annunziata detta di Picciano, con sede nella chiesa di S.Caterina di Castel del Monte. Un'altra Confraternita di S.Maria dell'Annunziata di Picciano si formò, ai primi dell'800, anche a Matera. Essa era costituita dai devoti dei paesi del circondario, in modo particolare Grassano e Montescaglioso. La Confraternita fu approvata con regio decreto il 3 maggio 1835 e, il 13 settembre 1836, ebbe l'autorizzazione del Balì fra Giuseppe Caracciolo di officiare nella chiesa materana Mater Domini appartenente ancora alla medesima Commenda. Dello svolgimento della festa e delle manifestazioni devozionali di questo periodo il conte Giuseppe Gattini ci offre una vivace descrizione. I pellegrini affluivano in gran numero il giorno della vigilia e accendevano falò attorno ai quali stazionavano con canti e gozzoviglie tutta la notte. "Ciò non impediva come tuttavia si facessero l'indomani le funzioni in chiesa ed una processione all'aperto con una lunga ed ordinata fila di uomini, donne e bambini. Talora per penitenza scalzi, con grossi ceri incartocciati in cima onde riparare la fiamma e serbarne gli sgoccioli, alternando il rosario e cantando le litanie, o più spesso una sconclusionata canzoncina mezza italiana e mezza vernacola e senza metro per sì accennare, tra l'altro, alla leggenda dei ritrovamento dell'antica immagine".

IL RITORNO DEI MONACI BENEDETTINI

La scomparsa della Commenda, e quindi della possibilità di assistenza continua del santuario, l'evolversi della situazione politica, l'accentuarsi della Questione Meridionale, il brigantaggio e tutta una serie di eventi aggravati dai conflitti bellici, furono la causa di un lento ma inesorabile abbandono del luogo e delle antiche tradizioni. Non che la vita religiosa sul colle e il flusso dei pellegrini fossero del tutto scomparsi, ma c'era stato un notevole diradamento. Inoltre, con le leggi eversive e la demanializzazione dei benefici ecclesiastici e delle commende il santuario, divenuto possedimento comunale, fu affidato ad un custode e la cura delle anime ad un cappellano di nomina regia.

Nella seconda metà del 1900 si pongono le premesse per la ripresa della vita del santuario. Nel 1954 il Comune di Matera fa atto di donazione di 6 ettari di terreno per opere sociali. La ripresa ha come programma di massima la sistemazione della viabilità, la costruzione di locali d'accoglienza e l'allestimento di servizi vitali quali l'acqua e la luce. Nel 1956 hanno inizio i lavori per la costruzione di un grande edificio destinato all'accoglienza dei pellegrini e che diverrà in seguito, non senza problemi logistici, la sede della nuova comunità monastica; lo stesso anno il Santuario ottiene il riconoscimento della personalità giuridica. Al 1960 datano le trattative tra l'allora Arcivescovo di Matera, mons.Palombella, e la Congregazione Benedettina di Monte Oliveto per l'insediamento sul colle di una comunità monastica al servizio del Santuario. L'11 febbraio 1962 viene firmata la convenzione tra l'Arcidiocesi di Matera e la Congregazione Olivetana che prevedeva la cessione, in forma canonica, del Santuario e degli annessi locali e l'accettazione, da parte dei monaci Olivetani, con l'impegno della costituzione di una comunità per l'assistenza al Santuario.

Il terreno per la comunità monastica fu preparato dal monaco-pioniere d.Casimiro M. Masetti il cui lavoro, durato cinque anni di dure fatiche, permise l'installazione del primo nucleo di monaci il 2 ottobre 1966. La domenica successiva, 9 ottobre, si svolse la solenne cerimonia dell'Incoronazione dell'icona della Madonna di Picciano con grande partecipazione di clero e di popolo. I monaci, nello spirito della loro tradizione caratterizzato dalla preghiera e dal lavoro, attuano una vera e propria ristrutturazione materiale del colle onde meglio svolgere una efficace attività spirituale. Viene finalmente sistemata la viabilità e ridata una certa configurazione al territorio, è completata la costruzione della "casa", si dà inizio a una serie di restauri, s'impianta un seminario monastico, s'incrementa la devozione mariana con missioni, pellegrinaggi e attività pastorale. Oggi il santuario è ridiventato meta di un flusso continuo non solo di pellegrini devoti della Madonna, ma anche di numerosi gruppi di cristiani alla ricerca di un'oasi di pace dove rifocillare lo spirito e trovare una rinnovata carica di spiritualità.

La presenza stabile di una comunità ha nuovamente favorito l'assistenza continua ai pellegrini e un servizio costante per l'amministrazione dei sacramenti, specie quello della riconciliazione. Le celebrazioni liturgiche, svolte in modo decoroso e con la possibilità di un'attiva partecipazione di tutti, mirano ad educare i fedeli ad una sincera pietà cristiana ed a una corretta visione della devozione mariana, finalizzata all'accrescimento della fede e dell'amore di Dio. Accanto alla comunità monastica maschile, da alcuni anni, vive ed opera anche una comunità di suore benedettine sotto il titolo dell'Annunziata. Approvata "ad experimentum" con decreto vescovile nel 1980 la piccola comunità svolge opera di servizio, accoglienza e animazione di preghiera. All'ombre delle due comunità religiose si è formato, come è tradizione dei monasteri, anche una scuola di spiritualità: gli Oblati Benedettini. Sono costoro dei laici che pur conducendo una normale vita nel mondo e nelle attività secolari, sì sforzano di vivere spiritualmente alla luce della Regola di S.Benedetto e, limitatamente alle loro possibilità, di coadiuvare il monastero nelle sue iniziative.

La comunità monastica promuove anche iniziative culturali con la pubblicazione di un periodico trimestrale e libri d'interesse locale nonché con l'organizzazione di incontri, convegni di studi e manifestazioni musicali.
Dopo i lavori di consolidamento e di restauro del santuario, effettuati dal Provveditorato alle Opere Pubbliche agli inizi degli anni '90, sono ora in corso i lavori per il Grande Giubileo del 2000, che tentano di dare un assetto più razionale e funzionale al monastero e alle strutture di accoglienza. La speranza è che si ottenga il fine desiderato e che la solerte opera iniziata un millennio addietro, dai primi nuclei monastici alle falde della collina prima e sul colle poi, possa trovare nei monaci benedettini di Monte Oliveto dei degni continuatori che rendano Picciano sempre più luogo di preghiera, di ascolto della Parola e di accoglienza dei fratelli.


Testo di DONATO GIORDANO O.S.B.
 tratto da  "BASILICATA REGIONE Notizie, 1999 con aggiunta di altre fonti

Il castello di Picciano

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