Apparizione di Tolentino (Macerata)

a San Nicola da Tolentino

- 1285 -

«Non amate il mondo né quelle cose che sono del mondo perché passa il mondo e passa la sua concupiscenza».
«Non amate il mondo né quelle cose che sono del mondo perché passa il mondo e passa la sua concupiscenza».

Questa affermazione sentita da ragazzo penetrò così a fondo nel suo cuore che lo guidò per tutta la vita.

Nel 1285 la Madonna apparve più volte a san Nicola da Tolentino. Quando l'eremita agostiniano fu colpito da una grave malattia, Maria, in una visione, gli consigliò di prendere solo pane ed acqua. Il Santo obbedì e fu risanato.

San Nicola da Tolentino (1245-1305)
"FACEVA PENITENZA E IRRADIAVA GIOIA"

10 settembre

Ha scritto una ragazza di Rimini, Carla Ronci, morta nel 1970 e dichiarata Venerabile da Giovanni Paolo II nel 1997: “Solo i santi lasciano tracce, gli altri fanno rumore”. La santità è prima di tutto dono dello Spirito che lavora in una persona per renderla conforme a Cristo, ma è anche compito e impegno quotidiano, come risposta della medesima, da realizzare con fede e con pazienza, con bontà e con amore. Virtù queste da vivere non solo un giorno o un mese (spesso già difficile di per sé) ma sempre, non solo nella “buona”, cioè quando si sta bene, ma anche nella “cattiva sorte” (nella malattia), non in un modo qualsiasi ma in grado eroico. E gli eroi, in tutti i campi, non possono passare inosservati. Nemmeno i santi, che sono dei veri ed autentici eroi di vita. Da ricordarli per imitarli, per quanto si può.

La sera dell’8 aprile 2005, dopo le solenni esequie del Papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, in un dibattito alla televisione uno degli intervistati, commentando il grido “Santo subito” che più volte si era levato dalla folla, disse: “Il popolo evidentemente ha percepito una traccia di santità che questo Papa ha lasciato”. Commento azzeccato che va bene non solo per Giovanni Paolo II, ma per tutti i santi e le sante dentro o fuori dal calendario liturgico.

Sono parole appropriate anche per San Nicola da Tolentino di cui ricorre il settimo centenario della morte avvenuta nel 1305. Già in vita ma specialmente dopo la morte, la “notizia” della sua santità varcò subito le mura di Tolentino, delle Marche e anche dell’Italia, continuando fino ad oggi. Infatti alcuni anni dopo quando venne iniziato il processo di canonizzazione, ben 371 testimoni vennero a parlare della sua santità: costellata questa da non pochi miracoli o fatti straordinari operati da Dio quando già era in vita per alleviare le umane miserie o anche post mortem per sua intercessione. Sarà dichiarato santo ufficialmente dalla Chiesa (perché per il popolo di Dio lo era già e lo invocava già da molto tempo) solo il 5 giugno 1446, ritardo dovuto alle vicende politiche che visse la Chiesa di quel periodo (Avignone e lo Scisma d’Occidente).

San Nicola da Tolentino, a riprova della sua fama sanctitatis ha avuto, lungo i secoli, un grande risalto nella iconografia. C’è innanzitutto il ciclo pittorico, di scuola riminese, del Cappellone di San Nicola, nel Convento di Tolentino. Fatto pochi anni dopo la sua morte esso presenta, attraverso episodi della sua vita, come San Nicola fosse un perfetto imitatore di Cristo, come egli incarnò la spiritualità dell’ordine agostiniano, e come fu un uomo favorito da Dio di particolari benefici ed esperienze mistiche. Ce ne sono altri a Roma (Cappella Falconieri di Santa Maria del Popolo) e a Genova (chiesa della Consolazione), ma certo quello di Tolentino è il più imponente e ricco di significati teologici, simbolici e artistici. Fra gli artisti che l’hanno immortalato con le loro opere ricordiamo: Bicci di Lorenzo (Empoli), Raffaello (Città di Castello), Boccacino (Cremona), Boccati (Poldi Pezzoli, Milano), Guercino (Tolentino, Palazzo Silveri), Pomarancio (Pesaro), Dolci (Pitti), Civerchio (Brescia), Allegretto Nuzi (Fabriano), Bissolo (Brera), Caterino Veneziano e Giandomenico Tiepolo. Come si vede una lunga schiera di artisti che hanno prestato la loro arte a questo santo perché godeva e gode di una grande fama e venerazione tra il popolo di Dio.

Non gli mancava mai il sorriso

Fra i numerosi miracoli compiuti, si registra anche la rianimazione di un fanciullo, tanto che ancor oggi San Nicola è considerato patrono dei fanciulli e dei loro genitori.

 -San Nicola risuscita un fanciullo, Benvenuto Tisi -

(1520) -  New York -

Nicola nacque a Castel Sant’Angelo (oggi Sant’Angelo in Pontano, provincia di Macerata) nel 1245. I suoi genitori pur essendo sposati da vari anni non riuscivano ad avere bambini. Erano molto pii e religiosi. In quegli anni poi erano diventati devoti di San Nicola di Bari conosciuto nel mondo occidentale, grazie alla traslazione delle sue reliquie in Italia nell’XI secolo. Finalmente i loro voti, preghiere e doni furono esauditi quando venne alla luce il loro primo figlio, a cui diedero il nome di Nicola in onore del santo di Bari tanto invocato.

Fin da ragazzo manifestò l’intenzione di farsi religioso, entrando di fatto tra gli Eremitani di Sant’Agostino del suo paese. Un particolare importante e bello: un teste, al processo di canonizzazione, affermò che Nicola libenter ibat ad ecclesiam… et ad scholas ac si esset magnus” e cioè che “andava volentieri in chiesa e a scuola come fosse un adulto”. Come si vede prometteva bene già da ragazzo. Iniziato il noviziato verso i quindici anni compì tutti gli studi finché fu ordinato sacerdote nel 1269 a Cingoli da Benvenuto (San), Vescovo di Osimo.

Diventato sacerdote, padre Nicola iniziava il suo apostolato di predicazione in varie cittadine delle Marche. Era un predicatore efficace e convincente; le sue parole poi erano sostenute da una grande vita di preghiera e di un impegno ascetico non comune, al quale non concedeva nessun sconto, anche quando le circostanze (viaggi lunghi e impegnativi), le regole e perfino il buon senso suggerivano il contrario. Si diceva che ci può essere per lo meno una certa mitigazione quando si è fuori casa (convento). Ma siccome padre Nicola (così affermava lui) si sentiva a casa sua dovunque andasse, ecco che non rinunciava a nessuna delle preghiere e penitenze.

E la gente intuiva tutto, sapeva, ascoltava, ammirava e si convertiva. Anche quelli che avevano in mente il solito stereotipo dell’asceta penitente dalla faccia triste e pensosa, poco incline al sorriso e alla gioia (tutto per penitenza, naturalmente) cambiavano opinione vedendo padre Nicola. Questi, pur tra le penitenze più feroci (ore ed ore di preghiera e poi pane e acqua come cibo), era capace di sorridere a tutti, ma non solo, riusciva a infondere santa allegria in tutti quelli che lo avvicinavano, lo ascoltavano predicare, o andavano a confessarsi. E questa è vera santità.

L’esempio e la santità di Nicola guidò molti a Dio. Una delle anime che più risentì la sua influenza fu Santa Rita da Cascia.

- Sant’Agostino, San Nicola e Santa Rita, Giovan Battista Galizzi -

- (1947) Santuario di Santa Rita, Cascia -

Una notte si trovava in un convento agostiniano presso Pesaro e mentre dormiva come in sogno sentì una voce che lo chiamava lamentandosi:

“Frate Nicola, uomo di Dio, guardami. Sono frate Pellegrino da Osimo che da vivo hai conosciuto. Sono tormentato in questa fiamma. Dio, accettando la mia contrizione, non mi ha condannato alla pena eterna ma per sua misericordia alla pena del Purgatorio. Ti prego dunque umilmente di celebrare la Messa dei defunti per liberarmi da queste fiamme”.

Nicola gli rispose: “Ti aiuti, fratello, il mio Salvatore dal cui sangue sei stato salvato; ma io, incaricato di celebrare la Messa conventuale, soprattutto domani che è domenica, il cui rito liturgico si deve rispettare, non posso celebrare la Messa dei defunti”. E frate Pellegrino di rimando: “Vieni, venerando padre, vieni e considera se ti sembra conveniente respingere senza pietà l’appello di tanta misera gente che mi ha mandato”. E gli mostrò la pianura verso Pesaro piena di gente.

Poi soggiunse: “Abbi pietà, Padre, di una moltitudine tanto misera che aspetta il tuo aiuto tanto utile. Infatti, se vorrai celebrare per noi, la maggior parte di noi sarà liberata da questi atroci tormenti”. Risvegliatosi, Nicola cominciò a pregare, e poi chiese il permesso al priore di celebrare la Messa per le anime del Purgatorio. Questo episodio ispirò la pia pratica del Settenario di San Nicola, e cioè sette Messe e preghiere speciali in suffragio delle anime. E spiega anche il fatto che è invocato come protettore delle anime del Purgatorio, oltre che della maternità.

Diceva “verba dulcia et orabat semper”

La celebrazione delle Sante Messe in suffragio per le anime del Purgatorio fu uno dei punti forti della predicazione e dell’apostolato di San Nicola da Tolentino

- San Nicola e le anime del Purgatorio, Tito Troia -

Santa Maria dei miracoli, Andria

Nel 1274 mentre era a Recanati seppe della morte violenta del fratello Gentile. Sconvolto dalla notizia cominciò a pregare per la sua anima, e tuttavia era turbato e preoccupato perché non sapeva il destino finale di lui. Dopo quindici giorni di preghiere udì una voce che diceva: Fratello mio, rendo grazie al mio Dio e Signore Gesù Cristo perché, avendo riguardo alle tue preghiere e gemiti, nella Sua misericordia, mentre avrei potuto essere condannato, ha voluto salvarmi”.

L’anno dopo questo episodio passò nel convento di Tolentino, dove rimase fino alla morte. Continuando il suo apostolato di predicazione, di confessioni, di penitenza e di preghiera. Apostolato non solo in convento ma anche fuori: visitava i malati, aiutava i poveri, faceva da operatore di pace tra le fazioni della città. Ben voluto da tutti, ricercato da tanta gente per le confessioni e come guida spirituale. Quando la morte arrivò da lui lo trovò preparatissimo: era il 10 settembre 1305.

Intanto la sua fama di operatore di prodigi e di santo si era sparsa rapidamente. Ma dov’era la santità di padre Nicola? La risposta arriva molto semplice dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto. Qualcuno affermò che padre Nicola “orabat semper” cioè “pregava sempre” giorno e notte, senza stancarsi mai.

Era poi un uomo di carattere mite, umile, misericordioso, cordiale con tutti, discreto. Un uomo che proferiva “verba dulcia” cioè diceva sempre parole dolci, di incoraggiamento e di esortazione, a tutti. Un altro particolare: un teste affermò che padre Nicola era un uomo di “boni sensus” cioè di buon senso. Santo sì ma con i piedi per terra e con un buon equilibrio umano. Non si danno santi squilibrati, per lo meno in grado patologico. Era certamente un uomo di penitenza, di stretta osservanza delle regole del suo Ordine religioso, di grande devozione al Cristo Crocifisso e alla Santa Vergine Maria.

Inoltre pregava moltissimo per tutti i fedeli defunti (anime del Purgatorio). E tutte quelle penitenze corporali che noi moderni, superficialmente, siamo portati a bollare come espressione inconscia di qualche forma di masochismo patologico? Come le giudichiamo? Anche un testimone, che lo conobbe, ebbe lo stesso dubbio e volle accertarsi della autenticità di quelle “pratiche” fuori dal comune. Alla fine convinto, dichiarò che il santo si macerava non solo per vincere il proprio egoismo (la “carne” in senso ampio) ma soprattutto perché integraliter posset servire Domino nostro Jesu Cristo”, e cioè, perché “potesse integralmente servire a Gesù Cristo nostro Signore”.

Era qui la fonte della santità di Nicola e il centro di tutta la sua vita: l’amore a Cristo che si faceva servizio continuo a tutti.

Le penitenze a cui si sottoponeva Nicola erano fatte sia per vincere l’egoismo sia per servire totalmente Gesù.

La Madonna ed i prodigiosi panini di San Nicola

San Nicola era gravemente infermo e i medici avevano esaurite tutte le risorse della scienza per salvarlo dalla morte. Il Santo, secondo il suo metodo, si era affidato al Medico divino – così chiamava Gesù – e alla sua celeste Infermiera Maria Vergine.

Ed ecco che nella quarta domenica di quaresima (così un’antica tradizione) appaiono a lui, circondati da angeli, Gesù, Maria ed Agostino. Nicola resta confuso a tanto onore, ma la Vergine lo conforta così:

«Io sono la Madre del tuo Salvatore, che hai invocato in tuo soccorso, con Agostino che pure vedi accanto a me. Ecco che siamo venuti per darti questo salutare rimedio: Manda il tuo infermiere da quella donna (e qui la Vergine stese la sua destra verso la piazza dove abitava la benefattrice), perché le chieda un pane fresco in nome del mio Figliolo Gesù. Quando ti sarà recato, bagnalo nell’acqua, mangialo e guarirai».

Detto questo, la visione disparve. San Nicola si fece premura di eseguire quanto gli era stato ingiunto. Avuto il pane, lo bagnò nell’acqua, ne mangiò e fu subito guarito. Vuole la tradizione che lo stesso San Nicola e, sul suo esempio, i suoi religiosi confratelli ripetessero sugli infermi quanto era stato suggerito al Santo con l’invocazione del Medico divino Gesù e della celeste Infermiera, la Vergine Santissima.

Fonte: Rivista "Maria Ausiliatrice", agosto 2005; di Don MARIO SCUDU

1305 - 2005:

VII° centenario di San Nicola da Tolentino

www.sannicoladatolentino.it

INDIETRO