Il rabbino che si arrese a Cristo

 

Anno 1945: lsrael Zolli, la più alta autorità ebraica di Roma si fa battezzare e diventa cattolico. Grande studioso dell'Antico Testamento, scopre che Gesù è il Messia.  La vicenda narrata in un libro di un'altra ebrea convertita.

Di lui si è parlato per oltre mezzo secolo. L'evocare il suo nome significa ancora oggi creare imbarazzo, sdegno, scandalo. La sua autobiografia, Before the Dawn ("Prima dell'alba") splendido racconto di una conversione, non è mai stata pubblicata in Italia, nonostante che il protagonista abbia vissuto nel nostro Paese la maggior parte della sua vita. Israel Zoller, italianizzato Italo Zolli, il rabbino capo di Roma che nel 1944 decise di chiedere alla Chiesa cattolica il battesimo - prendendo il nome di Eugenio in onore di Pio XII - perché era "arrivato" all'incontro decisivo con il Messia delle Sacre Scritture, è un personaggio cancellato dalla memoria della comunità ebraica e dimenticato dai cristiani. Eppure, proprio nella storia di un grande studioso che disse di non aver rinnegato nulla del suo passato d'israelita ma soltanto di aver portato a compimento un percorso che dall'Antico Testamento porta a Cristo, è possibile ritrovare un originale spunto per una maggiore reciproca conoscenza tra cattolici ed ebrei. E' stata un'altra ebrea convertita, Judith Cabaud, a pubblicare la prima biografia di Zolli, appena tradotta in italiano dalla San Paolo (Il rabbino che si arrese a Cristo).  

Zolli era nato a Brodj, in Galizia nel settembre 1881, da una famiglia rabbinica benestante che perse poco dopo le sue ricchezze, confiscate dalla Russia zarista. Fin da piccolo, Israel rimane colpito dalla figura di Gesù. Lo aveva visto la prima volta appeso a un muro, nella casa di un compagno di scuola e aveva chiesto: "Chi è quell'uomo crocifisso come un criminale?".  

Trasferitosi in Italia ai primi del Novecento, ottiene la laurea in Filosofia e diventa vice-rabbino e quindi rabbino capo di Trieste. Nel 1938 pubblica un libro intitolato Il Nazareno, dedicato alla figura di Gesù.  

Nel volume, frutto di studi approfonditi, Israel non nasconde la sua crescente ammirazione per Cristo e arriva a scrivere che il Nazareno è colui che era stato annunciato da Isaia. Il rabbino si è dunque già convinto che il cristianesimo sia la continuazione e il compimento dell'ebraismo. in Europa, in quel periodo, il libro di Zolli passa inosservato: sono ben altre le preoccupazioni della comunità ebraica alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale, quando gli israeliti sono già da tempo vittime della barbara persecuzione nazista. Israel non intende compiere il passo definitivo in un momento così grave, non vuole che si possa neanche lontanamente pensare che l'abbandono della religione dei suoi padri fosse una scappatoia per aver salva la vita.  

Nel 1940 gli viene offerto l'incarico di rabbino capo di Roma, cioè della più importante ed antica comunità ebraica della diaspora. La scelta cade su di lui non soltanto perché è uno studioso di grande valore, ma anche perché, dal punto di vista politico, è assolutamente al di sopra delle parti. Da anni, lui che conosceva il tedesco e che aveva letto le farneticanti opere hitleriane in lingua originale, andava gridando la sua preoccupazione per la sorte degli ebrei. Molti dei capi della comunità romana, invece, sono collaboratori leali del governo fascista, e si credono fuori pericolo. Dopo l'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, l'8 settembre 1943, a nulla servono gli avvertimenti di Zolli, che invita i suoi correligionari a darsi alla macchia, e vorrebbe chiudere la Sinagoga, far sparire gli elenchi con i nomi degli israeliti. Il presidente della comunità, Ugo Foà, non gli dà ascolto, ma anzi lo accusano di essere un codardo. Quando la Gestapo mette una forte taglia sulla sua testa - il rabbino era il primo ad essere catturato e ucciso quando i nazisti mettevano le mani su una città - Zolli si rifugia in casa di amici cristiani, ma lascia il recapito di un intermediario e dunque può essere rintracciato in ogni momento dai membri della comunità. Quando il colonnello Herbert Kappler chiede agli ebrei un riscatto di cinquanta chilo d'oro per risparmiare loro la deportazione, Israel Zolli va personalmente in Vaticano a chiedere aiuto. Il Papa Pio XII dispone che l'oro mancante venga messo a disposizione, ma non servirà, dato che i romani hanno risposto generosamente all'appello e la comunità ebraica è riuscita da sola a mettere insieme il prezioso metallo. Il riscatto non servirà purtroppo ad evitare il terribile rastrellamento del Ghetto di Roma, che avviene il 16 ottobre. I capi della comunità che deridevano Zolli sono costretti a fuggire, oltre duemila saranno deportati, quasi tutti non faranno mai ritorno dai lager nazisti.  

Alla fine della guerra, gli Alleati richiamano Zolli come rabbino capo: non è mai stato un collaborazionista, ma si rifiuta di accusare i suoi correligionari di fronte alle autorità americane. Nel settembre 1944, durante la festa dello Yom Kippur nella Sinagoga di Roma, il rabbino ha una visione. Gesù gli appare e gli dice che quella sarebbe stata l'ultima volta che celebrava in quel luogo. Il 13 febbraio 1945, in gran segreto, riceve il battesimo, seguito nei mesi successivi dalla moglie e dalla figlia. Sceglie il nome di Eugenio, perché, spiega “L’ebraismo mondiale ha un debito di grande gratitudine verso Pio XII". Gli ebrei fanno di tutto per dissuaderlo: gli vengono offerte dagli Usa cifre esorbitanti di denaro.  

Sarà da allora dipinto come un "serpente", un "traditore". Per anni lui e la sua famiglia, che vivrà in assoluta povertà, sarà oggetto di ingiurie, al punto da vedersi costretto a rifugiarsi nell'università dei Gesuiti. Eugenio Zolli, l’"arrivato", morirà nel marzo 1956.    

Andrea Tornelli - Il Timone (maggio/giugno 2002)

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"Gesù che avrebbe potuto convertire le pietre in pane, digiuna per quaranta giorni nel deserto; egli che avrebbe potuto chiamare in sua difesa intere legioni di angeli, comanda a Pietro di rinfoderare la spada con cui ha tagliato l'orecchio di Malco; ma egli ridona la vista ai ciechi, monda i lebbrosi, risuscita i morti; egli combatte contro un nemico solo: il male; e i nemici vanno perdonati e fatti oggetto di preghiere al Padre".  (Eugenio Zolli, L'Ebraismo, Editrice Studium, Roma 1953, p. 57).  

- Bibliografia -

Judth Cabaud,  Il rabbino che s'arrese a Cristo, Edizioni San Paolo, Cinisello BaL.mo 2002.

Eugenio Zolli, Before the dawn, riflessioni autobiografiche, Sheed and Ward, New York 1954.

Eugenio Zolli, Christus, Edizioni AVE, Roma 1946.

Eugenio Zolli, L'Ebraismo, Editrice Studium, Roma 1953.  

 

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Il rabbino che si arrese a Cristo

 

Agostino Carloni, Il Corriere del Sud, 11/2002
 


La vita: Israel Zoller (poi Zolli) nacque a Brody nel 1881 da famiglia ebrea polacca. Dopo la Grande Guerra divenne rabbino capo a Trieste, insegnando all'università di Padova. Nel 1938 fu nominato rabbino capo di Roma. Battezzato nel 1945, insegnò alla Sapienza e all'Istituto Biblico. Morì nel 1956.



Finalmente la storia di Israel Zoller (1881-1956), ebreo polacco scomodo, esce dall'oscurità per trovare vivida luce nelle pagine di Judith Cabaud, israelita di Brooklyn, anche lei, come il protagonista del suo libro, convertita al cattolicesimo.

Zoller: una figura colpita dalla damnatio memoriae dei suoi correligionari, che lo considerano - come ricorda Vittorio Messori nella prefazione - un meshummad (apostata, rinnegato), e dall'imbarazzato silenzio di un certo mondo cattolico che crede, sulla scorta di un ecumenismo male inteso, di dover evitare qualsiasi tema che possa turbare le buone relazioni con gli appartenenti ad altre fedi.

Proprio lo squarcio di questa coltre di silenzio rappresenta il merito maggiore della piccola opera divulgativa di Cabaud, edita in Francia con notevole successo e oggi approdata in Italia: Il rabbino che si arrese a Cristo (Edizioni San Paolo, Milano 2002, pp. 120, euro 12,50).

L'autrice, che vive in Francia e ha nove figli, il primo dei quali sacerdote, scrive, da non professionista, pagine nelle quali la descrizione del personaggio si avvale della sensibilità derivante dal comune itinerario spirituale che ha condotto l'uno e l'altra, attraverso il battesimo, in seno alla Chiesa cattolica, apostolica, romana.

Un itinerario che secondo Zoller non è di apostasia ma molto più semplicemente di riconoscimento del legame profondo che unisce Antico e Nuovo Testamento, ossia l'inveramento della promessa messianica della venuta di Cristo, vero Dio e vero uomo.

Israel Zoller, nato in una famiglia benestante, conosce presto le ristrettezze economiche quando l'impero russo decide di confiscare, senza alcun indennizzo, la fabbrica del padre. A ventitré anni lascia la Polonia per Vienna e poi per l'Italia, dove diverrà gran rabbino di Trieste.

Nel 1940, cioè dopo che le leggi razziali lo avevano costretto a italianizzare il suo nome in Italo Zolli, diviene rabbino capo di Roma. Sono gli anni duri della guerra, delle persecuzioni nazionalsocialiste dei fratelli ebrei in Germania e negli altri paesi invasi dalle divisioni tedesche, delle incomprensioni con la comunità romana, lacerata al proprio interno, delle difficoltà di far intendere alla dirigenza ebraica i rischi del nuovo clima creatosi, nel settembre 1943, con la caduta di Mussolini e con l'occupazione militare della Città Eterna ad opera dei tedeschi.

È allora che Zolli, già sulla via di Cristo, si dà da fare per salvare gli israeliti romani cercando di disperderli, di nasconderli, di allontanarli verso zone e paesi più sicuri. In quest'opera trova il prezioso aiuto di Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, il quale ordina ai conventi e ai monasteri, anche quelli di clausura, di ospitare clandestinamente gli ebrei romani.

È così che si salvano in tanti, con l'aiuto di frati, sacerdoti, suore, monache ma anche delle molte famiglie cattoliche che, a proprio rischio e pericolo, vengono in aiuto dei fratelli ebrei.

Nel 1945, quando più nessuno avrebbe potuto interpretarlo come un atto di viltà per sfuggire alla persecuzione, Israel entra nella comunione della Chiesa cattolica con il nome di Eugenio. Una scelta che meglio e più di ogni altro atto testimonia il ruolo fondamentale svolto a favore degli ebrei da Pio XII, oggi ignobilmente attaccato da quanti, colpendo lui, vogliono colpire la stessa Chiesa. Eugenio Zolli, già gran rabbino di Roma, paga successivamente quest'atto con l'ostracismo della sua comunità: resta solo con la sua famiglia che lo seguirà nella fede cattolica dopo poco.

Vive con dignità le difficoltà economiche, divenute nel frattempo gravissime, affidandosi alla misericordia e alla volontà di quel Signore che pazientemente aveva guidato i suoi passi sino al battesimo nella Basilica di S. Maria degli Angeli.

Negli anni successivi scrive molto soprattutto sul filo che lega indissolubilmente ebraismo e cristianesimo. Si ritira in un piccolo appartamento vicino a quello della figlia, dove muore il 2 marzo 1956, primo venerdì del mese.

Poco prima di morire dice a chi pietosamente lo assiste:

 

«Quando sento il fardello della mia esistenza, quando sono cosciente delle lacrime trattenute, delle bellezze non viste, piango sul Cristo crocifisso per me e in me [...]. Non possiamo che confidare nella misericordia di Dio, nella pietà di Cristo che muore perché l'umanità non sa vivere in Lui».



Agostino Carloni
Il Corriere del Sud n. 11/2002 - Anno XI - 1 giugno/15 giugno

 

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