Il battesimo del rabbino
di Gian Maria Vian |
La vita: Israel Zoller (poi Zolli) nacque
a Brodj nel 1881 da famiglia ebrea polacca. Dopo la Grande Guerra divenne
rabbino capo a Trieste, insegnando all'università di Padova. Nel 1938 fu
nominato rabbino capo di Roma. Battezzato nel 1945, insegnò alla Sapienza
e all'Istituto Biblico. Morì nel 1956.
Esce la sua autobiografia: il libro
arriva in Italia dopo 50 anni dalla pubblicazione in Usa e fa
chiarezza su una vicenda storica che ha alimentato polemiche
Chi era Eugenio Zolli? Rabbino capo di
Roma dalla fine del 1938, sei anni dopo - nel primo autunno dopo la
liberazione di Roma dall'occupazione tedesca - si convertì al
cattolicesimo, e il 13 febbraio 1945 fu battezzato con il nome di Eugenio,
quello del papa allora regnante (Pio XII, Eugenio Pacelli). L'episodio fu
clamoroso: esecrata dagli ebrei, la figura di Zolli divenne in qualche
modo un simbolo controverso e polemico, certamente non per sua volontà,
anche per gli eventi tragici che avevano colpito la comunità ebraica
romana. Polemiche rinfocolate dall'autobiografia di Zolli, che uscì nel
1954 negli Stati Uniti, in un periodo in cui numerose erano le conversioni
di protestanti ed ebrei alla Chiesa cattolica.
Qui l'anno prima era stato invitato per una serie di conferenze bibliche,
con evidenti intenzioni apologetiche. In questo contesto uscì, con
l'autorevole prefazione del delegato apostolico a Washington Amleto
Giovanni Cicognani, il suo lungo e sofferto racconto autobiografico,
intitolato Before the dawn, mai pubblicato in Italia, e che
esattamente mezzo secolo dopo, con lo stesso titolo (Prima dell'alba,
San Paolo, 284 pagine, 16 euro), è finalmente da oggi in libreria.
L'interesse per la controversa figura del rabbino convertito si è ogni
tanto riacceso, soprattutto per strumentali polemiche. Generalmente
rimosso in ambito ebraico, Zolli quasi scomparve anche tra i cattolici
dopo gli anni del concilio Vaticano II e durante la stagione del dialogo
con l'ebraismo, evidentemente perché la complessa figura del convertito
imbarazzava. Ma proprio il recente intensificarsi delle relazioni tra
cattolici ed ebrei ha posto le premesse per un interesse nuovo nei
confronti di Israel Zoller (questo il suo nome originario). Sintomatico fu
così tre anni fa il successo in Francia di un libretto, appassionato
quanto modesto, di un'ebrea divenuta cattolica: tradotto nel 2002 in
italiano, con un titolo per la verità infelice (Judith Cabaud, Il
rabbino che si arrese a Cristo, San Paolo), il racconto della vita di
Zolli ha venduto moltissimo nonostante il silenzio della grande stampa.
Solo ora però, grazie a questo bellissimo libro, la figura del rabbino
divenuto cattolico - al di là di ingiuste polemiche da parte ebraica e di
devote enfasi da parte cristiana - si delinea nella sua affascinante (e
dolorosa) complessità per essere restituita alla storia. Fin dal recupero
del testo originale italiano, finora inedito, e che è stato curato molto
bene sul dattiloscritto originale da Alberto Latorre, con due brevi
scritti del nipote di Zolli, Enrico de Bernart, che si sofferma
soprattutto su due punti scottanti del racconto: il comportamento del
nonno durante i tragici mesi dell'occupazione nazista e il rapporto del
rabbino divenuto cattolico con Pio XII.
Zolli non doveva essere una persona che attirasse simpatie, come traspare
da un cenno riferito alla nomina a rabbino capo di Trieste: «Io so meglio
amare che farmi amare». Colpito precocemente da dolori familiari, il
giovane ebreo polacco era uno studioso riservato e tormentato, non facile
ai rapporti umani, benché sensibilissimo e attento alla psicologia (e
persino alla nuova scienza psicanalitica). Di temperamento riflessivo e
mistico - splendide ed emozionanti sono alcune pagine - il rabbino capo di
Roma fu tuttavia molto più consapevole dei maggiori esponenti laici della
comunità romana dell'imminente disastro, che tentò invano di evitare.
Proprio le incomprensioni con questi (Dante Almansi e Ugo Foà) spiegano le
ingiuste accuse di abbandono che furono rivolte a Zolli e tuttora pesano
sulla sua memoria.
Israel volle essere battezzato con il nome di Eugenio, ma non si convertì
- scrive lo stesso Zolli - «in segno di riconoscenza per gli innumerevoli
atti di carità da parte di Pio XII». Premettendo però, con parole
calibratissime, che «nessun eroe della storia ha mai comandato un esercito
più combattivo, più combattuto e più eroico di quello che fu guidato nella
battaglia condotta da Pio XII in nome della carità cristiana».
Scritto fin dal 1947, il racconto di Eugenio Zolli è soprattutto il
racconto di una passione per Dio, in Cristo, ricevuto - scrisse in un
capitolo conclusivo che compare solo nel testo inglese e dov'è riferita
una visione mistica di poco precedente la conversione - «con il medesimo
sentimento con cui si riceve un membro della propria famiglia o una
persona amata in quanto in stretta confidenza».
Fonte: "Avvenire" del 13 febbraio 2004
INDIETRO |