Apparizione di Propezzano (TE)
- In località Morra d'Oro nell'anno 715 -
Santa Maria di
Propezzano
dove si venera la
Madonna
del Crognale
apparsa a 3 Arcivescovi sulla
via del ritorno dalla Terra Santa |
|
L'abbazia di Santa Maria di "Propitiano"
sorge in un leggero altipiano a circa un chilometro dalla statale 150,
isolata in mezzo ai campi, a poca distanza da Notaresco. I numerosi studi
e articoli che negli ultimi duecento anni si sono avvicendati a raccontare
la storia di quest'abbazia-santuario ormai più che millenaria, invece di
chiarirci le idee, non hanno fatto altro che disorientare tutti coloro che
si trovano a tu per tu con l'insigne monumento.
Ricordo anni fa che addirittura la rivista "BELLITALIA" bellamente (é il
caso di dirlo) la collocava in provincia di Pescara! Nel nostro piccolo ci
siamo interessati al monumento parecchie volte, a partire da quel fatidico
1968 in cui demmo alle stampe "L'Architettura sacra del Medioevo
Teramano", quando, percorrendo studi già esistenti, dal Palma al Bindi,
dal Savini al Gavini, ne tracciammo un sintetico quadro, anche se
incompleto.Poi vennero i restauri del 1969/71 e, scavando scavando,
vennero alla luce le fondazioni di un edificio mononave monoabsidato
(almeno a leggere gli scavi, perché non venne rinvenuta alcuna traccia di
eventuali navate laterali), che, allineandosi perfettamente al portichetto
ogivale che si trova sulla facciata ed al secondo rosone riaffiorato sotto
gli intonaci (un po' spostato verso destra rispetto a quello trecentesco)
confermavano in parte le mie teorie, secondo le quali un edificio più
piccolo del periodo romanico (anteriore al secolo XIII e di fattura
benedettina) era già stato rimaneggiato più volte e con tutta probabilità
aveva sostituito un edificio ancora precedente.
E' il destino di tutti gli edifici medioevali abruzzesi, quello di essere
soggetti a stratificazioni, rimaneggiamenti, riedificazioni, per cui gli
aspetti originari spesso scompaiono, altre volte occorre "leggerli" dalle
connessioni delle muraglie, dalle tracce nascoste o da sporadici
salvataggi di elementi erratici. A questa "fisiologia del monumento" non
si sottrae, quindi, neanche la nostra
Santa Maria di Propezzano. Un altro sport particolarmente
praticato dai vari storici di oggi è quello di mettere in dubbio
affermazioni antiche (e ne fanno le spese quegli studiosi come Palma,
Bindi, Savini, che hanno l'impossibilità di controbattere, essendo ormai
defunti). E' così che, tra il tira e molla di anno prima-anno dopo, di
date che non collimano perfettamente (non calcolando che una volta le
comunicazioni via Internet non esistevano) tutto viene negato e su questa
tabula-rasa ecco che è finalmente agevole costruire dal nulla una teoria
nuova di zecca, che, statene certi, tra dieci anni sarà demolita da
qualcun altro. Questo, per dire che non ha senso, alla luce di un presunto
"laicismo" dell'informazione, mettere in dubbio miracoli, devozioni,
tradizioni, quando esse esistono e aderiscono perfettamente al tessuto
socio-culturale di una zona e del popolo che la abita.
La leggenda, oggi "illeggibile", del santuario ci è stata tramandata nei
distici latini che il Palma, bontà sua, riuscì a ricopiare dall'affresco
che si trova a sinistra dell'ingresso, sotto il portichetto ogivale della
facciata: ebbene, se l'apparizione ci sia stata o no, a distanza di oltre
mille anni poco ci interessa (è come se Giulio Cesare avesse messo in
discussione la guerra di Troia!): fatto sta che in quei distici viene
citata testualmente la data dell'anno 715; quindi, in pieno periodo
longobardo (che in Abruzzo ebbe un particolare radicamento) avvenne il
miracolo, raccontato per ben tre volte sulle pareti del complesso
architettonico: nei distici testé citati, nella striscia affrescata sopra
il 3° arcone a sinistra della navata centrale (con cinque scene dipinte ad
affresco e datate 1499) e nelle sei lunette del refettorio, datate 1597.
Tralasciando di trascrivere il lungo testo latino del porticato, basterà
riportare le cinque didascalie del 1499:
QUANDO LI TRE
ARCIVISCOVI VENENDO DAL SEPULCRO APPESE LE BESACCE ALE RAME DE LO
CROGIALO -
QUANDO LI DICTI ARCIVISCOVI VOLSE RETOLLERE LE BESACCE LO CROGIALO
CRESCIECTO -
QUANDO QUILLI ARCIVISCOVI SE ADORMI ET LA VERGINE MARIA LI APPARSE -
QUANDO LI DICTI ARCIVISCOVI P. REVELATIONE DE LA VERGINE MARIA
ADIFICO QUESTA CAPPELLA - QUANDO APPARSE LANGILO AD PAPA ET
REVEVELOGLE LO DICTO MIRACULO. |
Non credo sia necessario tradurre, perché
si capisce abbastanza l'essenza del racconto in cui è riportato il fatto
miracoloso, avvenuto nella riferita dal testo latino più colte citato,
riportata dal Bindi sulla trascrizione del Palma: l'anno 715: "...in
anno septingento quo carnem Christus sumpsit / decimo quoque quinto hic
domum tale refulsit / die Madii dedicatio decimo facta fuit....". Che
questa scritta sia stata stilata nel 1285 o posteriormente, importa poco a
noi, e ancor meno a coloro che per turismo o per diporto si trovano a tu
per tu con il monumento.
Narra, quindi, la leggenda che tre
arcivescovi nell'anno 715, tornando dalla Terrasanta si fermarono per
riposarsi, appendendo le bisacce ad un corniolo. Quando cercarono di
riprenderle per proseguire il viaggio l'albero crebbe a dismisura e impedì
loro di riprendere il bagaglio. Caduti in un sonno profondo ebbero tutti e
tre lo stesso sogno: la Vergine mostrava loro un modellino di cappella e
li pregava di costruirne una in suo onore il quel luogo. Fu così che
questi decisero di edificare una chiesetta ponendo l'altare nel luogo dove
cresceva il corniolo. Venuto a sapere del miracolo Papa Gregorio II si
recò in quel luogo e il 10 maggio dello stesso anno e consacrò l'altare
della chiesetta.
Questo per quanto riguarda la leggenda delle origini.
Architettura del
Santuario
La storia architettonica è un po'
diversa. Di questa primitiva chiesetta, costruita nel periodo longobardo,
non si hanno tracce se non in due piccoli frammenti scultorei riutilizzati
nella costruzione odierna. Della prima chiesa abbaziale, costruita nel
secolo XI però si sono trovate tracce sotto il pavimento della costruzione
odierna, e per forma e dimensioni non differiva dalle chiese romaniche
costruite all'epoca. Anche se si è trovata solo la traccia dell'abside non
è facile determinare se essa fosse a tre o ad una sola navata. Il
complesso architettonico odierno appartiene alla fine del secolo XIII, fu
rimaneggiato nel sec XV quando venne allargata la chiesa, e ancora nel
XVII.
Fu abbazia benedettina fino al secolo XIV
ma ben presto passò sotto il patronato dei duchi di Atri. Le fasi di
ampliamento della chiesa sono parzialmente visibili dalla facciata, dove,
a seguito di un restauro condotto alla fine degli anni '70, è apparso un
secondo rosone più piccolo, appartenente alla prima chiesa romanica (sec.XI).
Alla sistemazione tardo duecentesca (1285) appartiene l'attuale facciata
asimmetrica: la parte destra, che si connette all'adiacente monastero,
termina con la torre quadrata, naturalmente ricostruita sulle antiche
fondazioni dell'antica torre romanica.
La parte centrale, più alta e a
coronamento orizzontale, secondo la tradizione del romanico abruzzese,
culmina in un cornicione sostenuto da archetti pensili incrociati in
laterizio. Al centro, il rosone,
pure in laterizio, modellato a cinque cornici concentriche, ripete stilemi
decorativi di tradizione romanico-bizantina. Durante il restauro della
facciata è comparso sotto gli intonaci un secondo rosone, più in basso
(quasi in diagonale verso destra), più piccolo e più semplice,
appartenente alla facciata del precedente edificio romanico. Alla base
della facciata sta un portichetto triarco, quasi a metà strada tra nartece
e protiro, con tre archi ogivali sulla fronte sostenuti da tozzi pilastri
cilindrici. Tale portichetto si trova in dirittura del rosone antico
(quindi spostato leggermente verso destra) e con i resti dell'abside
trovati sotto il pavimento a 3/4 della navata centrale.
La parte sinistra della facciata,
pure a coronamento orizzontale, culmina anch'essa con una cornice
sostenuta da archetti pensili intrecciati in laterizio. In basso si apre
la splendida "porta santa" in corrispondenza della navata di sinistra,
scolpita secondo la migliore tecnica dei lapicidi atriani. L'interno della
chiesa, a tre ampie navate, è coperto da volte a crociera su pilastri a
due colonne incantonate, e termina in un transetto sopraelevato di alcuni
gradini e separato dalle navate da pilastri cruciformi.
La parte posteriore della chiesa,
coincidente con il transetto, è rettilinea, secondo lo stile delle
architetture atriane.
Ci si ostina a considerare la chiesa di Santa Maria di Propezzano un
edificio "gotico" (o, peggio, "romanico-gotico", che è una contraddizione
in termine) ma occorre dire che con questo termine si intende una
tipologia del tutto diversa. Non è gotico neanche il
Duomo di Atri, pur avendo al suo
interno pilastri incantonati, alla moda cistercense, e archi acuti. Il
concetto di "gotico" si riferisce ad un diverso modo di concepire lo
spazio e alla conseguente tecnica costruttiva basata sul concetto di
struttura-portante. L'edificio gotico è un "traliccio", un reticolo di
forze autoportanti, che vengono riempite da vetrate e da luci. Fin quando
tra un pilastro e l'altro vi sarà un muro, di pietra o di mattoni non
importa, questo non può che essere un edificio dalla spazialità romanica.
Quadri, pitture ed
affreschi
L'annesso monastero benedettino, poi convento francescano, molto
ampio ha un chiostro pre-rinascimentale a due ordini, il superiore con
arcatelle più basse e in numero doppio rispetto a quelle dell'ordine
inferiore. Il corredo artistico mobile, ormai irrimediabilmente disperso,
doveva essere abbastanza ricco e prezioso, almeno a giudicare dalle
testimonianze documentarie. Rimangono in loco solo alcune pitture murali:
prima tra tutte la trecentesca lunetta, denominata "Madonna del
crognale" che porta alla sua base una scritta in caratteri gotici
culminante nella data (secondo la testimonianza del Palma) del 1285, ma
ultimamente messa in discussione e reinterpretata come 1466, data che non
collima affatto con lo stile della figura. Alla stessa data deve riferirsi
l'ampio testo scritto in latino e a caratteri pure gotici, che riporta il
testo della leggenda.
Altre pitture si trovano all'interno: sulla controfacciata una "Crocefissione"
di scuola giottesco-marcigiana, gravitante attorno alla personalità del
Maestro di Offida, operoso nel basso Piceno e nell'Abruzzo Adriatico (Canzano,
Città S.Angelo, Campli, Penne, Teramo, Ronzano, Guardia Vomano) tra la
seconda metà del 300 e i primi anni del secolo successivo. Sul 3° soprarco
di destra della navata centrale un ignoto artista, presunto seguace di
Andrea Delitio, nel 1499 dipinse in cinque riquadri la leggenda di
Propezzano (le cui didascalie abbiamo riportato all'inizio) oltre che
una Annunciazione, con la Vergine e l'Angelo Nunziante posti nei due
pennacchi dell'arco, con la data e lo stemma degli Acquaviva, il leone
rampante in campo d'oro. E' un pittore dallo stile grezzo, influenzato
probabilmente dalle miniature coeve per il suo rigido contornare le
figure, con un grafismo quasi naïf. Si è cercato disperatamente di dargli
un nome, come se questo fosse necessario od obbligatorio, sfoderando
funambolismi e teoremi che poco convincono, anche se appoggiati da
somiglianze formali (che fra di loro, poi, non corrispondono). Basti
osservare la prospettiva sgangherata, l'insistere maniacale sui contorni
reticolari dei mattoni o il paesaggio a rocce trachitiche di lontana
imitazione delitiana (o padovana?).
Alla fine del secolo XVI il complesso, abbandonato già da tempo dai
benedettini cassinesi, fu affidato a Fra' Giovanni di Calascio ministro
Provinciale dei Minori Osservanti, che lo abbellirono con arredi nuovi,
opere d'arte ed affreschi. E' del 1597 un secondo ciclo di affreschi ,
composto da sei lunette in uno dei lati lunghi della sala capitolare, che
ripetono la leggenda dei tre arcivescovi, e sui lati corti, da una parte
l'"Ultima Cena" affiancata dalla "Orazione nell'Orto" e dalla "Cattura di
Cristo", e di fronte la "Crocefissione" affiancata dalle figure di
S.Bernardino da Siena e da S.Francesco. Si tratta di un ciclo abbastanza
coerente che documenta la penetrazione del linguaggio manieristico
nell'Abruzzo Adriatico, di matrice diversa da quello portato trionfalmente
dai Fratelli Ragazzini di Ravenna (peraltro operosi, oltre che nel basso
Piceno, anche nel teramano e nella vallata del Vomano). Un ultimo ciclo di
affreschi, di estensione insolita per le nostre zone (si tratta di 27
lunette - una lunetta non è dipinta perché occupata dall'androne di
ingresso - di circa 7 metri quadrati l'una - si trova nel piano inferiore
del chiostro: le lunette di fronte alle arcate misurano cm.240 x 360, e le
angolari cm.240 x 300. Il ciclo è datato 1660, e narra la Vita di Maria e
di Cristo.
Il ciclo inizia dalla "Cacciata dal Paradiso", biblico antefatto per la
mediazione mariana della Redenzione.
Il Palma attribuì il ciclo al solo pittore seicentesco che egli conosceva,
Sebastiano Maiewskij: l'errore
attributivo è stato ripetuto pedissequamente per quasi 150 anni. Solo nel
1984, Sofia Marcone, nella sua tesi di Laurea discussa a Urbino, su mio
consiglio, si decise a negare vibratamente la paternità degli affreschi al
pittore polacco per un duplice motivo. Dapprima quello stilistico che non
collimava con le opere note dell'artista, abbastanza primitivo e
ritardatario rispetto alla cultura coeva (tanto che aveva potuto fare
fortuna solo nel teramano e in pochi altri siti): gli affreschi in
questione, anche se condotti a più mani, appartengono ad una cultura
barocca abbastanza coerente, legata a doppie fila con l'ambiente
napoletano.
Il secondo motivo è quello cronologico: l'artista polacco era nato nel
1585 o poco distante, per cui al 1660 doveva avere un'età abbastanza
avanzata per affrontare un volume di lavoro così ingente. Lungi dal volere
anticipare un lavoro più ampio, di cui il presente non è che una breve
sintesi, in questa sede è sufficiente dire che il ciclo non può essere più
dato al Maiewskij.
Quello che mortifica oggi l'insigne
monumento è la improprietà del suo utilizzo. Le difficoltà di approccio al
suo interno ed una insufficiente segnaletica fanno si che pochi riescono
nell'arco di un anno a visitarlo, quando per la sua grandiosità gareggia
con altri complessi artistici più "lanciati" e, in conseguenza, più
gettonati della regione.
Giovanni Corrieri -
http://www.chieseteramane.it/
La Porta Santa a
Propezzano
L'ampia vallata dei fiumi Vomano e Mavone è per l'arte sacra una
vera e propria bomboniera. Vi si trova la massima espressione di ciò
che è stato il Romanico teramano. In non più di quaranta chilometri
si incontrano una serie di edifici di culto di enorme importanza, a
cominciare, a pochi chilometri dal mare di Roseto degli Abruzzi,
dall'abbazia di Santa Maria di Propezzano, di cui si festeggia in
questo mese l'apertura della Porta Santa, per poi continuare con San
Clemente al Vomano, San Salvatore a Canzano, Santa Maria di Ronzano,
San Giovanni ad Insulam, fino a San Valentino nel territorio di
Isola del Gran Sasso.
A Propezzano di Morrodoro il prossimo 19 maggio si svolgerà il
tradizionale rituale dell'apertura della Porta Santa, ogni anno meta
di una grande folla di pellegrini. L'avvenimento si innesta nelle
manifestazioni della IX settimana della cultura in svolgimento dal
12 maggio. Presso l'Istituto tecnico "V.Comi" di Teramo è stata
aperta una mostra foto-documentaria sull'apertura della Porta Santa
di questa basilica, presentata dal critico d'arte, prof.Giovanni
Corrieri. (Vedi articolo sopra)
Il prossimo 19 maggio, in concomitanza con l'evento, questa mostra
sarà trasferita e presentata presso S.Maria di Propezzano. La
tradizione parla di una ennesima apparizione della Madonna, che si
svelò ancor prima del famoso miracolo dell'Alno di Canzano o dello
Splendore di Giulianova.
La
Tradizione
Tre pellegrini reduci dalla Terra Santa dopo un viaggio estenuante,
si fermarono per il giusto riposo. Appesero le povere bisacce,
contenenti sante reliquie, su di un corniolo e si addormentarono. Al
risveglio, con sommo stupore, i pellegrini si accorsero che l'albero
era cresciuto a dismisura e che risultava impossibile prendere le
borse. Ecco che mentre, attoniti, guardavano il corniolo
ingigantito, una visione celeste ordinò loro di edificare una
chiesa.
Il 10 maggio, data in cui tuttora si festeggia la Madonna di
Propezzano, il Papa Gregorio II consacrò, in modo solenne, questo
tempio a Santa Maria Propizia Pauperis con l'annesso
monastero, che divenne subito punto di riferimento lungo il percorso
adriatico verso la Terra Santa. Ricordiamo che la Porta Santa viene
aperta solo in maggio a ricordo dell'apparizione della Vergine e, in
occasione del giorno dell'Ascensione.
Tutto per tener fede alla Bolla Indulgentiarum, emessa dal
Papa Martino V che concesse indulgenze in queste due solennità. A
proposito della grandiosa Porta Santa, sembra provenga dalla scuola
atriana del 1300.
L'occasione per conoscere questo autentico monumento nazionale della
provincia teramana.
articolo di Sergio Scacchia - 18-05-2007 -
http://www.teramonews.com/ |
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