CORNELIO TACITO (54/55-120 D.C.)

Le notizie biografiche in nostro possesso su Cornelio Tacito sono abbastanza scarse. Siamo incerti persino sul prenome: Gaius (come voleva Sidonio Apollinare, nel V secolo) oppure Publius (come invece attesta l'autorevole codice Mediceus I).

Diverse informazioni si possono desumere dall’epistolario con Plinio il Giovane, che gli fu amico, benché avesse qualche anno di meno (adulescentulus, cum iam tu fama gloriaque floreres, “quando io ero un ragazzo, mentre tu eri già all’apice della fama e dell’onore”, epistulae VII, 20, 4); altri indizi emergono poi da alcuni passi dell’Agricola, del Dialogus de oratoribus ed infine delle Historiae. La data di nascita viene fissata usualmente tra il 55 e il 58 D.C., mentre per il luogo si fanno diverse ipotesi: l’Italia transpadana, data la diffusione in quel territorio del nomen e del cognomen, Cornelius Tacitus; la Gallia Narbonense, da dove proveniva il suocero Agricola, nativo di Forum Iulii (oggi Fréjus ); oppure Terni, visto che l’imperatore M. Claudio Tacito, originario di questa città, vantava – non sappiamo quanto a buon diritto - la presenza dello storico tra i suoi avi. Neppure la sua provenienza sociale è conosciuta, ma il carattere degli studi intrapresi dallo storico – forse fu allievo di Quintiliano – e la rapidità della sua carriera politica fanno pensare quasi sicuramente ad una famiglia abbastanza agiata.

Poiché Tacito apparteneva - stando a queste ipotesi - a famiglia patrizia, senatoria o equestre, non meraviglia dunque che fosse educato a Roma nelle scuole dei migliori maestri dell'epoca (Marco Apro, Giulio Secondo e probabilmente Quintiliano, come accennato), come mostrano alcune allusioni di Plinio il Giovane e soprattutto come documentano le sue opere, specialmente il Dialogus. Tacito nel volgere di pochi anni divenne estremamente rinomato come avvocato competente e buon letterato e, iniziata la carriera politica, la percorse con relativa rapidità, grazie anche all'influenza del grande generale Giulio Agricola di cui nel 77 sposò la figlia quattordicenne (Agricola IX: Consul egregiae tum spei filiam iuveni mihi Agricola despondit ac post consulatum collocavit : “Agricola, mentre era console, promise a me giovane sua figlia che già allora faceva bene sperare di sé, e dopo il consolato me la diede in sposa” ).

E’ lo stesso Tacito, nel proemio delle Historiae, a fornirci qualche notizia della sua carriera, “iniziata sotto Vespasiano, accresciuta sotto Tito, proseguita sotto Domiziano”. Fu tribunus militum nel 76 o 77, quaestor nel 79, praetor nell'88. Nello stesso anno 88 fu eletto nel collegio sacerdotale dei quindecemviri sacris faciundis (deputati alla custodia dei libri Sibillini, ai culti di origine straniera, alla celebrazione dei Ludi Saeculares). Questa elezione rivela senza dubbio la grande stima di cui Tacito godeva presso il senato e presso il popolo, non per i favori del suocero - come si può intuire - ma grazie alle sue personali doti di magistrato e di oratore: potevano fregiarsene, infatti, solo magistrati già anziani. Dopo la pretura, Tacito dovette ottenere un incarico amministrativo o militare nella Germania o nella Gallia Belgica. Lontano da Roma per alcuni anni, vi tornò nel 93, dopo la morte improvvisa - per avvelenamento, come sostenuto nella Vita di Agricola - del suocero, la cui brillante carriera pare avesse provocato l’invidia di Domiziano.

L'ascesa di Nerva al trono imperiale migliorò la situazione: lo storico dice finalmente di provare la sensazione che “gli ritorni il respiro”, così che poté riprendere la carriera politica raggiungendo il consolato nel 97. Allora, quando prese a godere di una discreta tranquillità, cominciò a comporre i suoi capolavori, senza tuttavia interrompere la sua attività di magistrato e di facondo oratore: nel 100, affiancato da Plinio il Giovane, svolse il ruolo di accusatore nel procedimento per malversazione contro il proconsole d’Africa Mario Prisco. Nel 112 o 113 fu inviato da Traiano insieme a Plinio il Giovane in Asia in qualità di proconsole (come ci risulta da un’iscrizione). Dopo tale data, però, non possediamo più alcuna notizia sicura. Possiamo tuttavia congetturare che lo storico abbia trovato la morte verso la fine del principato di Traiano (98-117), oppure all’inizio di quello di Adriano (117-138).

Gli Annali di Tacito (verso il 110 D.C.)

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«Né interventi umani né regali da parte dell’imperatore né sacrifici agli dei riuscirono a soffocare la voce popolare che l’incendio della città fosse stato comandato. Allora, per mettere a tacere ogni diceria, Nerone addossò la colpa di tutto ai cristiani. Li condannò ai supplizi più raffinati visto che si erano resi odiosi per i loro delitti. I cristiani prendevano nome da Cristo che era stato crocefisso ad opera del procuratore Ponzio Pilato, sotto l’impero di Tiberio. Quella funesta superstizione, repressa per breve tempo, stava riprendendo forza non solo in Giudea, origine di quel male, ma anche in Roma dove confluiscono tutte le nefandezze e vergogne»

Il testo è preso dagli Annali (14,44,2-5) di Tacito.

Costui è uno dei più grandi storici latini. E un pagano convinto e — come appare dalle affermazioni — non ha particolari simpatie verso i cristiani. Sta parlando dell’incendio che devastò Roma, nel luglio del 64 d.C.

Dice che l’imperatore Nerone addossò ogni responsabilità sui cristiani. Dedica due righe a Gesù: «Essi (= i cristiani) prendevano nome da Cristo, che era stato crocefisso ad opera del procuratore Ponzio Pilato, sotto l’impero di Tiberio». Le sue indicazioni sono precise e circostanziate.

Dal libro:"Gesù chi sei?", di Ezio Gazzotti. Edizioni Dehoniane Bologna (1995)

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