3 gennaioS.Genoveffa, la principale patrona di Parigi, nacque da genitori cristiani verso il 420 a Nanterre, non lontano dalla capitale. Aveva soltanto una decina d'anni quando S.Germano, vescovo d'Auxerre (+448), accompagnato da S.Lupo, vescovo di Troyes (+ 479), passò nel suo villaggio per recarsi in Inghilterra a combattervi l'eresia pelagiana e a diffondervi la vita monastica. Fu lui che aiutò la fanciulla predestinata a scoprire la propria vocazione alla vita religiosa restando in famiglia, conforme all'usanza del tempo. A conferma della sua consacrazione a Dio, le consegnò una moneta a forma di croce che trovò a caso per terra e che Genoveffa portò devotamente al collo. Pur continuando a vivere con i genitori, la Santa si diede subito con tanto ardore alla preghiera e alle penitenze da destare serie preoccupazioni in sua madre Geronzia. Un giorno di festa, costei si permise di dare alla figlia uno schiaffo, perché le aveva chiesto con troppa insistenza il permesso di recarsi alla chiesa. Dio la castigò per 18 mesi con la cecità, per ricordarle che i figli appartengono a Lui, prima che ai genitori. Ricuperò la vista stropicciandosi ripetutamente gli occhi con l'acqua che Genoveffa aveva attinto al pozzo e aveva benedetto dietro sua richiesta.
Quel miracolo consacrò per sempre la vocazione di Genoveffa, suscitata da Dio per ridare la salute a tanti infermi e la fede a tanti increduli. A 15 anni ella si presentò al vescovo di Parigi con due compagne più anziane di lei per ricevere dalle sue mani il velo delle vergini e consacrarsi in modo definitivo al Signore. Dopo la morte dei genitori Genoveffa si stabilì a Parigi, in casa della sua madrina. Per metterla alla prova, Dio permise che cadesse paralitica. Quando riacquistò l'uso delle membra, ella stessa confidò di essere stata trasportata da un angelo in Paradiso. Tra gli altri doni soprannaturali che Dio le concesse, ci fu quello del discernimento degli spiriti e della previsione del futuro.
Genoveffa sapeva che l'essenza della vita cristiana non consiste nei carismi, ma nell'amor di Dio e nella penitenza. Si diede perciò ad una eroica pratica dell'astinenza. Dai 15 ai 50 anni digiunò, cibandosi soltanto la domenica e il giovedì di pane d'orzo, di acqua e fave cotte nell'olio. Dall'Epifania al Giovedì Santo stava rinchiusa nella sua cella per servire più liberamente il Signore con il silenzio e l'orazione. Non mancarono le male lingue che la tacciarono di visionaria e d'ipocrita; ma di lei prese inaspettatamente le difese S.Germano d'Auxerre, di passaggio a Parigi nel 447, diretto per una seconda volta in Inghilterra. Le virtù di Genoveffa finirono con l'imporsi alla venerazione di tutti. Ci furono persino delle volenterose giovani che fecero vita comune con lei. La fama della sua santità giunse fino alla Celesiria. S.Simeone lo Stilita (+459), meravigliato di quanto i mercanti gli riferivano dell'umile vergine, si raccomandava alle sue preghiere.
La devozione di Genoveffa si trasfuse soprattutto nel culto ai santi nazionali: Dionigi, primo vescovo di Parigi e Martino, vescovo di Tours (+397). In onore del primo fece costruire una chiesa con il ricavato della questua da lei fatta presso tutte le famiglie della città. In essa era stata inclusa la primitiva tomba del martire, sulla quale la Santa amava andare a pregare specialmente la domenica, nonostante l'inclemenza della stagione. In quel tempo erano numerosi i pellegrini che da tutta la Gallia accorrevano a Tours, al sepolcro di San Martino, attratti dalla fama dei miracoli che operava. I vescovi che gli erano succeduti avevano costruito in suo onore il più famoso santuario del paese. Anche Genoveffa volle recarvisi in devoto pellegrinaggio. Appena vi giunse, guarì numerosi posseduti dal demonio, con un semplice segno di croce. Ovunque arrivava, la Santa era preceduta dalla fama della sua santità. Ignoriamo per qual motivo sia andata un giorno a Laon. Quando vi giunse le fu presentata una giovane, paralitica da 9 anni, perché la guarisse. Genoveffa riscaldò con le sue mani le membra inerte della malata, pregò a lungo su di essa e poi le ordinò di vestirsi e calzarsi. Genoveffa fu pure lo strumento di cui la Provvidenza divina si servì nelle pubbliche calamità per il sollievo dei suoi concittadini. Nel 451 gli Unni, guidati da Attila, il "flagello di Dio", dilagarono nella vallata della Senna e raggiunsero Troyes. I parigini, avvertiti dell'imminente pericolo, pensarono di mettersi in salvo con la fuga. Fidente in Dio, soltanto Genoveffa, la donna forte, conservò la calma che le era abituale. Mentre S.Lupo a Troyes e S.Aignano a Orléans animavano i cittadini alla resistenza, a Parigi Genoveffa esortava le donne a unirsi a lei nelle veglie, nei digiuni e nelle preghiere. Gli uomini restarono increduli all'assicurazione che la città sarebbe sfuggita al massacro. Qualcuno pensò persino di lapidare o gettare nella Senna quella profetessa che essi ritenevano falsa. In mezzo al tumulto apparve l'arcidiacono del vescovo di Auxerre, S.Germano. Morendo, egli lo aveva incaricato di portare a Genoveffa le eulogie, o pani da lui benedetti durante la Messa in segno di stima e di venerazione. I parigini allora rinunciarono a prendere la fuga e Iddio premiò la fiducia che avevano riposto nella sua serva. Difatti Attila fu sconfitto dal generale romano Ezio, sui Campi Catalaunici (Champagne) e costretto a ripassare il Reno.
Dopo che l'imperatore Valentiniano III, per gelosia, aveva fatto assassinare Ezio (+ 454), la città di Parigi si trovò frequentemente in rapporti con Childerico I, re dei Franchi, principale artefice della pace di cui godeva il bacino della Loira. Durante il suo regno egli segui una politica d'intesa con i romani e, benché pagano, ebbe dei riguardi per i cattolici. Genoveffa ebbe frequenti occasioni di mettere a profitto la sua deferenza per la Chiesa di Roma, ottenendo che fossero mitigate le pene dei prigionieri che il re avrebbe voluto mettere a morte. Avvenne che i Franchi furono respinti al di là della Somme da Siagrio capo di un dominio autonomo romano con centro a Soissons. Nel tentativo di riprendere la città senza stringerla d'assedio, essi cercarono per 5 anni di renderne difficile il vettovagliamento. La Santa ancora una volta fu una provvidenza per Parigi. Siccome i convogli dei viveri per via terra venivano sequestrati, l'intrepida Vergine organizzò una flottiglia di battelli, e per via fluviale giunse fino a Troyes a fare rifornimenti di generi alimentari per gli indigenti.
Alla morte di Childerico (+481) Genoveffa intrattenne cordiali relazioni col suo successore, Clodoveo. L'intelligente sovrano iniziò la conquista della Gallia mettendo fine nel 486, con la battaglia di Soissons, al dominio romano di Siagrio. A poco a poco egli estese il suo dominio lungo la Senna e la Loira. Nel 496 a Tolbiac, presso Colonia, assoggettò gli Alemanni; nel 500 presso Digione sconfisse i Borgognoni; nel 507 a Vouillé sbaragliò i Visigoti. Rimasto unico re della Gallia, egli ricevette dall'imperatore d'oriente il titolo di patrizio, protesse la religione cattolica e l'abbracciò nel 496, ricevendo il battesimo da S.Remigio nella cattedrale di Reims. S.Genoveffa approfittò sempre delle buone disposizioni verso la fede del fondatore della monarchia franca, per averlo alleato e collaboratore nel soccorso ai poveri, ai malati, ai prigionieri e ai criminali.
S.Genoveffa morì il 3 gennaio del 500 o 502. Il popolo ne fece subito una santa per i miracoli che continuò a operare dopo la morte. Il suo corpo fu inumato nel cimitero che sorgeva sul monte Lucotitius. Sulla sua tomba fu costruito soltanto un piccolo oratorio in legno. In seguito fu seppellita nella cripta della chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, che Clodoveo volle fare erigere sulla stessa area per le sepolture reali. La gloria di Genoveffa non fu eclissata dalle tombe di Clodoveo (+511) e di sua moglie Clotilde (+545). La collina difatti fini con l'assumere il nome della Santa. Questa chiesa nel 1147 si trasformò in abbazia di Santa Genoveffa e conobbe una grande celebrità con i Canonici Regolari di S.Vittore.
L'aumento della popolazione costrinse le competenti autorità a costruire la chiesa di St-Étienne-du-Mont, attualmente centro del culto a S.Genoveffa. La vecchia basilica abbaziale scomparve all'inizio del secolo XIX. La tradizione vuole che il primitivo reliquiario fosse opera dell'orafo e poi vescovo S.Eligio (+660). Esso veniva portato in solenne processione nei periodi di pubbliche calamità. Nel 1793 i rivoluzionari lo fecero fondere per batter moneta. Le ossa della Santa furono bruciate e le ceneri gettate nella Senna. Nella chiesa di St-Étienne-du-Mont, mèta di pellegrinaggi, sono conservate la pietra tombale e le poche reliquie un tempo donate a diverse chiese.
Sac. Guido Pettinati SSP, I Santi canonizzati del giorno, vol. 1 Udine: ed. Segno, 1991, pp. 47-49.
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