Il Talmud di Babilonia (100 D.C.)

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«Ci viene raccontato che, alla vigilia della Pasqua, venne appeso Gesù di Nazareth. Un messaggero andò per le strade e le piazze, per 40 giorni, gridando: Gesù sta per essere lapidato perché ha praticate le arti magiche, ha sobillato e fatto deviare il popolo di Israele. Chiunque conosca qualcosa a sua discolpa si presenti e lo difenda in tribunale! Non venne trovata per lui nessuna discolpa. Per questo lo appesero alla vigilia della Pasqua. Il grande maestro Ulla dice: Credi tu che Gesù sia stato uno da difendere? No, fu uno che conduceva il popolo ad adorare gli idoli. Di lui Dio misericordioso ha detto: Tu non devi avere misericordia e giustificare la sua colpa! »

Queste righe sono contenute nel Talmud di Babilonia, scritto verso il 100 d.C.

Questo libro è una antologia di detti dei rabbini. Ha una notevole importanza per gli Ebrei. Contiene l'interpretazione della Bibbia. Che dire della sua attendibilità, su questo punto? E un testo che «va preso con le pinze». Intanto contiene una contraddizione: prima si dice che Gesù fu appeso (= fu crocefisso ad un legno) e poi che fu lapidato (= ucciso a colpi di sassi). Inoltre si sente molto bene il pregiudizio dei Sadducei e dei Rabbini. Essi tendono a dire: — Su Gesù c’è stato un processo regolare, durato 40 giorni. Gli è stata data la possibilità di difendersi. Nessuno ha voluto discolparlo. Egli era veramente uno che faceva deviare Israele dalla autentica fede. Per altri aspetti, il testo è preciso. Dà per scontate queste affermazioni: Gesù è esistito; era un maestro ed un guaritore (ha praticato le arti magiche»); ha avuto dei discepoli. Soprattutto contiene una notizia estremamente circostanziata; «Lo appesero alla vigilia della Pasqua».

Dal libro:"Gesù chi sei?", di Ezio Gazzotti. Edizioni Dehoniane Bologna (1995)

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Il Giudaismo ufficiale

Nei primi secoli del Cristianesimo, il Giudaismo esprime un forte sentimento anticristiano, che si riflette nella contestazione della missione di Gesù e della sua natura divina. Nel Talmud, deposito della Tradizione morale giudaica, si allude a Gesù come a un ingannatore del popolo, praticante della magia, giustamente condannato al patibolo. Significativo è l’aneddoto che vede protagonista un certo Rabbi Giosuè, vissuto a Roma nel I secolo. Contestando che Gesù sia nato da una vergine, interroga le folle su se sia lecito ritenere che una mula (sterile per natura) possa partorire.

Il dotto giudeo cerca di difendere e di preservare la centralità dell’ebraismo, messa in pericolo dall’affermazione di Gesù per cui sono i suoi discepoli ad essere: “sale del mondo”.

Il testo giunto sino a noi è il seguente:

Raccontaci qualcosa di favoloso!” - chiedono i cittadini di Roma al saggio sapiente –.

Egli disse: “Ci fu una volta una mula che fece un figlio; a questo fu appesa un’etichetta su cui era scritto che doveva ereditare dalla famiglia paterna 100.000 zuz (moneta)”.

– Gli fu risposto: “Può una mula partorire?”.

Rispose: “Appunto, si tratta di una favola!”.

Gli fu ancora chiesto: “Se il sale diventa insipido, con che cosa lo si salerà?”.

Quello rispose: “Con la placenta di una mula.”.

Gli dissero: “Ma una mula ha la placenta?”.

Rispose: “E il sale può diventare insipido?”.
 

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