CARO CARDINAL BERTONE, CHI E’ –
FRA ME E LEI
– CHE MENTE SAPENDO DI MENTIRE?
E
LASCIAMO STARE LA MASSONERIA…
Oggi, nel 90°
anniversario delle apparizioni di Fatima (13 maggio 1917), è venuta l’ora
di dire tutta la verità e di dare ascolto alla Madonna…
Che errore. Chissà perché il cardinal
Bertone si è cacciato in questo guaio mettendo nei pasticci il Vaticano.
Personalmente dovrei essere strafelice che il Segretario di Stato (quindi
il numero 2 della Chiesa) abbia pubblicato un libro, “L’ultima veggente di
Fatima”, per ribattere al mio “Il quarto segreto di Fatima”. E’ un unicum.
Neanche Dan Brown ha avuto un tale onore.
Evidentemente quelle mie pagine devono scottare molto. Al prelato è
scappata la frizione perché – con tanti saluti alla carità cristiana –
inveisce contro di me: le mie sarebbero “pure farneticazioni”, la mia
inchiesta farebbe il gioco “dell’antica massoneria per screditare la
Chiesa”. E “mi meraviglio” aggiunge minacciosamente il cardinale “che
giornalisti e scrittori che si proclamano cattolici, si prestino a questo
gioco”. Infine mi dà del “mendace”, sarei uno che “mente sapendo di
mentire”.
Purtroppo non mi mostra dove e come avrei mentito. Io gli avevo chiesto
solo di spiegare – per dirne una – perché nella sua presentazione del
terzo segreto, pubblicata dal Vaticano, egli cita una lettera di suor
Lucia omettendo però (senza dirlo) una frase decisiva che smonta tutta la
sua interpretazione. Segnalando nel mio libro questa “stranezza” (una
delle tante) ho cercato in tutti i modi di salvare la buona fede del
prelato. Ma Bertone nel suo volume non solo non dà alcuna spiegazione del
fatto, ma cita di nuovo quella lettera “sbianchettata” alla stessa
maniera. Si resta esterrefatti. Non è possibile usare così i documenti e
fare questi autogol.
Ma qual è il cuore della nostra diatriba? Sta in questa domanda: il famoso
“terzo segreto” di Fatima, contenente la profezia di ciò che dovrà
accadere alla Chiesa e al mondo nel futuro prossimo, è stato pubblicato
per intero nel 2000? Io ho cominciato la mia inchiesta convinto che fosse
così. Poi mi sono reso conto che i fatti dicevano il contrario. Ne ho
dovuto lealmente prendere atto, dichiarandolo e rilevando un quantità
incredibile di “buchi” e contraddizioni della versione ufficiale. Essendo
il Terzo Segreto un mistero che da decenni ha prodotto una vera psicosi
sui mass media (e perfino fra governi e servizi segreti), un testo
profetico di enorme importanza per i cristiani (e per i nostri anni
futuri), un testo accreditato dalla Chiesa che ha riconosciuto la più
importante apparizione mariana della sua storia, ho segnalato la necessità
di chiarire – da parte del Vaticano – tutti gli enormi “pasticci” della
versione ufficiale o di pubblicare il testo nascosto (come chiede una
recente Supplica al Papa di Solideo Paolini). A Bertone, che da monsignore
ebbe una parte da protagonista nella pubblicazione del segreto fatta nel
2000, chiesi un colloquio nel corso dell’inchiesta. Pur conoscendomi bene,
me lo negò e anzi si attivò subito per pubblicare un libro di risposta al
mio. Come poi ha fatto in questi giorni (il 13 maggio è il 90°
anniversario delle apparizioni).
Il problema è che questo libro non dà neanche una risposta agli
interrogativi. E anzi pone ulteriori problemi. Ho provato addirittura
imbarazzo a leggere una cosa tanto pasticciata e autolesionista. Per
qualunque autore sarebbe un colpo eccezionale vedersi attaccato
personalmente dal Segretario di Stato vaticano senza uno straccio di
argomento. Ma per me è un disastro, perché mi sento prima cattolico che
giornalista. Avrei preferito aver torto marcio ed essere confutato. Oppure
avrei voluto che la Santa Sede si decidesse a rivelare tutta la verità sul
“terzo segreto” di Fatima, pubblicando – come la Madonna aveva chiesto –
la parte ancora nascosta. Altrimenti avrei preferito essere ignorato,
snobbato, boicottato. L’unica cosa sbagliata, l’unica cosa da evitare è
precisamente ciò che Bertone ha fatto: esporsi pubblicamente senza
rispondere a nulla e anzi aggiungendo trovate disastrose. Per lui e per il
Vaticano.
Innanzitutto c’è il problema della “gestione” della testimone di Fatima,
suor Lucia: per anni tutti hanno potuto strologare su Fatima tranne lei
che dal 1960 è stata silenziata dal Vaticano. Cosa si temeva? Prima della
pubblicazione del testo, nel 2000, il papa invia Bertone dalla suora, a
Coimbra. Lo invierà ancora una volta nel novembre 2001. Infine il prelato
tornerà da lei nel dicembre 2003. Questi tre colloqui erano la grande
occasione perché l’unica veggente in vita, ormai quasi centenaria,
lasciasse a tutti i cristiani e all’umanità la sua completa e
preziosissima testimonianza sulla più importante apparizione mariana della
storia. Un’opportunità epocale.
Anche per mettere a tacere tante voci e leggende e per proteggere il
Vaticano da accuse di manipolazione, Bertone avrebbe dovuto registrare
(magari anche far filmare) questi eccezionali colloqui da lasciare ai
posteri. O quantomeno disporre di verbalizzare tutto, domande e risposte,
da far firmare alla veggente. Per evitare future e prevedibili
contestazioni.
Ma incredibilmente questi tre interrogatori, della durata – dice il
prelato – di “almeno dieci ore”, non furono né registrati, né filmati, né
verbalizzati. Il prelato ci spiega oggi che lui “prese appunti”. Così nei
documenti ufficiali di Fatima sono riportate solo poche frasette
attribuite alla suora, frasi di discussa credibilità e per nulla
esaurienti perché le domande decisive, quelle che servivano per chiarire
tutti i dubbi, non le furono poste, o almeno non sono riportate da
Bertone. Al quale nel libro ho chiesto: perché di dieci ore di colloquio
ha reso noto solo poche frasi della suora che occupano al massimo quattro
minuti? Cos’altro disse in tutte quelle ore? Perché non ha posto a Lucia
le domande decisive o perché non ha riportato le sue risposte? Bertone nel
suo libro non fornisce alcun chiarimento. E quel che è peggio attribuisce
oggi alla suora – che nel frattempo è morta e non può smentire nulla –
delle frasi che non furono riportate nel resoconto ufficiale del 2000.
Secondo Bertone la suora avrebbe detto, davanti al testo del 2000, che
“questo è il Terzo Segreto”, “l’unico testo” e “io non ho mai scritto
altro”. Perché una frase così importante non fu riportata da Bertone nella
pubblicazione ufficiale? E perché il prelato non chiese alla veggente se
aveva mai scritto il seguito delle misteriose parole della Madonna sospese
dall’eccetera (“In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede
ecc”) che sono sempre state considerate dagli esperti l’incipit del Terzo
Segreto? Davvero strano. Come l’altra frase che oggi – e solo oggi, morta
la veggente – il prelato le attribuisce, secondo cui suor Lucia, quando
seppe dell’attentato al papa del 1981, “pensò subito che si era attuata la
profezia del Terzo Segreto”. Perché mai una conferma così decisiva non fu
riportata nel resoconto ufficiale? Perché nel dossier vaticano, che
pubblicava il testo della visione (col “vescovo vestito di bianco
ucciso”), nessuno – né suor Lucia, né i cardinali Sodano e Ratzinger e
neanche Bertone stesso - scrisse esplicitamente che l’attentato del 1981
era la realizzazione del Terzo Segreto? E perché Ratzinger disse che tale
interpretazione era solo un’ipotesi e non c’erano “interpretazioni
ufficiali” della Chiesa, mentre oggi Bertone pretende di imporla come
versione ufficiale? E perché suor Lucia, nella lettera al pontefice
allegata al dossier vaticano, scritta nel 1982, quindi un anno dopo
l’attentato, spiegò che “non constatiamo ancora la consumazione finale di
questa profezia” (del Terzo Segreto), ma che “vi siamo incamminati a poco
a poco a larghi passi”? Perché in quella lettera al pontefice Lucia non fa
menzione dell’attentato appena verificatosi se proprio quello era la
realizzazione del Segreto?
C’è chi ha sostenuto che Bertone non abbia registrato, né verbalizzato i
colloqui con la veggente perché ne sarebbero emerse pressioni
psicologiche, sulla suora di clausura, per indurla ad avallare certe tesi.
Mi è tornato in mente leggendo la pagina del libro di Bertone dove il
cardinale ricorda che ad un certo punto la veggente era “irritata” e gli
disse: “Non mi sto confessando!”. A cosa poteva rispondere, con queste
dure parole, Lucia? Forse qualcuno ricordava all’anziana suora di clausura
il potere ecclesiastico e ventilava “non assoluzioni”? Non si sa, perché
il prelato – che ricorda bene la risposta (per le rime) della suora – dice
di aver “rimosso” (testuale) la sua domanda.
E’ evidente che il “quarto segreto” di Fatima (ovvero la parte nascosta
del terzo) esiste e nel mio libro penso di averlo dimostrato. Non c’è solo
la rivelazione clamorosa di un testimone eccezionale, monsignor Loris
Capovilla, segretario di Giovanni XXIII (che era presente all’apertura del
“terzo segreto”), sulle cui parole, raccolte da Solideo Paolini –
incredibilmente – il cardinal Bertone, nel suo libro, non dice alcunché.
Ma c’è anche il resto. Sappiamo, di quella parte “censurata”, che è
scritta su un foglio singolo e non su quattro come il testo della visione
svelata nel 2000 (lo rivelò il cardinale Ottaviani, braccio destro di Pio
XII e di Giovanni XXIII e oggi Bertone se la cava così: “le parole di
Ottaviani non so a cosa si riferiscano”). Ma sappiamo pure quanto misura
il foglio (cm. 9 x 14), sappiamo che è contenuto in una busta di cm. 12 x
18, sappiamo che ci sono 20-25 righe scritte, conosciamo le date (diverse
dal testo della visione) in cui pervenne a Roma e fu letto dai diversi
pontefici. E sappiamo che – a cominciare da Pio XII – fu conservato non al
S.Uffizio (come il testo della visione svelato nel 2000), bensì
nell’appartamento papale. C’è la prova fotografica pubblicata il 18
ottobre 1958 su “Paris Match” da Robert Serrou, c’è la testimonianza della
più stretta collaboratrice di Pio XII, suor Pasqualina (“là dentro c’è il
Terzo Segreto di Fatima”) e c’è la testimonianza del vescovo Capovilla (ho
pubblicato il foglio d’archivio) che il 27 giugno 1963 fu cercato da Paolo
VI per sapere dove fosse “il plico di Fatima”. Lui rispose: “nel cassetto
di destra della scrivania detta Barbarigo, in stanza da letto”. E lì
infatti fu trovato.
A tutti queste testimonianze Bertone non risponde nel libro, ma in una
intervista: “Le ricostruzioni cinematografiche della busta nascosta nel
comodino del Papa sono pura fantasia”. E perché? Non lo spiega. Nel volume
aggiunge un attacco a me che avrei insinuato che tale Segreto profetizzi
l’ “apostasia della Chiesa di Roma” e delle alte gerarchie. Primo: Bertone
si vada a rileggere cosa, nell’apparizione dell’agosto 1931, Gesù ha detto
a suor Lucia. Inoltre di apostasia non parlo io, ma il cardinale Ottaviani
e il cardinale Ciappi (“nel terzo segreto si profetizza, tra le altre
cose, che la grande apostasia nella Chiesa partirà dalla sua sommità”). Un
concetto analogo traspare dalle parole di Lucia a padre Fuentes e da due
dichiarazioni del cardinal Ratzinger. Io ho fatto solo il giornalista,
spiegando che molti interpretano l’apostasia in riferimento agli effetti
del Concilio.
Non ho spazio qui per elencare tutte le gaffe del libro. Ma qualcuna sì.
Bertone c’informa per esempio che “suor Lucia non lavorò mai col
computer”. Notizia preziosa perché in un’intervista alla Repubblica del 17
febbraio 2005 aveva dichiarato che Lucia “usava alla fine perfino il
computer”. La cosa allora serviva ad accreditare certe lettere del 1989 di
suor Lucia che non erano autografe e contraddicevano quanto aveva detto in
precedenza sulla “consacrazione della Russia”.
E’ curioso che il Segretario di Stato nel suo libro accrediti pure la voce
che Gorbacev, nella storica visita a papa Wojtyla del 1° dicembre 1989,
“abbia fatto mea culpa” davanti al papa, quando fu ufficialmente smentita
dalla Sala Stampa vaticana il 2 marzo 1998. Del resto Bertone oggi
accredita come autentiche addirittura le esplosive dichiarazioni sul Terzo
Segreto attribuite a Giovanni Paolo II a Fulda nel novembre 1980, quando
esse furono smentite sia dalla Sala Stampa vaticana che dal cardinal
Ratzinger (“questo incontro a Fulda è falso, non ha avuto luogo e il papa
non ha detto queste cose”).
Peraltro Bertone si premura di dire che “l’interpretazione del cardinal
Ratzinger” relativa al Terzo Segreto “non era un dogma di fede”. Ma lascia
che il suo intervistatore presenti il Bertone-pensiero così: “le sue
parole, davanti a tante interpretazioni del messaggio della Madonna…, sono
l’imprimatur di una versione definitiva”.
Addirittura superiore a Ratzinger. Ovviamente la lettera del Papa al
prelato viene usata nel libro come Presentazione, anche se il Pontefice si
tiene sulle generali. Io, da parte mia, mi tengo la lettera che Benedetto
XVI ha scritto a me a proposito del mio libro, ringraziandomi “per i
sentimenti che l’hanno suggerito”.
Parole che confortano di fronte agli
insulti e alle scomposte accuse di fare “il gioco della massoneria”.
Antonio Socci
DA “Libero” 12 maggio 2007
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