Una casa di Don Bosco unica nel suo genere. Una proposta invitante per I religiosi, ma anche per le famiglie.

"Monteortone vuol dire accoglienza"

di Enzo Bianco

 

A prima vista, può sembrare un'opera anomala, così lontana dal mondo giovanile di Don Bosco. Ma le terme salesiane nascono anche da una notevole capacità di adeguamento.

È una storia che dura da 500 anni. O se si vuole raccontare tutto dall'inizio, da 2.700. Ma di Monteortone interessa soprattutto l'oggi: una comunità di otto salesiani, che vive l'accoglienza come cordiale dovere quotidiano. E offre - a scelta - le calde cure termali per i cercatori di giovinezza, il pensionato per gli studenti che frequentano l'università di Padova, gli ambienti tranquilli per incontri e convegni, e corsi di esercizi spirituali. Ma offre anche il chiostro dell'antico monastero agostiniano, visitato a suo tempo da Martin Lutero. E un santuario pieno d'arte, dove la quattrocentesca «Madonna della Salute» sorride ai pellegrini mostrando loro il suo bel Bambino con il dito (o il succhiotto?) in bocca. Insomma: una casa di Don Bosco unica nel suo genere, uno spazio pulito dove respirare benefica aria cristiana, una proposta invitante per sacerdoti, religiosi e religiose, e anche per famiglie..

IL LUNGO VIAGGIO DELL'ACQUA

La prima buona accoglienza a Monteortone viene già dalla terra. Anzi, dal fango. I salesiani di Monteortone offrono ai loro amici ospiti un eccellente fango curativo, intriso di acque termali (alla sorgente è di 87°), e ricco di sali minerali. L'acqua termale è «salso-bromo-iodica, di origini geotermiche, ricca di gas e leggermente radioattiva». Dalla quota 1500 delle Prealpi l'acqua piovana sprofonda in un sottosuolo vulcanico fino a 2500-3000 metri sotto il livello del mare, percorre senza fretta (cioè in una cinquantina d'anni) 70 e più chilometri, per riemergere bollente nella zona di Abano e paesi vicini. Monteortone, frazione di Abano Terme (Padova), ai piedi dei Colli Euganei, si trova proprio al centro di questo singolare fenomeno naturale.

Il fango risulta una poltiglia bruno-grigiastra, che collocata in apposite vasche, viene lasciata maturare durante alcuni mesi a contatto con l'acqua termale. In tal modo il fango diventa «maturo»; comprende un 53% di argilla, 4% di acqua, 36% di minerali, e un 7% di sostanze organiche. Soprattutto alghe, dette termofile perché amano il calore, e senza calore non vivrebbero. Questo fango, messo a contatto con il corpo umano, lo aiuta a superare le malattie reumatiche, gli restituisce l'elasticità perduta, e restituisce allo spirito anche un po' di giovinezza.

I salesiani di Monteortone, con i loro due stabilimenti termali «San Marco» e «Mamma Margherita» offrono ai loro amici ospiti il relax e il benessere per il corpo e per lo spirito. Come negli altri 140 alberghi termali della zona, ma in un ambiente più riservato e discreto. E cristiano. Accolti in una cornice così suggestiva, gli ospiti indagano volentieri nella storia di Monteortone, non meno suggestiva. E scoprono la piccola epopea delle terme.

2700 ANNI FA...

La storia di Monteortone è in parte legata a quella di Abano. I reperti archeologici della zona, (oggetti di bronzo, vasi di terracotta, idoletti ecc.) risalgono fino al settimo secolo a.C. Già gli antichi greci, e poi i romani, si resero conto che le acque «ferventi» toglievano «ogni fatica, ogni dolore»; e questo sarebbe il significato del nome Abano (forse dal greco áponos: che libera dalla pena, dalla fatica). Gli antichi seppero apprezzare quelle acque: nel secolo scorso furono riportate alla luce fondamenta solide di grandi edifici romani, camere sotterranee incrostate di marmi, pavimenti a mosaico, volte dipinte. Come pure urne, anelli, amuleti. E piccoli idoli. Risulta che vi si veneravano Esculapio, Apollo, e il famoso oracolo Gerione. Qualche storico fa derivare il nome Ortone dalla corruzione della voce Gerione (altri invece, forse più a ragione, da monte Rotondo). Poi la decadenza dell'impero romano, le migrazioni dei popoli germanici, i longobardi che passarono su Abano come un rullo compressore. Ma dopo l'anno Mille ecco i segni sicuri e benefici della presenza cristiana: sorsero i primi monasteri, tra cui quello benedettino di Praglia, anche oggi in piena fioritura. E le acque termali tornarono a essere apprezzate e utilizzate. Finché un giorno...

CORREVA L'ANNO 1428

Un giorno capitò dalle parti di Monteortone, con i suoi servitori, un certo Pietro Falco, militare di carriera, un veterano segnato da gloriose ferite ma con la salute scossa e le gambe che lo reggevano appena. Ve lo mandava il medico, perché - ha raccontato lo storico Giacomo Filippo Tomasino «convengono da tutte le parti del mondo infermi a questi nostri Bagni Padovani per risanare, mirabilmente ricevendo cadauno da queste acque in breve tempo ristoro». Pietro Falco faceva i bagni, ma non riceveva alcun ristoro. Allora si rivolse ad altri medici, il Signore e la Madonna, e pregò pieno di fede. Un giorno era raccolto in preghiera in un boschetto presso una fonte sconosciuta, ai piedi del monte Ortone (troppo onore, chiamarlo monte: è una verde collinetta di 168 metri). Alzò gli occhi al cielo e - racconta sempre lo storico - vide una nuvola luminosa che dal monte si diffondeva sopra il bosco, scendendo dove lui si trovava. La nube si aprì, ed ecco la Madonna tutta splendore. Pietro Falco si fece piccolo piccolo, si prostrò a terra pieno di timore, e di gioia. E si sentì dire: «Va', Pietro, e in questo mio fonte làvati, che ricuperererai la sanità». Pietro, aiutato dai suoi servitori, si immerse nell'acqua della fonte, e sentì che le gambe gli si consolidavano, i dolori cessavano, i postumi delle gloriose ferite sparivano. E nelle acque trovò anche il bel quadro della Madonna oggi venerato nel santuario. La fama dell'apparizione mariana si diffuse in un baleno, la gente accorreva. Con i pruni venne costruita una cappella provvisoria. Le autorità religiose e civili redassero i documenti storici a futura memoria. Poi fu posta la prima pietra del santuario, e col concorso della popolazione in sette anni lo si costruì. Il vescovo di Padova lo consacrò nel 1435.

Lo prese in consegna un ordine mendicante, gli Eremitani di sant'Agostino. Fra' Simonetto, il superiore, completò la costruzione, piantò attorno vigne e oliveti, e costruì accanto alla chiesa il chiostro del convento. Il quale sei anni più tardi prese fuoco, rovinando anche il santuario. La fede era tanta e tenace, e si ricostruì tutto da capo. Ne venne fuori una chiesa a tre navate in stile pre-rinascimentale, più grande della precedente, con un campanile slanciato. Fior di pittori affrescarono le pareti. Poi vennero le pestilenze, e quando fu la volta della famosa peste del Manzoni, tutte le pareti affrescate furono ricoperte di calce viva.

Napoleone, più nefasto della peste, con un decreto del 1810 pose fine alle congregazioni religiose. Gli Eremiti di sant'Agostino furono dispersi, e il santuario-monastero depredato. Sparirono suppellettili preziose e arredi, perfino l'organo e le campane.

Poco dopo Monteortone tornò a essere stabilimento di cura e albergo in mano a privati, per più di un secolo. Ma già nel 1850 il santuario era stato riaperto al culto, tornando a essere punto di convergenza della pietà cristiana. Poi nel 1937 i salesiani acquistarono il chiostro e le terme, per farne la sede di uno Studio Teologico in cui preparare i futuri sacerdoti di Don Bosco.

LA MONTEORTONE SALESIANA

Per più di trent'anni i chierici salesiani con la seriosa tonaca nera e la faccia da monelli si sostituirono agli austeri eremiti di sant'Agostino. Arrivavano ogni anno ai primi di ottobre, e sudavano sui libri sacri per tutto l'anno scolastico. Alla domenica partivano in bicicletta con la tonaca al vento, con qualsiasi tempo, e raggiungevano una quindicina di parrocchie della zona per animare le liturgie e fare l'oratorio. Poi a fine giugno, sostenuto l'ultimo esame, sparivano per altre destinazioni. Allora le acque riprendevano a sbuffare, e Monteortone ridiventava per tre mesi stabilimento termale. Con il passare degli anni gli amici che chiedevano ospitalità alle «Terme San Marco» diventavano sempre più numerosi, i mesi estivi non bastavano per accogliere tutti. E nel 1957 Monteortone aprì il secondo stabilimento: le «Terme Mamma Margherita». Un ambiente serio e riservato, a conduzione famigliare, per le suore, i parenti dei salesiani, per quanti si sentissero a disagio negli altri alberghi scanzonati e mondani.

Intanto le esigenze dello studio teologico erano mutate, e nel 1969 gli studenti sciamarono a Verona. Allora la Monteortone dei fanghi fu pienamente riciclata, con migliorìe e impianti rinnovati. Le «Terme Salesiane di Monterotone» da qualche anno offrono agli ospiti una piscina per le cure di idromassaggio che è il fiore all'occhiello e non teme confronti con le altre piscine di Abano. Esiste anche un piano di rilancio del chiostro: la calce viva di manzoniana memoria a poco a poco viene tolta, e riappaiono gli splendidi affreschi del Quattrocento e Cinquecento.

A prima vista, le Terme salesiane di Monteortone potrebbero sembrare un'opera anomala, lontana da quel mondo giovanile che è proprio di Don Bosco. Ma forse indicano una notevole capacità di adattamento, secondo i tempi. Monteortone oggi vuol dire accoglienza. Accoglie la terra, con le sue calde acque salutari. Accoglie la Madonna nel suo bel santuario, artistico monumento di fede. E accolgono gli otto salesiani, ospitando quanti si rivolgono a loro (anche vescovi, anche cardinali). Dice don Giulio Trettel, direttore dell'opera: «Monteortone è una frontiera forse insolita, diversa rispetto a quelle salesiane più note e diffuse, ma è in linea con lo stile coraggioso e inventivo di Don Bosco».

I SERVIZI DI MONTEORTONE ALLA FAMIGLIA SALESIANA

Le Terme «San Marco» e «Mamma Margherita» sono convenzionate con le Ussl e offrono le seguenti cure: fanghi termali, bagni ozonizzati, inalazioni, aerosol, massaggi curativi, grotte sudatorie, piscina con acqua termale e sudarium.

Camere: 150 ampie e accoglienti, tutte con propri servizi e telefono. Ascensore. Ampio parcheggio. Ristorante e bar. Sale televisione.

Attrattive. Il complesso termale sorge in un vasto parco ai piedi del colle, ricco di verde vegetazione, offrendo comodità di riposare e ritemprare lo spirito. Ampie possibilità di escursioni e visite pomeridiane a luoghi e centri di arte e di culto (a 4 Km il Convento di Praglia, a 12 Arquà con la casa del Petrarca, a 40 la piazza San Marco a Venezia, a un'ora l'Arena di Verona, e tutto attorno i Colli Euganei...). Raccoglimento e preghiera. Oltre al suggestivo santuario-chiesa parrocchiale, due distinte cappelle per la liturgia. Concelebrazione eucaristica tutti i giorni. Sale di studio e di riflessione. La stagione dei fanghi dura da marzo a tutto novembre. Il pensionato universitario accoglie una trentina di studenti, che trovano ambiente tranquillo e ideale per lo studio.

Accoglienza ai gruppi più diversi: per esercizi spirituali, convivenze di fine settimana, corsi di aggiornamento, convegni (nel 1995 vi si tenne il Sinodo della Chiesa Evangelica-Luterana). Monteortone è anche meta per gruppi giovanili in gita ciclistica o per scampagnate.

Direzione e gestione dei Salesiani di Don Bosco.
Via Santuario 130. 35030 Monteortone Abano Terme (PD).
Telefono 049/86.69.041
Fax 049/66.72.86

Fonte: http://www.sdb.org/bs/1997/03eb-9.htm

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