Olimpiadi della fede.
La
Cina squalifica la Madonna di Sheshan
Proibiti i
pellegrinaggi al più importante santuario mariano cinese. Nella
giornata di preghiera indetta dal papa. Un libro del sinologo
Bernardo Cervellera mette a nudo le contraddizioni del regime, alla
vigilia dei giochi olimpici di Pechino. |
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ROMA, 22 maggio 2008 –
Cade in questo mese di maggio, tra due
giorni, la prima delle annuali giornate di preghiera per la Chiesa in Cina
indette da Benedetto XVI nella sua lettera di un anno fa ai cattolici
cinesi. Tradizionalmente, ogni 24 maggio, migliaia di cattolici si recano
da tutta la Cina in pellegrinaggio al santuario di Sheshan, dedicato a
Maria "aiuto dei cristiani", posto su un colle verdeggiante a 50
chilometri a sud di Shanghai.
Per la festività di quest'anno era previsto un afflusso più forte, di
almeno 200 mila fedeli. Ma non sarà così. E non solo a motivo del
terrificante terremoto che nei giorni scorsi ha fatto innumerevoli vittime
nel Sichuan e ha creato difficoltà nell'intero paese. Gli ostacoli
principali al pellegrinaggio sono stati frapposti deliberatamente dalle
autorità cinesi, e in particolare dall'Associazione patriottica che
controlla la vita religiosa.
Le diocesi più vicine al santuario – quelle di Shanghai, Wenzhou e Ningbo
– sono state diffidate dall'organizzare visite collettive di fedeli, e
per tutto il mese di maggio è stato proibito agli alberghi e agli ostelli
della zona di accogliere pellegrini cattolici. Le visite individuali
sono consentite solo a chi – a suo rischio – si registra presso la diocesi
di Shanghai e chiede l'autorizzazione. In una direttiva in cinque punti,
l'Associazione patriottica ha intimato a tutte le diocesi di organizzare
devozioni mariane solo nei rispettivi territori, senza recarsi a Sheshan.
La direttiva è stata sottoscritta anche dal Consiglio dei vescovi cinesi,
un organismo fantoccio non riconosciuto dalla Santa Sede. In uno dei
cinque punti sono formulate le intenzioni di preghiera: per la pace, per
il papa, per la riuscita delle Olimpiadi e per un buon risultato degli
atleti cinesi.
Queste ultime intenzioni suonano come una beffa. Risulta infatti che le
vicine Olimpiadi non comportano in Cina un allargamento degli spazi di
libertà religiosa, ma piuttosto un irrigidimento dei controlli, per
"ragioni di sicurezza". Specie dopo le rivolte tibetane, ogni
raggruppamento di persone – anche attorno a un santuario mariano – è visto
dalle autorità cinesi come fonte di pericolo. Ed è scoraggiato o impedito.
Inoltre, in alcuni dirigenti cinesi c'è la volontà di ostacolare la
giornata di preghiera voluta dal papa proprio perché essa creerebbe una
maggiore unità dentro la Chiesa cinese: tra i cattolici con riconoscimento
ufficiale e quelli clandestini, e tra tutti questi e la Chiesa di Roma.
Sulla situazione complessiva della Cina alla vigilia delle Olimpiadi esce
tra pochi giorni in Italia un libro di un grande esperto, padre Bernardo
Cervellera, del Pontificio Istituto Missioni Estere, stampato
dall'editrice Ancora e intitolato "Il rovescio delle medaglie". Padre
Cervellera è anche il fondatore e il direttore dell'agenzia on line "Asia
News", informatissima sulla Cina.
Ecco qui di seguito un estratto del capitolo settimo del libro, dedicato
alle religioni:
"Una grande sete di Dio"
di Bernardo Cervellera
"Pechino 2008 sarà all’insegna dell’armonia e della libertà per tutte le
religioni": lo assicura Ye Xiaowen, direttore dell’amministrazione statale
per gli affari religiosi, il ministero che si preoccupa di attuare la
politica della Cina verso le religioni. [...]
In effetti, al villaggio olimpico, fra stadi e residenze, sta nascendo
anche un centro per i servizi religiosi a disposizione dei bisogni degli
atleti, secondo le loro diverse convinzioni religiose. Ci saranno locali
adibiti alla preghiera per buddisti, indù, cristiani, ebrei e musulmani.
[...]
L’impressione però è che tanta apertura verso le fedi religiose degli
ospiti olimpici sia solo un altro superbo spettacolo di facciata, una
enorme campagna di immagine per mostrare che la Cina del XXI secolo non
viola i diritti umani e religiosi. Almeno nel villaggio olimpico. Il punto
è infatti che le regole all’interno del recinto dei Giochi sono diverse
dalle regole all’interno del Paese. Nel villaggio olimpico si dà spazio a
tutte le religioni, ma in Cina sono riconosciute solo cinque religioni
ufficiali: buddismo, taoismo, islam, cristianesimo protestante,
cattolicesimo. Altre comunità religiose presenti nel territorio – come i
cristiani ortodossi, gli ebrei, gli indù, i bahai – non hanno luoghi di
culto e non possono averli perché il governo non li riconosce.
Nel 2007, in diverse riprese, il patriarca di Mosca ha criticato il
governo di Pechino per non concedere piena libertà e riconoscimento alla
Chiesa ortodossa cinese, che pure è presente da 300 anni nel Paese. Il
gruppo di fedeli – che si aggira sulle 13 mila unità – per le speciali
occasioni, come Natale e Pasqua, deve usare i locali dell’ambasciata russa
a Pechino. Anche il metropolita greco-ortodosso di Hong Kong, Nikitas
Lulias, ha criticato le autorità cinesi per lo stesso motivo.
Una cosa simile vale per gli ebrei. Presenti da secoli sul territorio,
essi sono stati spazzati via dal maoismo, che ha sequestrato beni degli
israeliti e diverse sinagoghe. Il rabbino capo di Israele ha chiesto da
tempo al governo cinese il ritorno al culto della sinagoga di Shanghai, la
Ohel Rachel, ma non ha ottenuto risposta. A tutt’oggi gli ebrei in Cina,
che si aggirano sulle diverse migliaia, sono tollerati finché vivono la
loro religione con discrezione e senza coinvolgere cinesi. [...]
Chi pensava che le Olimpiadi sarebbero state il momento per la Cina di
assaggiare la libertà religiosa come è praticata in larga maggioranza
nella comunità internazionale, dovrà ricredersi: toccherà al resto del
mondo assaggiare il controllo religioso "made in China". In Cina le
comunità religiose "riconosciute" godono di libertà religiosa (o meglio,
di culto) solo se praticano la loro fede in strutture registrate presso
il governo, con personale registrato, con attività registrate e accettando
la supervisione delle Associazioni patriottiche (AP). Questa
confusione fra Stato e Chiese produce un effetto ridicolo: membri del
Partito – la maggioranza dei segretari delle Associazioni patriottiche
sono atei – si mettono a gestire la vita spirituale dei fedeli indicando
come svolgere i riti, quali libri stampare, chi può scegliere la vocazione
religiosa, chi può diventare prete o leader di una comunità, quali ragazze
possono entrare in convento. Questo controllo non è neutrale. Esso tende a
un lento soffocamento delle religioni. [...]
C’è anche un effetto violento: a chiunque non si sottoponga al controllo
delle AP è proibita ogni attività religiosa. Se osa farlo va in prigione
perché compie un’azione "illegale" ed è trattato alla stregua di un comune
delinquente. [...] In prossimità delle Olimpiadi, mentre il governo
proclama ai quattro venti che durante le Olimpiadi ci sarà piena libertà
religiosa, la polizia di diverse regioni ha fatto retate e piazza pulita
di vari leader delle comunità sotterranee.
Fra i cattolici [...] il fatto più terribile è certo la morte di
monsignor Giovanni Han Dingxian, vescovo sotterraneo di Yongnian. Da
due anni in isolamento nelle mani della polizia, il prelato, che ha
passato almeno 35 anni della sua vita in prigione, è morto in un ospedale
il 9 settembre 2007. I parenti sono stati chiamati poche ore prima che
spirasse. Poche ore dopo la sua morte (avvenuta alle 11 di sera), la salma
è stata subito cremata e seppellita in un cimitero pubblico, senza
possibilità per parenti, fedeli e sacerdoti di poterlo vedere, salutare o
benedire. Secondo alcuni cattolici della diocesi, la polizia "voleva
coprire delle prove", forse di tortura. [...]
La Cina è stata spesso condannata dalla comunità internazionale per la
pratica della tortura da parte della polizia. Manfred Nowak, investigatore
capo dell’agenzia ONU sulle torture, ha confermato in un suo rapporto del
2006 "l’uso diffuso della tortura in tutta la Cina", chiedendo il
"rilascio immediato di chi è in carcere per aver esercitato il diritto
alla libertà religiosa o alla parola". [...] L’accanimento del regime è
forte soprattutto con i protestanti. Il governo centrale teme infatti che
durante le Olimpiadi di Pechino avvengano scontri o manifestazioni di tipo
religioso che sfuggano al controllo della polizia, proprio da parte dei
cristiani protestanti. E questo per due motivi. Anzitutto perché già da
due anni migliaia di protestanti di vari Paesi si preparano a
evangelizzare a tappeto la Cina approfittando della facilità con cui essa
darà visti di ingresso in occasione dei Giochi.
Nel terrore che questo possa accadere, già nel 2007 Pechino ha espulso più
di cento personalità protestanti straniere, provenienti da Stati Uniti,
Corea del Sud, Singapore, Canada, Australia, Israele. Il nome in codice
dell’operazione poliziesca era "Tifone numero 5" e mirava a "prevenire le
attività missionarie di cristiani stranieri, prima delle Olimpiadi di
Pechino dell’agosto 2008". [...]
L’altro motivo dell’accanimento è che i protestanti rappresentano fra i
cristiani il gruppo più folto e meno controllabile. Secondo statistiche
ufficiali, i protestanti cinesi sono 16 milioni. Tutte le denominazioni
sono radunate nel Movimento delle Tre Autonomie (MTA), che – similmente
all’Associazione patriottica dei cattolici – verifica la loro obbedienza
al Partito. Ma grazie a una diffusa evangelizzazione, finanziata da gruppi
decisi e potenti con base negli Stati Uniti, in Corea e in Australia, la
popolazione protestante è cresciuta fino a oltre 50 milioni (alcune stime
dicono anche 80 milioni). Questo squilibrio fra cristiani riconosciuti e
non riconosciuti (sotterranei), tra controllati e non controllati, provoca
una risposta dura da parte del governo che ormai esige o l’assorbimento
delle comunità sotterranee nel MTA, o l’eliminazione della comunità
stessa. [...]
L’accanimento del Partito verso le religioni, e soprattutto verso
cattolici e protestanti, ha diverse ragioni.
Esse sono certamente ideologiche – Stato ateo, religioni "oppio dei
popoli", eccetera – ma sono alimentate anche dalla paura nel veder
crescere l’influenza delle religioni nei fenomeni mondiali. Per fare solo
un esempio: nell’agosto e settembre 2007 i monaci buddisti birmani sono
stati la forza trainante di manifestazioni contro il caro-vita, per la
democrazia, di critica della giunta al potere. Vi è poi il caso delle
Filippine, dove la Chiesa cattolica esige dal governo rispetto per la
vita, per l’ambiente, per i diritti dei lavoratori. Ancora prima, i
cattolici polacchi e papa Giovanni Paolo II, con le loro pressioni,
avevano messo in crisi il comunismo sovietico e contribuito alla caduta
del Muro di Berlino.
Il terrore di Pechino è che possa crescere un’alleanza fra le forze
religiose e gli scontenti della società cinese, creando una forza
innumerevole, impossibile da fermare. A questo si aggiunge il fatto che
ormai il Partito è al suo minimo storico di credibilità, mentre le
religioni si danno sempre più spazio.
Una ricerca di due professori dell’Università Normale di Shanghai, Tong
Shijun e Liu Zhongyu, dimostra che i credenti in Cina sono almeno 300
milioni, il triplo di quanto stimato anni fa dal governo. Il rapporto
sottolinea che la religione più cresciuta è il cristianesimo: il 12 per
cento dei credenti, pari a 40 milioni di persone, si dichiara seguace di
Cristo. Nel 2005 Pechino aveva stimato i cristiani in 16 milioni, mentre
alla fine degli anni Novanta – sempre secondo dati governativi – essi
erano poco più di 10 milioni. [...]
Questi dati confermano molte testimonianze di vescovi cristiani che
parlano di "una grande sete di Dio" nel popolo cinese, soffocata da
decenni di materialismo marxista e da secoli di materialismo confuciano.
Il fatto strabiliante è che questa nuova ricerca religiosa scuote anche il
Partito. Secondo dati pubblicati da "Epoch Times" (12 novembre 2005),
almeno 20 dei 60 milioni di quadri del Partito credono in qualche
religione. Essi sono spinti a credere perché stanchi del materialismo che
non dà gioia, o perché disgustati dalla corruzione e dall’immoralità di
molti quadri, che affamano la popolazione per godere di privilegi.
Statistiche segrete della Commissione disciplinare del Partito, arrivate
in Occidente, stabiliscono che i quadri implicati in attività religiose
nelle città sono 12 milioni e di questi, almeno cinque svolgono attività
regolari. Nelle aree rurali altri 4 milioni di attivisti del Partito
partecipano ad attività religiose con regolarità. [...] Nel tentativo di
contrastare l’ondata religiosa all’interno delle sue file, il Partito
comunista cinese ha varato da più di quattro anni una campagna per la
diffusione dell’ateismo utilizzando radio, televisione, internet, seminari
universitari. Nel 2006 ha anche finanziato con 30 milioni di dollari
una campagna per rivitalizzare il marxismo. Negli ultimi anni, per
contrastare la crescita di protestanti e cattolici, il governo ha anche
lanciato campagne a sostegno delle religioni "non occidentali",
potenziando buddismo, taoismo e confucianesimo (quest'ultimo non proprio
una religione, ma piuttosto una filosofia morale).
A metà aprile 2007, il governo ha finanziato con 1 milione di dollari un
convegno in due differenti sedi, Xian e Hong Kong, per promuovere lo
studio del "Daodejing", il libro base del taoismo. Al raduno hanno
partecipato Liu Yandong, del Comitato centrale del Partito; Xu Jialu,
vicepresidente dell’Assemblea nazionale del popolo e Ye Xiaowen, direttore
dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi.
Dal 13 al 16 aprile 2006 il governo ha anche sponsorizzato il convegno del
World Buddhist Forum. Interrogato dall'agenzia ufficiale Xinhua
sull’avvenimento, Ye Xiaowen ha dichiarato: "Il buddismo può offrire un
contributo particolare alla 'società armoniosa' perché tende a un’idea di
armonia più vicina alla visione cinese... In quanto Paese responsabile la
Cina ha una sua visione e una politica precisa nel promuovere l’armonia
mondiale. Il potere religioso è una delle forze sociali da cui la Cina può
ricevere sostegno".
Infine, dal 2002 il governo ha stanziato ben 10 miliardi di dollari per
rivitalizzare in patria e nel mondo gli insegnamenti di Confucio, con i
cosiddetti "Istituti Confucio". Il desiderio è proprio quello di mostrare
un volto noto alla cultura mondiale, rispondendo alla crisi di moralità e
di valori spirituali nel Paese. L’interesse è anche dato dal fatto che la
filosofia di Confucio – tanto disprezzato da Mao Zedong – predica
soprattutto la pietà filiale, l’obbedienza alle autorità, il sacrificarsi
per il clan, tutte doti importanti nella Cina individualista di oggi, che
tenta di sfuggire alla massificazione, ma anche alla morsa del controllo
del Partito, visto come un padre-padrone.
Anche il sostegno generoso verso il buddismo e il taoismo cinesi si spiega
con il fatto che queste due religioni diffondono un credo che ha come
ideale il distacco dalla società, la non-azione, senza mai mettere in
discussione il potere. Una parte dei membri del Partito rimane comunque
convinta che le religioni, tutte le religioni, possono contribuire
all’armonia sociale, alla stabilità e allo sviluppo. Per questo occorre
non frenare la loro crescita, permettendo anche ai membri del Partito di
partecipare alle attività religiose. [...]
Essendovi in Cina una ricerca religiosa così forte, e una persecuzione
altrettanto sistematica, è comprensibile che molti gruppi religiosi nel
mondo vogliano sfruttare l’occasione delle Olimpiadi per costringere la
Cina ad aprire le maglie del controllo sulle religioni e utilizzare il
tempo dei Giochi anche per lanciare nuove occasioni di evangelizzazione.
[...] Quel che è certo è che tutte queste attività metteranno a dura prova
la sicurezza cinese e il tentativo di isolare i Giochi, come oasi di
libertà, dal resto della vita della Cina, immensa prigione a cielo aperto.
Per questo, il gesto più significativo che Pechino potrebbe fare per
proclamare la sua avvenuta maturità nella comunità internazionale sarebbe
quello di liberare tutti i prigionieri di coscienza e quelli imprigionati
per motivi religiosi.
__________
Il libro: Bernardo Cervellera, "Il rovescio delle medaglie. La Cina e
le Olimpiadi", Ancora, Milano, 2008, pp. 230.
di Sandro Magister
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