Le api al tempo della peste

di MAURIZIO TROPEANO

Strage mondiale, in Italia annientati 40.000 alveari.

«I neonicotinoidi filtrano nella linfa e vi restano per tutta la vita della pianta. Si annidano nel polline. Nel nettare. E uccidono le api. Intere famiglie si sono spopolate. Milioni di api battitrici, quelle che vagano in cerca del nettare, sono morte». Francesco Panello, presidente dell'Unaapi, associazione piemontese dei produttori, descrive così la genesi della strage delle api. Correva l'anno 2007 e in contemporanea con le semine di mais nel nord-ovest le api iniziarono a cadere a migliaia. Da allora il tasso di mortalità è aumentato in modo esponenziale: quasi 200 milioni di esemplari in provincia di Torino. Un miliardo in tutto il Piemonte. È come se un'epidemia si fosse abbattuta sugli alveari. E il contagio si è diffuso alla Lombardia mentre «segnali di morie di api si registrano in Veneto, Emilia Romagna e Toscana», spiegano alla Cia, la Confederazione Italiana degli Agricoltori. Al momento sono oltre 40 mila gli alveari colpiti. In poco tempo è scomparso oltre il 50 per cento del patrimonio apistico del nostro Paese. I danni? Enormi, almeno tre milioni di euro secondo le prime stime effettuate dalla Cia sulla mancata produzione di miele.

Il livello di allarme è alto. A rischio non c'è solo la produzione di miele ma «visto che le api contribuiscono per oltre l'80 per cento all'impollinazione delle coltivazioni in pericolo vi sono molte colture, e possono esserci riflessi negativi anche nel settore zootecnico, vista l'importanza che riveste l'impollinazione nei confronti dei pascoli e del foraggio», sottolineano alla Cia. Ecco perché Giuseppe Politi, il presidente dell'organizzazione agricola, chiede al ministro delle Politiche Agricole, Paolo De Castro, di «applicare anche in questo caso il principio di precauzione e dunque in attesa di un reale riscontro scientifico, di sospendere subito i preparati contenenti neonicotinoidi in agricoltura».

E ancora: «E' necessario predisporre rapidamente tutte le procedure per rivedere l'autorizzazione dei principi attivi che non si limitino allo studio degli effetti immediati, ma a quelli nel medio e lungo periodo per tutto l'insieme delle forme viventi». La richiesta che Politi avanzerà il 18 aprile nel corso del vertice a cui parteciperanno le Regioni interessate e le associazioni di categorie si basa sull'esperienza francese dove «l'autorizzazione d'uso di queste sostanze, è stata sospesa su tutte le colture di interesse apistico».

Ma il killer delle api è davvero il neonicotinoido?

Agrofarma, l'associazione nazionale imprese agrofarmaci, traccia un identikit diverso:
«La comunità scientifica sostiene da tempo che sono molteplici le cause della moria delle api, quali ad esempio la recrudescenza degli attacchi di Varroa, alcuni patogeni quali virus e Nosema, i cambiamenti climatici. Tra queste concause l'impiego di agrofarmaci è solo un'ipotesi tra le altre», spiega il presidente Luigi Radaelli. Per questo motivo «accreditare gli agrofarmaci come unica o prevalente causa di moria di api, è infondato dal punto di vista scientifico».

Che fare, allora? L'associazione aderente a Federchimica si dice pronta a partecipare ad un tavolo di confronto proposto dalla Cia e dalle federazione Apicoltori Italiani perché «individuare con certezza le cause della moria delle api è nell'interesse di tutti». Anche l'associazione italiana delle aziende sementiere sottolinea come «i fenomeni di mortalità o spopolamento vengono segnalati anche dove non si coltiva mais o al di fuori del periodo di semina».

Il ministro delle Politiche Agricole, Paolo De Castro, spiega che «il ministero sta seguendo la vicenda con tutta l'attenzione necessaria perché vanno coniugate le esigenze di sviluppo compatibile delle attività agricole con quelle di salvaguardia degli ecosistemi e delle pertinenti collettività faunistiche». In vista del vertice del 18 aprile «gli uffici ministeriali stanno acquisendo tutti gli elementi per individuare le iniziative più appropriate, in maniera da rispondere alle preoccupazioni manifestateci».

FONTE: lastampa.it 13 aprile 2008

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