Apparizione di Oneta (BG)
2 Luglio 1512
Madonna del
Frassino |
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La storia della fondazione di questo
Santuario presenta due versioni: la prima narra di
un'apparizione della Madonna, la seconda di un miracolo di
lacrimazione da un'immagine. Probabilmente le due versioni non sono
in contraddizione tra loro ma si completano a vicenda perché sicuramente sono accadute entrambi. |
Il Santuario ed i suoi dintorni
La località "Il Frassino" si trova in Val
Brembana, nel territorio del Comune di Oneta in provincia di Bergamo, a
quota 954 metri, a circa 32 chilometri da Bergamo e 80 da Milano, in una
bella valle che in questo punto si allarga offrendo ampie panoramiche sui
pendii e le vette circostanti. "Frasen" in dialetto bergamasco è il nome
che, almeno dal 1472, definisce questa bellissima località situata ai
piedi della maestosa mole dolomitica del monte Alben di 2020 metri e
deriva senz'altro dalla presenza in questo luogo di un grande frassino.
Prima versione: l'Apparizione
della Madonna
Il 2 luglio del 1512 alla pastorella
cieca Petruccia Carobbio, che sotto un vecchio frassino custodiva il suo
gregge, apparve Maria che le guarì gli occhi chiedendole che in quel luogo
si costruisse una chiesa ed a prova della sua presenza fece scaturire una
fonte d'acqua purissima.
Nella località del miracolo sorse
quindi il santuario che, fatta eccezione del presbiterio, ha subìto
nel tempo molte trasformazioni, sia all’esterno che al suo interno.
Il campanile, bel lavoro in pietra viva, fu invece completato nel
1618. Diverse le opere d’arte contenute nella chiesa: danno prova
della sua antichità e sono motivo di interesse culturale.
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Nell’abside si trova un polittico, di
Francesco Rizzo da Santa Croce, a tre scomparti: in quello centrale è
rappresentato l’incontro di Maria con Elisabetta su sfondo di paese
pittoresco con edifici biancastri, in quelli laterali San Giuseppe ed il
vecchio Simeone. E’ possibile anche ammirare nella chiesa mariana una
tavoletta preziosa, di scuola toscana fine 1300, raffigurante una Madonna
con Bambino e, sull’altare di marmo nero, due angeli adoranti in marmo di
Carrara, opera fantoniana.
In mezzo alla chiesa vi è il sacello che racchiude la statua della Vergine
che appare alla fanciulla, opera del 1877. Dell'esistenza della chiesa si
legge nei documenti della visita pastorale del vescovo Pietro Lippomano
avvenuta il 10 luglio 1536. Nel 1700 la chiesa fu trasformata ed il
sacello contenente il gruppo statutario dell'Apparizione fu situato nel
1877, quando la vecchia chiesa fu demolita per dare spazio al piazzale
della chiesa. Il Campanile è del 1618 ed aveva 3 campane; nel 1903 le
campane divennero cinque.
L'incoronazione avvenne il 18 luglio del
1914 con una cerimonia solenne e fu officiata dal Card. Andrea Ferrari
arcivescovo di Milano.
La festa si celebra il 2 luglio anniversario del primo miracolo.
Seconda versione: la
lacrimazione di una Immagine della Madonna
In questa località, nel XV° secolo, fu
registrato l'evento miracoloso celebrato nel Santuario della B.V.
del Frassino: il sanguinare di un'immagine della Madonna dipinta
sulla parete di una fontana. Testimone dell'evento fu Petruccia Carobbio,
una giovane pastorella sofferente di un doloroso male agli occhi che,
raccogliendo con un panno di lino, le lacrime di sangue sgorgate dagli
occhi dell'immagine miracolosa, ne ottenne guarigione.
Il Miracolo fra tradizione e
documenti
Il miracolo
raccontato dalla tradizione (1)
E’ in fama il
santuario della B.V. Maria, posto alle radici del monte Albeno nel
paese di Oneta in Valle Brembana. Ebbe origine quella fabbrica nel
cadere del secolo XVI° da una apparizione della Madonna. Una
fanciulla mendica, ma ricca di virtù al cospetto di Dio, guidando un
giorno alcune pecore al pascolo, là ove un altissimo frassino
stendeva assai largamente le sue braccia, piangendo per forte dolore
che pativa negli occhi, alla intercessione della madre di Dio
teneramente si raccomandava. Mentre struggevasi in lagrime ed in
preghiere si espandeva, le apparve in avvenente aspetto quella
Vergine che è salute agli infermi; e, rincoratala dal tremore che a
quella apparizione l’aveva sorpresa, comandolle che ivi stesso
edificare facesse una chiesa in onor del suo nome.
Al comando
univa Maria anche un portento, poiché imporporandole di gocce
di sangue il grembiale, ordinolle di appressarselo agli occhi. A
quel tocco fu liberata dal fiero dolore.
I paesani
credettero alle parole della fanciulla, poiché era fanciulla dabbene
e per la sua singolare pietà da tutti molto stimata. Perciò senza
indugia apprestarono quanto necessario alla fabbrica: ma non in quel
luogo stesso; sì bene in altro che a loro avviso più opportuno si
offeriva al concorso del popolo. Il mattino seguente tutti quelli
apprestamenti trovarono di notte trasportati alle radici del
frassino: pel quale prodigio fattasi manifesta la volontà della
madre divina, pensarono di custruir quivi un nobile santuario, che
divenne poscia a cagione dei miracoli in esso operati quant’altro
mai illustre e celebrato. Né lo scorrere degli anni raffreddò mai
l’affetto di quelle genti verso Maria, poichè Ella riscaldavalo anzi
accendevalo sempre più con nuovi prodigi.
(1)
Il testo riportato
integralmente compare nell’Atlante Mariano di Wilhem Gumppenberg
(n. 1609 m. 1675) opera ampliata poi dall’abate Zanella. (Vol.
3° pag. 361 e 362)
Il miracolo raccontato nei
documenti
Le ricerche sino
ad oggi condotte su documenti originali del tempo, in particolare
quelli relativi alle visite del vescovo Pietro Lippomane del 1536 e
di S.Carlo Borromeo del 1575, permettono di
ricostruire con sufficiente chiarezza i fatti e la situazione
ambientale, sui quali poggiarono e si svilupparono gli avvenimenti
legati al miracolo. Emerge dai documenti antichi una realtà
diversa sulle modalità dell’apparizione che contrasta con quella
ormai consolidata nella predicazione, nei racconti della gente di
Oneta, nei testi stampati.
La responsabilità di questa contraddizione va
addebitata principalmente al veneziano Flaminio Cornaro, (1693-1778)
che nel 1760 pubblicò una storia dei santuari mariani sul territorio
di dominio veneto elaborando il racconto del miracolo del Frassino
attingendo a fonti letterarie e ai racconti popolari che non
avevano alcun riscontro storico; anche il gesuita Wilhem
Gumppenberg (1609-1675) contribuì non poco ad accrescere questo modo
un po’ libero di raccontare l’importante avvenimento con l’opera
Atlante Mariano ampliata poi dall’abate Zanella; emblematico a
tale riguardo il fatto che entrambi gli scrittori collocano
l’apparizione ad Oneta in Val Brembana. La discordanza tra documenti
e tradizione era già stata notata da
Don Luigi Olmo, parroco di Oneta dal 1872 al 1888 durante le sue
ricerche in preparazione della storia dell’apparizione pubblicata
nel 1877; egli accenna ad un diverso miracolo
nel suo libro a pagina 67, infatti scrive: “...giova
osservare che, se il documento surriferito della Visita di San Carlo
sembri accennare a un diverso o secondo miracolo, cioè, che le
lagrime sanguigne, si dicessero versate da una immagine della
Vergine, che stava sopra la fontana vicina alla Chiesa, ciò non
toglie punto di verisimiglianza e autenticità al fatto miracoloso....”,
tuttavia nel racconto
dell’avvenimento preferì seguire la tradizione ormai consolidata.
Il contrasto verte su questo punto: il santuario sorse in memoria di
un’apparizione della Vergine o di una immagine miracolosamente
sanguinante?
Tutta la descrizione che
segue è suffragata dai verbali redatti nelle citate visite pastorali
giacenti nella curia vescovile di Bergamo e in quella di Milano. La
data del miracolo non è indicata in alcun
documento, è configurabile comunque con buona
approssimazione nel 1512, anche l’anno di
costruzione della chiesa non ha datazione precisa, ma
in base a ragionevoli considerazioni la si può
collocare attorno al 1520. Per quanto riguarda invece la dinamica
dell’evento miracoloso, i documenti ne parlano
in modo molto scarno. Giovannino Zucca di Oneta interrogato dal
Lippomane nel 1536 su cose di ordine generale
esce con una frase “quando accadde
quel miracolo della donna”, non si fa alcun
nome della “donna” nemmeno nei verbali del 1575. La
figura di Carobbio Pierina compare in epoca
molto tarda nel XVII° secolo, ma sarà sul finire
del XVIII° secolo che
acquisterà grande valenza di messaggera del sacro e delle virtù
esemplari.
Sulla base di queste considerazioni, è
possibile oggi riscrivere la storia della Madonna del Frassino senza
togliere, come intendeva lo stesso don Olmo, autenticità al
fatto miracoloso, ma, al contrario, grazie alla documentazione
storica inoppugnabile, accrescere il valore e il significato degli
avvenimenti che caratterizzarono questo luogo divenuto sacro agli
inizi del 1500.
Situazione ambientale del luogo
nel 1512
Sappiamo dall’estimo del 1472 che il luogo è
denominato “Frasen”, è un punto
importante di passaggio e di sosta sulla strada mulattiera che
collega i paesi di Vertova e Colzate con la valle Brembana
attraverso il passo della Crocetta. La posizione dominante, l’acqua
copiosa delle sorgenti, il prato e gli alberi circostanti
creano una atmosfera sacrale carica di forti significati
rassicuranti. Nell’estate del probabile anno 1512 sul
luogo esiste già da molto tempo una fonte coperta da una volta a cui
si accede scendendo tre gradini, sopra la fonte c’è una parete
dipinta con l’immagine della Madonna, accanto, a pochi metri di
distanza si erge una cappella con un piccolo altare disadorno,
aperta su due lati e chiusa da una cancellata dove si celebra nel
giorno della Visitazione della Vergine Maria. La cappella è
affrescata con immagini di sante, due delle quali rappresentano
S.Agata e S.Caterina d’Alessandria conosciuta anche come S.Caterina
della Ruota, gli affreschi sono visibili sotto
l’arco che appare nel lato sud esterno del Santuario. Al centro del
medesimo arco è dipinto il simbolo di S.Bernardino da Siena in
ricordo della sua predicazione nelle nostre valli e per il fervore
religioso dopo che venne canonizzato nel 1450.
Dai
verbali di Pietro Lippomane (10 luglio 1536)
Sull’onda dell’emozione
suscitata dallo straordinario evento, tutta la popolazione decide di
costruire una chiesa. Giovannino de Berzi, proprietario del luogo,
vende i suoi beni a Pietro di Comino Batalino ma lascia in legato
due pertiche di terra affinchè si costruisca la nuova chiesa. Il
Pietro di Comino Batalino occupa però le due pertiche di terra ed ha
iniziato la costruzione di una stalla in pregiudizio alla chiesa.
Questo Pietro quando viene a sapere del parere
contrario del Comune, che si oppone e proibisce tale costruzione,
interrompe i lavori.
Nel 1520 la chiesa è
terminata, viene dedicata alla Visita di Maria alla cugina
Elisabetta e si celebra il 2 luglio la ricorrenza.
La dimensione è poco più di una cappella votiva. E’ amministrata da
quattro deputati, uno per ogni contrada, eletti ogni anno e sono
Mondino di Pietro Batalino, Pasino di Tommaso Barozzi, Bettino
Fattori e uno di Chignolo, ma questi non rendono
ragione alcuna al Comune e c’è grande malcontento tra i parrocchiani
perchè non esibiscono i resoconti. Giovannino di Giovanni Zucca di
Oneta interrogato in merito all’amministrazione della chiesa
risponde di credere che sia bene amministrata, aggiunge anche che
quando accadde quel miracolo della donna il Giovannino de Berzi gli
disse che donava due pertiche di terra perchè vi si costruisse la
chiesa. “Il Giovannino Zucca ha 35 anni e più”.
Dai verbali di S. Carlo Borromeo
(6 ottobre1575)
La chiesa è lunga braccia 10 e larga 7 (circa 6
metri di lunghezza per 4 di
larghezza); ad occidente c’è un altare non consacrato, piccolo, con
una predella. Ha una bella immagina sacra, (si riferisce al
polittico), è in una cappella piccola quadrata, lunga e larga 4
braccia, con soffitto a volta e affrescata. La chiesa è costruita
adiacente alla cappella incorporandone la parete a
nord così che la vecchia cappella si trasforma in un portico con la
volta in muratura ed un arco appoggiato alla
chiesa. Ha un piccolo campanile a “vela” con due
colonne che si ergono sopra la facciata a
sostenere una sola campana e la fune pende all’esterno
e di fianco alla porta maggiore. Il tetto è a due falde, il
soffitto in legno, ben fatto, è sostenuto in mezzo da un arco; le
pareti sono in parte intonacate e in parte ben affrescate; ha due
porte: la maggiore ad oriente, sopra la quale è una finestra
rotonda, ed ai due lati altre due finestre, in basso, tutte senza
vetro; l’altra porta laterale è sul lato nord. Il pavimento è poco
regolare. Nella chiesa non c’è la pila dell’acqua santa. Sulle
pareti vi sono delle intelaiature da cui pendono moltissime immagini
di cera (1). Ai due lati dell’ingresso della porta maggiore
vi sono casse in noce nelle quali, attraverso le finestre inferiori,
si mettono elemosine ed offerte per mezzo di apposite aperture nel
coperchio delle casse stesse. Nella cassa sulla sinistra
rispetto all’ingresso è stata trovata una cassettina chiusa nella
quale c’era un piccolo panno con tre macchie che si dice siano le
lacrime di sangue di quella stessa immagine della Beata Vergine
Maria che ora è andata distrutta e che
era sul luogo dove ora è fabbricata la fonte. Accanto alla chiesa
c’è uno spazio chiuso con pareti e sopra esso una casetta nella
quale abitano per tre o quattro giorni coloro che vengono a questa
chiesa per devozione o per voto. In essa vi sono varie
suppellettili.
Sullo stesso
spazio c’è una fonte sopra il quale un tempo c’era quell’immagine
che si dice abbia emesso le lacrime di sangue sul panno. Molti
accorrono a questa fonte a causa di quel miracolo e ne bevono
l’acqua. C’è un grande concorso di popolo a questa chiesa, con la
pretesa di miracoli, ma su di essi non è stato fatto alcun processo
e i miracoli non sono provati.
(1) Le immagini di cera erano parti
anatomiche del corpo malate: un braccio, una gamba o la testa o
addirittura il corpo intero per le quali si chiedeva la guarigione.
Il testo latino del verbale
Il testo latino che segue è la parte più
importante delle circa
trenta pagine sintetizzate nel capitolo precedente che compongono il
verbale della visita del Borromeo. La descrizione della chiesa è molto dettagliata, il penultimo
capoverso sottolineato descrive le famose tre
macchie di sangue e come si sono generate.
“Visitata fuit ecclesia S. Marie del
Frasino tamquam membrum sub parrochiali cura S. Marie loci Onete.
Hec
ecclesia non consecrata, celum decens ex assidibus substinetur in
medio ab arcu, parietes in parte dealbati et in parte decenter picti,
habet duas portas: orientalem maiorem super qua fenestra rotunda, et
hinc inde a dixta porta alie due fenestre inferiores, sine vitreis
omnes; alteram portam lateralem aquilonarem. Pavimentum non satis
equale. In ea non habetur labrum aque sancte.
In parietibus sunt rastra a quibus
pendunt quamplurime imagines ceree.
Est longa X, lata 7.
In dicta ecclesia est altare non consacratum in occidente parvum,
bradella parva. Habet iconam decentem. Est in capella parva quadrata
longa 4, lata 4, fornicata et picta. Dilatetur altare, tollantur
sedilia que hinc inde sunt a dicto altari in capella que etiam
ascendit ad duos pradus. Caret crate. Celebratur quandoque ex
devotione. Habet redditus ut infra. Paramenta ut infra. Ecclesia
clausa tenetur.
In dicta ecclesia ab utraque parte ad
ingressum porte maioris sunt capse nucee in quibus per fenestras
inferiores supradictas elemosine et oblationes mittuntur per
foramina quedam in coperculo dictarum capsarum.
Scriptum quod super fenestra sinistra est ad ingressum porte maioris
deleatur, in quo fit mentio cuiusdam Ioannini Cabrini qui celebrare
fecit 8 missas ex devotione.
Imagines item que in tabula sunt
picte a manu sinistra ad introitum porte maioris tollantur, et
scripta sub eis in quibus fit mentio quod B. Virgo Maria apparuit
duabus puellis, de anno 1512, et eis precepit ut sabbatum
santificarent a nona usque ad diem dominicam. Item fit mentio quod
apparuit aliis idem precipiens.
In capsa a manu sinistra ad introitum reperta
fuit capsula chiusa in qua erat pannus parvus cum maculis tribus
quam dicitur esse lacrimas sanguineas imaginis eiusdem beate Marie
Virginis que modo destructa est et erat in loco ubi nunc fons est
fabricatus. (1)
Ad hanc ecclesiam est maximus
concursus populi sub pretextu miraculorum, verum super illis fuit
factus processus neque probata miracula”.
(1) Nella cassa sulla sinistra
rispetto all’ingresso è stata trovata una cassettina chiusa nella
quale c’era un piccolo panno con tre macchie che si dice siano le
lacrime di sangue di quella stessa immagine della Beata Vergine
Maria che ora è andata distrutta e che era sul luogo dove ora è
fabbricata la fonte.
Distruzione della fonte miracolosa
La fonte era collocata sul lato sud del santuario, in
corrispondenza dell’altare di S.Francesco, a
sinistra e ad una distanza di circa 3 metri dal muro maestro.
Nell’imminenza della visita del Borromeo nell’anno 1575, si fecero lavori di riparazione che portarono alla
perdita dell’immagine dipinta sulla parete, ormai cancellata dai
continui toccamenti dei devoti. Si conosce in parte la tipologia
della manutenzione grazie ai registri contabili
descritti nella visita suddetta in cui si afferma che: “la
chiesa è debitrice di lire 200, oltre ai lavori dei fabbri per le
riparazioni del fonte e dei muri dello spazio annesso”. Sappiamo per certo che venne costruito sopra la fonte stessa
un piccolo edificio in muratura ricavando uno “stanzino” adibito a deposito di legna. In questo
stanzino si preparavano i “mortari”, che
accompagnavano con i loro spari il suono festoso delle campane nella
vigilia del 2 luglio.
Dal 1936 al 1939 vennero fatti lavori di
ampliamento della piazza, si asportarono 850 metri cubi di terreno e
si ottenne un bel piazzale attorno alla chiesa. Fu in questa
occasione che si demolì il piccolo edificio e la stessa fonte, in
sostituzione si costruì un’edicola a forma di abside, arretrata e
staccata rispetto al santuario dotata di una piccola vasca e una
spina dell’acqua. Nella primavera del 1982 anche l’edicola verrà
rimossa per fare posto al monumento ai caduti. La distruzione della vecchia fonte ha comportato la perdita di un
elemento importante di grande attrazione e carico di enorme contenuto simbolico quale la presenza
dell’acqua permette di esprimere nei luoghi di
culto mariano.
L’incoronazione della Madonna del
Frassino
Dopo una solenne processione dalla chiesa parrocchiale al Santuario, il 19 luglio 1914 viene incoronata la Madonna. Il
rito è celebrato dal cardinale metropolita di Milano Andrea Ferrari,
assistito da monsignor Giorgio Gusmini futuro
arcivescovo di Bologna. Tutto il popolo di Oneta assiste
all’incoronazione cantando l’Ave Maris stella intonata dallo stesso
cardinale. Quel giorno, insieme agli eminenti prelati, in qualità di
segretario vescovile, era presente un prete di Sotto il Monte, Don
Angelo Roncalli futuro Papa Giovanni XXIII.
Purtroppo il grande vescovo Radini Tedeschi che desiderava
presenziare all’evento, giace morente a soli 57 anni d’età in un
letto nel vicino ospedale di Groppino. Invano la popolazione di
Oneta attese la sua guarigione nella speranza di rivedere il viso
sorridente dell’amato vescovo che pochi giorni prima aveva invitato
tutta la diocesi ad assistere al tributo d’onore alla Madonna.
La richiesta
dell’incoronazione risale al 1911 su iniziativa del parroco Don
Antonio Canova, chiamato familiarmente “preost
vecc”, il quale intese coinvolgere
anche la popolazione di Dossena che al tempo era notoriamente
devota alla Madonna del Frassino. Infatti la
petizione sottoscritta da tutta la gente di Oneta,
porta la firma di 53 persone di quel paese.
La corona in oro
fino, ornata di gemme e pietre preziose, venne
realizzata dal cesellatore Giovanni Corti di Bergamo, il peso
complessivo era di 352 grammi al prezzo di 1720 lire del tempo. A
sostegno della spesa per la corona vengono in aiuto con vistose
offerte le parrocchie di Serina, di Oltre il Colle, di Zambla e di
Zorzone con 525 lire, come pure le parrocchie di Cantoni D’Oneta, di
Bondo, di Ama e di Vilmaggiore concorrendo con l’offerta
complessiva di 100 lire.
L’incoronazione porta a compimento una secolare
vicenda di devozione mariana, l’uso di incoronare le immagini della
Vergine venne introdotto da alcuni frati cappuccini verso la fine
del ‘500, ma solo nel 1636 essa assunse una forma definitiva e
canonica, quando cioè l’incoronazione divenne privilegio del
Capitolo Vaticano.
Le statue del Frassino
Durante il
frenetico periodo di preparazione per l’incoronazione, si avvertì il
bisogno di sostituire la vecchia statua della Madonna del Carmine,
di nessun valore artistico “parere di Don Canova” e tutta corrosa
dal tarlo. Si provvide quindi a commissionare allo scultore Giovanni
Manzoni di Bergamo il nuovo simulacro, mentre a Rossi Ruggero,
valente artigiano di Clusone, venne dato l’incarico di scolpire il
trono in legno.
La seicentesca statua del
Carmelo che vide per secoli l’avvicendarsi dei volti del popolo di
Oneta, raccogliendo le preghiere di tanti fedeli
che ne invocarono la sua
protezione, venne riposta inizialmente nella chiesa della Scullera,
nel 1994 è stata trasferita nella chiesa di S.Rocco dove tuttora si può vedere abbigliata ancora nelle sue belle vesti originali. Nonostante il giudizio negativo di Don
Canova, la statua è un’opera di una certa finezza. Anche il gruppo
scultoreo dell’apparizione, opera dello
scultore Luigi Carrara di Oltre il Colle, collocato il 2 luglio del
1876, venne sostituito nel 1964 in occasione del 50° anniversario
dell’incoronazione. Si ordinò una copia fedele al modello
preesistente nella sua totale composizione alla ditta Deuseti di
Ortisei.
La Madonna con Petruccia era portata dai
famigliari di Epis Gerolamo “Prefadé” che con il figlio Franco aveva
fatto dono della statua, mentre le pecorelle erano portate dai
famigliari del donatore Carobbio Andrea
“Matè”. Le vecchie statue, testimoni per
quasi un secolo della grande fede del popolo della Val del Riso, si
trovano ora nella piccola chiesa della Scullera.
Il Romito del Frassino
La presenza di
un “Heremita” è attestata dall’anno 1591 ma
quasi sicuramente era presente già dal 1545 anno in cui si presume
la costruzione della prima casa del custode. Nel 1710 c’è un certo Giovanni Borella di Chignolo settuagenario,
il quale “...va questuando nei
luoghi che gli sono assegnati”. Purtroppo la documentazione
esistente in archivio parrocchiale non permette di ricostruire sin
dalle origini e con una sequenza cronologica
continua i custodi e le loro famiglie che si sono succeduti nella
cura del Santuario, tuttavia attraverso gli “avvisi di
concorso” e alcuni “verbali per la nomina
dell’eremita custode del Santuario del Frassino” si possono conoscere i loro nomi e il periodo di
permanenza a partire dalla metà del secolo scorso.
Nel 1851 il custode è Gusmini Giovanni di
Orezzo, non si sa per quanti anni e chi fu il suo successore;
sappiamo però che il primo aprile 1907 Bertocchi
Santo, originario di Peia, rinuncia volontariamente al posto di
custode, si pubblica il concorso al quale partecipa il Sig.Signorini Cristoforo nativo di Sovere ma residente a Ponte Nossa. Si
procede alla votazione da parte della commissione composta de 38
capi famiglia, che accettano la candidatura del
Signorini con 36 voti a favore e 2 contrari. Non sappiamo quanto
tempo il Signorini sia rimasto al santuario, nei ricordi delle
persone anziane si pensa sino al 1918, dopo tale data e sino al 1922
si ricorda il nome di Epis Emilio abitante alla
Scullera. Un altro avviso di concorso viene
fatto il 28 febbraio 1922 e la custodia del Santuario è assegnata al Sig. Poli Adamo fu Bonaventura originario di
Bondo comune di Colzate, che vi rimane sino al 1934, dal 1934 al
1957 Ruggeri Giuseppe di Casnigo, dal 1957 al
1963 Pizzamiglio Battista - Dal 1963 al 1985 Epis Agostino -
dal 1985 al 1997 Pizzamiglio Bruno.
I “romiti” con le loro famiglie, hanno dato un grande contributo alla
salvaguardia ed alla conservazione dei beni del Santuario, a tutte
queste persone che hanno dedicato molti anni della loro vita al
servizio del Frassino va la gratitudine di tutta la popolazione di
Oneta.
Il campanile del Frassino
1725 - Viene portata a compimento la
torre campanaria del Frassino, l’opera si sovrappone al vecchio
campanile realizzato nel 1615 e conclude un lungo periodo di
ristrutturazioni e ampliamenti progettati dalla popolazione di Oneta
fin dal 1580. Vi sono collocate ancora le tre
vecchie campane che verranno sostituite nel 1903 da un nuovo concerto
di cinque campane con tonalità “la bemolle” fuse
dalla ditta Pruneri di Grosio (Valtellina) e consacrate il 29 luglio
1907 dal vescovo Radini Tedeschi. Racconta con
emozione Don Antonio Canova che il 27 giugno 1903 “...si
udì, festoso e ripetuto più volte dall’eco dei monti, il primo
scampanio”.
Nelle opere meritevoli del santuario concorsero
molti artisti ed abili artigiani del luogo e dei paesi vicini,
Oltre il Colle, Serina e Dossena che contribuirono nelle
varie realizzazioni, con l’apporto di manodopera specializzata in
particolare nei lavori di muratura. Nel lessico popolare è rimasto
per lungo tempo il termine “I serine”
ad indicare le ottime capacità di capimastro e
muratori delle imprese provenienti dalla Valle Brembana.
Dai
documenti amministrativi del santuario troviamo una ricevuta con la
seguente dichiarazione: “A dì 24 agosto 1725. Honeta.
Confessano mastro Vincenzo Manenti aver hauto et riceputo da Gio.Batt. Carobbio sindaco e cassiaro del V.do Santuario del Frassino
liri mille e novantacinque per sua mercede a piccare li pietri per
il campanile e giornate a metterli in opera dico L. 1095”.
In un’altra annotazione si legge: “pagati
ancora al detto una giornata con farci le spese del suo a togliere
una corna per aggiustare la strada di condurre le suddette pietre”.
La fatica di quella antica gente ha lasciato
alle generazioni future un patrimonio incredibile, veri tesori che
l’uomo moderno tende purtroppo a dimenticare.
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Fonti:
www.santuari.it -
www.vivisulserio.it -
www.comune.oneta.bg.it
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