Apparizione di Oneta (BG)

2 Luglio 1512

Madonna del Frassino

La storia della fondazione di questo Santuario presenta due versioni: la prima narra di un'apparizione della Madonna, la seconda di un miracolo di lacrimazione da un'immagine. Probabilmente le due versioni non sono in contraddizione tra loro ma si completano a vicenda perché sicuramente sono accadute entrambi.

Il Santuario ed i suoi dintorni

La località "Il Frassino" si trova in Val Brembana, nel territorio del Comune di Oneta in provincia di Bergamo, a quota 954 metri, a circa 32 chilometri da Bergamo e 80 da Milano, in una bella valle che in questo punto si allarga offrendo ampie panoramiche sui pendii e le vette circostanti. "Frasen" in dialetto bergamasco è il nome che, almeno dal 1472, definisce questa bellissima località situata ai piedi della maestosa mole dolomitica del monte Alben di 2020 metri e deriva senz'altro dalla presenza in questo luogo di un grande frassino.

Prima versione: l'Apparizione della Madonna

Il 2 luglio del 1512 alla pastorella cieca Petruccia Carobbio, che sotto un vecchio frassino custodiva il suo gregge, apparve Maria che le guarì gli occhi chiedendole che in quel luogo si costruisse una chiesa ed a prova della sua presenza fece scaturire una fonte d'acqua purissima.

Nella località del miracolo sorse quindi il santuario che, fatta eccezione del presbiterio, ha subìto nel tempo molte trasformazioni, sia all’esterno che al suo interno. Il campanile, bel lavoro in pietra viva, fu invece completato nel 1618. Diverse le opere d’arte contenute nella chiesa: danno prova della sua antichità e sono motivo di interesse culturale.

Nell’abside si trova un polittico, di Francesco Rizzo da Santa Croce, a tre scomparti: in quello centrale è rappresentato l’incontro di Maria con Elisabetta su sfondo di paese pittoresco con edifici biancastri, in quelli laterali San Giuseppe ed il vecchio Simeone. E’ possibile anche ammirare nella chiesa mariana una tavoletta preziosa, di scuola toscana fine 1300, raffigurante una Madonna con Bambino e, sull’altare di marmo nero, due angeli adoranti in marmo di Carrara, opera fantoniana.
In mezzo alla chiesa vi è il sacello che racchiude la statua della Vergine che appare alla fanciulla, opera del 1877. Dell'esistenza della chiesa si legge nei documenti della visita pastorale del vescovo Pietro Lippomano avvenuta il 10 luglio 1536. Nel 1700 la chiesa fu trasformata ed il sacello contenente il gruppo statutario dell'Apparizione fu situato nel 1877, quando la vecchia chiesa fu demolita per dare spazio al piazzale della chiesa. Il Campanile è del 1618 ed aveva 3 campane; nel 1903 le campane divennero cinque.

L'incoronazione avvenne il 18 luglio del 1914 con una cerimonia solenne e fu officiata dal Card. Andrea Ferrari arcivescovo di Milano.
La festa si celebra il 2 luglio anniversario del primo miracolo.

Seconda versione: la lacrimazione di una Immagine della Madonna

In questa località, nel XV° secolo, fu registrato l'evento miracoloso celebrato nel Santuario della B.V. del Frassino: il sanguinare di un'immagine della Madonna dipinta sulla parete di una fontana. Testimone dell'evento fu Petruccia Carobbio, una giovane pastorella sofferente di un doloroso male agli occhi che, raccogliendo con un panno di lino, le lacrime di sangue sgorgate dagli occhi dell'immagine miracolosa, ne ottenne guarigione.

Il Miracolo fra tradizione e documenti

Il miracolo raccontato dalla tradizione (1)

            E’ in fama il santuario della B.V. Maria, posto alle radici del monte Albeno nel paese di Oneta in Valle Brembana. Ebbe origine quella fabbrica nel cadere del secolo XVI° da una apparizione della Madonna. Una fanciulla mendica, ma ricca di virtù al cospetto di Dio, guidando un giorno alcune pecore al pascolo, là ove un altissimo frassino stendeva assai largamente le sue braccia, piangendo per forte dolore che pativa negli occhi, alla intercessione della madre di Dio teneramente si raccomandava. Mentre struggevasi in lagrime ed in preghiere si espandeva, le apparve in avvenente aspetto quella Vergine che è salute agli infermi; e, rincoratala dal tremore che a quella apparizione l’aveva sorpresa, comandolle che ivi stesso edificare facesse una chiesa in onor del suo nome.

            Al comando univa Maria anche un portento, poiché imporporandole di gocce di sangue il grembiale, ordinolle di appressarselo agli occhi. A quel tocco fu liberata dal fiero dolore.

            I paesani credettero alle parole della fanciulla, poiché era fanciulla dabbene e per la sua singolare pietà da tutti molto stimata. Perciò senza indugia apprestarono quanto necessario alla fabbrica: ma non in quel luogo stesso; sì bene in altro che a loro avviso più opportuno si offeriva al concorso del popolo. Il mattino seguente tutti quelli apprestamenti trovarono di notte trasportati alle radici del frassino: pel quale prodigio fattasi manifesta la volontà della madre divina, pensarono di custruir quivi un nobile santuario, che divenne poscia a cagione dei miracoli in esso operati quant’altro mai illustre e celebrato. Né lo scorrere degli anni raffreddò mai l’affetto di quelle genti verso Maria, poichè Ella riscaldavalo anzi accendevalo sempre più con nuovi prodigi. 

(1) Il testo  riportato integralmente compare nell’Atlante Mariano di Wilhem Gumppenberg  (n. 1609 m. 1675) opera ampliata poi dall’abate Zanella. (Vol. 3° pag. 361 e 362)

 Il miracolo raccontato nei documenti

          Le ricerche sino ad oggi condotte su documenti originali del tempo, in particolare quelli relativi alle visite del vescovo Pietro Lippomane del 1536 e di S.Carlo Borromeo del 1575,  permettono di ricostruire con sufficiente chiarezza i fatti e la situazione ambientale, sui quali poggiarono e si svilupparono gli avvenimenti legati al miracolo. Emerge dai documenti antichi una realtà diversa sulle modalità dell’apparizione che contrasta con quella ormai consolidata nella predicazione, nei racconti della gente di Oneta, nei testi stampati.

La responsabilità di questa contraddizione va addebitata principalmente al veneziano Flaminio Cornaro, (1693-1778) che nel 1760 pubblicò una storia dei santuari mariani sul territorio di dominio veneto elaborando il racconto del miracolo del Frassino attingendo a fonti letterarie e ai racconti popolari che non avevano alcun riscontro storico; anche il gesuita Wilhem Gumppenberg (1609-1675) contribuì non poco ad accrescere questo modo un po’ libero di raccontare l’importante avvenimento con l’opera Atlante Mariano ampliata poi dall’abate Zanella; emblematico a tale riguardo il fatto che entrambi gli scrittori collocano l’apparizione ad Oneta in Val Brembana. La discordanza tra documenti e tradizione era già stata notata da Don Luigi Olmo, parroco di Oneta dal 1872 al 1888 durante le sue ricerche in preparazione della storia dell’apparizione pubblicata nel 1877; egli  accenna ad un diverso miracolo  nel suo libro a pagina 67, infatti scrive: “...giova osservare che, se il documento surriferito della Visita di San Carlo sembri accennare a un diverso o secondo miracolo, cioè, che le lagrime sanguigne, si dicessero versate da una immagine della Vergine, che stava sopra la fontana vicina alla Chiesa, ciò non toglie punto di verisimiglianza e autenticità al fatto miracoloso....”,  tuttavia  nel racconto dell’avvenimento preferì seguire la tradizione ormai consolidata. Il contrasto verte su questo punto: il santuario sorse in memoria di un’apparizione della Vergine o di una immagine miracolosamente sanguinante?

  Tutta la descrizione che segue è suffragata dai verbali redatti nelle citate visite pastorali giacenti nella curia vescovile di Bergamo e in quella di Milano. La data del miracolo  non è indicata in alcun documento, è configurabile comunque con buona approssimazione nel 1512, anche  l’anno di costruzione della chiesa non ha datazione precisa, ma in base a ragionevoli considerazioni  la si può collocare attorno al 1520. Per quanto riguarda invece la dinamica dell’evento miracoloso, i documenti  ne parlano in modo molto scarno. Giovannino Zucca di Oneta interrogato dal Lippomane nel 1536  su cose di ordine generale esce con una frase  “quando accadde quel miracolo della donna”,  non si fa alcun nome della “donna” nemmeno nei verbali del 1575. La figura di Carobbio Pierina  compare in epoca molto tarda nel XVII° secolo,  ma sarà sul finire del  XVIII° secolo  che acquisterà grande valenza di messaggera del sacro e delle virtù esemplari.

Sulla base di queste considerazioni, è possibile oggi riscrivere la storia della Madonna del Frassino senza  togliere, come intendeva lo stesso don Olmo, autenticità al fatto miracoloso, ma, al contrario, grazie alla documentazione storica inoppugnabile, accrescere il valore e il significato degli avvenimenti che caratterizzarono questo luogo divenuto sacro agli inizi del 1500. 

Situazione ambientale del luogo nel 1512

Sappiamo dall’estimo del 1472 che il luogo è denominato “Frasen”,  è un punto importante di passaggio e di sosta sulla strada mulattiera che collega i paesi di Vertova e Colzate con la valle Brembana attraverso il passo della Crocetta. La posizione dominante, l’acqua copiosa delle sorgenti, il prato e gli alberi circostanti  creano una atmosfera sacrale carica di forti significati rassicuranti. Nell’estate del probabile anno 1512 sul luogo esiste già da molto tempo una fonte coperta da una volta a cui si accede scendendo tre gradini, sopra la fonte c’è una parete dipinta con l’immagine della Madonna, accanto, a pochi metri di distanza si erge una cappella con un piccolo altare disadorno, aperta su due lati e chiusa da una cancellata dove si celebra nel giorno della Visitazione della Vergine Maria. La cappella è affrescata con immagini di sante, due delle quali rappresentano S.Agata e S.Caterina d’Alessandria conosciuta anche come S.Caterina della Ruota,  gli affreschi sono visibili sotto l’arco che appare nel lato sud esterno del Santuario. Al centro del medesimo arco è dipinto il simbolo di S.Bernardino da Siena in ricordo della sua predicazione nelle nostre valli e per il fervore religioso dopo che venne canonizzato nel 1450.

             Dai verbali di Pietro Lippomane  (10 luglio 1536)

 Sull’onda dell’emozione suscitata dallo straordinario evento, tutta la popolazione decide di costruire una chiesa. Giovannino de Berzi, proprietario del luogo, vende i suoi beni a Pietro di Comino Batalino ma lascia in legato due pertiche di terra affinchè si costruisca la nuova chiesa. Il Pietro di Comino Batalino occupa però le due pertiche di terra ed ha iniziato la costruzione di una stalla in pregiudizio alla chiesa. Questo Pietro quando viene a sapere  del parere contrario del Comune, che si oppone e proibisce tale costruzione, interrompe i lavori.

 Nel 1520 la chiesa è terminata, viene dedicata alla Visita di Maria alla cugina Elisabetta e si celebra il 2 luglio la ricorrenza. La dimensione è poco più di una cappella votiva. E’ amministrata da quattro deputati, uno per ogni contrada, eletti ogni anno e sono Mondino di Pietro Batalino, Pasino di Tommaso Barozzi, Bettino Fattori e uno di Chignolo, ma questi non rendono ragione alcuna al Comune e c’è grande malcontento tra i parrocchiani perchè non esibiscono i resoconti. Giovannino di Giovanni Zucca di Oneta interrogato in merito all’amministrazione della chiesa risponde di credere che sia bene amministrata, aggiunge anche che quando accadde quel miracolo della donna il Giovannino de Berzi gli disse che donava due pertiche di terra perchè vi si costruisse la chiesa. “Il Giovannino Zucca ha 35 anni e più”. 

Dai verbali di S. Carlo Borromeo   (6 ottobre1575)

La chiesa è lunga braccia 10 e larga 7 (circa 6 metri di lunghezza  per  4 di larghezza); ad occidente c’è un altare non consacrato, piccolo, con una predella. Ha una bella immagina sacra, (si riferisce al polittico), è in una cappella piccola quadrata, lunga e larga 4 braccia, con soffitto a volta e affrescata. La chiesa è costruita adiacente alla cappella incorporandone la parete a nord così che la vecchia cappella si trasforma in un portico con la volta in muratura ed un arco appoggiato alla chiesa. Ha un piccolo campanile a “vela” con due colonne che si ergono sopra la facciata  a sostenere una sola campana e la fune pende all’esterno  e di fianco alla porta maggiore. Il tetto è a due falde, il soffitto in legno, ben fatto, è sostenuto in mezzo da un arco; le pareti sono in parte intonacate e in parte ben affrescate; ha due porte: la maggiore ad oriente, sopra la quale è una finestra rotonda, ed ai due lati altre due finestre, in basso, tutte senza vetro; l’altra porta laterale è sul lato nord. Il pavimento è poco regolare. Nella chiesa non c’è la pila dell’acqua santa. Sulle pareti vi sono delle intelaiature da cui pendono moltissime immagini di cera (1). Ai due lati dell’ingresso della porta maggiore vi sono casse in noce nelle quali, attraverso le finestre inferiori, si mettono elemosine ed offerte per mezzo di apposite aperture nel coperchio delle casse stesse. Nella cassa sulla sinistra rispetto all’ingresso è stata trovata una cassettina chiusa nella quale c’era un piccolo panno con tre macchie che si dice siano le lacrime di sangue di quella stessa immagine della Beata Vergine Maria che ora è andata distrutta e che era sul luogo dove ora è fabbricata la fonte. Accanto alla chiesa c’è uno spazio chiuso con pareti e sopra esso una casetta nella quale abitano per tre o quattro giorni coloro che vengono a questa chiesa per devozione o per voto. In essa vi sono varie suppellettili.       

            Sullo stesso spazio c’è una fonte sopra il quale un tempo c’era quell’immagine che si dice abbia emesso le lacrime di sangue sul panno. Molti accorrono a questa fonte a causa di quel miracolo e ne bevono l’acqua. C’è un grande concorso di popolo a questa chiesa, con la pretesa di miracoli, ma su di essi non è stato fatto alcun processo e i miracoli non sono provati.           

(1) Le immagini di cera erano parti anatomiche del corpo malate: un braccio, una gamba o la testa o addirittura il corpo intero per le quali si chiedeva la guarigione.

 Il testo latino del verbale

Il testo latino che segue è la parte più importante delle circa trenta pagine sintetizzate nel capitolo precedente che compongono il verbale della visita del Borromeo. La descrizione della chiesa è molto dettagliata, il penultimo capoverso sottolineato  descrive le famose tre macchie di sangue e come si sono generate. 

“Visitata fuit ecclesia S. Marie del Frasino tamquam membrum sub parrochiali cura S. Marie loci Onete. Hec ecclesia non consecrata, celum decens ex assidibus substinetur in medio ab arcu, parietes in parte dealbati et in parte decenter picti, habet duas portas: orientalem maiorem super qua fenestra rotunda, et hinc inde a dixta porta alie due fenestre inferiores, sine vitreis omnes; alteram portam lateralem aquilonarem. Pavimentum non satis equale. In ea non habetur labrum aque sancte. In parietibus sunt rastra a quibus pendunt quamplurime imagines ceree.

Est longa X, lata 7. In dicta ecclesia est altare non consacratum in occidente parvum, bradella parva. Habet iconam decentem. Est in capella parva quadrata longa 4, lata 4, fornicata et picta. Dilatetur altare, tollantur sedilia que hinc inde sunt a dicto altari in capella que etiam ascendit ad duos pradus. Caret crate. Celebratur quandoque ex devotione. Habet redditus ut infra. Paramenta ut infra. Ecclesia clausa tenetur.

In dicta ecclesia ab utraque parte ad ingressum porte maioris sunt capse nucee in quibus per fenestras inferiores supradictas elemosine et oblationes mittuntur per foramina quedam in coperculo dictarum capsarum.

            Scriptum quod super fenestra sinistra est ad ingressum porte maioris deleatur, in quo fit mentio cuiusdam Ioannini Cabrini qui celebrare fecit 8 missas ex devotione.

Imagines item que in tabula sunt picte a manu sinistra ad introitum porte maioris tollantur, et scripta sub eis in quibus fit mentio quod B. Virgo Maria apparuit duabus puellis, de anno 1512, et eis precepit ut sabbatum santificarent a nona usque ad diem dominicam. Item fit mentio quod apparuit aliis idem precipiens.

            In capsa a manu sinistra ad introitum reperta fuit capsula chiusa in qua erat pannus parvus cum maculis tribus quam dicitur esse lacrimas sanguineas imaginis eiusdem beate Marie Virginis que modo destructa est et erat in loco ubi nunc fons est fabricatus. (1)

            Ad hanc ecclesiam est maximus concursus populi sub pretextu miraculorum, verum super illis fuit factus processus neque probata miracula”. 

(1) Nella cassa sulla sinistra rispetto all’ingresso è stata trovata una cassettina chiusa nella quale c’era un piccolo panno con tre macchie che si dice siano le lacrime di sangue di quella stessa immagine della Beata Vergine Maria che ora è andata distrutta e che era sul luogo dove ora è fabbricata la fonte.

             Distruzione della fonte miracolosa

            La fonte era collocata sul lato sud del santuario, in corrispondenza dell’altare di S.Francesco, a sinistra e ad una distanza di circa 3 metri dal muro maestro. Nell’imminenza della visita del Borromeo nell’anno 1575, si fecero lavori di riparazione che portarono alla perdita dell’immagine dipinta sulla parete, ormai cancellata dai continui toccamenti dei devoti. Si conosce in parte la tipologia della manutenzione grazie ai registri contabili descritti nella visita suddetta in cui si afferma che: “la chiesa è debitrice di lire 200, oltre ai lavori dei fabbri per le riparazioni del fonte e dei muri dello spazio annesso”. Sappiamo per certo che venne costruito sopra la fonte stessa un piccolo edificio in muratura ricavando uno “stanzino” adibito a deposito di legna. In questo stanzino si preparavano i “mortari”, che accompagnavano con i loro spari il suono festoso delle campane nella vigilia del 2 luglio.

Dal 1936 al 1939 vennero fatti lavori di ampliamento della piazza, si asportarono 850 metri cubi di terreno e si ottenne un bel piazzale attorno alla chiesa. Fu in questa occasione che si demolì il piccolo edificio e la stessa fonte, in sostituzione si costruì un’edicola a forma di abside, arretrata e staccata rispetto al santuario dotata di una piccola vasca e una spina dell’acqua. Nella primavera del 1982 anche l’edicola verrà rimossa per fare posto al monumento ai caduti. La distruzione della vecchia fonte ha comportato la perdita di un elemento importante di grande attrazione e carico di enorme contenuto simbolico quale la presenza dell’acqua permette di esprimere  nei luoghi di culto mariano. 

L’incoronazione della Madonna del Frassino

            Dopo una solenne processione dalla chiesa parrocchiale al Santuario, il 19 luglio 1914 viene incoronata la Madonna. Il rito è celebrato dal cardinale metropolita di Milano Andrea Ferrari, assistito da monsignor  Giorgio Gusmini futuro arcivescovo di Bologna. Tutto il popolo di Oneta assiste all’incoronazione cantando l’Ave Maris stella intonata dallo stesso cardinale. Quel giorno, insieme agli eminenti prelati, in qualità di segretario vescovile, era presente un prete di Sotto il Monte, Don Angelo Roncalli  futuro Papa Giovanni XXIII. Purtroppo il grande vescovo Radini Tedeschi che desiderava presenziare all’evento, giace morente a soli 57 anni d’età in un letto nel vicino ospedale di Groppino. Invano la popolazione di Oneta attese la sua guarigione nella speranza di rivedere il viso sorridente dell’amato vescovo che pochi giorni prima aveva invitato tutta la diocesi ad assistere al tributo d’onore alla Madonna.

            La richiesta dell’incoronazione risale al 1911 su iniziativa del parroco Don Antonio Canova, chiamato familiarmente  “preost vecc”,  il quale intese coinvolgere  anche la popolazione di Dossena che al tempo era notoriamente devota alla Madonna del Frassino. Infatti la petizione sottoscritta da tutta la gente di Oneta,  porta la firma di 53 persone di quel paese.

            La corona in oro fino, ornata di gemme e pietre preziose, venne realizzata dal cesellatore Giovanni Corti di Bergamo, il peso complessivo era di 352 grammi al prezzo di 1720 lire del tempo. A sostegno della spesa per la corona vengono in aiuto con vistose offerte le parrocchie di Serina, di Oltre il Colle, di Zambla e di Zorzone con 525 lire, come pure le parrocchie di Cantoni D’Oneta, di Bondo, di Ama e di Vilmaggiore concorrendo con l’offerta  complessiva di 100 lire.

L’incoronazione porta a compimento una secolare vicenda di devozione mariana, l’uso di incoronare le immagini della Vergine venne introdotto da alcuni frati cappuccini verso la fine del ‘500, ma solo nel 1636 essa assunse una forma definitiva e canonica, quando cioè l’incoronazione divenne privilegio del Capitolo Vaticano. 

Le statue del Frassino

            Durante il frenetico periodo di preparazione per l’incoronazione, si avvertì il bisogno di sostituire la vecchia statua della Madonna del Carmine, di nessun valore artistico “parere di Don Canova” e tutta corrosa dal tarlo. Si provvide quindi a commissionare allo scultore Giovanni Manzoni di Bergamo il nuovo simulacro, mentre a Rossi Ruggero, valente artigiano di Clusone, venne dato l’incarico di scolpire il trono in legno.

La seicentesca statua del Carmelo che vide per secoli l’avvicendarsi dei volti del popolo di Oneta, raccogliendo le  preghiere di tanti fedeli che ne invocarono la sua protezione, venne riposta inizialmente nella chiesa della Scullera, nel 1994 è stata trasferita nella chiesa di S.Rocco dove tuttora si può vedere abbigliata ancora nelle sue belle vesti originali. Nonostante il giudizio negativo di Don Canova, la statua è un’opera di una certa finezza. Anche il gruppo scultoreo dell’apparizione, opera dello scultore Luigi Carrara di Oltre il Colle, collocato il 2 luglio del 1876, venne sostituito nel 1964 in occasione del 50° anniversario dell’incoronazione. Si ordinò una copia fedele al modello preesistente nella sua totale composizione alla ditta Deuseti di Ortisei.

La Madonna con Petruccia era portata dai famigliari di Epis Gerolamo “Prefadé” che con il figlio Franco aveva fatto dono della statua, mentre le pecorelle erano portate dai famigliari  del donatore Carobbio Andrea  “Matè”. Le vecchie statue, testimoni  per quasi un secolo della grande fede del popolo della Val del Riso, si trovano ora nella piccola chiesa della Scullera. 

Il Romito del Frassino

            La presenza di un “Heremita” è attestata  dall’anno 1591 ma quasi sicuramente era presente già dal 1545 anno in cui si presume la costruzione della prima casa del custode. Nel 1710 c’è un certo Giovanni Borella di Chignolo settuagenario,  il quale “...va questuando  nei luoghi che gli sono assegnati”. Purtroppo la documentazione esistente in archivio parrocchiale non permette di ricostruire sin dalle origini e con una sequenza cronologica continua i custodi e le loro famiglie che si sono succeduti nella cura del Santuario, tuttavia attraverso gli “avvisi di concorso” e alcuni “verbali per la nomina dell’eremita custode del Santuario del Frassino” si possono conoscere i loro nomi e il periodo di permanenza a partire dalla metà del secolo scorso.

Nel 1851 il custode è Gusmini Giovanni di Orezzo, non si sa per quanti anni e chi fu il suo successore; sappiamo però che il primo aprile 1907 Bertocchi Santo, originario di Peia, rinuncia volontariamente al posto di custode, si pubblica il concorso al quale partecipa il Sig.Signorini Cristoforo nativo di Sovere ma residente a Ponte Nossa. Si procede alla votazione da parte della commissione composta de 38 capi famiglia, che accettano la candidatura del Signorini con 36 voti a favore e 2 contrari. Non sappiamo quanto tempo il Signorini sia rimasto al santuario, nei ricordi delle persone anziane si pensa sino al 1918, dopo tale data e sino al 1922 si ricorda  il nome di Epis Emilio abitante alla Scullera. Un altro avviso di concorso viene fatto il 28 febbraio 1922 e la custodia del Santuario è assegnata al Sig. Poli Adamo fu Bonaventura originario di Bondo comune di Colzate, che vi rimane sino al 1934, dal 1934 al 1957 Ruggeri Giuseppe di Casnigo, dal 1957 al  1963 Pizzamiglio Battista - Dal 1963 al 1985 Epis Agostino - dal 1985 al  1997 Pizzamiglio Bruno.

I “romiti con le loro famiglie, hanno dato un grande contributo alla salvaguardia ed alla conservazione dei beni del Santuario, a tutte queste persone che hanno dedicato molti anni della loro vita al servizio del Frassino va la gratitudine di tutta la popolazione di Oneta.

             Il campanile del Frassino

            1725 - Viene portata a compimento la torre campanaria del Frassino, l’opera si sovrappone al vecchio campanile realizzato nel 1615 e conclude un lungo periodo di ristrutturazioni e ampliamenti progettati dalla popolazione di Oneta fin dal 1580. Vi sono collocate ancora le tre vecchie campane che verranno sostituite nel 1903 da un nuovo concerto di cinque campane con tonalità “la bemolle” fuse dalla ditta Pruneri di Grosio (Valtellina) e consacrate il 29 luglio 1907 dal vescovo Radini Tedeschi. Racconta con emozione Don Antonio Canova che il 27 giugno 1903 “...si udì, festoso e ripetuto più volte dall’eco dei monti, il primo scampanio”. 

Nelle opere meritevoli del santuario concorsero molti artisti ed abili artigiani del luogo e dei paesi vicini,  Oltre il Colle, Serina e Dossena che contribuirono nelle varie realizzazioni, con l’apporto di manodopera specializzata in particolare nei lavori di muratura. Nel lessico popolare è rimasto per lungo tempo il termine   I serine” ad indicare le ottime capacità di capimastro e muratori delle imprese provenienti dalla Valle Brembana.

 Dai documenti amministrativi del santuario troviamo una ricevuta con la seguente dichiarazione: “A dì 24 agosto 1725. Honeta. Confessano mastro Vincenzo Manenti aver hauto et riceputo da Gio.Batt. Carobbio sindaco e cassiaro del V.do Santuario del Frassino liri mille e novantacinque per sua mercede a piccare li pietri per il campanile e giornate a metterli in opera dico L. 1095”.  In un’altra annotazione si legge: “pagati ancora al detto una giornata con farci le spese del suo a togliere una corna per aggiustare la strada di condurre le suddette pietre”. La fatica di quella antica gente ha lasciato alle generazioni future un patrimonio incredibile, veri tesori che l’uomo moderno tende purtroppo a dimenticare.

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Fonti: www.santuari.itwww.vivisulserio.it  - www.comune.oneta.bg.it

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